Queste righe del documento del Papa le sento rivolte particolarmente a me del Movimento Ecclesiale Carmelitano e giungono proprio adesso che sto facendo la Scuola di Cristianesimo proprio sulla Chiesa : Dono della Comunione..mi indicano ciò che ho cominciato a capire nella comunità...
"Ma più dell’ateismo, oggi abbiamo di fronte la sfida di
rispondere adeguatamente alla sete di Dio di molta gente, perché non
cerchino di spegnerla con proposte alienanti o con un Gesù Cristo senza
carne e senza impegno con l’altro. Se non trovano nella Chiesa una
spiritualità che li sani, li liberi, li ricolmi di vita e di pace e che
nel medesimo tempo li chiami alla comunione solidale e alla fecondità
missionaria, finiranno ingannati da proposte che non umanizzano né danno
gloria a Dio.
90 Le forme proprie
della religiosità popolare sono incarnate, perché sono sgorgate
dall’incarnazione della fede cristiana in una cultura popolare. Per ciò
stesso esse includono una relazione personale, non con energie
armonizzanti ma con Dio, con Gesù Cristo, con Maria, con un santo. Hanno
carne, hanno volti. Sono adatte per alimentare potenzialità relazionali
e non tanto fughe individualiste. In altri settori delle nostre società
cresce la stima per diverse forme di “spiritualità del benessere” senza
comunità, per una “teologia della prosperità” senza impegni fraterni, o
per esperienze soggettive senza volto, che si riducono a una ricerca
interiore immanentista.
91 Una sfida
importante è mostrare che la soluzione non consisterà mai nel fuggire da
una relazione personale e impegnata con Dio, che al tempo stesso ci
impegni con gli altri. Questo è ciò che accade oggi quando i credenti
fanno in modo di nascondersi e togliersi dalla vista degli altri, e
quando sottilmente scappano da un luogo all’altro o da un compito
all’altro, senza creare vincoli profondi e stabili: « Imaginatio locorum et mutatio multos fefellit
».[68] È un falso rimedio che fa ammalare il cuore e a volte il corpo. È
necessario aiutare a riconoscere che l’unica via consiste nell’imparare
a incontrarsi con gli altri con l’atteggiamento giusto, apprezzandoli e
accettandoli come compagni di strada, senza resistenze interiori.
Meglio ancora, si tratta di imparare a scoprire Gesù nel volto degli
altri, nella loro voce, nelle loro richieste. È anche imparare a
soffrire in un abbraccio con Gesù crocifisso quando subiamo aggressioni
ingiuste o ingratitudini, senza stancarci mai di scegliere la
fraternità.[69]
92
Lì sta la vera guarigione, dal momento che il modo di relazionarci con
gli altri che realmente ci risana invece di farci ammalare, è una
fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza
sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa
sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all’amore di
Dio, che sa aprire il cuore all’amore divino per cercare la felicità
degli altri come la cerca il loro Padre buono. Proprio in questa epoca, e
anche là dove sono un « piccolo gregge » (Lc 12,32), i discepoli del Signore sono chiamati a vivere come comunità che sia sale della terra e luce del mondo (cfr Mt 5,13-16).
Sono chiamati a dare testimonianza di una appartenenza evangelizzatrice
in maniera sempre nuova.[70] Non lasciamoci rubare la comunità!
[69] Vale la testimonianza di Santa Teresa di Lisieux, nella sua
relazione con quella consorella che le risultava particolarmente
sgradevole, in cui un’esperienza interiore ha avuto un impatto decisivo:
« Una sera d’inverno stavo facendo, come di solito, il mio dolce
compito per la sorella Saint Pierre. Faceva freddo, stava facendosi
notte... Improvvisamente ascoltai di lontano il suono armonioso di uno
strumento musicale. Mi immaginai perciò un salone molto illuminato,
tutto risplendente di drappeggi dorati; e in tale salone signorine
elegantemente vestite che si scambiavano complimenti e cortesie mondane.
Poi fissai la povera inferma alla quale io davo sostegno. Al posto di
una melodia potevo sentire ogni tanto i suoi gemiti pietosi (...). Non
posso dire quello che accadde nel mio animo. La sola cosa che so è che
il Signore illuminò la mia anima con i raggi della verità, i quali
superavano a tal punto il luccichio tenebroso delle feste della Terra,
che non potevo credere al grado della mia felicità »: Manoscritto MSC 29-30 r°, inOeuvres complètes, Paris, 1992, pp. 274-275.
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