sabato 30 agosto 2014

Lo Hobbit: La Battaglia delle Cinque Armate - Trailer Italiano del film in uscita a Dicembre 2014

I RACCONTI DI PADRE BROWN SU YOUTUBE ...ecco il link..

http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=200

Festa VERSO L’ALTRO 2014 con Punto Missione


Festa VERSO L’ALTRO L’Associazione Punto Missione Onlus ed il Baule della Solidarietà organizzano dal 2011 “Verso l’Altro”: tre giorni di festa nel mese di Settembre, all’insegna della gratuità e della solidarietà, nella terra di Franciacorta (presso la Scuola Madonna della Neve di Adro).
La VERSO L’ALTRO è un momento di festa pensata come dice il titolo a partire dall’idea di rivolgersi all’altro a 360°.
Quindi è una festa che coinvolge tutti, ci sono iniziative e gonfiabili per i più piccini, attività per i ragazzi delle medie e delle elementari, incontri e attività per i ragazzi delle superiori ed infine gare sportive, concerti e approfondimenti culturali su un tema centrale scelto di anno in anno.
In questa “festa per tutti” non può mancare lo spazio conviviale, quindi oltre ad esserci un vasto punto ristoro con cucina che permette un’ampia scelta gastronomica è attivo anche un percorso di degustazione di vini che fa onore alla terra di Franciacorta che ospita l’evento.
L’idea della festa è nata da due esigenze, da una parte il desiderio di un momento di incontro conviviale tra i volontari che ruotano intorno a Punto Missione e al Baule della Solidarietà, dall’altro, la necessità di dare all’operato di Punto Missione un risalto pubblico in una maniera bella ,coinvolgente e profonda, che fosse cioè in linea con la mission di Punto Missione.
“Verso l’Altro” è un’iniziativa totalmente sostenuta dalla gratuità dei volontari.
Tutti gli utili che l’iniziativa genera vengono interamente donati alle missioni di Punto Missione.
 https://www.facebook.com/verso.laltro
http://versolaltro.blogspot.it/

lunedì 25 agosto 2014

I Patriarchi orientali: "Legittimo l'uso della forza per difendere i cristiani in Iraq"

Conclusa la visita nel Kurdistan iracheno, i Patriarchi orientali cattolici e ortodossi ribadiscono in conferenza stampa la necessità cacciare lo Stato islamico da Mosul e dalla piana di Ninive

Roma, (Zenit.org

Si è conclusa ieri la visita di solidarietà dei Patriarchi orientali cattolici e ortodossi a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno. Una visita i cui toni sono andati oltre il contesto pastorale e di protocollo, specie dopo l'incontro con il presidente della regione autonoma, Massoud Barzani, durante il quale i Patriarchi non hanno risparmiato di esprimere un fermo punto di vista riguardo alla questione della legittimità dell'uso della forza per respingere l'aggressione degli jihadisti dello Stato islamico e riportare i cristiani a Mosul e nei villaggi della piana di Ninive.
Un punto di vista che i Patriarchi hanno poi espresso pubblicamente in una conferenza stampa che ha seguito l'incontro. Dopo la conferenza i Patriarchi Younan, dei siro-cattolici, ed Ephrem Karim, dei siro-ortodossi si sono trattenuti un po' più a lungo nella regione, per stare vicino ai gruppi di fedeli in Iraq. Il cardinale Béchara Raï e Gregorios III sono invece rientrati in Libano.
Come riferito dall’agenzia Asia News, la conferenza non ha avuto nulla di convenzionale. Anzitutto per il “grido d’allarme” lanciato dai Patriarchi riguardo alla situazione nel Paese, per cui hanno invocato un immediato intervento che “corrisponde a ciò che insegna la Chiesa cattolica in materia di legittima difesa”.
"Non c'è nemmeno un secondo da perdere”, afferma Youssef II Younane, “è in gioco la nostra sopravvivenza in Mesopotamia. Le nazioni libere che aderiscono alla Carta dei diritti dell'uomo devono avere il coraggio di essere fedeli ai loro principi”.
“Noi – rimarca con vigore il Patriarca - chiediamo un intervento internazionale in nostra difesa, e non certo per conquistare alcunché. Noi abbiamo il diritto di difenderci e noi chiediamo di essere difesi. La comunità internazionale lo ha ben fatto in precedenza in Kossovo, malgrado l'opposizione, all'epoca, della Russia”.
Per questo noi, insieme a Papa Francesco, i Capi delle Chiese orientali chiedono “di fare in modo che vengano rispettati i nostri diritti per un intervento militare di natura difensiva, per fronteggiare i gruppi jihadisti che ci minacciano". 
D’accordo anche il Patriarca maronita Béchara Raï ad interpellare al più presto la comunità internazionale. "Noi - ha detto – pensiamo che lasciare campo libero agli jihadisti dello Stato islamico sarebbe davvero vergognoso per l'Occidente. Che un gruppo di terroristi di ispirazione diabolica sia lasciato libero di agire è uno scandalo senza precedenti”.
“Noi – ha soggiunto il cardinale - chiediamo alla comunità internazionale di assumersi le proprie responsabilità. È inammissibile che un gruppo di questa natura opprima in questo modo dei popoli, e che la comunità internazionale non prenda la difesa di un gruppo incapace di difendersi da solo".
Dal canto suo, il Patriarca Younane ha implicitamente accusato la dottrina wahabita, professata in Arabia Saudita, quale fonte di ispirazione dello Stato islamico. "Tale gruppo non ha potuto nascere - ha affermato - se non grazie a questo sostegno. Oggi cerca di sottrarsi alle proprie responsabilità, che derivano da questa situazione". 
In merito all'incontro con il presidente Barzani - infoma ancora Asia News - , fonti vicine alla delegazione patriarcale hanno rivelato che egli avrebbe fornito ampie rassicurazione sul fatto che i peshmerga sono pronti a fare il loro dovere, per difendere i cristiani d'Iraq, ma che il Kurdistan al contempo richiede migliori equipaggiamenti dal punto di vista militare.
Al tempo stesso, Barzani ha confidato ai membri della delegazione che i jihadisti hanno riempito di mine le strade e le case dei villaggi abbandonati dai cristiani in fuga e che, in caso di bisogno, i peshmerga non dispongono delle attrezzature e dell'esperienza necessarie per farlo.
Nel suo intervento, infine, il Patriarca Ephrem ha rivendicato addirittura una regione autonoma per i cristiani d'Iraq, nel contesto di una repubblica federale irachena. “La Costituzione irakena lo permetterebbe”, ha spiegato Ephrem. E non ha mancato di rivolgere un appello al segretario generale Onu Ban Ki-moon affinché si rechi in visita personalmente in Iraq.
Una parola anche per Papa Francesco perché faccia “un uso più audace della propria influenza per la causa dei cristiani iracheni”. Il Patriarca dei siro-ortodossi ha infine chiesto la liberazione di Mosul, costatando che sia ormai possibile assicurare il rientro in alcuni villaggi della piana di Ninive. 
A conclusione della visita e dando il via alla conferenza stampa, il Patriarca Sako dei caldei ha affermato che le Chiese d'oriente sono un insieme di "piccole Chiese, ma che attraverso la loro unione, possono formare una Chiesa grande e forte".


Un campo profughi iracheno (Ap) 

Dobbiamo spingere l’Islam moderato a intervenire per i cristiani d’Oriente

Nessuno ormai può fare molto: l’essenziale dell’impegno, dell’azione di forza, dovrà venire dallo stesso mondo arabo-musulmano

di Bernard-Henry Lévy

shadow
Nel gennaio del 2011 avevo pubblicato un articolo intitolato «Come salvare i cristiani d’Oriente?». Poco tempo prima, papa Benedetto XVI aveva dichiarato che i cristiani erano divenuti, su scala planetaria, «il gruppo religioso esposto al più gran numero di persecuzioni a causa della loro fede». E osservando, dall’Egitto alla Nigeria - dove la setta Boko Haram cominciava a farsi conoscere -, dalle Filippine al Sudan e alla cattedrale di Bagdad funestata da una spaventosa carneficina, la serie di crimini anticattolici verificatisi nella sola notte di Natale, gli avevo evidentemente dato ragione. In quell’articolo spiegavo come un miscuglio di laicismo mal compreso, di odio di sé europeo e di antimperialismo alla Pavlov ci stesse rendendo ciechi di fronte al capovolgimento storico che trasformava una religione a lungo conquistatrice e dominante in una religione dominata, martirizzata, i cui fedeli venivano bollati di un’infamia mortale. E predicevo che, se non si fosse fatto nulla, se la comunità internazionale non avesse preso atto della situazione, se non avesse protestato - all’unanimità e soprattutto unendosi in una sola forza - contro l’ondata anticristiana, andavamo verso un disastro umano, un crimine contro lo spirito e la civiltà, da lungo tempo senza precedenti in quella parte del mondo.
Caccia ai cristiani
Ed ecco che, tre anni e otto mesi più tardi, l’antica città assiro-caldea di Qaraqosh è stata svuotata dei suoi cristiani, che non hanno avuto altra scelta se non la conversione, l’esilio o la morte. A Mosul, l’antica Ninive, le case cristiane sono state contrassegnate da una «N», come nazareni: un invito ad andarsene per gli uni e un permesso di saccheggiare e depredare per gli altri. Nei borghi e nelle borgate circostanti, a Hamadanyia, Bartella, Tall Kayf, in tutta la parte settentrionale dell’Iraq adiacente al Paese curdo, come nelle regioni della Siria dove altri squadroni di folli di Dio e di banditi edificano il secondo lembo del loro Stato islamico, si parla - ma non è stato possibile verificare tutte le informazioni - di esecuzioni sommarie e di massa, di donne incinte sventrate, di giovani uomini crocifissi, insomma di intere comunità di fedeli cui si fa rivivere, duemila anni dopo, lo stesso martirio di Cristo.
Se a questo si aggiunge il caso degli yazidi di Sinjar, una minoranza i cui riti si ispirano a religioni dell’antica Persia e al sufismo, ma anche al cattolicesimo, e che per gli islamo-fascisti è un altro covo di Satana, è tutta la regione del Levante - la culla del Cristianesimo, che tanto ha fatto per la ricchezza spirituale dell’umanità e dove ancora si parla, nelle chiese, la lingua stessa di Gesù - che sta diventando non solo judenfrei , ma christlichfrei , «ripulita» dei suoi cristiani, dopo esserlo stata dei suoi ebrei. Allora, davanti a questa serie di crimini, di fronte a quella che possiamo chiamare la soluzione finale di una questione cristiana che da secoli ossessiona, checché se ne dica, la regione, cosa si può fare?
Chi reagisce
La Francia alza la voce, e va bene. Ban Ki-moon parla di crimine contro l’umanità, e va benissimo. Gli Stati Uniti di Barack Obama emergono infine dal loro sonno isolazionista per portare rinforzi ai peshmerga curdi, l’unica forza regionale, per il momento, che osa resistere e far fronte al nemico, e non possiamo che rallegrarcene. Ma nulla di tutto questo sarà sufficiente, lo sappiamo per certo, a far tornare a casa i cristiani perseguitati. E la verità è che l’essenziale dell’impegno, dell’azione di forza, dovrà venire dallo stesso mondo arabo-musulmano. Prendiamo ad esempio l’Arabia Saudita, che è alleata dell’Occidente, e dove da anni e anni si incoraggia e si finanzia una jihad cui gli uomini di Al-Baghdadi non hanno fatto altro alla fin fine che dare la sua forma più radicale: non è tempo di spingerla ad assumersi le proprie responsabilità? E il Qatar che, con una mano, compra club sportivi, luoghi di memoria o quanto di meglio esiste dell’apparato industriale di tale o talaltro Paese europeo e, con l’altra, pratica a domicilio un anticristianesimo ordinario che può solo incoraggiare gli assassini: non abbiamo i mezzi diplomatici, politici, economici per aiutarlo a chiarire le sue vere intenzioni? Non è urgente riflettere con tutte le capitali arabe - dove non sono molte, sia detto en passant , le autorità morali o religiose ad aver espresso il loro orrore per l’operazione di purificazione etnico-spirituale in corso a Mosul e a Qaraqosh - sul miglior modo di fermare, prima che sia troppo tardi, orde di assassini di cui si dovrebbe dire chiaramente che la bandiera nera non ha nulla a che vedere con la loro? Infatti la sfida è proprio qui. O i sostenitori dell’Islam tollerante e moderato sconfessano e combattono i khmer verdi del Levante; oppure non ne hanno il coraggio e la mistica della Umma prevarrà sull’amore per la vita e la propria sopravvivenza e andranno dritti alla guerra di civiltà che quei barbari hanno dichiarato, e di cui le loro donne, i loro figli ed essi stessi saranno, dopo i cristiani, il prossimo bersaglio.
(traduzione di Daniela Maggioni)
© RIPRODUZION

Editoriale di S. E. Mons. Luigi Negri apparso mercoledì 20 Agosto in prima pagina su “il Giornale”.

da “il Giornale” di mercoledì 20 agosto 2014, pag. 1

20/08/2014

Pubblichiamo l'Editoriale di S. E. Mons. Luigi Negri apparso oggi, in prima pagina su “il Giornale”.
E' un fatto enorme questo gigantesco esodo in massa di cristiani espulsi dai luoghi dove da millenni era radicata la presenza cristiana, esclusivamente perché cristiani. 
Quindi per quello che la tradizione cattolica chiama l’odio della fede.
 E questo deve essere detto esplicitamente: non sono soltanto buttati fuori dalle loro case, privati di tutti i loro beni, privati di tutti i loro diritti e quindi della possibilità di sussistenza; ma la ragione di tutto questo è la fede.
E questo i cristiani, la Chiesa, non possono non sentirlo come un evento terribile e insieme grandioso, perché è l’evento del martirio.
Ho ascoltato con molta gratitudine gli interventi di papa Francesco, così forte, così appassionato e insieme così profondamente compreso di dolore, di compassione. Con non meno gratitudine ho letto la lunga intervista del cardinale Kurt Koch all'Osservatore Romano, che ha offerto un momento di dolorosa riflessione su questo evento. 
Non si capisce perché alcune cose vengano chiamate Shoah e per queste non venga usato lo stesso termine, che dice di una spaventosa e dissennata ideologica violenza contro l’altro semplicemente perché ha una posizione religiosa diversa dalla propria.
Ma il cardinale Koch ha insistito su un aspetto che non è sempre in primo piano negli interventi del mondo cattolico. Il problema è che c’è una grande difficoltà a una denuncia esplicita. I responsabili di questi spaventosi avvenimenti hanno nomi e cognomi espliciti, e non soltanto quelli degli ultimi, degli epigoni di questa vicenda di criminalità ideologica. Ma c’è una tradizione che risale lungo i secoli della presenza islamica nel Medio Oriente e in Europa.
Ora, il cardinale Koch dice che dovremmo essere più coraggiosi nella denuncia. Ecco, il coraggio è sempre un elemento fondamentale per una presenza cristiana, ma più che mai in un momento come questo. Il coraggio è un aspetto della testimonianza cristiana, è un aspetto fondamentale dell’impatto con la realtà del mondo e degli uomini che ci vivono. Queste responsabilità dunque devono essere dette e proclamate, altrimenti anche le denunce e la volontà di condividere la situazione tremenda di tanti nostri fratelli rischiano di essere parziali.
Certamente noi occidentali, in particolare noi cristiani di questo Occidente che giustamente negli ultimi tempi è stato indicato come caratterizzato da una profonda stanchezza, rischiamo di non affrontare la realtà secondo tutti i suoi fattori. Soprattutto cerchiamo di nascondere o quantomeno di ridurre l’impatto con questo mondo islamico che, ci piaccia o no, ha la responsabilità storica di questi eventi oggi come lungo i secoli che hanno preceduto questo ultimo.
Forse c’è una prevalenza della volontà di dialogo a ogni costo che deprime la verità. E un dialogo senza la verità o che non parta dalla verità non è un dialogo: è un compromesso, è una connivenza, è un’ignavia.
Ricordo ancora gli interventi di papa Benedetto XVI nel corso dell’indimenticabile Sinodo sulla nuova evangelizzazione quando intervenne dicendo che «il dialogo è in misura della forza della propria identità»; e la forza della propria identità è la pienezza della coscienza critica della propria identità. Il dialogo è espressione di una cultura: il dialogo non produce cultura, la esprime.
Ci nascondiamo o rischiamo di nasconderci di fronte a questa terribile minaccia che incombe sull’Occidente, e non solo sull’Occidente, facendo un po’ quello che hanno fatto le cosiddette democrazie liberali borghesi nei confronti della terribile vicenda hitleriana, nei tempi immediatamente precedenti la Seconda guerra mondiale. Non avere il coraggio di questa denuncia è esattamente nella misura della debolezza della fede. Il resto finisce per essere solo un vaniloquio. La Chiesa non ha bisogno di vaniloqui e, per quanto mi risulta, neanche Dio.

di S. E. Mons. Luigi Negri Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Abate di Pomposa

Parole forti e certamente tra le più chiare di questi tempi nella Chiesa..


Testimonianze di ritorno dalla TABARA 2014 in ROMANIA

Tutti gli anni si parte sempre sapendo che in qualche modo i bambini che vai a incontrare ti renderanno una persona migliore e una persona più felice.
Quest'anno oltre a tutto quello che ho ricevuto e provato donandomi per gli altri ho ricevuto da tutti voi, miei compagni d'avventura, un qualcosa che difficilmente potrò trovare ancora da qualche parte.
Sarà l'aria di Ciocanari dove nonostante tutto ci si sente sempre a casa
Sarà il fatto che fino a Domenica non ci conoscevamo e in una settimana si è creato un legame che sa di unico.
Sarà stata la fiducia che chi ci ha ospitato ci ha dato.

Grazie a tutto questo penso che questa sia stata una Tabara inimitabile
Per fortuna che ho le vostre scritte su questa maglietta che conserverò come un oracolo perchè è il mio miglior ricordo di tutto e tutti!

 Multumesc tuturor pentru tot!!!! (Riccardo Tosi)


 "Mentre tu hai una cosa può esserti tolta. Ma quando tu dai, ecco, l’hai data. Nessun ladro te la può rubare. E allora è tua per sempre." James Joyce

Penso che non dimenticheremo mai i sorrisi,i gesti e l'affetto che abbiamo ricevuto in questi giorni perchè è tutto più vero quando si condivide un'esperienza, ci si mette interamente in gioco e assieme si costruisce!
grazie di tutto  (gli amici della Tabara)

giovedì 14 agosto 2014

TUTTO E' POSSIBILE CON CRISTO...Mark Schultz - All Things Possible

Mark Schultz - Tutte le Cose Possibili


Chiamerò il tuo nome
Per c'è sempre un modo
Quando Tu mi conduci

E quando la vita mi butta giù
 non mi sento contato fuori
Per Sei con me
E Tu sei con me


Anche quando ci si sente come la luce sta scomparendo
E ho perso la mia strada
Comunque tengo a Colui che sta facendo

Tutte le cose possibili
Anche quando ci si sente come il mio cuore che si spezza
Aspetto, trovo la forza
Sapendo io appartengo a Colui che sta facendo
Tutte le cose possibili

So che le montagne possono muoversi
Ho visto cosa si può fare
Nella mia debolezza

Quindi, il mio cuore  crede
Se aspetto vedrò
Il mio Dio fa, ciò che solo Lui può fare,

Anche quando ci si sente come la luce sta scomparendo
E ho perso la mia strada
Comunque tengo a Colui che sta facendo
Tutte le cose possibili
Anche quando ci si sente come il mio cuore che si spezza
Aspetto, trovo la forza
Sapendo io appartengo a Colui che sta facendo
Tutte le cose possibili

Il mio Dio è forte e potente
Il mio Dio è fedele
La mia speranza è nel Signore
Egli è in grado di fare tutto

Il mio Dio è forte e potente
Il mio Dio è fedele
La mia speranza è nel Signore
Egli è in grado di fare tutto

Il mio Dio è forte e potente
Il mio Dio è fedele
La mia speranza è nel Signore
Egli è in grado di fare tutto

mercoledì 13 agosto 2014

PATCH ADAMS---vedi il film completo in ricordo del grande ROBIN WILLIAMS

http://videopremium.tv/utn7xo0ie1c6

Quello sopra è il link per vederlo in streaming.,cliccaci sopra ...clicca poi su Watch free , poi sulla freccia centrale e aspetta che comincia il film........Patatine e pop corn.....Buona Visione

LETTERA DEL SANTO PADRE AL SEGRETARIO GENERALE DELL’O.N.U. CIRCA LA SITUAZIONE NEL NORD DELL'IRAQ


A Sua Eccellenza
il Sig. Ban Ki-moon
Segretario Generale
Organizzazione delle Nazioni Unite

È con il cuore carico e angosciato che ho seguito i drammatici eventi di questi ultimi giorni nel nord Iraq, dove i cristiani e le altre minoranze religiose sono stati costretti a fuggire dalle loro case e assistere alla distruzione dei loro luoghi di culto e del patrimonio religioso. Commosso dalla loro situazione, ho chiesto a Sua Eminenza il Cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, che ha servito come Rappresentante dei miei predecessori, Papa San Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI, presso il popolo in Iraq, di manifestare la mia vicinanza spirituale e di esprimere la mia preoccupazione, e quella di tutta la Chiesa cattolica, per la sofferenza intollerabile di coloro che desiderano solo vivere in pace, armonia e libertà nella terra dei loro antenati.
Con lo stesso spirito, scrivo a Lei, Signor Segretario Generale, e metto davanti a lei le lacrime, le sofferenze e le grida accorate di disperazione dei Cristiani e di altre minoranze religiose dell’amata terra dell'Iraq. Nel rinnovare il mio appello urgente alla comunità internazionale ad intervenire per porre fine alla tragedia umanitaria in corso, incoraggio tutti gli organi competenti delle Nazioni Unite, in particolare quelli responsabili per la sicurezza, la pace, il diritto umanitario e l'assistenza ai rifugiati, a continuare i loro sforzi in conformità con il Preambolo e gli Articoli pertinenti della Carta delle Nazioni Unite.
Gli attacchi violenti che stanno dilagando lungo il nord dell'Iraq non possono non risvegliare le coscienze di tutti gli uomini e le donne di buona volontà ad azioni concrete di solidarietà, per proteggere quanti sono colpiti o minacciati dalla violenza e per assicurare l'assistenza necessaria e urgente alle tante persone sfollate, come anche il loro ritorno sicuro alle loro città e alle loro case. Le tragiche esperienze del ventesimo secolo, e la più elementare comprensione della dignità umana, costringe la comunità internazionale, in particolare attraverso le norme ed i meccanismi del diritto internazionale, a fare tutto ciò che le è possibile per fermare e prevenire ulteriori violenze sistematiche contro le minoranze etniche e religiose.
Fiducioso che il mio appello, che unisco a quelli dei Patriarchi Orientali e degli altri leader religiosi, incontrerà una risposta positiva, colgo l'occasione per rinnovare a Vostra Eccellenza i sensi della mia più alta considerazione.
Dal Vaticano, 9 agosto 2014
FRANCISCUS PP.
Fonte: Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede 13.08.2014

martedì 12 agosto 2014

Dai il benvenuto alla roccia che sostiene la tua famiglia, dai il benvenuto a Gesù; con lui scoprirai insieme ai tuoi figli che non tutto ciò che luccica è oro.



Il dolore generato all'interno della famiglia, le cattive relazioni tra genitori e figli, le difficoltà economiche tradotte in povertà estrema, l'aggressività da parte di qualche membro della famiglia hanno conseguenze negative per i suoi membri. Uno dei primi desideri nascosti che si nutrono nel cuore è quello di poter raggiungere una libertà e una vita nuova che permettano di cambiare tutte le condizioni attuali che generano solo disgrazia per poter uscire dal male di vivere.

In questo ambiente ostile, i ragazzi e le ragazze attendono opportunità che permettano loro di trasformare in realtà i racconti di fate che sicuramente hanno ascoltato da bambini: i maschi una vita di avventure che li faccia sentire eroi, cavalieri con lucenti armature o sceicchi orientali con donne che li sventolano costantemente, le femmine il principe azzurro che tocchi delicatamente le loro labbra per farle risvegliare da quel terribile incubo in cui sentono di vivere senza potersi mai svegliare.

È allora che incontrano “avventurieri” che uccidono draghi e conquistano donzelle per portarle al castello dei sogni, ragazzi felici dei loro vuoti d'anima che riempiono con interminabili notti di distrazione e rimedi allucinanti che fanno loro dimenticare per un momento la miseria della propria vita; e loro, amici liberatori che promettono un'avventura in cui l'adrenalina si mescolerà con la novità per dare alla vita un tocco di emozione e di senso.

Chi non ha sperimentato la sicurezza e la forza dell'amore della sua famiglia può cadere facilmente nelle grinfie di quanti fungono da redentori. Soprattutto di quelli che si presentano come il “messia” affettivo della vita, quelli dei quali si arriva ad affermare: “siete arrivati a dare senso a tutto ciò che sono”. Ma il pericolo latente di questi presunti redentori è il fatto che sono più oppressori di qualsiasi altro. Con loro è facile acquisire debiti impagabili di affetto, sembrano salvatori che ci hanno fatto scendere dalla croce solo per inchiodarci su un'altra molto più grande e schiavizzante.

“Gli errori non correggono altri”, dice l'adagio popolare, o “in genere è più pericolosa la cura che la malattia”, dicevano i nostri nonni. Genitori con “figli del dolore”, frustrati, amareggiati, stanchi di vivere, che sono felici solo nei propri sogni e sono disposti a stendere la mano cercando la “salvezza” in chiunque sorrida loro anche se in modo malizioso e prometta di tirarli fuori dal loro inferno per portarli in un paradiso che continua ad essere nell'immaginazione di tutti.

Contano solo la solidità della casa, la forza dell'amore umano liberatore, la fiducia nei genitori, la lotta decisa per offrire un amore che non lasci debiti di alcun tipo, che permetta ai genitori di morire sapendo che hanno offerto ai propri figli la serenità di una relazione dignificante che non ha bisogno di essere riempita con amori fittizi, falsi redentori e commercianti di libertà fasulla.

Bisogna però anche sovrapporsi ai miraggi che ingannano con facilità e che ci fanno chiamare “oro” tutto ciò che luccica solo perché non si è mai portato qualcosa fatto di questo metallo. Per offrire libertà bisogna essere liberi, per offrire amore bisogna amarsi e per salvare bisogna trovarsi nella condizione di salvati. Nessuno che stia affogando può tendere la mano a qualcuno che affoga come lui. È imprescindibile comprendere che chi aiuta lo deve fare per amore dell'altro e non per amore di se stesso; che quando salva non lega e quando guarisce da un lato non infligge dolore dall'altro.

La revisione della nostra famiglia è il passo necessario per avviare questo lavoro per evitare che i figli cadano nelle mani di mercanti della speranza e aiutarli affinché abbiano senso di appartenenza e di responsabilità con i membri della casa in base alla loro età e al loro ruolo. La povertà sia superata dalla forza dell'amore, le verdure siano servite con tenerezza e le carni senza rancore; uscire di casa non sia il sogno di chi aspira a recuperare la libertà. È importante non spingere chi amiamo nei tentacoli di chi per sentirsi potente ha bisogno di alimentarsi del dominio che ha sugli altri. Continuo ad affermare che esiste una sola persona nell'universo che salva perché può farlo, che sana perché è sano, che libera perché è libero e che ama non per amore per sé ma per amore per noi. Che quando mette in situazione di redento non lo fa per caricare di un altro giogo, ma per far sì che viviamo la libertà in pienezza, perché è per questo che ci ha liberati, perché fossimo liberi. Liberi dai nostri atti malati, dai nostri attaccamenti che uccidono, dal nostro desiderio di apparire, dal nostro buon nome, dalla nostra immagine, dalle nostre ansie di potere che ci rendono schiavi del potere stesso, dall'inesauribile desiderio di possedere che genera tutti i mali, da noi stessi.

Sì, sì, lo so, l'ho sentito da molti: “è una stupidaggine, non vale la pena credere che ci aliena, ci toglie la libertà, che...che...che...”. Ma se fosse vero e ti stessi perdendo l'opportunità? Non credi che valga la pena di dargli un'opportunità? Sono certo di sì. Dai il benvenuto alla roccia che sostiene la tua famiglia, dai il benvenuto a Gesù; con lui scoprirai insieme ai tuoi figli che non tutto ciò che luccica è oro.

Juan Ávila Estrada (22)
[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]






SOSTENERE E PREGARE PER I CRISTIANI PERSEGUITATI IN MEDIO ORIENTE

dal sito del Movimento Ecclesiale Carmelitano

"CHI CI SEPARERÀ DALL'AMORE DI CRISTO ..."
In questi giorni di grande sofferenza per la drammatica situazione dei cristiani perseguitati in Medio Oriente, il Movimento Ecclesiale Carmelitano fa
proprio l'appello alla pace di Papa Francesco, e insieme a tutte le comunità del Mec, in comunione con i Vescovi italiani, il 15 Agosto, si raccoglierà in preghiera per coloro che, testimoniando la propria fede cristiana, sono perseguitati e messi a morte. Rivolgiamo inoltre l'invito alla Comunità Internazionale ad intervenire al più presto con aiuti umanitari a sostegno delle popolazioni in difficoltà a causa della dura repressione.

Il Presidente
Tiziano Salata

Pregare in Comunione con tutta la Chiesa il 15 Agosto per i nostri amici cristiani dell'Iraq
Sostenere le iniziative sia di sostegno alimentare che economico,le iniziative di adozione e accoglienza,firmare petizioni..


"Gesù ha disposto le cose(e questo è il dono più grande!)in modo che ci fosse un contatto diretto tra Lui stesso e ogni altro anello vivente dell'intera catena ecclesiale (che perciò si chiama Corpo Mistico di Cristo) Realizzare questo CONTATTO IMMEDIATO è un compito che Egli ha affidato ai singoli credenti,offrendo loro la sua stessa sostanza:la sua viva Parola e la sua Carne Eucaristica,e donando ad alcuni ministri la sua autorità di Servo della Comunione" (P.Antonio Sicari nel testo di Scuola di Cristianesimo del MEC "Il dono della Comunione" pag.45)

Pregare in Comunione con tutta la Chiesa il 15 Agosto per i nostri amici cristiani dell'Iraq
Sostenere le iniziative sia di sostegno alimentare che economico,le iniziative di adozione e accoglienza di cui qui alcune proposte dalla Chiesa.

Caritas. Chi desidera sostenere gli interventi della Caritas in corso per la nuova emergenza profughi in Iraq può inviare offerte alla Caritas italiana (via Aurelia 796 – 00165 Roma) tramite il conto corrente postale 347013 specificando nella causale “Iraq”. Le offerte sono possibili anche attraverso i bonifici bancari, da effettuarsi su questi conti correnti: UniCredit, via Taranto 49, Roma – Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063119; Banca Prossima, piazza della Libertà 13, Roma – Iban: IT 06 A 03359 01600 100000012474; Banco Posta, viale Europa 175, Roma – Iban: IT91 P076 0103 2000 0000 0347 013; Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma – Iban: IT 29 U 05018 03200 000000011113.
Asia News .Per aiutarli, bastano anche solo 5 euro al giorno: i fondi raccolti saranno inviati al patriarcato di Baghdad, che provvederà a distribuirli secondo i bisogni di ogni famiglia». Le donazioni possono essere inviate in modi diversi. Tutti devono avere la causale “AsiaNews - Adotta un cristiano di Mosul”: via carta di credito con Paypal; via carta di credito dal sito di AsiaNews; via cc postale n. 45443009 intestato a Pontificio Istituto Missioni Estere, causale “AsiaNews - Adotta un cristiano di Mosul”; via bonifico bancario a AsiaNews; via assegno circolare non trasferibile.

e petizioni agli organi politici
http://www.citizengo.org/it/10075-un-aiuto-concreto-ai-cristiani-perseguitati?tc=fb&tcid=5984360

o semplicemente parlarne con gli amici per realizzare questo CONTATTO IMMEDIATO...
Amici,propongo di credere di più nella forza del dono della Comunione....Un abbraccio

lunedì 11 agosto 2014

NON CE LA FACCIAMO PIÙ ! BISOGNA INTERVENIRE SUBITO IN IRAQ ALTRIMENTI SARA' UN MASSACRO ! È DRAMMATICA LA TESTIMONIANZA CHE ARRIVA DA MOSUL DEL VESCOVO NONA. I CRISTIANI SCAPPANO, ALMENO 100 MILA, DALLE MILIZIE ISLAMICHE


 

Gianni e Anna col MEC in Turchia anche quest'anno come nel 2012 con P.Aldino

"Gratitudine ed amarezza. Dal viaggio è scaturita una profonda gratitudine verso la Chiesa di allora e verso quella dei nostri giorni. Di allora perché in queste terre sono vissuti alcuni dei più grandi Padri della Chiesa che con coraggio hanno testimoniato la verità di Cristo. Come non ricordare le figure di San Basilio, di San Gregorio Nazianzeno, di San Gregorio di Nissa e di San Giovanni Crisostomo? Come non avere riconoscenza verso la culla di santità che fu l’antica Cappadocia? E quale amarezza nell’attraversare un paese dove vivere quella stessa fede, ai giorni nostri, è ancora una volta difficile. Certo, abbiamo potuto celebrare la messa in quelle pochissime  chiese cattoliche che abbiamo incontrato o, in mancanza di esse, in una sala d’albergo, ma la presenza dei cristiani è ridottissima: 65 mila in un paese di 72 milioni di abitanti, quando all’inizio del Novecento il 25% della popolazione turca era ancora cristiana."
(Articolo di P. Paolo del viaggio del 2012)

Aspettiamo fotografie e testimonianze anche quest'anno.....per il dono della Comunione

Christian Penocchio in Romania con Punto Missione nel Villaggio dei ragazzi "Fabio,Guido,Sergio"

Oggi su Bresciaoggi si parla del Grest e del villaggio dei ragazzi in Romania...promossi da Punto Missione e da Gruppo 69.La missione del Mec a Ciocanari e Niculesti raccontata dagli scatti del sopravvissuto all'attentato.ai volontari italiani in Bosnia..Un saluto! 

Siamo tutti Nazareni (di Michelangelo Nasca)

Siamo tutti “Nazareni”

nika

Che i cristiani si convertano, oppure paghino la “jizya” (un’onerosa tassa imposta a tutti coloro che non sono musulmani), oppure lascino la città e le proprie case con indosso soltanto i vestiti, senza portare via nulla, poiché d’ora in avanti le case dei cristiani – marchiate con la lettera “N”, perché “nazareni” – sono proprietà dello Stato islamico. E’ il drammatico resoconto riportato dal Patriarca caldeo di Baghdad, Mar Louis Raphael Sako I, in una lettera aperta inviata in questi giorni ad AsiaNews, a proposito del genocidio che si sta consumando in Iraq.
Un esodo forzato e macchiato dal sangue di tantissimi cristiani, quelli che portano nel loro dna – ancora oggi – le profetiche parole annunciate da Cristo: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. […] Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato» (Gv 15, 18. 20-21).
Non si tratta di vittimismo ideologico, le parole del Nazareno descrivono (con un assurdo legame tra passato, presente e futuro) la strada che ogni discepolo, d’ora in avanti, è chiamato a percorrere, come ricorda anche l’evangelista Luca nel suo Vangelo: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. Questo vi darà occasione di render testimonianza. […] Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà» (Lc 21, 12-13; 16-18).
“Nessuno sa – precisa il Patriarca caldeo di Baghdad – cosa porteranno i prossimi giorni, dato che le leggi di questo Stato islamico sono basate su quella che loro dicono essere la sharia, inclusa la ridefinizione delle identità sulla base della religione e dell’appartenenza settaria. Queste richieste offendono i musulmani e la reputazione dell’islam, che sostiene la libertà per ognuno di avere la religione che preferisce e che proibisce la costrizione negli affari di fede, e sono in contraddizione con i 1.400 anni di storia e di vita del mondo islamico”.
Nel frattempo centinaia di persone – persino i bambini – vengono barbaramente trucidate. C’è chi – musulmano – si schiera clamorosamente a favore dei cristiani; cresce, infatti, sui principali social network, la solidarietà nei confronti dei cristiani di Mosul: “Siamo tutti cristiani” – scrivono – “Sono iracheno, sono cristiano”, “Siamo tutti Noon (nazareni)”.
I nostri persecutori, intanto, ci regalano un nuovo simbolismo di fede cristiana, la “N” che definisce i nazareni, i seguaci di Cristo; un simbolo intinto – come un’ostia consacrata – nel sangue di questi nuovi martiri. La lettera “N” ci ricorda però, un altro e interessante dettaglio iconografico, presente in molte rappresentazioni sacre della tradizione orientale. Di solito, nell’icona della Crocifissione compare la seguente abbreviazione (in greco e slavo): IC / XC (le prime e le ultime lettere del nome di Gesù Cristo in greco) e il verbo NI / KA (che in greco vuol dire “conquista, è vittorioso”. L’iscrizione completa, dunque, traduce: “Gesù Cristo, vincitore (della morte)”.

ANTONIO SOCCI OGGI CRITICO CON IL VATICANO....POCO E TARDI CONTRO IL MASSACRO DEI CRISTIANI DA PARTE DEI MILIZIANI ISLAMISTI...BISOGNAVA CHIEDERE UN INGERENZA UMANITARIA....

MASSACRO IN CORSO DI CRISTIANI (COMPRESI DONNE E BAMBINI). QUALCUNO IN VATICANO DEVE VERGOGNARSI DAVANTI A DIO E AGLI UOMINI. VERGOGNA!!!!!!!

10 agosto 2014 / In News
Il dramma in corso dei cristiani perseguitati vede i laici (perfino governi anticlericali come quello francese) quasi più sensibili del mondo cattolico ed ecclesiastico. Dove si trattano con poca sensibilità e qualche fastidio le vittime, mentre si usa una reticente cautela – cioè i guanti bianchi – verso i carnefici.
Duecentomila cristiani (ma anche altre minoranze) sono in fuga, cacciati dai miliziani islamisti che crocifiggono, decapitano e lapidano i nemici. In queste ore mi giungono pure notizie ufficiose di efferatezze indicibili su donne e bambini (speriamo non siano vere).
Considerando questo martirio dei cristiani che sono marchiati come “nazareni” senza diritti, braccati, uccisi, con le chiese bruciate e la distruzione di tutto ciò che è cristiano, la voce del Vaticano e del Papa – di solito molto interventista e vigoroso – è stata appena un flebile vagito.
Neanche paragonabile rispetto al suo tuonare cinque o sei volte “vergogna! Vergogna! Vergogna!” per gli immigrati di Lampedusa, quando peraltro gli italiani non avevano proprio nulla di cui vergognarsi perché erano corsi a salvare quei poveretti la cui barca si era incendiata e rovesciata mentre erano in mare.

LA NOTA (STONATA)

Ha ragione Giuliano Ferrara. Che di fronte all’orrore che si sta consumando nella pianura di Ninive, il Vaticano abbia partorito, giovedì (in grave ritardo oltretutto), una semplice “nota” di padre Federico Lombardi dove, a nome del Papa, si chiede alla “comunità internazionale” di porre fine al “dramma umanitario in atto” in Iraq, è quel minimo sindacale che ha l’unico obiettivo di salvare la faccia.
Anche perché è ben più di un “dramma umanitario” e nulla si dice su cosa bisognerebbe fare. Inoltre – osserva Ferrara – “nulla, nella dichiarazione freddina, viene detto su chi siano i responsabili di questi ‘angosciosi eventi’. Non un accenno alle cause che hanno costretto le ‘comunità tribolate’ a fuggire dai propri villaggi”.
Ormai la forza con cui Giovanni Paolo II difendeva i cristiani perseguitati è cosa passata e dimenticata. E anche la limpidezza del grande discorso di Ratisbona di Benedetto XVI – che era una mano tesa all’Islam perché riflettesse criticamente su se stesso – è cosa rimossa.
Quella dell’attuale pontificato è una reticenza sconcertante di fronte a dei criminali sanguinari con i quali – dicono i vescovi del posto – non c’è nessuna possibilità di dialogo perché nei confronti dei cristiani loro stessi han detto “non c’è che la spada”.
Una reticenza che è ormai diventata consueta nell’atteggiamento di papa Bergoglio, che non pronuncia una sola parola in difesa di madri cristiane condannate a morte per la loro fede in Pakistan o in Sudan (penso ad Asia Bibi o a Meriam), che si rifiuta perfino di invitare pubblicamente a pregare per loro, che quando c’è costretto parla sempre genericamente dei cristiani perseguitati e arriva ad affermare, come nell’intervista a “La Vanguardia” del 13 giugno: “i cristiani perseguitati sono una preoccupazione che mi tocca da vicino come pastore. So molte cose sulla persecuzione che non mi sembra prudente raccontare qui per non offendere nessuno”.
Per non offendere chi? I criminali sanguinari che crocifiggono i “nemici dell’Islam”? Non è sconcertante?
Ci sono migliaia di innocenti inermi in pericolo di vita, braccati e laceri, in fuga dagli assassini e Bergoglio si preoccupa di “non offendere” i carnefici?
Perché tutti questi riguardi quando si tratta del fanatismo islamista? Perché nemmeno si osa nominarlo? E perché si chiede alla comunità internazionale di mettere fine al “dramma umanitario” senza dire come?

L’ESEMPIO DI WOJTYLA

Oltretutto il papa poteva seguire l’esempio di Giovanni Paolo II. Ci aveva già pensato questo grande pontefice infatti a elaborare la nozione di “ingerenza umanitaria”, venti anni fa: quando si deve impedire un crimine contro l’umanità e non vi sono più altri mezzi diplomatici è doveroso, da parte della comunità internazionale, un intervento militare mirato e proporzionato che scongiuri il perpetrarsi di orrori incombenti.
Bastava a Bergoglio ripetere questo principio che è stato già recepito a livello internazionale.
D’altra parte che di questo ci sia bisogno lo dicono i vescovi di quelle terre: “Temo che non ci siano alternative in questo momento a un’azione militare, la situazione è ormai fuori controllo, e da parte della comunità internazionale c’è la responsabilità di non aver fatto nulla per prevenire o fermare tutto questo”.
Lo ha dichiarato Bashar Matti Warda, l’arcivescovo di Erbil che si trova in prima linea, immerso nel dramma.
E’ troppo comodo – da parte di certi cattolici – lanciare generiche denunce contro l’Occidente, contro il “silenzio colpevole” (di chi?), quando da anni fra i notabili cattolici si evita accuratamente di denunciare i fanatici islamisti con nome e cognome, quando si ha cura solo di sottolineare che il loro non è il vero Islam (che com’è noto è rose e fiori), quando non si richiama mai energicamente il mondo islamico al dovere di rispettare le minoranze cristiane e si evita di chiedere un intervento concreto della comunità internazionale per mettere fine al massacro.

L’INAUDITO

Del resto Bergoglio non solo non ha chiesto ingerenze umanitarie, ma nemmeno ha lanciato operazioni di soccorso umanitario o iniziative di solidarietà a livello internazionale che coinvolgessero il vasto mondo cattolico. Tardiva è stata anche l’attivazione della diplomazia.
Domenica scorsa, all’Angelus, non ha detto una sola parola sulla tragedia in corso e ha perfino taciuto sull’iniziativa della Chiesa italiana che ha indetto una giornata di preghiera per il 15 agosto a favore dei cristiani perseguitati.
Anche pregare per i cristiani perseguitati è “offensivo” verso i musulmani?
Quantomeno quella dei vescovi italiani sarà una vera e seria preghiera cristiana. E non capiterà di rivedere l’imam che, invitato in Vaticano per l’iniziativa di pace dell’8 giugno scorso con Abu Mazen e Peres, ha scandito un versetto del Corano dove si invoca Allah dicendo “dacci la vittoria sui miscredenti”.
Quasi un inno alla “guerra santa” islamica nei giardini vaticani. Un incidente inaudito.
Alla preghiera indetta dalla Cei non accadrà. Ora ci si aspetta almeno che il Papa, prima o poi, si associ all’iniziativa dei vescovi, magari replicando la preghiera in piazza San Pietro per la pace in Siria che, come ricordiamo, combinata con la diplomazia, qualche buon effetto lo ebbe.
Auspicabile sarebbe anche un’attivazione di tutta la cristianità per iniziative di aiuto e di solidarietà ai perseguitati.
Ma pare proprio che non sia questa l’aria. Sembra di essere tornati indietro allo smarrimento dei cupi anni Settanta, alla subalternità ideologica dei cristiani, a quel buio che fu dissolto solo dall’irrompere del grande pontificato di Giovanni Paolo II.

Antonio Socci

Da “Libero”, 10 agosto 2014

domenica 10 agosto 2014

La settima stanza ( Film su Edith Stein ) vedi FILM COMPLETO SU YOUTUBE


Profilo di Edith Stein (a cura di Padre Antonio Maria Sicari)

„In fondo ciò che devo dire è sempre una piccola, semplice, verità: come imparare a vivere con la mano nella mano del Signore.“



(dal 'Libro dei Santi Carmelitani' di A. Sicari)

Edith nasce a Breslavia (allora in Germania, attualmente è la città polacca di Wroclav), nel 1891, undicesima e ultima figlia di una coppia di sposi ebrei.
Rimane orfana di padre a due anni e la numerosa famiglia viene guidata con saggezza e forza dalla madre, una donna profondamente religiosa e tenacemente attaccata alla propria tradizione ebraica.
Edith è però una bambina indipendente e di intelligenza particolarmente vivace.
Verso i quindici anni abbandona la fede in cui è stata educata, perché non le riesce di credere all'esistenza di Dio, mentre tutta la sua adolescenza si protende nel culto verso la verità (intesa come sviluppo della conoscenza) e verso la difesa della dignità della donna.
Frequenta l'università -caso abbastanza raro per le ragazze del suo tempo-, tanto che nel 1910 è l'unica donna che si iscrive alla facoltà di filosofia della sua città.
Si trasferisce a Gottinga, vera 'città universitaria', dove fa il primo incontro determinante della sua vita, quello con il filosofo Edmund Husserl, fondatore della fenomenologia.
Resta impressionata dall' onestà rigorosa del pensiero del Maestro e con lui si laurea, col massimo della lode, discutendo una tesi sul problema dell'Einfuhlung, termine che i filosofi italiani traducono con 'empatia'.

Husserl la stima talmente che la ritiene già pronta per una cattedra e, quando viene trasferito a Friburgo, la sceglie come sua assistente.
È lei che deve sistemare l'enorme produzione di manoscritti e appunti stenografati che il Maestro le affida: deve decifrarli prima, e sistematizzarli poi, segnando ciò che deve essere riveduto o completato.
In una lettera del 1917, Edith scrive: 'L'ultima trovata del Maestro è questa: innanzitutto devo restare con lui fino a quando mi sposo; poi posso sposare solo un uomo che diventi anche lui suo assistente, e i bambini pure. Colmo della sventura!'.
Merito di Husserl -che è molto esigente e un po' tirannico- è quello di educare i propri discepoli al suo celebre principio: 'Zu den Sachen': occorre aderire alle cose, aderire ai fenomeni così come si presentano. Ed è per questa intellettuale onestà che Edith non può fare a meno d'essere toccata, interiormente segnata, anche da certi 'fenomeni' particolari.
Alcuni più generici: uno studio interessante sul Pater noster in antico germanico; l'incontro con la personalità affascinante di Max Scheler, geniale ma disordinato neo-convertito; due anni di esperienza al fronte come crocerossina durante la prima guerra mondiale, ciò che la mette a contatto col mistero della sofferenza.
Sono tutti fatti che cominciano a farle scoprire il fenomeno religioso. Possiamo comprendere il tipo di attenzione con cui ella normalmente vive, ascoltando lei stessa descrivere la sorpresa provata durante una visita - fatta per motivi esclusivamente artistici - a una chiesa cattolica: sorpresa al vedere una donna del popolo entrare a pregare con la borsa della spesa sotto il braccio.
'La cosa mi parve strana. Nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti che avevo visitato si entra soltanto durante il servizio divino. Al vedere qui la gente entrare tra una occupazione e l'altra, quasi per una faccenda abituale o per una conversazione spontanea, rimasi colpita a tal punto che non mi riuscì più di dimenticare quella scena' .

Altri due episodi furono invece ancora più precisi e determinanti. A Gottinga aveva conosciuto un giovane docente, Adolf Reinach, braccio di Husserl per i contatti con gli studenti, che l'aveva molto impressionata per la bontà, la finezza, il gusto artistico che si riflettevano perfino nella sua abitazione.
Edith era diventata amica di famiglia, ma nel 1917 l'amico era stato ucciso combattendo nelle Fiandre. La giovane vedova allora chiese a Edith di aiutarla a classificare gli scritti filosofici del defunto, in vista di una pubblicazione postuma.

Costei provò un estremo disagio al pensiero di dover tornare in quella casa che aveva conosciuto piena di bellezza e di felicità, convinta che l'avrebbe trovata sprofondata nel lutto e nella disperazione. Trovò invece l'atmosfera di un'indicibile pace e vide l'amica con il volto segnato dal dolore, ma come trasfigurato.
Udì da lei il racconto del battesimo che i due coniugi avevano ricevuto pochi mesi prima quando, ambedue, si erano decisi ad entrare nella Chiesa protestante -pur sentendosi attratti dal cattolicesimo- per una sorta di impulso interiore a far presto: 'Non ha importanza, non pensiamo al futuro; una volta entrati nella comunione con Cristo, ci condurrà Lui dove vuole! Entriamo nella Chiesa, non posso più aspettare!' . (La signora Reinach, in seguito, divenne infatti cattolica).

Edith ascoltava quel racconto d'amore e osservava quella pace. 'Fu quello il mio primo incontro con la Croce, con quella forza divina che la Croce dà a coloro che la portano. Per la prima volta mi apparve visibilmente la Chièsa, nata dalla passione di Cristo e vittoriosa sulla morte. In quel momento stesso la mia incredulità cedette, l'ebraismo impallidì ai miei occhi, mentre si levava nel mio cuore la luce di Cristo. È questa la ragione per cui, nel prendere l'abito di Carmelitana, ho voluto aggiungere al mio nome quello della Croce'.
Per quattro anni questo fatto' o 'fenomeno' lavorò nella sua coscienza finché venne portato alla massima chiarezza e consapevolezza da un altro e più determinante episodio.

Durante l'estate del 1921 Edith fu ospite, per un periodo piuttosto lungo, presso un'altra coppia di amici, convertiti anch'essi al protestantesimo. Una sera che i due sposi dovettero assentarsi, le lasciarono la propria biblioteca a disposizione.
Ecco il racconto di ciò che accadde.
'Senza scegliere, presi il primo libro che mi capitò tra mano. Era un grosso volume che portava il titolo: Vita di Santa Teresa d'Avila, scritta da lei stessa. Ne cominciai la lettura e ne rimasi talmente presa che non la interruppi finché non fui arrivata alla fine del libro. Quando lo chiusi dovetti confessare a me stessa: Questa è la verità!'.

Aveva trascorso nella lettura l'intera notte; al mattino andò in città a comprare un catechismo e un messalino: li studiò a fondo e dopo qualche giorno si recò ad assistere alla prima Santa Messa della sua vita.
'Niente mi rimase oscuro - disse -. Compresi anche la più piccola cerimonia. Al termine raggiunsi il prete in sacrestia e dopo un breve colloquio gli chiesi il battesimo. Mi guardò con molto stupore e mi rispose che una certa preparazione era necessaria per l'ammissione in seno alla Chiesa: 'Da quanto tempo segue l'insegnamento della fede cattolica?' -mi chiese- 'Chi la istruisce?'. Per tutta risposta riuscii a balbettare: 'La prego, reverendo Padre, mi interroghi''.
Dopo un esame approfondito il prete riconobbe che non c'era nessuna verità della fede su cui ella non fosse istruita.

Il battesimo venne fissato per il capodanno del 1922 e, in quell'occasione, ella aggiunse al proprio nome quello di 'Teresa'.
La conversione segnò una profonda lacerazione tra Edith e la madre, che non riusciva a capire perché mai la figlia non fosse tornata al Dio dei suoi padri. Lacerazione che doveva ulteriormente e misteriosamente approfondirsi e superarsi quando Edith decise il proprio ingresso nel monastero carmelitano di Colonia.

Dal punto di vista interiore, per Edith Teresa Stein la vocazione al battesimo e quella al Carmelo coincisero con assoluta certezza, fin dal primo momento.
Tuttavia il suo direttore spirituale le impedì di concretizzare subito quella vocazione claustrale, ritenendo che ella avesse un compito insostituibile da svolgere nel mondo.
I primi dieci anni dalla conversione li passò a fare la 'maestra' nel senso più totale del termine, in un istituto di domenicane in cui 'la signorina professoressa' si dedicava ad educare le ragazze che si preparavano alla maturità liceale, insegnando lingua e letteratura tedesca.
Conduceva una vita molto riservata, quasi monastica, e intanto studiava la tradizione filosofica cattolica (in particolare san Tommaso) con l'intento di paragonarla col pensiero fenomenologico.
La sua traduzione e commento del De Veritate di san Tommaso fu considerata un'opera d'arte sia per la limpidità della traduzione, che così bene si adattava all'antica lingua del Santo Dottore, sia per la profondità delle annotazioni.

Intanto, ella comincia a rielaborare il suo proprio pensiero e a pubblicare saggi scientifici, anche se la sua nuova fede non le facilita certo la carriera universitaria.
Dal 1928 al 1931 partecipa a numerosi congressi ed è chiamata a tener conferenze a Colonia, Friburgo, Basilea, Vienna, Salisburgo, Praga, Parigi.
Finalmente, nel 1932, ottiene la libera docenza a Miinster nell' 'lstituto superiore germanico di pedagogia scientifica'.
'Era - scrissero i suoi studenti - la docente che difendeva più di tutti senza compromessi il punto di vista cattolico... Superava tutti gli altri docenti per l'acutezza dell'intelligenza, per la vastità della cultura, per la forma perfetta dell'esposizione e per la fermezza dell'atteggiamento interiore'.

Non era ancora trascorso un anno dalla sua nomina, quando Hitler diventò cancelliere del Reich e impose l'allontanamento degli ebrei da ogni pubblico impiego.
Il 25 febbraio 1933 Edith tiene la sua ultima lezione.
È l'anno santo della Redenzione e le notizie delle persecuzioni naziste contro gli ebrei cominciano a diffondersi. Ormai nulla più la trattiene nel mondo e le viene perciò concesso di entrare nel monastero carmelitano di Colonia, dove prende il nome di Teresa Benedetta della Croce.

In clausura vive umilmente, come tutte le altre suore che nulla sanno della sua fama né delle sue capacità, e la giudicano solo, benevolmente, dal suo notevole impaccio nei lavori manuali.
I superiori religiosi tuttavia giudicano che le sue capacità debbano essere valorizzate e le chiedono di continuare -compatibilmente col nuovo stile di vita monastica e di preghiera- la sua attività scientifica.
Riscrive così interamente, rifondendola, la sua opera filosofica principale: più di mille e trecento pagine, di cui giunge a correggere le bozze, ma poi l'editore rinuncia, per paura, alla pubblicazione. S'intitola: Essere finito ed Essere eterno.
Nel 1938, poiché il razzismo infuria, si pensa di salvarla facendola trasferire nel monastero olandese di Echt, dove si reca assieme alla sorella Rosa che l'ha seguita nella conversione e attende anch' ella di entrare in convento.

Nel 1939 scoppia la seconda guerra mondiale. I superiori chiedo- no a Edith di scrivere un libro sul pensiero e l'esperienza di san Giovan- ni della Croce, di cui si sta per celebrare il centenario della nascita. Ella obbedisce con gioia e intitola il saggio: Scientia Crucis (La scienza della Croce).

Nel 1942 cominciano le deportazioni in massa degli ebrei. L'episcopato olandese protesta, ma viene rassicurato: nessuno toccherà gli ebrei che si sono convertiti al cattolicesimo. Ma questo ai vescovi cattolici non basta e in una lettera collettiva, che viene letta in tutte le chiese il 26 luglio, essi condannano ufficialmente le deportazioni di tutti gli ebrei. li 27 luglio, per ritorsione, il Commissario del Reich stila questa disposizione segreta: 'Visto che i vescovi cattolici si sono immischiati nella faccenda, malgrado non fossero toccati personalmente, tutti gli ebrei cattolici verranno deportati entro questa settimana. Non si tenga conto di nessun intervento in loro favore'.
Successivamente il 2 agosto -a deportazione iniziata- il Commissario generale tiene un discorso pubblico in cui testualmente spiega:
'Anche in alcune chiese protestanti sono state lette delle dichiarazioni..., tuttavia i rappresentati delle Chiese protestanti ci hanno fatto sapere che tali notificazioni non rientravano nelle loro intenzioni, ma che non sono riusciti per motivi puramente tecnici ad impedire dappertutto che venissero lette. Se invece il clero cattolico non vuole prendersi la pena di trattare con noi, siamo costretti da parte nostra a considerare i cattolici di puro sangue ebraico. come i nostri peggiori nemici e quindi a deportarli al più presto in Oriente'.
Allora molti ancora ignoravano che deportazione volesse in realtà dire genocidio.

Nello stesso giorno -alle porte del Monastero di Echt- la Gestapo si presenta con un carro blindato per prelevare 'la monaca ebrea'. Le restano pochi minuti di tempo. Sul suo tavolo la Scientia Crucis è quasi finita: l'opera è giunta al momento in cui descrive la morte di san Giovanni della Croce. Le ultime parole di Edith che le consorelle odono sono rivolte alla sorella Rosa, terrorizzata: 'Vieni, andiamo per il nostro popolo'.

Da lei ricevono ancora un biglietto indirizzato alla Priora in cui ella chiede di rinunciare ai tentativi che sono stati messi in atto per rintracciarla e farla liberare.
C'è scritto: '...Io non farei più niente in questa faccenda. Sono contenta di tutto. Una Scientia Crucis la si può acquistare solo se la croce la si sente pesare in tutta la sua gravezza. Di questo sono stata convinta fin dal primo momento e ho detto di cuore: 'Ave, Crux, spes unica' (Salve, o Croce, unica speranza)'.
(Teologo Borèl) Luglio 2005 - autore: Antonio Sicari

Commento al vangelo del 10 agosto 2014

mercoledì 6 agosto 2014

VIVERE D'AMORE - Parole S. Teresa di Liseux -


                              E' veramente stupendo.......fa innamorare sempre più di Gesù!

FIAMMA VIVA D'AMORE....S.Giovanni della Croce....

O fiamma viva d'amore che soave ferisci.
O fiamma squarcia la tela
a questo dolce incontro.
O dolce soave piaga
delicata carezza,
Tu parli di vita eterna
cambiando la morte in vita.
O amore che tutto crei
sublime eterna carità,
la tua fiamma è più forte d'ogni cosa,
più forte della morte.
O amato che sul mio petto dolcemente riposi.
D'amore e gloria pieno teneramente m'innamori.
O fuoco nel cui splendore
le oscure profondità,
rischiari al mio diletto
portando luce e calore.
O amore che tutto crei
sublime eterna carità,
la tua fiamma è più forte d'ogni cosa,
più forte della morte.

FILM COMPLETO : SAN PAOLO....(film su youtube diviso in 4 parti)

Prima parte
Seconda parte
Terza parte
quarta parte
BUONA VISIONE PER LE VACANZE!!!