« A tale scopo, aggiunge Papa Francesco, vi propongo di soffermarci a recuperare alcune motivazioni che ci aiutino a imitarli nei nostri giorni »
L’incontro personale con l’amore di Gesù che ci salva
Il missionario è prima di tutto una persona che ha incontrato Gesù, rispondendo alla sua chiamata per rimanere con lui e diventando un testimone del suo amore. Marco presenta la vocazione dell’apostolo nel racconto dell’istituzione dei Dodici: «Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici - che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni. »
(Mc 3,13-14). In questo testo, è chiaro che il primato va dato allo “stare con lui”, segue l’essere mandati a predicare. Questa è la prima motivazione secondo Papa Francesco: « La prima motivazione per evangelizzare è l ’ amore di Gesù che abbiamo ricevuto, l’esperienza di essere salvati da Lui che ci spinge ad amarlo sempre di più. Però, che amore èquello che non sente la necessità di parlare della persona amata, di presentarla, di farla conoscere? Se non proviamo l’intenso desiderio di comunicarlo, abbiamo bisogno di soffermarci in preghiera per chiedere a Lui che torni ad affascinarci.»
Siamo chiamati a riscoprire lo sguardo di Gesù che ci ha chiamati, come ha chiamato i primi discepoli. Il Papa fa riferimento alla chiamata di Natanaele e lo sguardo di Gesù, rimasto come buona novella nel quarto vangelo: «Io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi » (Gv 1,48).
In pratica ciò si realizza nella preghiera, espressione dell’amore verso Gesù:«Che dolce è stare davanti a un crocifisso, o in ginocchio davanti al Santissimo, e semplicemente essere davanti ai suoi occhi! Quanto bene ci fa lasciare che Egli torni a toccare la nostra esistenza e ci lanci a comunicare la sua nuova vita! Dunque, ciò che succede è che, in definitiva, «quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo »(1 Gv 1,3).
Tutto ciò porta a definire meglio la prima motivazione per ogni uscita in missione: «La migliore motivazione per decidersi a comunicare il Vangelo è contemplarlo con amore, è sostare sulle sue pagine e leggerlo con il cuore. Se lo accostiamo in questo modo, la sua bellezza ci stupisce, torna ogni volta ad affascinarci. Perciò è urgente ricuperare uno spirito contemplativo, che ci permetta di riscoprire ogni giorno che siamo depositari di un bene che umanizza, che aiuta a condurre una vita nuova. Non c'è niente di meglio da trasmettere agli altri.»
Partendo da questa dimensione contemplativa, il Papa mostra che il contemplativo arriva a una convinzione fondamentale:« Tutta la vita di Gesù, il suo modo di trattare i poveri, i suoi gesti, la sua coerenza, la sua generosità quotidiana e semplice, e infine la sua dedizione totale, tutto è prezioso e parla alla nostra vita personale. Ogni volta che si torna a scoprirlo, ci si convince che proprio questo è ciò di cui gli altri hanno bisogno, anche se non lo riconoscano: «Colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio» (At 17,23). A volte perdiamo l’entusiasmo per la missione dimenticando che il Vangelo risponde alle necessità più profonde delle persone, perché tutti siamo stati creati per quello che il Vangelo ci propone: l’amicizia con Gesù e l’amore fraterno.»Se perdiamo l’entusiasmo per la missione, bisogna cercare il motivo in questo vuoto di vita spirituale. Chi ama Cristo e il suo Vangelo, si sente per forza portato a raccontare il suo amore a tutto il mondo. I santi volevano comunicare a tutti i costi, la loro fede nell’amore di Cristo.
Erano convinti che soltanto il vangelo può salvare il mondo.«Una persona, dice il Papa, che non è convinta, entusiasta, sicura, innamorata, non convince nessuno. Non si può perseverare in un’evangelizzazione piena di fervore se non si resta convinti, in virtù della propria esperienza, che non è la stessa cosa aver conosciuto Gesù o non conoscerlo, non è la stessa cosa camminare con Lui o camminare a tentoni, non è la stessa cosa poterlo ascoltare o ignorare la sua Parola, non è la stessa cosa poterlo contemplare, adorare, riposare in Lui, o non poterlo fare. Non è la stessa cosa cercare di costruire il mondo con il suo Vangelo piuttosto che farlo unicamente con la propria ragione.»
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