VIA
CRUCIS IN COMPAGNIA DEI SANTI
Testo
di P. Antonio Maria Sicari o.c.d.
Preghiera
d’inizio
Signore
Gesù, oggi ad accompagnarti nella Via Crucis siamo noi, i
tuoi sacerdoti, i servi che ti sei scelto per continuare a costruire
e guidare la tua Chiesa.
Tu
hai voluto servirti della nostra persona per rendere presente la Tua
Persona alla comunità dei credenti.
Ogni
giorno Tu ci coinvolgi nel mistero della tua Passione e della tua
Risurrezione.
Ogni
giorno ci affidi la tua Parola e la tua Misericordia per seminarle
nel mondo.
Ogni
giorno risuona nel nostro cuore e nella nostra anima il tuo invito
dolce e severo: "Chi vuol venire dietro a me,… prenda la
sua Croce e mi segua!".
Iniziando
questa Via Crucis ascoltiamo l’avvertimento che desti
all’apostolo Tommaso: «Io sono la via!»: sappiamo di dover
percorrere una strada che sei Tu stesso; una via dolorosa scavata nel
tuo stesso corpo.
Udiamo
anche la voce del tuo Apostolo Paolo che dice: «Completo nella
mia carne quel che manca alla passione di Cristo…», e
comprendiamo che a mancarti, adesso, è la nostra carne: questa
nostra esistenza che già ti appartiene, ma che non si è ancora
interamente offerta e che si ritrae soprattutto quando teme di
soffrire.
Offriamo
ogni giorno il tuo Corpo sacrificato e il tuo Sangue effuso, ma siamo
sempre tentati di sottrarci quando dobbiamo essere, con Te, chicchi
di frumento macinati o grani d’uva spremuti.
Perciò,
o Signore, per imparare ad accompagnarti davvero in questo doloroso e
glorioso cammino chiederemo aiuto ai tuoi sacerdoti Santi.
Fa’
che i misteri d’amore e di dolore della tua passione s’imprimano
in noi, tuoi ministri, come si sono impressi, al vivo, nel loro corpo
e nella loro anima.
I
STAZIONE
Gesù
condannato a morte
Ho
pensato e detto tante volte, io tuo sacerdote, che sei stato
condannato ingiustamente.
Giuda
ti ha tradito in preda all’ingratitudine, all’avarizia e al
Maligno.
I
Sacerdoti e il Sinedrio ti hanno rifiutato perché accecati davanti
al tuo inatteso splendore divino.
I
soldati ti hanno flagellato e deriso perché inconsapevoli e
abbrutiti.
Pilato
t’ha dato in mano ai carnefici per paura e scetticismo.
E
la folla gridava: «Sia Crocifisso!», perché sobillata e
dimentica che «eri passato tra loro facendo del bene».
Condannato
ingiustamente, condannato innocente.
Ma
ora penso, o Signore, d’aver trascurato la verità più profonda e
sconvolgente.
Tu
sei stato condannato giustamente, perché hai voluto davvero
prendere su di Te il peso orribile di tutti i nostri peccati,
assumendone la responsabilità davanti a Dio, nostro Creatore e
Padre.
Ancor
più: per noi e al nostro posto, Tu hai voluto «farti peccato per
noi», e sei divenuto –al cospetto del mondo– "come
uno davanti al quale ci si copre la faccia per la vergogna".
«Agnello
di Dio che togli i peccati del mondo…»: li togli perché
continui a prenderli su di Te e ad espiarli uno per uno.
E
ogni giorno della nostra storia è per te un venerdì santo.
Penso
al tuo sacerdote S. Leopoldo Mandic, racchiuso per anni e anni nel
suo confessionale, sommerso dai peccati che i penitenti gli
riversavano addosso. Deriso da alcuni perché rendeva tutti
innocenti, assolvendoli con misericordiosa larghezza, per poi passare
lunghe notti in espiazione, tremando al timore del giudizio di Dio.
Aveva infatti congedato i peccatori più fragili offrendosi al loro
posto: «Farò penitenza io per voi, pregherò io…».
E,
ricco di misericordia per tutti, accettava di tremare davanti alla
giustizia di Dio.
II
STAZIONE
Gesù
è caricato della Croce
Siamo
rimasti quasi soli al mondo –noi, i tuoi sacerdoti– a dire che la
sofferenza può redimere, che il dolore può riempirsi di significato
e diventare salvifico.
Ma
lo diciamo timidamente, come se dovessimo farci perdonare questo
strano e difficile linguaggio.
C’è
tanto dolore al mondo! Sono tante le pene quotidiane, e molti sono
coloro sui quali la croce grava, senza che possano evitarla.
E
noi dovremmo invitarli a portarla abbracciandola, come Tu fai
mentre il legno ti scava le spalle e si imbeve del tuo sangue!
«Io
ti saluto, o Croce da tanto tempo desiderata!», disse il tuo
discepolo Andrea. Anche l’Apostolo Paolo annunciava di essere
gioiosamente «crocifisso con Te» e di volere conoscere
soltanto «la sapienza della Croce».
Un
tuo poeta ha detto: «Gesù prende la Croce, come noi prendiamo
l’Eucarestia».
Siamo
noi, i tuoi sacerdoti, che teniamo ogni giorno tra le mani il tuo
corpo sacrificato e lo presentiamo all’adorazione e lo offriamo in
cibo.
Tu
non ci chiedi di essere più forti nella sopportazione, ma più lieti
nel transustanziare le nostre piccole sofferenze nella tua sofferenza
infinita, e di farne nutrimento per la Chiesa.
S.
Giovanni della Croce –che compose i più bei poemi d’Amore
mistico, in un buio e tormentoso carcere– insegnava: «Ti basti
Cristo crocifisso. Soffri con Lui e riposa con Lui» e seppe
stringersi talmente a Te che, sul letto di morte, si commuoveva
guardando il suo stesso corpo malato, contemplando le proprie piaghe
"devotamente" perché assomigliavano alle Tue.
Concedici,
Signore, di adorare le nostre piccole croci –soprattutto quelle
inerenti al nostro Ministero– come frammenti della tua Croce
gloriosa.
III
STAZIONE
Gesù
cade sotto la Croce per la prima volta
Tu,
o Signore, "cadi per la prima volta": per tre volte
ti abbatterai al suolo e ti rialzerai a fatica prima di giungere sul
Calvario.
Questa
tua sfinitezza l’ho additata spesso ai fedeli, perché ne traessero
esempio.
"Anche
Gesù è caduto" –dicevo–, perfino il Figlio di Dio
ha esperimentato la debolezza che schianta le nostre povere forze!".
Ma lo dicevo come se, da Te, in fondo, ci si sarebbe potuto aspettare
una energia più indomita.
E
ho dimenticato che le tue cadute furono gli ultimi e decisi passi
della tua Incarnazione.
Tu,
per noi, sei disceso dal cielo: sei disceso in una povera grotta a
Betlemme; sei disceso tra una folla di peccatori e di malati.
Sei
disceso… ma ciò non basterebbe, senza questi ultimi passi di
obbedienza che ti avvicinano al cuore della terra, al tuo sepolcro
nuovo.
Così
Tu, cadendo, cominci ad aderire al suolo con tutto il tuo corpo.
Baci
la terra come fa il missionario che giunge nel paese straniero che
diventa la sua patria.
Ti
prostri al suolo e lo baci come abbiamo fatto noi preti nel giorno
dell’Ordinazione.
Ricordo
le parole che la mamma di S. Giovanni Bosco disse al figlio suo il
giorno della prima solenne Celebrazione (ed era la festa del Corpus
Domini!): «Sei prete: dici la Messa, sei dunque più vicino a
Gesù Cristo. Ricordati, però, che incominciare a dir Messa vuol
dire cominciare a patire».
Si
comincia inevitabilmente a soffrire perché bisogna portare il Corpo
e la Parola di Dio a tutti gli uomini, e la strada è diseguale e
spesso accidentata.
Ma
tu, o Signore, concedici di cadere, soltanto sulla tua strada.
IV
STAZIONE
Gesù
incontra sua Madre
Lungo
la via, Signore, hai certamente incontrato tua Madre.
Erano
più di trent’anni che ella aspettava il giorno annunciato nel
quale «una spada le avrebbe trapassato l’anima». Così ti
accompagnava al Calvario, e già il centurione aveva in mano la
lancia che avrebbe ferito i vostri cuori.
La
tradizione ha messo in bocca alla Vergine il lamento del profeta: «O
voi che passate per via, fermatevi e osservate se c’è un dolore
simile al mio dolore…».
Ma
ci siamo tutti fermati sulla soglia del mistero, attenti soltanto al
dolore provocato dagli insulti e dalle ferite.
Non
abbiamo contemplato il vero e beato dolore della Tua Vergine Madre,
silenziosa, davanti al dialogo che Tu intrattenevi col Padre tuo,
prima che Egli ti abbandonasse.
Maria
certo ricordava le parole dell’angelo: "partorirai un
Figlio… sarà grande… e il suo regno non avrà mai fine…».
Così
le era stato promesso, ed ecco che invece il Padre «dava via il
Figlio per amore del mondo»: «non lo risparmiava!».
E
a Lei si chiedeva ancora di consentire, di ripetere il Fiat,
di abbandonare il Figlio alla morte e di ricevere in cambio il
discepolo…
Ma
come poteva ella non consentire, se era chiamata –lei per prima–
a contemplare «il prezzo del riscatto»; non solo il nostro
riscatto di figli peccatori, ma ancor più: il suo riscatto di
Donna Immacolata, anticipatamente redenta dal sacrificio del Figlio.
Maria
accompagnava Gesù sul monte, là dove avrebbe compreso, in un
brivido misterioso, di essere, lei per prima, «Figlia di suo
Figlio».
Ai
piedi della Croce, vedendosi immersa da sempre in un mare di grazia,
ella divenne per noi Madre di misericordia.
In
questa stazione impariamo soltanto da lei: la Tutta Santa.
V
STAZIONE
Gesù
è aiutato dal Cireneo
Un
uomo, un passante casuale che tornava dai campi, fu obbligato a
portare la tua Croce, per darti un po’ di sollievo. Non sappiamo
niente di lui, ma sappiamo che i suoi figli, Alessandro e Rufo,
divennero cristiani. E commuove pensare che, forse, fu l’improvviso
e misericordioso coinvolgimento del padre, in quel cammino di
passione, a generarli in Cristo.
Ripenso
a tante meditazioni sbiadite, intente a chiedere ai cristiani di
voler portare anch’essi "un po’ di Croce", assieme
a Gesù.
In
verità, Tu eri sfinito, o Signore, e sarebbe stato logico il tuo
penoso arrancare dietro al Cireneo che ti levava la croce di
dosso.
Eppure
l’evangelista annota che «gli misero addosso la Croce, da
portare dietro a Gesù, e lo seguiva una grande
folla di popolo» .
Portando
la tua Croce, il Cireneo imparò a seguirti e, assieme a Te, divenne
una guida per il popolo.
Noi
sacerdoti non dobbiamo portare soltanto le nostre croci quotidiane,
dobbiamo portare proprio la Tua, per poter chiedere al nostro popolo
di seguirci.
Il
Santo Curato d’Ars tentò più volte di fuggire dalla sua
parrocchia: non perché non volesse soffrire, ma al pensiero
struggente di essere indegno di rappresentarti: troppo misero per
essere la Tua immagine misericordiosa. E sempre –da Te e dal
popolo– veniva gelosamente ricondotto in quel confessionale dove lo
aspettavano folle di pellegrini. Allora si scusava umilmente dicendo:
«Ho fatto il bambino!», e ricominciava a portare con Te la
Croce, consolandosi col dire: «Che ne sarebbe, se no, di tanti
poveri peccatori?».
VI
STAZIONE
La
Veronica asciuga il volto di Gesù
E’
l’unico episodio inventato dalla pietà popolare, per dare a tutti
e ciascuno un posto nella Via Crucis: il posto d’amore e di
tenerezza che tocca alla Sposa.
Tra
Veronica e Gesù –tra noi e il Crocifisso– un velo: un velo per
asciugare il volto tormentato dello Sposo per restituirgli forma e
bellezza.
La
Veronica rappresenta e descrive il destino femminile-sponsale di
tutta l’umanità; l’intima natura della Chiesa nata dal costato
di Cristo e a Lui irrevocabilmente unita; la vocazione e la missione
per cui è scelta, quaggiù, ogni anima cristiana.
Veronica
è la donna del Cantico dei Cantici, la cui passione d’amore
è diventata con-passione, un vero patire accanto all’Amato.
Veronica
è chi custodisce in sé l’immagine dell’Amato, per saperlo
sempre rintracciare.
Veronica
sono le nostre comunità cristiane quando cercano tra la folla il
volto dell’Amato, lo scoprono nei volti più umiliati e si
attardano a ripulirli con infinita dolcezza.
Veronica
sono anche i tuoi santi sacerdoti ogni volta che s’inteneriscono
incontrando il tuo volto sfigurato, e lo onorano con carità
inesauribile e con geniale operosità..
S.
Camillo de Lellis fu visto spesso inginocchiato accanto al letto dei
malati, sopraffatto dalla certezza di essere davanti «all’amato
suo Signore Gesù Cristo», e a volte si confondeva al punto da
mettersi a raccontar loro i suoi peccati, convinto di confidarli
direttamente al Crocifisso. E il biografo aggiunge: «quando
pigliava alcuno di loro in braccio, per mutargli le lenzuola lo
faceva con tanto affetto e diligenza che pareva maneggiare la persona
stessa di Gesù».
Ma
furono questo "sguardo" e questa "tenerezza" che
gli permisero di rinnovare, da cima a fondo, l’assistenza sanitaria
del suo tempo.
VII
STAZIONE
Gesù
cade per la seconda volta
A
metà percorso, Gesù, tu cadi ancora, come se la strada si aprisse e
franasse su di te da ambo i lati.
Ed
è una caduta ancora più umiliante, perché la Croce è sulle spalle
del Cireneo. Pensavano che Tu potessi resistere…
Ma
Tu cadi perché hai addosso l’immensurabile peso dell’umana
miseria, ed è un carico invisibile agli occhi.
Cadi
perché sei un Creatore che si è fatto creatura, e le creature ti
hanno preso al laccio come una preda.
Cadi
perché il tuo posto è quello dello schiavo battuto a sangue e
lasciato a gemere inutilmente in un canto.
Cadi
perché sei divenuto simile a una bestia da soma, che stramazza a
terra, e il carico le si schianta addosso.
E
mentre cadi, concedi a noi di non distrarci dal contemplare il tuo
povero corpo prostrato; aiutaci a non distogliere lo sguardo dal tuo
volto contuso tra le pietre.
Signore,
fa’ che accettiamo volentieri di cadere, ma accanto a Te,
tutte le volte che vorrai farci rialzare rinnovati.
Il
tuo sacerdote S. Giuseppe Benedetto Cottolengo per lunghi anni, visse
il suo sacerdozio percorrendo una via ricca di agi e di onori, fin
quando Tu non lo facesti "cadere" davanti al
giaciglio insanguinato di una povera partoriente, alla quale tutti
avevano rifiutato assistenza…
Ebbe
solo il tempo di dare l’estrema unzione alla madre e il battesimo
alla bimba, prima di vederle morire. Ma si rialzò afferrato
dalla grazia. Era divenuto –come amerà poi chiamarsi– «il
manovale della Divina Provvidenza».
VIII
STAZIONE
Le
madri piangono su Gesù
Le
madri piangono sul Figlio di Maria, umiliato e condotto a morte,
anche se è ancora come un legno verde.
Ma
è Gesù invece che si commuove per loro: vorrebbe che le madri
piangessero piuttosto su se stesse, per aver generato e allattato
figli che –senza di Lui– sarebbero destinati a bruciare come
legna secca, nell’incendio di un mondo privo di salvezza.
Gesù
conosce il dolore delle madri di ogni tempo: quelle inconsolabili
davanti alla ferocia di Erode (un Erode dai mille volti) che strappa
i figli dalle loro braccia, e quelle che si accusano di non aver
saputo o voluto proteggerli.
Gesù
conosce anche il pianto dei figli che scorre di generazione in
generazione: bambini ai quali le madri stesse hanno rifiutato il
grembo; bambini rinnegati dal padre; bambini privati di casa, di
cure, di pane, di gioco; bambini venduti al piacere e al guadagno.
Conosce
anche il dolore sordo dei rapporti delusi: genitori che non hanno
saputo diventare padri e madri; e ragazzi che non hanno saputo
diventare figli.
Queste
sofferenze, Signore, tu le conosci perché sei Figlio: perché
toccano –più d’ogni altra pena– il mistero stesso della tua
Persona.
Concedi
a noi Sacerdoti di saper vedere attorno a noi soltanto Tuoi figli.
Dacci
lo sguardo del tuo S. Vincenzo de’ Paoli quando affidò alle sue
suore –già tanto sovraccariche di lavoro– anche l’«Opera
dei bambini trovatelli», spiegando con entusiasmo: «Sarete
come la Madonna, perché sarete madri e vergini. Vedete cosa fa per
voi il Signore? Sin dall’eternità ha stabilito questo tempo per
ispirarvi il desiderio di prendervi cura di questi piccini che Egli
considera suoi: sin dall’eternità ha scelto voi, figlie mie, per
servirli. Che onore per voi, servire i figli di Dio!».
IX
STAZIONE
Gesù
cade per la terza volta
E’
la terza volta che cadi, Signore, e, secondo l’iconografia
tradizionale, ti costringono a rialzarti a furia di percosse: come se
ti occorresse un di-più di sofferenza per darti la forza di patire
ancora.
Ma
tu conosci la verità nascosta.
Prima
di essere innalzato fra terra e cielo, prima di poter tornare "alla
destra del Padre", devi, un’ultima volta, manifestare la
tua completa dedizione alla nostra terra e alla polvere di cui siamo
fatti.
Cadi
perché vuoi poterci abbracciare tutti, prendendoci dal basso tra le
tue braccia, mentre noi cadiamo.
Cadi
per la terza volta, come tre volte sei stato tentato, da Satana, a
sottrarti alla tua vera "incarnazione".
Cadi
tre volte, come tre volte è caduto il primo dei tuoi apostoli quando
ti ha rinnegato.
Cadi
tre volte, perché la terza volta è sempre quella definitiva e, se
ti rialzi, è perché il Padre è «più forte di tutti» e ti
farà risorgere anche "dopo tre giorni" dalla
tua caduta mortale.
Signore
donaci di comprendere che certe cadute sono soltanto presagio di
resurrezione.
Così
il tuo Beato servo Daniele Comboni –che aveva sognato di
abbracciare missionariamente l’intera Africa–, al termine della
sua vita, si trovò schiantato dalla calunnia e vide approssimarsi la
distruzione di tutta la sua opera.
Morì
a cinquant’anni, stremato dalle veglie e dalle fatiche apostoliche,
ma fedele a ciò che aveva inizialmente promesso ai suoi amatissimi
africani: «Il più felice dei miei giorni sarà quello in cui
potrò dare la mia vita per voi».
X
STAZIONE
Gesù
spogliato delle sue vesti
Mentre
i soldati si spartiscono le tue vesti e tirano a sorte la tunica
indivisibile, il tuo corpo nudo risplende di umiliazione e di gloria.
La
sosta in questa decima stazione, o Signore, è sempre stata per me la
più difficile, mi è riuscito difficile anche intrattenere qui i
fedeli e aiutarli a contemplarTi.
Non
per la tua dolorosa e tremante nudità, ma per i misteri che intuisco
e che esigerebbero una sensibilità mistica: quella delle
innumerevoli Sante e Santi che ti hanno adorato come loro "Sposo
Crocifisso".
A
ben pensare, Gesù mio, in tutta la Via Crucis è nascosto un
dramma nuziale: da un lato c’è l’umanità perduta che ti rifiuta
come Sposo e ti tradisce, e dall’altro c’è la tua Umanità che
accetta il rifiuto e il tradimento e lo trasforma in comunione
sponsale.
Così
è stato nell’ultimo incontro con Giuda che tu hai veramente
abbracciato e baciato.
Così
è stato quando ti hanno rivestito di porpora e incoronato, come si
incorona lo Sposo al momento delle nozze.
Così
è stato quando ti hanno "presentato" davanti alla
folla degli invitati: "Ecco l’uomo", ecco
l’Eletto, l’Amato!
Così
è ora che i servi ti aiutano a spogliarti, e Tu ti offri alla Sposa
in gioiosa ed innocente nudità (quella del nuovo Adamo, che non ha
motivo alcuno di vergogna).
Così
sarà tra breve, quando ti distenderai sul letto della Croce, per un
vero matrimonio con Madonna Povertà.
Così
amava contemplarti il tuo santo Diacono Francesco d’Assisi che
raccontò al mondo queste nozze sublimi, al punto da volerle Egli
stesso rinnovare nella Chiesa, amando la povertà come «la sua
donna più cara».
XI
STAZIONE
Gesù
inchiodato alla Croce
Nella
preghiera che Gesù recitava sulla croce –nel salmo che comincia
«Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?»– c’erano
anche queste parole: «Hanno scavato le mie mani e i miei piedi /
posso contare tutte le mie ossa». Ma poi la preghiera
continuava: «Annunzierò il tuo Nome ai miei fratelli / ti loderò
in mezzo all’assemblea».
La
Croce era dunque il pulpito che il Padre ti assegnava, o Gesù, per
rivelarci il Suo nome, e per lodarlo assieme a noi tuoi poveri
crocifissori.
Perdonami,
se penso ora al ministero che mi hai affidato e all’annuncio che mi
chiedi ogni giorno di ripetere «ai miei fratelli».
La
mia obbedienza ti è certo dovuta, ma poche volte ho pensato alla Tua
assoluta obbedienza: a quel tuo essere stato irrimediabilmente
"confitto" alla croce.
Un
antico testo medievale offriva ai monaci questi «tuoi»
consigli: «Come un crocifisso non può muovere le membra a
proprio capriccio, né può rigirarsi, ma deve aderire immobile là
dove lo hanno inchiodato, così bisogna che tu aderisca alla tua
croce e rinunci a te stesso, senza poter girare la volontà dietro
alle tue fantasie o al piacere di un istante, ma applicandola
interamente là dove la mia volontà ti ha confitto».
Concedi
anche a noi, tuoi Ministri, di restare lietamente crocifissi –in
povera e nuda obbedienza– al ministero che ci hai affidato.
Così
restò quotidianamente confitto alla tua croce –per più di
cinquant’anni– il Beato P. Pio da Pietrelcina, portando nel corpo
le tue stesse trafitture.
Le
stimmate mostrarono al modo il miracolo del sacerdozio cristiano:
rendendo visibile il «caro prezzo» di sangue nascosto in
ogni sacrificio eucaristico, in ogni assoluzione sacramentale, in
ogni intercessione di grazie e in ogni conflitto col Maligno; il
prezzo nascosto perfino nell’umile e costante soggezione alla tua
Chiesa.
XII
STAZIONE
Gesù
muore sulla Croce
Dopo
aver perdonato l’ottusa cattiveria degli uomini, dopo aver
ascoltato da un ladro pentito la prima dolcissima preghiera («Gesù,
ricordati di me!»), dopo aver gridato «Ho sete!»
–quasi un ultimo testamento per noi–, Gesù muore.
Signore,
i mistici medievali dicevano che dovremmo meditare la tua morte in
croce "insatiabiliter", senza stancarci mai di
entrare nelle profondità del tuo «troppo grande amore».
Il
discepolo Giovanni –il solo dei Dodici, che ti ha visto morire–
ti ha osservato nel momento della morte, e ha conservato per noi un
ricordo prezioso: «Gesù, dopo aver chinato il capo, esalò lo
spirito».
Ad
ogni morente l’ultimo respiro sfugge dalle labbra, e poi la testa
si abbandona sul petto.
Tu,
invece, prima hai chinato la testa e poi "hai dato lo
Spirito": così il tuo ultimo respiro scese sulla piccola
Chiesa già radunata ai piedi della Croce.
Quell’ultimo
tuo soffio di morente era come l’alito del Creatore sul primo uomo;
era come lo Spirito inviato alla Vergine nel momento della tua
Incarnazione, e già annunciava quel respiro di vita nuova che
avresti effuso sui discepoli la sera di Pasqua e nel giorno di
Pentecoste.
Rivedo
il tuo martire S. Massimiliano Kolbe sostare sfinito davanti al
mucchio di cadaveri che è stato costretto a trascinare, su un
carriola, al forno al crematorio di Auschwitz. Prima di allontanarsi,
mormora in un soffio: «Et Verbum caro factum est… Santa Maria,
prega per noi».
Anche
sul patibolo di un lager, quell’ultimo sospiro di un martire –un
respiro di fede in Te e di carità per le altre vittime– fu
anticipazione della «vittoria mediante la fede e l’amore».
XIII
STAZIONE
Gesù
deposto in grembo alla Madre
Prima
degli ultimi passi che ti condurranno al sepolcro, o Gesù, riposi un
istante in pace, tra le braccia di Maria, come un figlio stanco dopo
una giornata troppo lunga.
E’
stata la "giornata" che il Padre ti ha assegnato
–una buona giornata di lavoro– ed anch’Egli è pronto a
riprenderti con Sé.
Come
Maria, anche il Padre celeste ti riaccoglie nel Suo seno e già Ti
sussurra: «Mio Figlio sei tu: io oggi ti ho generato!».
La
Vergine Madre trattiene silenziosamente il Tuo corpo morto tra le
braccia, in fede, speranza e carità.
In
lei vediamo l’immagine e il modello della Chiesa che –in gioia e
sofferenza– continuamente genera i figli di Dio e ne attende la
risurrezione.
A
noi, tuoi ministri, concedi o Signore d’aver «pietà»: pietà
per il tuo eterno sacrificio che dobbiamo quotidianamente rinnovare
tenendoTi tra le mani; pietà per coloro che dobbiamo generare
come tuoi figli, accompagnandoli nella passione e preparandoli alla
vita risorta.
Il
Beato P. Tito Brandsma, nel campo di Dachau, all’infermiera odiata
e disprezzata da tutti i prigionieri che doveva iniettargli l’acido
fenico donò la sua povera corona del Rosario.
- «No so pregare!» –fu la risposta irritata della donna. Le rispose con mitezza:
- «Non occorre che tu dica tutta l’Ave Maria; di’ soltanto: "Prega per noi peccatori"».
Ed
ella non riuscì più a dimenticare il volto di quell’anziano prete
al quale aveva dato la morte. Dirà poi: «Lui aveva compassione
di me!». L’aveva ucciso, ma Egli l’aveva generata alla
grazia.
XIV
STAZIONE
Gesù
è deposto nel sepolcro
In
Maria, la Chiesa ti ha accolto per sempre tra le sue braccia e
attende il miracolo.
Nella
tomba oscura, il tuo corpo giace vegliato dalla Trinità: e nell’alto
silenzio accade il dialogo della Risurrezione.
Il
cuore del Padre è stato ferito dalla Tua preghiera, quando gli hai
chiesto «con forti grida e lacrime di essere liberato dalla
morte», e il Padre –che «Ti esaudisce sempre»– non
può lasciare «che il suo Santo veda la corruzione».
Così,
nella notte del sepolcro, come già ha fatto nel buio della grotta di
Betlemme, in potenza di Spirito Santo, il Padre nuovamente Ti genera:
«luce da luce, Dio vero da Dio vero».
Né
la grossa pietra sigillata, né le guardie poste a vigilare la tomba
poterono impedire la transustanziazione del tuo cadavere in corpo
risorto.
Da
allora tutti i tuoi fedeli accettano, nel Battesimo, di essere
"sepolti con te", per potere con te risorgere.
Aiutaci,
Signore, a non temere i sepolcri di questa terra, e aiutaci a
scendervi certi di cadere nelle mani del Padre tuo.
Così
il Beato P. Damiano de Veuster discese nel lebbrosario di Molokai
–considerato allora «il cimitero e l’inferno dei vivi»– e
fin dalla prima predica abbracciò tutti quegli infelici dicendo
semplicemente: «Noi lebbrosi». E al primo malato che gli
disse: «State attento, Padre, che potreste prendervi il mio male»
rispose: «Figlio mio, se la malattia mi porta via il corpo,
Dio me ne darà un altro».
Fa’,
o Signore, che possiamo restare davanti al tuo sepolcro in adorante
attesa, come restò Maria di Betania, la donna che ti aveva
anticipatamente donato «l’olio profumato per la sepoltura"
e che tu scegliesti per come prima testimone della tua
Risurrezione.
FORMULA
DI IMPEGNO
al
termine della Via Crucis
Signore
Gesù,
Ti
abbiamo accompagnato nel duro «percorso della Croce», con fede,
amore e speranza.
Abbiamo
compreso quanto ti è costato offrirti a noi come Via per
farci tornare al Padre; quanto ti è costato precipitare nell’abisso
per frapporti tra noi e l’inferno, per abbracciarci nella nostra
perdizione e donarci la tua stessa Vita.
Nel
tuo Sommo Sacerdozio abbiamo contemplato anche il nostro
sacerdozio ministeriale.
Nel
tuo santo Sacrificio abbiamo contemplato il sacrificio che ci
chiedi di offrire con le nostre mani e con la nostra vita:
l’Eucaristia totale che dobbiamo e vogliamo presentare al
Padre Tuo.
Nella
tua Obbedienza fino alla morte di Croce, abbiamo contemplato
anche l’obbedienza che abbiamo promesso a Te e alla tua Chiesa.
Nella
passione del tuo Amore assoluto, abbiamo contemplato anche
l’offerta casta di tutto il nostro io –nel corpo e nell’anima–
perché destinato a trasmettere il tuo amore.
Fa’
che questa ripetuta contemplazione diventi azione umile
e quotidiana, servizio fedele e indomabile.
In
questa Via Crucis ci ha accompagnato il vivo ricordo della
Santa Vergine Addolorata –Madre anche del nostro sacerdozio– e ci
ha aiutato l’esempio generoso di Santi Sacerdoti.
Per
la loro intercessione, Signore, concedici di saper «dare la vita»
per il nostro gregge, come il buon pastore che non fugge mai, ma
sempre custodisce e protegge le sue pecore.
Donaci
il tuo Santo Spirito che ci rende santi, e rinnova in noi la
felice coscienza di essere "figli" del tuo Padre
celeste: figli in Te Figlio, mandati nel mondo "per
ricondurre tutti i dispersi figli di Dio".
Amen.
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