"Ricci, da sincero gesuita quale era, annunciò Cristo, la sua passione e morte, fondando la Chiesa cattolica in Cina.
Dopo quasi vent'anni di esperienze egli adottò una certa prudenza circa l'esposizione pubblica del crocifisso. Un episodio particolare lo spinse ad assumere tale atteggiamento. Nell'anno 1600, a Linqing, vicino a Tianjin, l'eunuco Ma Tang ispezionò i bagagli di Ricci, in viaggio verso Pechino, e i doni per l'imperatore. Ecco come il missionario descrisse la reazione del funzionario cinese alla vista di un «molto bello Crucifisso, intagliato in legno e pinto col sangue, che pareva vivo. Il crudele eunuco cominciò a gritare e dire: "Questo è il fatticcio che avete fatto per amazzare il nostro Re; non è questa buona gente che anda con queste arti". E nel vero pensò lui esser questo qualche cosa cattiva».
I sei mesi di arresti domiciliari seguiti a questo incidente convinsero Ricci che il crocifisso non doveva essere esposto pubblicamente senza spiegarne il vero significato. Ma egli non escluse affatto la crocifissione dalla sua predicazione. Seguiva piuttosto il modello della Chiesa dei primi secoli, quando il crocifisso non veniva nemmeno rappresentato e solo i catecumeni venivano introdotti ai misteri della passione dolorosa di Gesù, dopo un'adeguata preparazione. Come i primi cristiani, Ricci era prudente nell'esporre il crocifisso e nel parlarne a coloro che non erano interessati alla fede cristiana. Solo in questo modo avrebbe evitato il disprezzo di chi non poteva capire il senso di quel simbolo sconvolgente, perché privo di un'adeguata spiegazione circa il suo vero significato di salvezza, e non di minaccia o di magia nera.
Ricci, che mai smise di introdurre alla fede numerosi catecumeni, concentrò i suoi sforzi sull'improbo compito di ottenere la legittimità e la libertà di evangelizzazione, in un Paese chiuso a persone e dottrine straniere. Egli influenzò la società nel suo insieme, creando piccole comunità di «pochi, ma buoni» (sue stesse parole) nelle principali città. Una volta ottenute la libertà e la legittimità, che potevano essere concesse solo dall'imperatore (da qui la necessità di recarsi a Pechino), Matteo credeva che sarebbe stato possibile ottenere grandi conversioni tra il popolo."
(Gianni Criveller)
. Testimonianza di un vescovo cattolico cinese
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