„In fondo ciò che devo dire è sempre una piccola, semplice, verità: come imparare a vivere con la mano nella mano del Signore.“
(dal 'Libro dei Santi Carmelitani' di A. Sicari)
Edith
nasce a Breslavia (allora in Germania, attualmente è la città polacca
di Wroclav), nel 1891, undicesima e ultima figlia di una coppia di sposi
ebrei.
Rimane
orfana di padre a due anni e la numerosa famiglia viene guidata con
saggezza e forza dalla madre, una donna profondamente religiosa e
tenacemente attaccata alla propria tradizione ebraica.
Edith è però una bambina indipendente e di intelligenza particolarmente vivace.
Verso
i quindici anni abbandona la fede in cui è stata educata, perché non le
riesce di credere all'esistenza di Dio, mentre tutta la sua adolescenza
si protende nel culto verso la verità (intesa come sviluppo della
conoscenza) e verso la difesa della dignità della donna.
Frequenta
l'università -caso abbastanza raro per le ragazze del suo tempo-, tanto
che nel 1910 è l'unica donna che si iscrive alla facoltà di filosofia
della sua città.
Si
trasferisce a Gottinga, vera 'città universitaria', dove fa il primo
incontro determinante della sua vita, quello con il filosofo Edmund
Husserl, fondatore della fenomenologia.
Resta
impressionata dall' onestà rigorosa del pensiero del Maestro e con lui
si laurea, col massimo della lode, discutendo una tesi sul problema
dell'Einfuhlung, termine che i filosofi italiani traducono con
'empatia'.
Husserl
la stima talmente che la ritiene già pronta per una cattedra e, quando
viene trasferito a Friburgo, la sceglie come sua assistente.
È
lei che deve sistemare l'enorme produzione di manoscritti e appunti
stenografati che il Maestro le affida: deve decifrarli prima, e
sistematizzarli poi, segnando ciò che deve essere riveduto o completato.
In
una lettera del 1917, Edith scrive: 'L'ultima trovata del Maestro è
questa: innanzitutto devo restare con lui fino a quando mi sposo; poi
posso sposare solo un uomo che diventi anche lui suo assistente, e i
bambini pure. Colmo della sventura!'.
Merito
di Husserl -che è molto esigente e un po' tirannico- è quello di
educare i propri discepoli al suo celebre principio: 'Zu den Sachen':
occorre aderire alle cose, aderire ai fenomeni così come si presentano.
Ed è per questa intellettuale onestà che Edith non può fare a meno
d'essere toccata, interiormente segnata, anche da certi 'fenomeni'
particolari.
Alcuni
più generici: uno studio interessante sul Pater noster in antico
germanico; l'incontro con la personalità affascinante di Max Scheler,
geniale ma disordinato neo-convertito; due anni di esperienza al fronte
come crocerossina durante la prima guerra mondiale, ciò che la mette a
contatto col mistero della sofferenza.
Sono
tutti fatti che cominciano a farle scoprire il fenomeno religioso.
Possiamo comprendere il tipo di attenzione con cui ella normalmente
vive, ascoltando lei stessa descrivere la sorpresa provata durante una
visita - fatta per motivi esclusivamente artistici - a una chiesa
cattolica: sorpresa al vedere una donna del popolo entrare a pregare con
la borsa della spesa sotto il braccio.
'La
cosa mi parve strana. Nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti che
avevo visitato si entra soltanto durante il servizio divino. Al vedere
qui la gente entrare tra una occupazione e l'altra, quasi per una
faccenda abituale o per una conversazione spontanea, rimasi colpita a
tal punto che non mi riuscì più di dimenticare quella scena' .
Altri
due episodi furono invece ancora più precisi e determinanti. A Gottinga
aveva conosciuto un giovane docente, Adolf Reinach, braccio di Husserl
per i contatti con gli studenti, che l'aveva molto impressionata per la
bontà, la finezza, il gusto artistico che si riflettevano perfino nella
sua abitazione.
Edith era diventata amica di famiglia, ma nel 1917 l'amico
era stato ucciso combattendo nelle Fiandre. La giovane vedova allora
chiese a Edith di aiutarla a classificare gli scritti filosofici del
defunto, in vista di una pubblicazione postuma.
Costei
provò un estremo disagio al pensiero di dover tornare in quella casa
che aveva conosciuto piena di bellezza e di felicità, convinta che
l'avrebbe trovata sprofondata nel lutto e nella disperazione. Trovò
invece l'atmosfera di un'indicibile pace e vide l'amica con il volto
segnato dal dolore, ma come trasfigurato.
Udì
da lei il racconto del battesimo che i due coniugi avevano ricevuto
pochi mesi prima quando, ambedue, si erano decisi ad entrare nella
Chiesa protestante -pur sentendosi attratti dal cattolicesimo- per una
sorta di impulso interiore a far presto: 'Non ha importanza, non
pensiamo al futuro; una volta entrati nella comunione con Cristo, ci
condurrà Lui dove vuole! Entriamo nella Chiesa, non posso più
aspettare!' . (La signora Reinach, in seguito, divenne infatti
cattolica).
Edith ascoltava quel racconto d'amore e osservava quella pace. 'Fu quello il mio primo incontro con la Croce, con quella forza divina che la Croce dà a coloro che la portano. Per la prima volta mi apparve visibilmente la Chièsa,
nata dalla passione di Cristo e vittoriosa sulla morte. In quel momento
stesso la mia incredulità cedette, l'ebraismo impallidì ai miei occhi,
mentre si levava nel mio cuore la luce di Cristo. È questa la ragione
per cui, nel prendere l'abito di Carmelitana, ho voluto aggiungere al
mio nome quello della Croce'.
Per
quattro anni questo fatto' o 'fenomeno' lavorò nella sua coscienza
finché venne portato alla massima chiarezza e consapevolezza da un altro
e più determinante episodio.
Durante
l'estate del 1921 Edith fu ospite, per un periodo piuttosto lungo,
presso un'altra coppia di amici, convertiti anch'essi al
protestantesimo. Una sera che i due sposi dovettero assentarsi, le
lasciarono la propria biblioteca a disposizione.
Ecco il racconto di ciò che accadde.
'Senza
scegliere, presi il primo libro che mi capitò tra mano. Era un grosso
volume che portava il titolo: Vita di Santa Teresa d'Avila, scritta da
lei stessa. Ne cominciai la lettura e ne rimasi talmente presa che non
la interruppi finché non fui arrivata alla fine del libro. Quando lo
chiusi dovetti confessare a me stessa: Questa è la verità!'.
Aveva
trascorso nella lettura l'intera notte; al mattino andò in città a
comprare un catechismo e un messalino: li studiò a fondo e dopo qualche
giorno si recò ad assistere alla prima Santa Messa della sua vita.
'Niente
mi rimase oscuro - disse -. Compresi anche la più piccola cerimonia. Al
termine raggiunsi il prete in sacrestia e dopo un breve colloquio gli
chiesi il battesimo. Mi guardò con molto stupore e mi rispose che una
certa preparazione era necessaria per l'ammissione in seno alla Chiesa:
'Da quanto tempo segue l'insegnamento della fede cattolica?' -mi chiese-
'Chi la istruisce?'. Per tutta risposta riuscii a balbettare: 'La
prego, reverendo Padre, mi interroghi''.
Dopo un esame approfondito il prete riconobbe che non c'era nessuna verità della fede su cui ella non fosse istruita.
Il battesimo venne fissato per il capodanno del 1922 e, in quell'occasione, ella aggiunse al proprio nome quello di 'Teresa'.
La
conversione segnò una profonda lacerazione tra Edith e la madre, che
non riusciva a capire perché mai la figlia non fosse tornata al Dio dei
suoi padri. Lacerazione che doveva ulteriormente e misteriosamente
approfondirsi e superarsi quando Edith decise il proprio ingresso nel
monastero carmelitano di Colonia.
Dal
punto di vista interiore, per Edith Teresa Stein la vocazione al
battesimo e quella al Carmelo coincisero con assoluta certezza, fin dal
primo momento.
Tuttavia
il suo direttore spirituale le impedì di concretizzare subito quella
vocazione claustrale, ritenendo che ella avesse un compito
insostituibile da svolgere nel mondo.
I
primi dieci anni dalla conversione li passò a fare la 'maestra' nel
senso più totale del termine, in un istituto di domenicane in cui 'la
signorina professoressa' si dedicava ad educare le ragazze che si
preparavano alla maturità liceale, insegnando lingua e letteratura
tedesca.
Conduceva
una vita molto riservata, quasi monastica, e intanto studiava la
tradizione filosofica cattolica (in particolare san Tommaso) con
l'intento di paragonarla col pensiero fenomenologico.
La
sua traduzione e commento del De Veritate di san Tommaso fu considerata
un'opera d'arte sia per la limpidità della traduzione, che così bene si
adattava all'antica lingua del Santo Dottore, sia per la profondità
delle annotazioni.
Intanto,
ella comincia a rielaborare il suo proprio pensiero e a pubblicare
saggi scientifici, anche se la sua nuova fede non le facilita certo la
carriera universitaria.
Dal
1928 al 1931 partecipa a numerosi congressi ed è chiamata a tener
conferenze a Colonia, Friburgo, Basilea, Vienna, Salisburgo, Praga,
Parigi.
Finalmente, nel 1932, ottiene la libera docenza a Miinster nell' 'lstituto superiore germanico di pedagogia scientifica'.
'Era
- scrissero i suoi studenti - la docente che difendeva più di tutti
senza compromessi il punto di vista cattolico... Superava tutti gli
altri docenti per l'acutezza dell'intelligenza, per la vastità della
cultura, per la forma perfetta dell'esposizione e per la fermezza
dell'atteggiamento interiore'.
Non
era ancora trascorso un anno dalla sua nomina, quando Hitler diventò
cancelliere del Reich e impose l'allontanamento degli ebrei da ogni
pubblico impiego.
Il 25 febbraio 1933 Edith tiene la sua ultima lezione.
È
l'anno santo della Redenzione e le notizie delle persecuzioni naziste
contro gli ebrei cominciano a diffondersi. Ormai nulla più la trattiene
nel mondo e le viene perciò concesso di entrare nel monastero
carmelitano di Colonia, dove prende il nome di Teresa Benedetta della
Croce.
In
clausura vive umilmente, come tutte le altre suore che nulla sanno
della sua fama né delle sue capacità, e la giudicano solo, benevolmente,
dal suo notevole impaccio nei lavori manuali.
I
superiori religiosi tuttavia giudicano che le sue capacità debbano
essere valorizzate e le chiedono di continuare -compatibilmente col
nuovo stile di vita monastica e di preghiera- la sua attività
scientifica.
Riscrive
così interamente, rifondendola, la sua opera filosofica principale: più
di mille e trecento pagine, di cui giunge a correggere le bozze, ma poi
l'editore rinuncia, per paura, alla pubblicazione. S'intitola: Essere
finito ed Essere eterno.
Nel
1938, poiché il razzismo infuria, si pensa di salvarla facendola
trasferire nel monastero olandese di Echt, dove si reca assieme alla
sorella Rosa che l'ha seguita nella conversione e attende anch' ella di
entrare in convento.
Nel
1939 scoppia la seconda guerra mondiale. I superiori chiedo- no a Edith
di scrivere un libro sul pensiero e l'esperienza di san Giovan- ni
della Croce, di cui si sta per celebrare il centenario della nascita.
Ella obbedisce con gioia e intitola il saggio: Scientia Crucis (La
scienza della Croce).
Nel
1942 cominciano le deportazioni in massa degli ebrei. L'episcopato
olandese protesta, ma viene rassicurato: nessuno toccherà gli ebrei che
si sono convertiti al cattolicesimo. Ma questo ai vescovi cattolici non
basta e in una lettera collettiva, che viene letta in tutte le chiese il
26 luglio, essi condannano ufficialmente le deportazioni di tutti gli
ebrei. li 27 luglio, per ritorsione, il Commissario del Reich stila
questa disposizione segreta: 'Visto che i vescovi cattolici si sono
immischiati nella faccenda, malgrado non fossero toccati personalmente,
tutti gli ebrei cattolici verranno deportati entro questa settimana. Non
si tenga conto di nessun intervento in loro favore'.
Successivamente
il 2 agosto -a deportazione iniziata- il Commissario generale tiene un
discorso pubblico in cui testualmente spiega:
'Anche
in alcune chiese protestanti sono state lette delle dichiarazioni...,
tuttavia i rappresentati delle Chiese protestanti ci hanno fatto sapere
che tali notificazioni non rientravano nelle loro intenzioni, ma che non
sono riusciti per motivi puramente tecnici ad impedire dappertutto che
venissero lette. Se invece il clero cattolico non vuole prendersi la
pena di trattare con noi, siamo costretti da parte nostra a considerare i
cattolici di puro sangue ebraico. come i nostri peggiori nemici e
quindi a deportarli al più presto in Oriente'.
Allora molti ancora ignoravano che deportazione volesse in realtà dire genocidio.
Nello stesso giorno -alle porte del Monastero di Echt- la Gestapo si presenta con un carro blindato per prelevare 'la monaca ebrea'. Le restano pochi minuti di tempo. Sul suo tavolo la Scientia Crucis
è quasi finita: l'opera è giunta al momento in cui descrive la morte di
san Giovanni della Croce. Le ultime parole di Edith che le consorelle
odono sono rivolte alla sorella Rosa, terrorizzata: 'Vieni, andiamo per
il nostro popolo'.
Da
lei ricevono ancora un biglietto indirizzato alla Priora in cui ella
chiede di rinunciare ai tentativi che sono stati messi in atto per
rintracciarla e farla liberare.
C'è
scritto: '...Io non farei più niente in questa faccenda. Sono contenta
di tutto. Una Scientia Crucis la si può acquistare solo se la croce la
si sente pesare in tutta la sua gravezza. Di questo sono stata convinta
fin dal primo momento e ho detto di cuore: 'Ave, Crux, spes unica' (Salve, o Croce, unica speranza)'.
(Teologo Borèl) Luglio 2005 - autore: Antonio Sicari
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