A fine marzo andrà in scena la prima delle spettacolo che la vede
indossare i panni di santa Teresa D'Avila. Ci dice bene quando e dove?
Lo spettacolo è promosso dai Carmelitani Scalzi della Provincia
Veneta, dal Teatro Argot e dal Movimento Ecclesiale Carmelitano. Lo
rappresenteremo dal 31 marzo al 12 aprile al Palazzo della Cancelleria. I
biglietti e le informazioni si possono reperire presso il Teatro
Stabile di Roma a Largo Argentina.
Avremo molti altri appuntamenti. Quelli confermati sono:
Aprile: 17 Adro, 18 Brescia, 19 Breno al Teatro delle Ali
Maggio: 9 Orvieto, 21 Verona, 23 Trento, 24 e 25 Trerviso …
Finiremo a gennaio al Teatro Metastasio di Prato.
Come mai ha scelto santa Teresa? Possiamo parlare di un suo
percorso alla "ricerca" di qualcosa? Teresa è una santa molto attuale e
che continua ad affascinare le persone, cosa ha trovato Pamela Villoresi
in santa Teresa? Da dove nasce l'idea di questo spettacolo?
Quando eravamo in tournèe con Strehler con “Il Temporale”, a Madrid,
nei giorni di riposo affittavo un’auto e visitavo i dintorni. Così un
bel giorno capitai ad Avila e rimasi folgorata: le sue rocce rosse, le
sue chiese romaniche, le montagne intorno e, all’ingresso del paese, una
statua di Teresa: un’espressione forte, maestosa, solare. Un’immagine
femminile molto diversa da quelle a cui ci aveva abituato l’iconografia
cattolica. Tornai in Italia e mi misi a leggere. IL primo libro fu
“Teresa D’Avila” di Rosa Rossi (una grande ispanista morta qualche anno
fa). Più leggevo e più mi smarrivo nel mare magnum del suo pensiero, ma
ne rimanevo affascinata. Incredibile: una donna colta che 500 anni fa
determina la sua vita, scrive libri, regole e lettere (perfino al re),
riforma il Carmelo, vive una spiritualità densa, profonda e meditativa;
fonda 17 monasteri femminili e, con l’aiuto dei suoi frati, 15 maschili.
Riporta l’Ordine alla sua coerenza della povertà e della
contemplazione. Nello stesso tempo traversa la Spagna a dorso d’asino
per risolvere gli ostacoli e trovare il denaro per le sue fondazioni. E’
così innovativa che subisce due processi dalla Santa Inquisizione, da
cui esce a testa alta … un’anima eletta!
Ma tutto si muoveva a rilento: non trovavo la produzione, anche la
scrittura del testa ha scoraggiato scrittori famosi. Perfino Mario Luzi
mi disse: <Pamelina, davanti a Teresa mi casca la penna di mano>.
Finché, due anni fa, i Carmelitani di Brescia mi hanno chiamato e mi
hanno commissionato lo spettacolo. Non c’erano più alibi, così mi ci
sono buttata. 20 anni di gestazione ed eccoci al parto. Sono molto
emozionata.
Ce lo racconta in breve senza anticipare troppo?
Dalle letture sapevo che Teresa vedeva l’anima come un diamante, un
castello interiore, dove possiamo godere “dell’amore che in noi vive,
che fuori da noi stessi non vediamo. Fuori ci aggiriamo “tra fumi e
livide macerie”, nell’ignoranza. Il Castello ha varie dimore, tappe, che
approdano alla stanza centrale, quella del matrimonio mistico. Un
“cammino di perfezione”, appunto. Il drammaturgo ha lavorato a stretto
contatto con padre Antonio Sicari e padre Fabio Silvestri, per
individuare gli episodi della sua vita e i suoi pensieri, per tracciare
questo percorso nel modo più corretto possibile. Il testo è molto bello
(sarà anche un libro). Le parole sono incastonate in una griglia
musicale molto suggestiva e toccante di Luciano Vavolo. Siamo riusciti a
raccontare (a sommi capi), in un’ora e dieci minuti, la sua vita, il
suo pensiero e il suo percorso teologico. Non facile parlando di un
colosso come lei: prima donna dottore della chiesa.
Lei già conosceva santa Teresa oppure questo spettacolo è stato l'occasione di conoscerla?
Quando capitai ad Avila non conoscevo nulla di Teresa; avevo solo
nella memoria l’immagine di qualche quadro dove c’è una suora che
scrive. Poi nacque un interesse, un attaccamento che ho portato avanti
negli anni in modo discontinuo ma appassionato. Riuscire a portare in
scena questo spettacolo è veramente la realizzazione di un sogno. Ma …
questo progetto ha imposto i suoi tempi. Anche nelle soluzioni pratiche
ed artistiche: non sono mai bastate le trovate di “mestiere”, tutto
doveva maturare in zone profonde, poi veniva l’ispirazione, l’idea
giusta. Questo cammino ci ha invitato alla pazienza.
Santa Teresa d'Avila non lascia certo indifferenti, cosa porta con sé Pamela Villoresi di questa santa?
Sicuramente ci siamo immersi in pensieri alti e meravigliosi: tra i
migliori espressi nei secoli sulla spiritualità. Ogni autore che
affrontiamo in teatro ci arricchisce della sua arte e della sua visione
del mondo. Studiare Teresa, attraverso la sua poesia, è un privilegio ma
talvolta sembra di smarrirsi. Ora mi pare di aver compreso molte cose,
ma quante mi sfuggono ancora? I “nostri” fratelli Carmelitani, padre
Fabio Silvestri e padre Antonio Sicari, ci tengono a portarmi nei
monasteri di clausura per farmi capire meglio lo spirito teresiano. Così
sono stata accolta dalle Scalze di Cividino e da quelle di Terni. Ho
trovato veramente quel candore e quell’allegrezza “che è testimonianza
dello spirito di Dio”. La superiora di Cividino esclamò proprio: <Ti
avrà cambiato la vita immergersi negli scritti di Teresa>. Le ho
risposto con sincerità: <Beh, non occorre aver ucciso qualcuno per
interpretare un’assassina, così come, per fortuna, è possibile vestire i
panni di un’illuminata anche con un’anima sgangherata come la mia.
Hanno sorriso. Credo che a questa domanda potrò rispondere solo alla
fine dell’anno. Per intanto mi osservo e godo di questo nutrimento:
stare in compagnia di Teresa è un incanto; mandare a memoria la parte,
fare le prove in teatro è un vero piacere.
Parlando di santa Teresa vengono in mente due immagini vivide: la
scultura del Bernini più concreta e incisiva oppure la farfalla che vola
di fiore in fiore e rappresenta la preghiera. Immagini distanti tra
loro ma molto vicine?
Nel nostro manifesto sono appunto accostate. La farfalla è ariosa,
libera e legger, come l’anima evoluta, che ha compiuto la
trasformazione: da essere informe, il bruco, si è chiusa in isolamento,
ha rotto il bozzolo di “un’identità basata sulla reputazione” e può
librarsi. Credo che per accettare e superare queste fasi ci voglia
determinazione, forza, coraggio e fermezza: il marmo. La ricompensa è
gioia ed estasi: l’espressione della statua. Diciamo che sono due
immagini complementari.
Un'ultima domanda: perché il titolo "un castello nell'anima?"
Il Castello interiore è il libro che meglio spiega la visione
teologica. <L’anima è un castello dentro al cuore, un castello, un
diamante limpido e splendente, che ha molte dimore come il cielo … la
ragione non arriva a spiegarlo>. Le dimore sono tappe,ognuna ha delle
trappole, dei rischi che intrappolano ma anche la chiave per accedere
alla stanza successiva. Il percorso evolutivo porta alla “morada”
centrale: quella del matrimonio mistico, dove “la luce è così intensa e …
resta solo estasi e silenzio”. E’ “Un Cammino di Perfezione”. Ognuno ha
il suo: si può rimanerne fuori e “aggirarsi tra vapori e livide macerie
… con un’anima smarrita, inferma ed ignorante” oppure “rientrare dentro
se stessi” e cominciare il percorso. Anche noi tutti abbiamo
sperimentato come ci sentiamo “migliori” quando abbiamo superato delle
prove alle quali abbiamo dato “la risposta giusta”. Teresa ci invita a
procedere “oltre le paure, in un cammino che confonde ma ci conduce
oltre”.
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