È la storia di un pastore che, con impegno costante, riforestò da solo un'arida vallata ai piedi delle Alpi, vicino alla Provenza, nella prima metà del XX secolo.
L'uomo che piantava gli alberi 1
Molti
anni fa, un giovane studente intraprese una lunga passeggiata in una
regione desolata e triste del Sud della Francia. Si presentava come un
deserto fustigato dal vento, screpolato dall'arsura, tra i 1200 e i 1300
m. d'altitudine. Vi cresceva soltanto qualche cespuglio di lavanda
selvatica. Lo studente si accampò nei pressi di un villaggio
abbandonato, che sembrava un vecchio nido di vespe. Il vento sibilava
tra i muri in rovina con una brutalità insopportabile. Non c'era la
minima traccia d'acqua. Il giovane dovette riprendere la marcia.
Dopo cinque ore di quel desolante deserto,
scorse una piccola sagoma nera, sul profilo di una collina. Poteva anche
essere un tronco solitario, ma il giovane si diresse da quella parte.
Era un pastore. Una trentina di pecore si riposavano sulla terra
bruciata intorno a lui. Il pastore porse al giovane la sua borraccia e,
un po' più tardi, lo condusse nella sua baita. Estraeva la sua acqua,
eccellente, da un pozzo naturale, molto profondo.
Quell'uomo parlava poco. La sua era una vera
casa di pietra, non una baracca. I tetti erano ben fermi e il vento
lottava con essi invano. L'interno era in ordine e pulito; il fucile
ingrassato a dovere; sul fuoco bolliva la zuppa. Anche il cane,
silenzioso come il padrone, era cordiale ma non servile. Lo studente
passò la notte in quella casa sulle colline. Fu un invito tacito. Il
villaggio più vicino era a due giorni di marcia. Inoltre, tutti e due
conoscevano perfettamente il carattere dei rari villaggi della regione.
Ce n'erano quattro o cinque dispersi lontani gli uni dagli altri sui
fianchi delle alture. Erano abitati da boscaioli che fabbricavano
carbone di legna. Erano posti in cui si viveva male. Le famiglie, in
quel clima esasperante, d'estate come d'inverno, erano chiuse in un
egoismo allucinante. Non avevano che un desiderio: andarsene da quel
posto. Il vento che non cessava mai irritava i nervi. La gente era piena
di rancori. Esplodevano spesso epidemie di suicidio ed erano numerosi i
casi di follia, quasi sempre cruenti.
Lo studente era affascinato dalla figura
dell'uomo che l'aveva ospitato. Dopo cena, il pastore andò a prendere un
sacchetto e rovesciò sul tavolo un mucchio di ghiande. Si mise ad
esaminarle una dopo l'altra con molta attenzione, separando le buone
dalle cattive.
Compiuto 85 anni, la regione era cambiata.
Quasi tutti i villaggi erano stati ricostruiti. Le case, dipinte di
fresco, erano circondate da orti e giardini. Gli abitanti non pensavano
più a scappare e altri venivano a cercare casa. Uomini, donne, e bambini
avevano ripreso a ridere e a sperare.
Contandoli tutti, più di diecimila persone dovevano la felicità a Elzéard Bouffier. Anche se nessuno di loro lo seppe mai.
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