martedì 28 aprile 2015
DON GNOCCHI "l'Angelo dei bimbi" (FILM IN STREAMING su Gloria Tv) e scritti di questo santo beato della carità....
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Trent'anni dopo la morte di don Carlo Gnocchi, l’Arcivescovo di Milano, cardinale Carlo Maria Martini, ha avviato il Processo di Beatificazione, istruendo la fase diocesana. Con la lettura del decreto sull’eroicità delle virtù, il 20 dicembre 2002 al Servo di Dio don Gnocchi è stato dato il titolo di Venerabile.
Dal 22 ottobre al 19 dicembre 2004, nell’Arcidiocesi di Milano, si è svolta la sessione straordinaria del processo per l’analisi di un presunto evento miracoloso. Il 5 luglio 2007 la Consulta Medica, chiamata all’esame dell’episodio, lo ha dichiarato “scientificamente inspiegabile”. Il Collegio cardinalizio, riunitosi il 13 gennaio 2009 in Vaticano, ha riconosciuto che il miracolo in discussione è da attribuire all’intercessione di don Carlo. Papa Benedetto XVI, il 17 gennaio 2009, ha autorizzato il prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi alla pubblicazione del decreto, autorizzando di fatto la beatificazione di don Gnocchi. Il solenne rito è stato celebrato a Milano domenica 25 ottobre 2009.
Mi sono dato e mi do tuttora alla carità verso i reduci di guerra, i mutilati, gli orfani ed ora i bambini mutilati della guerra sempre per un superiore ed obbligante vincolo contratto con quelli che hanno fatto la guerra e ne portano duramente le conseguenze. Perché, eminenza, era molto facile e qualche volta brillante dire ai soldati "fate il vostro dovere, in nome di Dio e la divina Provvidenza non vi abbandonerà". Ma ora quelle promesse mi impegnano, come una cambiale firmata dinanzi a Dio. Ed io cerco di pagarla come posso ad Arosio: con i miei invalidi, con gli orfani dei miei soldati e con i mutilatini di guerra. Sono, per ora, 146 persone che, abbandonate dalla società, trovano comprensione ed aiuto dalla carità di Nostro Signore.
Don Carlo Gnocchi, lettera al cardinale Schuster, 7 novembre 1946
Ho accettato, oltre al Gonzaga, anche la direzione dell’Istituto Grandi Invalidi di Guerra ed ho aperto un nido per bambini orfani dei miei caduti. Ho avuto ed ho molto da lavorare, ma sento assai la continua assistenza del Signore. Per l’avvenire non so cosa farò. Certo la via della carità è per me definitivamente imbroccata. Dove mi potrà condurre lo sa soltanto il Signore.
Don Carlo Gnocchi, lettera a don Zambarbieri, 28 dicembre 1946
La carità è una cambiale in bianco che Dio rilascia all’uomo in tempi così difficili per l’educazione cristiana; abbiamo più che mai bisogno d’aver credito, tanto credito presso il Signore.
Don Carlo Gnocchi, dalla rivista Incontri dell’Istituto Gonzaga di Milano, 1940
Molti si preoccupano di stare bene, assai più che di vivere bene, per questo finiscono anche per stare molto male. Cerca di fare tanto bene nella vita e finirai anche tu per stare tanto bene.
Don Carlo Gnocchi, dedica scritta sul diario di Luisa Gnocchi Martini, 20 marzo 1940
Le altre cose tutte cui tanto teniamo, l’ingegno e la cultura, le ricchezze e la posizione sociale, la casta e il sangue, finiscono per dividere gli uomini e metterli qualche volta gli uni contro gli altri, ferocemente. La carità non mai. La carità unifica e salva. È un valore assoluto, universale e costante, per tutti i tempi e per tutti gli uomini. L’unico valore spirituale nel quale tutti si trovano concordi… Perché, dopo tutto, una cosa sola vale ed è urgente per tutti: fare del bene.
Don Carlo Gnocchi, da un articolo pubblicato su La Piccola Opera della Divina Provvidenza, 1941
Sapeste come in questi giorni il Signore mi ha fatto capire - per me, ma certamente anche per voi - che non basta operare, fare della carità: bisogna sopra tutto e prima di tutto pregare per la carità. È da lui, dallo Spirito Santo che viene nei nostri cuori la carità, quell’amore di cui ha tanto bisogno il mondo e le anime nostre per salvarsi.
Don Carlo Gnocchi, lettera alle Dame del Gonzaga, 19 luglio 1941
Quante cose avrei a dirvi se potessi presiedere questa vostra prima adunanza, quante cose sulla carità! Come non sentirne la struggente passione, dinnanzi alle atrocità e agli orrori che formano il triste corteggio della guerra: distruzioni, fame, miseria, mutilazioni e dolori? Care Dame, di una cosa sola ha bisogno il mondo, e per questo bisogna lottare, di carità, di amore evangelico. Ciascuno di noi ha il dovere di anticipare ed attuare, per quanto compete a lui, l’avvento della carità. È ben poca cosa quello che un uomo può fare, si sa. È una goccia di dolcezza in un oceano amarissimo. Ma pure il mare è formato da molte gocce. Basta che ciascuno porti la sua. E se anche gli altri non lo fanno, egli ha adempiuto con questo ad un dovere personale che lo impegna davanti a Dio e del quale gli verrà domandato conto. Non scoraggiatevi dunque se, di fronte al molto che resta da fare, la vostra opera appare piccola e insufficiente. Dio sa le nostre possibilità. E poi possiamo sempre supplire con la vastità e intensità dei nostri desideri e delle nostre preghiere.
Don Carlo Gnocchi, lettera alle Dame del Gonzaga, 15 settembre 1942
Nel trambusto dell’ora, non dimenticate i nostri poveri. Sarebbe come lasciare il Signore nel momento della prova e della passione. Come purtroppo hanno fatto i discepoli paurosi. Le difficoltà del momento, non che raffreddarvi, devono spingervi a maggiore carità. Lo sapete che non c’è mezzo più efficace ad abbreviare la prova e ad allontanare le disgrazie di quello della carità! Lo afferma chiaramente la Sacra Scrittura; lo prova ripetutamente la storia della Chiesa. A tempi di calamità, tempo di viva carità.
Don Caro Gnocchi, lettera alle Dame del Gonzaga, 11 dicembre 1942
Si è salvata una cosa sola in tutto questo sfacelo: la carità; anzi la nostalgia della carità è diventata più profonda, perché soltanto la carità può salvarci e può darci anche la prosperità umana; abbiamo raccolto tanti beni terreni ma non sono rimasti, sono andati infranti tutti, le nostre superbe costruzioni sono andate distrutte… Noi non abbiamo voluto cercare il Regno di Dio, abbiamo cercato il sovrappiù; ebbene, anche il sovrappiù ci è stato tolto.
Don Carlo Gnocchi, da una conferenza al Piccolo Cottolengo di Milano, 4 marzo 1944
Io ho consacrato per voto, in un’ora di estremo pericolo in Russia, la mia vita al servizio dei poveri; ma mi vado accorgendo che l’esercizio della carità è assai difficile compierlo isolatamente, soprattutto quando non si è santi… Mi aiuti lei con le sue preghiere. Sono decisamente ad un bivio decisivo della mia vita: forse mi manca il coraggio delle decisioni supreme: eppure comprendo che oggi solo la carità può salvare il mondo e che ad essa bisogna assolutamente consacrarsi.
Don Carlo Gnocchi, lettera a don Sterpi, 21 agosto 1945
La carità che voglio fare è grande come la mia speranza e la mia fede; ho solo il grave compito di essere coerente. C’è o non c’è la Provvidenza? Se il Signore mi ispira di fare, e io mi assicuro che è proprio Lui a ispirarmi e non è la fantasia, che devo temere? Devo temere, solo, di venire meno alla fedeltà: e così estraniarmi alla logica della grazia.
Don Carlo Gnocchi, dalla testimonianza di mons. Aldo Del Monte, 10 gennaio 1946
Sì, la carità è sempre carità. Ma, a mio parere, non si estende ancora e non risana con il ritmo col quale si scatena il disordine. E ogni disordine morale è un atto di guerra.
Don Carlo Gnocchi, dalla testimonianza di mons. Aldo Del Monte, 10 gennaio 1946
NESSUNO BADAVA AL TEMPO...
La ragione vera ed intima della mia tristezza, quella forse che da tempo influisce sul mio carattere e sul mio lavoro, è questa, anche se non facile a dirsi: Quella di non sentirmi più circondato dalla poesia della carità e dall’ideale di fare il bene per il bene, in quelli che ora sono diventati i miei collaboratori. Ho degli “impiegati” intorno a me; distaccati dal lavoro cui attendono; che non hanno l’angoscia dell’economizzare il tempo, il gusto del sacrificio, che “calcolano” la loro prestazione, che fanno sentire quanto danno in più del dovuto, che non si interessano, per goderne o soffrirne, delle sorti buone o tristi dell’istituzione, che non hanno progetti, disegni, critiche da fare ma si accontentano di eseguire; che insomma non lavorano con me e come me, ma accanto a me.
Quando nacque la nostra Opera era una cosa ben diversa, tu ricordi. Era una cosa di tutti e di ciascuno… Ed abbiamo fatto, per questo spirito, un lavoro veramente prodigioso per mole e per rapidità… È una cosa che solo si spiega con la divina Provvidenza, per quanto riguarda la parte di Dio e con la nostra passione, per quanto riguarda la parte degli uomini.
Nessuno badava al tempo, al sacrificio, faceva distinzione di compiti o di doveri, e ciascuno faceva, a turno ed opportunità, il dattilografo, l’archivista, il fattorino, il facchino, l’autista, la personalità, il meccanico, il portalettere, il correttore di bozze, l’autore eccetera… Questa era la poesia che ora, come tu sai, è morta, per dar luogo alla burocrazia. In minuscolo, se vuoi, ma sempre burocrazia. Che non vuol dire carte e pratiche (ce n’era tanta anche allora di carta), ma disinteresse e distacco da quello che si tratta.
Don Carlo Gnocchi, lettera a Mariuccia Meda, 6 giugno 1951
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