Don Bosco
Italia, 1935, 35mm, 89', B/N
Regia
Goffredo Alessandrini
Soggetto
Onorato Castellino, Rufillo Uguccioni
Sceneggiatura
Goffredo Alessandrini,
Aldo Vergano,
Sergio Amidei
Interpreti
Gianpaolo
Rosmino (don Giovanni Bosco), Maria Vincenza Stiffi (Margherita, sua
madre), Ferdinando Mayer (Giovanni Bosco ragazzo), Roberto Pasetti, Vittorio Vaser, Cesare Carini-Gani, Felice Minotti, Arturo Zan, Elia, attori non professionisti
Direttore di produzione
stripslashes(Aldo Vergano)
Produzione
Lux
Furono impressionati 40.000 metri di pellicola, 2.500 dei quali furono montati.
Costo del film: oltre 2.000.000 di lire.
Locations: Torino, Chieri, Monferrato; Interni: Studi Fert-Microtecnica di Torino.
Sinossi
Biografia del Santo piemontese,
dall’infanzia nelle campagne del Monferrato, alla giovinezza in
seminario, all’attività educativa e sociale compiuta a Torino con i
ragazzi degli strati sociali più umili, fino alla fondazione dell’Opera
Salesiana e alla canonizzazione.
[…] Io aspettavo da tempo di fare un film corale,
un grosso affresco sul piano drammatico, e tentai questo grosso quadro
con i Salesiani e con tutto quel mondo di quell'epoca lì. C'era il
personaggio che invadeva tutta la scena, don Bosco, carico di quei
valori umani ai quali io tenevo di poter dedicare un racconto mio. Così
mi sono attenuto proprio alla vita di don Bosco, quasi senza
sceneggiatura. C'erano le memorie sue e i libri di altri storici, non ho
inventato niente, ho solo creato dei legami cinematografici che
potessero unire un episodio e un altro. Forse qualche cosa d'inventato
c'era in certe piccole scene di collegamento, ma i grossi fatti erano
veri. Poi mi interessava, le ripeto, il quadro. […] Nel film c'è un solo
attore professionista, Rosmino […]. Ma gli altri erano presi dalla
strada, come si dice. Cioè la madre e lo zio del ragazzo; e il ragazzino
era stato anche lui scelto così, e poi c'erano i preti autentici, i
Salesiani autentici, che si prestarono tutti quanti a fare quello che
avevano fatto i loro predecessori molti anni prima. Mi ero estremamente
interessato anche ai luoghi dove si girava. Il mondo della chiesa e dei
conventi, il mondo in cui vivono questi ragazzi sino a che diventano
adulti, è tutto un mondo al di fuori dal piccolo vivere quotidiano. Era
tutto estremamente colorito, anche se era tutto nero, per le tuniche dei
sacerdoti, però il bianco era molto bello con la neve. Mi ricordo che
quell'inverno a Torino era bianco di neve, con il sole e il cielo
azzurro. Mi ricordo certi conventi come quello di Chieri.
Scenograficamente, in un convento, cento o duecento ragazzi coi loro
abitini da prete, sono un quadro che qualsiasi pittore che amasse queste
scene corali di ambienti strani, impazzirebbe a poterlo fare. A parte
poi il personaggio straordinario di un uomo veramente forte, veramente
coraggioso, che valeva la pena di raccontare. […] Goffredo Alessandrini
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