La disoccupazione "si sta allargando a
macchia d'olio" e "sta estendendo in modo preoccupante i confini della
povertà": è il segno evidente che c'è "qualcosa che non funziona" in
tutto il pianeta e non solo nel "sud del mondo". Denunciando che "non
c'è peggiore povertà materiale di quella che non permette di guadagnarsi
il pane e che priva della dignità del lavoro", Papa Francesco ha
sollecitato a un "ripensamento globale di tutto il sistema", cercando
nuove vie per riformarlo e correggerlo "in modo coerente con i diritti
fondamentali dell'uomo, di tutti gli uomini".
Ha denunciato il
Pontefice: alla "parola solidarietà, non ben vista dal mondo economico,
come se fosse una parola cattiva, bisogna ridare la sua meritata
cittadinanza sociale". E, ha aggiunto a braccio, "la solidarietà non è
un atteggiamento in più, non è un'elemosina sociale ma è un valore
sociale. E ci chiede la sua cittadinanza".
Infatti, ha spiegato il Papa, "la crisi attuale non è solo economica e
finanziaria, ma affonda le radici in una crisi etica e antropologica.
Seguire gli idoli del potere, del profitto, del denaro, al di sopra del
valore della persona umana, è diventato norma fondamentale di
funzionamento e criterio decisivo di organizzazione".
Così, ha proseguito il Pontefice, "ci si è dimenticati e ci si dimentica
tuttora che al di sopra degli affari, della logica e dei parametri di
mercato, c'è l'essere umano e c'è qualcosa che è dovuto all'uomo in
quanto uomo, in virtù della sua dignità profonda: offrirgli la
possibilità di vivere dignitosamente e di partecipare attivamente al
bene comune".
Dobbiamo
tornare alla centralità dell'uomo, a una visione più etica delle
attività e dei rapporti umani, senza il timore di perdere qualcosa".
domenica 26 maggio 2013
Papa Francesco..un padre.. bellissimo articolo di Antonio Socci..
Thomas Wolfe ha scritto: “Ciò che più profondamente si cerca nella
vita, la cosa che in un modo o nell’altra è stata al centro di ogni
esistenza, è la ricerca dell’uomo per trovare un padre. Non soltanto il
padre della propria carne, non soltanto il padre perduto della propria
gioventù, ma l’immagine di una forza e di una sapienza alle quali la
fede e la forza della propria esistenza possano essere unite”.
Questo è Francesco per il nostro tempo. Un padre. Che poi significa “papa”
leggi tutto cliccando qui....http://www.antoniosocci.com/2013/05/francesco-rinnova-la-chiesa-e-pure-la-segreteria-di-stato-ecco-i-volti-che-indica-e-lasciamo-ai-media-gli-idoli-dei-salotti-anticattolici-un-requiem-e-poi-che-i-morti-seppelliscano-i-morti/?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+LoStraniero+%28Lo+Straniero+-+
Questo è Francesco per il nostro tempo. Un padre. Che poi significa “papa”
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sabato 25 maggio 2013
SOPPORTARE E' PRENDERE LA DIFFICOLTA' E PORTARLA SU ! (PAPA FRANCESCO)
“Sopportare è prendere la difficoltà e portarla su, con forza, perché la difficoltà non ci abbassi. Portare su con forza: questa è una virtù cristiana. San Paolo ne parla parecchie volte.Sopportare. Questo significa non lasciarci vincere dalla difficoltà. Questo significa che il cristiano ha la forza di non abbassare le braccia, di averle così. Portare, ma su: sopportare. E non è facile, perché lo scoraggiamento viene, e uno ha la voglia di abbassare le braccia e dire: ‘Mah, avanti, facciamo quello che possiamo ma niente di più’, un po’ così …’. Ma no, sopportare è una grazia. Dobbiamo chiederla, nelle difficoltà”.
mercoledì 22 maggio 2013
I GEMELLI CHE SI DANNO LA MANO
Daniel
e Maria,due gemelli spagnoli nati in una clinica di San Sebastian,che,
appena nati ,si tengono stretti per mano,istintivamente. E' una
promessa:"Stiamo vicini,saremo più forti e meno soli"
La prima
lezione di vita e la più ardua da seguire per tutti,ma la più vera ed
istintiva verità:ancora prima di aprire gli occhi,si cerca un'ancora di
salvezza per il cammino..
La prima lezione di vita e la più ardua da seguire per tutti,ma la più vera ed istintiva verità:ancora prima di aprire gli occhi,si cerca un'ancora di salvezza per il cammino..
martedì 21 maggio 2013
Card.Bergoglio (Papa Francesco) sulla città e l'impegno del cristiano in essa come cittadino (per le prossime Elezioni Comunali a Brescia)
PS. per noi ed anche per i candidati che si dicono cristiani.....confrontiamoci insieme con le parole del Cardinal Bergoglio per un migliore servizio alla città...
"Si può dire che lo sguardo di fede ci conduce a uscire ogni giorno, e sempre più, incontro al prossimo che abita nella città. Ci spinge a uscire verso l’incontro perché questo sguardo si alimenta nella vicinanza. Non tollera la distanza, avverte che la distanza sfoca ciò che desidera vedere; e la fede vuole vedere per servire e amare, non per constatare o dominare. Nell’uscire per strada, la fede limita l’avidità dello sguardo dominatore e aiuta ogni prossimo concreto – al quale guarda con desiderio di servirlo – a focalizzare meglio “l’oggetto proprio e amato”, che è Gesù Cristo venuto nella carne. Chi dice che crede in Dio e “non vede” il proprio fratello, inganna se stesso.
Perfezionarsi nella fede in questo Dio che vive nella città rinnova la speranza di nuovi incontri. La speranza ci libera da quella forza centripeta che spinge il cittadino del nostro tempo a vivere isolato, aspettando a casa la consegna dei suoi acquisti e connesso solo virtualmente. Il credente che guarda illuminato dalla speranza combatte la tentazione di non guardare, tentazione riconducibile o al vivere murato nei bastioni della propria nostalgia o alla sete di curiosare. Il suo non è lo sguardo avido del “vediamo che cosa è successo oggi” tipico dei notiziari.
[...]
Se partiamo dalla constatazione che l’anti-città cresce con il non sguardo, che la maggior esclusione consiste nel nemmeno “vedere” l’escluso – quello che dorme per strada non lo si vede come persona, ma come parte della sporcizia e dell’abbandono del paesaggio urbano, della cultura dello scarto, dello “scarico” – la città umana cresce con lo sguardo che “vede” l’altro come concittadino. In questo senso, lo sguardo di fede è fermento per uno sguardo di cittadinanza. Per questo, possiamo parlare di un “servizio della fede”: un servizio esistenziale, testimoniale, pastorale.
Sto dicendo che la fede, per sé sola, migliora la città? Sì, nel senso che solo la fede ci libera dalle generalizzazioni e dalle astrazioni di uno sguardo dotto che, come suo frutto, porta solo maggiore conoscenza.
[...]
Se ci situiamo nell’ambito della carità, possiamo dire che questo sguardo ci salva dal dover relativizzare la verità per poter essere inclusivi. La città odierna è relativista (tutto è valido), e forse a volte cadiamo nella tentazione di pensare che, per non discriminare, per includere tutti, sia necessario “relativizzare” la verità. Non è così. Il nostro Dio che vive nella città – nella cui vita quotidiana si coinvolge – non discrimina né relativizza. La sua verità è quella dell’incontro che scopre volti, e ogni volto è unico. Includere persone con volti e nomi propri non implica relativizzare valori né giustificare antivalori; al contrario, non discriminare e non relativizzare implica avere la fortezza per accompagnare i processi e la pazienza del fermento che aiuta a crescere. La verità che accompagna è quella che mostra percorsi futuri più che giudicare le chiusure del passato.
Lo sguardo dell’amore non discrimina né relativizza perché è misericordioso.
[...]
Questo sguardo è personale e comunitario. Si traduce in agenda, segna tempi più lenti di quelli della realtà (avvicinarsi a un malato richiede tempo) e genera strutture accoglienti e non espellenti, cosa che pure esige tempo.
[...]
Un Dio vivo in mezzo alla città chiede di andare a fondo nel cammino di questo sguardo che proponiamo. Non è un guardarsi l’ombelico come invece lo è il “guardare a come guardiamo”.
Perché la città, come il deserto, produce miraggi.
Con le migliori intenzioni, può accadere che ci inganniamo. La fede va
sempre sfidata a superare le illusioni. Siamo rimasti delusi (alcuni di
noi forse eccessivamente) dalle illusioni delle ideologie politiche, e
dal guardare non solo le città, ma anche l’intero Continente attraverso
ideologie che proponevano vie rapide per raggiungere la giustizia. Il
prezzo è stato la violenza e una svalutazione della politica che solo
recentemente sta iniziando a cambiare di segno. Oggi ci sono altri
miraggi. Forse attraverso il contrasto temporale possiamo comprenderne
la radice. Se i miraggi politici esigevano un passaggio rapido
all’azione, le illusioni dotte piuttosto lo “ritardano”. Il punto è che,
se la teoria diventa tanto complicata, invece di favorire “uscite
apostoliche”, favorisce piuttosto “discussioni sui piani apostolici”.
[...]
Dio vive nella città, e la Chiesa vive nella città. La missione non si oppone al fatto di imparare dalla città – dalle sue culture e dai suoi scambi – nel momento stesso in cui usciamo per predicarle il Vangelo.
Questo è un frutto del Vangelo stesso, il quale interagisce con il terreno nel quale cade come seme. Non solo la città moderna è una sfida, ma lo sono state, lo sono e lo saranno tutte le città, tutte le culture, tutte le mentalità e tutti i cuori umani.
[...]
La dinamica è la stessa di Giovanni nella lavanda dei piedi: la coscienza lucida e onnicomprensiva del Signore (sapendo che il Padre aveva posto tutto nelle sue mani) lo spinge a cingersi il grembiule e a lavare i piedi ai suoi discepoli. La visione più profonda e più alta non spinge a nuove visioni, ma all’azione più umile, situata e concreta.
Tenendo conto di queste riflessioni, e per concludere, possiamo dire che lo sguardo del credente sulla città si compie in tre attitudini concrete:
- L’uscire da sé per andare incontro all’altro si compie nella vicinanza, in una attitudine alla prossimità. Il nostro sguardo deve essere sempre pronto a uscire e a farsi vicino. Non autoreferenziale ma trascendente.
- Il fermento e il seme della fede trovano compimento nella testimonianza (se conosciute queste cose le mettono in pratica, saranno felici). Dimensione martiriale della fede.
- L’accompagnamento trova compimento nella pazienza, la quale accompagna i processi senza fare loro violenza.
In questa direzione mi pare che debba andare il servizio che, come uomini e donne credenti, possiamo offrire alla nostra città. ( Buenos Aires 2011
"Si può dire che lo sguardo di fede ci conduce a uscire ogni giorno, e sempre più, incontro al prossimo che abita nella città. Ci spinge a uscire verso l’incontro perché questo sguardo si alimenta nella vicinanza. Non tollera la distanza, avverte che la distanza sfoca ciò che desidera vedere; e la fede vuole vedere per servire e amare, non per constatare o dominare. Nell’uscire per strada, la fede limita l’avidità dello sguardo dominatore e aiuta ogni prossimo concreto – al quale guarda con desiderio di servirlo – a focalizzare meglio “l’oggetto proprio e amato”, che è Gesù Cristo venuto nella carne. Chi dice che crede in Dio e “non vede” il proprio fratello, inganna se stesso.
Perfezionarsi nella fede in questo Dio che vive nella città rinnova la speranza di nuovi incontri. La speranza ci libera da quella forza centripeta che spinge il cittadino del nostro tempo a vivere isolato, aspettando a casa la consegna dei suoi acquisti e connesso solo virtualmente. Il credente che guarda illuminato dalla speranza combatte la tentazione di non guardare, tentazione riconducibile o al vivere murato nei bastioni della propria nostalgia o alla sete di curiosare. Il suo non è lo sguardo avido del “vediamo che cosa è successo oggi” tipico dei notiziari.
[...]
Se partiamo dalla constatazione che l’anti-città cresce con il non sguardo, che la maggior esclusione consiste nel nemmeno “vedere” l’escluso – quello che dorme per strada non lo si vede come persona, ma come parte della sporcizia e dell’abbandono del paesaggio urbano, della cultura dello scarto, dello “scarico” – la città umana cresce con lo sguardo che “vede” l’altro come concittadino. In questo senso, lo sguardo di fede è fermento per uno sguardo di cittadinanza. Per questo, possiamo parlare di un “servizio della fede”: un servizio esistenziale, testimoniale, pastorale.
Sto dicendo che la fede, per sé sola, migliora la città? Sì, nel senso che solo la fede ci libera dalle generalizzazioni e dalle astrazioni di uno sguardo dotto che, come suo frutto, porta solo maggiore conoscenza.
[...]
Se ci situiamo nell’ambito della carità, possiamo dire che questo sguardo ci salva dal dover relativizzare la verità per poter essere inclusivi. La città odierna è relativista (tutto è valido), e forse a volte cadiamo nella tentazione di pensare che, per non discriminare, per includere tutti, sia necessario “relativizzare” la verità. Non è così. Il nostro Dio che vive nella città – nella cui vita quotidiana si coinvolge – non discrimina né relativizza. La sua verità è quella dell’incontro che scopre volti, e ogni volto è unico. Includere persone con volti e nomi propri non implica relativizzare valori né giustificare antivalori; al contrario, non discriminare e non relativizzare implica avere la fortezza per accompagnare i processi e la pazienza del fermento che aiuta a crescere. La verità che accompagna è quella che mostra percorsi futuri più che giudicare le chiusure del passato.
Lo sguardo dell’amore non discrimina né relativizza perché è misericordioso.
[...]
Questo sguardo è personale e comunitario. Si traduce in agenda, segna tempi più lenti di quelli della realtà (avvicinarsi a un malato richiede tempo) e genera strutture accoglienti e non espellenti, cosa che pure esige tempo.
[...]
Un Dio vivo in mezzo alla città chiede di andare a fondo nel cammino di questo sguardo che proponiamo. Non è un guardarsi l’ombelico come invece lo è il “guardare a come guardiamo”.
Perché la città, come il deserto, produce miraggi.
[...]
Dio vive nella città, e la Chiesa vive nella città. La missione non si oppone al fatto di imparare dalla città – dalle sue culture e dai suoi scambi – nel momento stesso in cui usciamo per predicarle il Vangelo.
Questo è un frutto del Vangelo stesso, il quale interagisce con il terreno nel quale cade come seme. Non solo la città moderna è una sfida, ma lo sono state, lo sono e lo saranno tutte le città, tutte le culture, tutte le mentalità e tutti i cuori umani.
[...]
La dinamica è la stessa di Giovanni nella lavanda dei piedi: la coscienza lucida e onnicomprensiva del Signore (sapendo che il Padre aveva posto tutto nelle sue mani) lo spinge a cingersi il grembiule e a lavare i piedi ai suoi discepoli. La visione più profonda e più alta non spinge a nuove visioni, ma all’azione più umile, situata e concreta.
Tenendo conto di queste riflessioni, e per concludere, possiamo dire che lo sguardo del credente sulla città si compie in tre attitudini concrete:
- L’uscire da sé per andare incontro all’altro si compie nella vicinanza, in una attitudine alla prossimità. Il nostro sguardo deve essere sempre pronto a uscire e a farsi vicino. Non autoreferenziale ma trascendente.
- Il fermento e il seme della fede trovano compimento nella testimonianza (se conosciute queste cose le mettono in pratica, saranno felici). Dimensione martiriale della fede.
- L’accompagnamento trova compimento nella pazienza, la quale accompagna i processi senza fare loro violenza.
In questa direzione mi pare che debba andare il servizio che, come uomini e donne credenti, possiamo offrire alla nostra città. ( Buenos Aires 2011
lunedì 20 maggio 2013
Padre Cantalamessa :L'ascensione di Gesù al cielo....per stare con noi per sempre...
Padre Raniero Cantalamessa (per la nostra Scuola di Cristianesimo)
Nella prima lettura, un angelo dice ai discepoli: "Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo". Questa è l'occasione per chiarirci una buona volta le idee su che cosa intendiamo per "cielo". Presso quasi tutti i popoli, il cielo sta a indicare la dimora della divinità. Anche la Bibbia usa questo linguaggio spaziale. "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini".
Con l'avvento dell'era scientifica, tutti questi significati religiosi attribuiti alla parola cielo sono entrati in crisi. Il cielo è lo spazio entro cui si muove il nostro pianeta e l'intero sistema solare, e nulla più. Conosciamo la battuta attribuita a un astronauta sovietico, di ritorno dal suo viaggio nel cosmo: "Ho girato a lungo nello spazio e non ho incontrato da nessuna parte Dio!"
È importante dunque che cerchiamo di chiarire cosa intendiamo noi cristiani quando diciamo "Padre nostro che sei nei cieli", o quando diciamo di qualcuno che "è andato in cielo". La Bibbia si adatta, in questi casi, al modo di parlare popolare (lo facciamo del resto anche oggi, nell'era scientifica, quando diciamo che il sole "sorge" o "tramonta"); ma essa sa bene e insegna che Dio è "in cielo, in terra e in ogni luogo", che è lui che "ha creato i cieli" e, se li ha creati, non può essere in essi "racchiuso". Che Dio sia "nei cieli" significa che "abita in una luce inaccessibile"; che dista da noi "quanto il cielo è alto sulla terra".
Anche noi cristiani siamo d'accordo, quindi, nel dire che il cielo come luogo della dimora di Dio è più uno stato che un luogo. Quando si parla di lui, non ha alcun senso dire sopra o sotto, su o giù. Con questo non stiamo affermando che il paradiso non esiste, ma solo che a noi mancano le categorie per potercelo rappresentare. Prendiamo una persona totalmente cieca dalla nascita e chiediamogli di descriverci cosa sono i colori: il rosso, il verde, il blu...Non potrà dirne assolutamente niente, né un altro sarà in grado di spiegarglielo, perché i colori si percepiscono solo con gli occhi. Così succede a noi nei confronti dell'aldilà e della vita eterna che è fuori del tempo e dello spazio.
Alla luce di quello che abbiamo detto, che cosa significa proclamare che Gesù "è asceso al cielo"? La risposta la troviamo nel Credo: "È salito al cielo, siede alla destra del Padre". Che Cristo sia salito al cielo significa che "siede alla destra del Padre", cioè che, anche come uomo, egli è entrato nel mondo di Dio; che è stato costituito, come dice san Paolo nella seconda lettura, Signore e capo di tutte le cose. Quando si tratta di noi, "andare in cielo", o andare "in paradiso" significa andare a stare "con Cristo" (Fil 1,23). Il nostro vero cielo è il Cristo risorto con cui andremo a ricongiungerci e a fare "corpo" dopo la nostra risurrezione e in modo provvisorio e imperfetto già subito dopo morte. Si obbietta a volte che nessuno, però, è mai tornato dall'aldilà per assicurarci che esso esiste davvero e non è soltanto una pia illusione. Non è vero! C'è uno che ogni giorno, nell'Eucaristia, torna dall'aldilà per assicurarci e rinnovare le sue promesse, se sappiamo riconoscerlo.
Le parole dell'angelo: "Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?" contengono anche un velato rimprovero: non bisogna stare a guardare in cielo e speculare sull'aldilà, ma piuttosto vivere in attesa del suo ritorno, proseguire la sua missione, portare il suo Vangelo fino ai confini del mondo, migliorare la stessa vita sulla terra. Egli è andato al cielo, ma senza lasciare la terra. È solo uscito dal nostro campo visivo. Proprio nel brano evangelico lui stesso ci assicura: "Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".
Nella prima lettura, un angelo dice ai discepoli: "Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo". Questa è l'occasione per chiarirci una buona volta le idee su che cosa intendiamo per "cielo". Presso quasi tutti i popoli, il cielo sta a indicare la dimora della divinità. Anche la Bibbia usa questo linguaggio spaziale. "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini".
Con l'avvento dell'era scientifica, tutti questi significati religiosi attribuiti alla parola cielo sono entrati in crisi. Il cielo è lo spazio entro cui si muove il nostro pianeta e l'intero sistema solare, e nulla più. Conosciamo la battuta attribuita a un astronauta sovietico, di ritorno dal suo viaggio nel cosmo: "Ho girato a lungo nello spazio e non ho incontrato da nessuna parte Dio!"
È importante dunque che cerchiamo di chiarire cosa intendiamo noi cristiani quando diciamo "Padre nostro che sei nei cieli", o quando diciamo di qualcuno che "è andato in cielo". La Bibbia si adatta, in questi casi, al modo di parlare popolare (lo facciamo del resto anche oggi, nell'era scientifica, quando diciamo che il sole "sorge" o "tramonta"); ma essa sa bene e insegna che Dio è "in cielo, in terra e in ogni luogo", che è lui che "ha creato i cieli" e, se li ha creati, non può essere in essi "racchiuso". Che Dio sia "nei cieli" significa che "abita in una luce inaccessibile"; che dista da noi "quanto il cielo è alto sulla terra".
Anche noi cristiani siamo d'accordo, quindi, nel dire che il cielo come luogo della dimora di Dio è più uno stato che un luogo. Quando si parla di lui, non ha alcun senso dire sopra o sotto, su o giù. Con questo non stiamo affermando che il paradiso non esiste, ma solo che a noi mancano le categorie per potercelo rappresentare. Prendiamo una persona totalmente cieca dalla nascita e chiediamogli di descriverci cosa sono i colori: il rosso, il verde, il blu...Non potrà dirne assolutamente niente, né un altro sarà in grado di spiegarglielo, perché i colori si percepiscono solo con gli occhi. Così succede a noi nei confronti dell'aldilà e della vita eterna che è fuori del tempo e dello spazio.
Alla luce di quello che abbiamo detto, che cosa significa proclamare che Gesù "è asceso al cielo"? La risposta la troviamo nel Credo: "È salito al cielo, siede alla destra del Padre". Che Cristo sia salito al cielo significa che "siede alla destra del Padre", cioè che, anche come uomo, egli è entrato nel mondo di Dio; che è stato costituito, come dice san Paolo nella seconda lettura, Signore e capo di tutte le cose. Quando si tratta di noi, "andare in cielo", o andare "in paradiso" significa andare a stare "con Cristo" (Fil 1,23). Il nostro vero cielo è il Cristo risorto con cui andremo a ricongiungerci e a fare "corpo" dopo la nostra risurrezione e in modo provvisorio e imperfetto già subito dopo morte. Si obbietta a volte che nessuno, però, è mai tornato dall'aldilà per assicurarci che esso esiste davvero e non è soltanto una pia illusione. Non è vero! C'è uno che ogni giorno, nell'Eucaristia, torna dall'aldilà per assicurarci e rinnovare le sue promesse, se sappiamo riconoscerlo.
Le parole dell'angelo: "Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?" contengono anche un velato rimprovero: non bisogna stare a guardare in cielo e speculare sull'aldilà, ma piuttosto vivere in attesa del suo ritorno, proseguire la sua missione, portare il suo Vangelo fino ai confini del mondo, migliorare la stessa vita sulla terra. Egli è andato al cielo, ma senza lasciare la terra. È solo uscito dal nostro campo visivo. Proprio nel brano evangelico lui stesso ci assicura: "Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".
sabato 18 maggio 2013
IL PAPA SULLE CHIACCHIERE NELLA CHIESA E RAMMENTA LE PAROLE DI SANTA TERESINA ! "La salvezza non è andare dietro alle chiacchiere ma a Gesù"
Sul Giornale di Brescia di oggi . la lettera di Giorgio sulla Marcia per la vita
La
notizia di una Marcia per la vita indetta a Roma per 12 Maggio ha fatto
scattare in me ed in altri amici il desiderio di parteciparvi.
In breve tempo ci siamo resi conto che si poteva anche organizzare un pullman da Brescia e così abbiamo fatto.
Era
tempo che pensavo, e così anche i miei amici, che fosse necessario non
restare indifferenti di fronte al genocidio di tante vite umane.
Gli
strumenti scientifici che oggi abbiamo a disposizione ci permettono di
sapere oltre ogni ragionevole dubbio che nel grembo materno vi è a tutti
gli effetti la vita umana.
Lo stesso
ginecologo Dr. Bernard Nathanson, uno dei più decisi promotori
dell’aborto negli USA (ne fece circa 75.000), quando poté utilizzare i
primi strumenti scientifici come gli immagini ad ultrasuoni (disponibili
del 1976)
si rese conto che l’
aborto è l’uccisione di una vita. Smise pertanto di praticarli e divenne
un difensore della vita (consiglio il video “l’urlo silenzioso” dove
racconta anche della sua vita).
Ma
anche il buon senso e la logica ci inducono ad arrivare alla stesso
conclusione. Che ne sarebbe di ognuno di noi se fosse stato distrutto in
un momento qualsiasi dal suo concepimento alla nascita? Semplicemente
ora non sarebbe in vita.
E’ solo con
un pregiudizio ottuso, oscurantista molto spesso contorniato da comodo
egoismo che si può negare l’evidenza dei fatti.
Così
siamo partiti per Roma e abbiamo vissuto con gioia e intensità la
marcia per la vita dal Colosseo a Castel Sant’Angelo e quindi fino a
Piazza San Pietro assieme ad altri 30.000 persone perché la coscienza
degli uomini e delle donne di oggi non si nasconda ipocritamente dietro
una legge iniqua ma si rispecchi onestamente nell’evidenza della realtà.
ELEZIONI COMUNALI DI BRESCIA...cosa può suggerire ai cristiani la vita di un Santo?
Abbiamo amici in tutti gli schieramenti...
Da Paroli ad Onofri a Del Bono fino a....
A TUTTI INTERESSA LA CITTA'
Ma per fare che cosa?Da dove cominciare?Con chi?
«Il suo programma (all’inizio del suo ministero) - afferma il biografo - era stato meditato ai piedi del Tabernacolo, ed era quello di prendere contatto con la popolazione al più presto possibile ed assicurarsi la cooperazione delle famiglie migliori; perfezionare i buoni, richiamare gli indifferenti e convertire i peccatori; ma soprattutto pregare Dio, dal quale vengono con abbondanza tutti i doni, e santificare se stesso, per riuscire a santificare gli altri; infine, fare penitenza per i peccatori colpevoli. Prima di iniziare il suo lavoro si sentiva debole ed insufficiente, ma aveva con sé fin d’allora la forza misteriosa della grazia, e quella umiltà che Dio sceglie per abbattere le potenze dell’orgoglio: “Un santo compie grandi cose con mezzi apparentemente insufficienti.”. Nel silenzio della notte si reca in chiesa per pregare il Signore che usi misericordia per il suo popolo . “Mio Dio - esclamava il santo Curato - datemi la conversione della mia parrocchia. Io acconsento a soffrire tutto ciò che vorrete, per tutto il tempo della mia vita!... purché il mio popolo si converta”». E le sue lacrime cadevano sul pavimento. Al sorgere del sole il pastore era ancora là…Tutte le volte che le opere di ministero non gli imponevano di uscire, lo si trovava non nella casa, ma in chiesa. Vi furono dei giorni in cui usciva solo dopo l’Angelus della sera. Un giorno un signore attraversa il bosco non lontano dalla parrocchia e sorprende don Vianney inginocchiato. Il giovane curato, che non si era accorto di lui, ripeteva nelle lacrime: «Mio Dio, convertite la mia parrocchia».
Io mi sentirei di suggerire da cristiano questa imitazione del Santo Curato d'Ars per sgombrare il campo a interessi troppo personali o di lobby ,ma al posto della parrocchia mettere la parola città,quartiere,vicini e perchè no.... "consiglieri"......
Scusate ma da dove può chiedere di partire un cristiano oggi al suo sindaco?
(conversione vuol dire...inversione di marcia su tutto,a partire dai soldi -vedi Papa Francesco) Walter
Da Paroli ad Onofri a Del Bono fino a....
A TUTTI INTERESSA LA CITTA'
Ma per fare che cosa?Da dove cominciare?Con chi?
«Il suo programma (all’inizio del suo ministero) - afferma il biografo - era stato meditato ai piedi del Tabernacolo, ed era quello di prendere contatto con la popolazione al più presto possibile ed assicurarsi la cooperazione delle famiglie migliori; perfezionare i buoni, richiamare gli indifferenti e convertire i peccatori; ma soprattutto pregare Dio, dal quale vengono con abbondanza tutti i doni, e santificare se stesso, per riuscire a santificare gli altri; infine, fare penitenza per i peccatori colpevoli. Prima di iniziare il suo lavoro si sentiva debole ed insufficiente, ma aveva con sé fin d’allora la forza misteriosa della grazia, e quella umiltà che Dio sceglie per abbattere le potenze dell’orgoglio: “Un santo compie grandi cose con mezzi apparentemente insufficienti.”. Nel silenzio della notte si reca in chiesa per pregare il Signore che usi misericordia per il suo popolo . “Mio Dio - esclamava il santo Curato - datemi la conversione della mia parrocchia. Io acconsento a soffrire tutto ciò che vorrete, per tutto il tempo della mia vita!... purché il mio popolo si converta”». E le sue lacrime cadevano sul pavimento. Al sorgere del sole il pastore era ancora là…Tutte le volte che le opere di ministero non gli imponevano di uscire, lo si trovava non nella casa, ma in chiesa. Vi furono dei giorni in cui usciva solo dopo l’Angelus della sera. Un giorno un signore attraversa il bosco non lontano dalla parrocchia e sorprende don Vianney inginocchiato. Il giovane curato, che non si era accorto di lui, ripeteva nelle lacrime: «Mio Dio, convertite la mia parrocchia».
Io mi sentirei di suggerire da cristiano questa imitazione del Santo Curato d'Ars per sgombrare il campo a interessi troppo personali o di lobby ,ma al posto della parrocchia mettere la parola città,quartiere,vicini e perchè no.... "consiglieri"......
Scusate ma da dove può chiedere di partire un cristiano oggi al suo sindaco?
(conversione vuol dire...inversione di marcia su tutto,a partire dai soldi -vedi Papa Francesco) Walter
Giorgio alla Marcia per la Vita del 12 Maggio a Roma
Giorgio al centro............. felice di essere.....andato |
venerdì 17 maggio 2013
Cronaca del 35° Pellegrinaggio Mariano del Movimento Ecclesiale Carmelitano (Padre Agostino)
di P. Agostino PAPPALARDO, Ocd
E’ sempre una grazia speciale il poter partecipare a una giornata così ricca di doni, anche per un frate come il sottoscritto che conosce l’esperienza dagli anni ’80.
Sono le sette del mattino e sulla collina del Santuario della Madonna della Stella, (Cellatica- Brescia) e, in contemporanea, presso l’antica chiesetta di S. Alessandro (Adrara, nella Bergamasca) si radunano gruppi sempre più consistenti di giovani, ragazzi, adulti, e famiglie intere (più tardi vedremo perfino bimbi di pochi mesi nel passeggino!), giunti da ogni parte: attendono il grande Inizio. E’ una bella Domenica di maggio, il 12, mentre celebriamo l’ Ascensione di Gesù; mentre celebriamo Maria, la Madre colma di gioia, in questo “suo” mese. Tanti amici e fratelli si accingono per una giornata di cammino insieme; vogliono imparare il percorso della vita, con un desiderio più grande di pienezza, domandando non solo con le labbra, ma con tutta la persona in cammino, perfino con il corpo; desiderano imparare a cercare, a trovare la Sorgente della Vita.
Nella splendida cornice delle colline di Franciacorta e delle vicine terre di Bergamo, iniziamo così il Trentacinquesimo Pellegrinaggio mariano a piedi (di ca. 22 chilometri), che coinvolge ormai migliaia di persone, con due cortei diversi. Il gesto costituisce una delle iniziative più belle e significative del Mec ed è divenuto con gli anni un avvenimento di popolo, atteso da molti; vi partecipano anche persone e realtà non propriamente del Movimento: famiglie della nostra Scuola Cattolica di Adro, gruppi, parrocchie, come quella di S. Teresa di Verona. Il Pellegrinaggio è organizzato con cura dalle nostre comunità di Adro e Brescia (studio del percorso; domande di autorizzazione ai comuni che i due cortei attraversano; contatti con gli oratori ospitanti; stampa e confezione dei libretti dei canti e preghiere; coordinamento di parecchie decine di volontari per servizio d’ordine, filodiffusione e amplificazione, ecc.).
La partenza del corteo pricipale è quella dal Santuario della “Stella”, ma ormai da tre anni l’esperienza del Pellegrinaggio è arricchita felicemente dalla realizzazione di un secondo corteo, dalla Provincia di Bergamo, per favorire la partecipazione di molte persone di quel territorio, parecchi amici della Franciacorta, quest’anno si è aggiunto pure un gruppo di Treviso e altri. Domenica siamo rimasti stupiti perché quest’ultimo corteo addirittura ha raggiunto il numero di quasi 500 persone! E’ più che raddoppiato rispetto all’anno scorso I cortei colorati, vivaci, lunghissimi, ormai si snodano ( più di un chilometro quello partente dalla “Stella”, che quest’anno ha toccato la quota di 1500 persone ca.), coi fili che, collegati a una centralina mobile e microfoni, fiancheggiano ciascuna delle due rispettive processioni; numerose (almeno 8) le pesanti trombe di amplificazione portate a spalla durante tutto l’itinerario, per consentire a quanti più partecipanti possibili di seguire, con una acustica ben predisposta, la guida comune (canti, preghiera, musica, riflessioni, avvisi pratici, ecc.). Le due processioni seguono ovviamente due itinerari geografici diversi, ma questi hanno lo stesso numero di chilometri e sono segnati dallo stesso programma intenso, dallo stesso cuore: si iniza il mattino, con un momento di canto-preghiera e riflessione, in ciascuno dei due Santuari, subito dopo comincia il cammino, spesso accompagnati dal tripudio di canti, dai musicisti affiatatissimi, con chitarre, tamburi, sax, ecc.; i bambini, guidati dagli animatori, successivamente compiono un tratto consistente del percorso su carri appositamente addobbati per loro.
Note di sapore gregoriano intanto riempiono la campagna, dal primo mattino; la limpida voce della solista canta sommessa: “Lode a te, Maria,… che risplendi come l’aurora,… pura come il sole!”: sembra dar voce all’intera creazione ancora in silenzio, alla nostra anima; già quasi “in presa diretta” col Mistero. La musica e le Lodi, le brevi meditazioni, i silenzi, intercalati con le decine del Rosario, con le stupende preghiere della tradizione liturgica e spirituale, dei Padri della Chiesa, orientale e occidentale, dei Santi di ieri e di oggi, i canti di gioia coinvolgenti, con le mani alzate al cielo, e quelli di contemplazione, anche a più voci, con l’aiuto formidabile delle nostre belle Corali; e poi i momenti di fraternità, di reciproca conoscenza, di allegria, di condivisione della colazione e del pranzo a sacco negli Oratori dei paesi di passaggio (Rodengo, Calino, per il corteo “bresciano”, Credaro, Capriolo, per quello “bergamasco”), quindi la fatica del cammino, soprattutto di quelli che, con generosità, a turno, portano le trombe acustiche o tengono a posto il filo elettrico, anche per delimitare il corteo, e assieme la bellezza della creazione che a maggio sembra esplodere (soprattutto col tempo ideale che il buon Dio questa Domenica ci ha regalato), gli scorci suggestivi di questa terra benedetta, coi suoi lunghi filari di viti, le distese di fiori variopinti, le case antiche, le cascine di pietra, ristrutturate con fine gusto, le chiesette e le edicole sacre, i castelli in cima ai colli, i borghi e i paesi, dove le persone, le famiglie sull’uscio o dalle finestre osservano e spesso pregano con noi, mentre passiamo. E poi: la gioia di rivedere o di conoscere per la prima volta degli amici di cammino, l’offrire al Padre celeste e a Maria anche le speranze, le preoccupazioni, le gioie e i problemi della vita quotidiana, dei propri cari, degli amici lasciati a casa, gli eventuali disagi della giornata, il percorso su qualche breve tratto di strada in salita o infangata, le intenzioni di preghiera scritte sui foglietti per essere consegnate alla Madonna, e poi: la pace che dona il Sacramento della Riconciliazione, a cui si accostano molti partecipanti, in coda ai due lunghi cortei, dove ci sono i padri. Infine la voce di P. Gino fa riecheggiare le recenti parole del nostro Papa Francesco, rivolte ai giovani, sulla croce, la gioia e la speranza che Gesù fa scaturire, sul vero potere di Colui che serve.
Tutte queste grazie date a ciascuno di noi, questi doni, elencati sempre con approssimazione, costituiscono da decenni un aiuto per le persone che si lasciano coinvolgere: sono grazie preziose che ci fanno vivere una piccola - grande esperienza di Cristo e del Suo Corpo, la Chiesa. Infatti il Pellegrinaggio è una esperienza educativa che potremmo definire “completa”: sono tante le testimonianze di coloro che (soprattutto quelli chiamati a svolgere un compito di servizio concreto) hanno imparato a seguire nella vita non se stessi, ma il Dio fattosi carne visibile e incontrabile; hanno imparato ad appartenere al “Corpo” vivo di Gesù Risorto, che è la Chiesa, a camminare con la Chiesa, lasciandosi formare da una comunità, da una guida buona. E’ una giornata di apprendimento a vivere accompagnati dalla Madre, dalla “Porta della Fede”, Maria, che offre, intera, se stessa, non a un’idea, ma al Vivente, perché tutti abbiano la Vita, e in abbondanza. Questa del Pellegrinaggio è una scuola che può segnare la vita di una persona.
Il culmine: l’arrivo congiunto ad Adro, al Santuario, dei due pellegrinaggi che confluiscono in un unico popolo, verso le 15,30. Molti pellegrini visitano la bellissima Madonna della Neve, “l’Avvocata dei peccatori”, che ha lo “sguardo di Paradiso”. Nel piazzale celebriamo L’Eucaristia, siamo in tanti. Abbiamo implorato con uno dei nostri canti più significativi: “ O Madre di ogni famiglia, al Figlio che ti assomiglia, consacra Tu il nostro cuore”.
E’ sempre una grazia speciale il poter partecipare a una giornata così ricca di doni, anche per un frate come il sottoscritto che conosce l’esperienza dagli anni ’80.
Sono le sette del mattino e sulla collina del Santuario della Madonna della Stella, (Cellatica- Brescia) e, in contemporanea, presso l’antica chiesetta di S. Alessandro (Adrara, nella Bergamasca) si radunano gruppi sempre più consistenti di giovani, ragazzi, adulti, e famiglie intere (più tardi vedremo perfino bimbi di pochi mesi nel passeggino!), giunti da ogni parte: attendono il grande Inizio. E’ una bella Domenica di maggio, il 12, mentre celebriamo l’ Ascensione di Gesù; mentre celebriamo Maria, la Madre colma di gioia, in questo “suo” mese. Tanti amici e fratelli si accingono per una giornata di cammino insieme; vogliono imparare il percorso della vita, con un desiderio più grande di pienezza, domandando non solo con le labbra, ma con tutta la persona in cammino, perfino con il corpo; desiderano imparare a cercare, a trovare la Sorgente della Vita.
Nella splendida cornice delle colline di Franciacorta e delle vicine terre di Bergamo, iniziamo così il Trentacinquesimo Pellegrinaggio mariano a piedi (di ca. 22 chilometri), che coinvolge ormai migliaia di persone, con due cortei diversi. Il gesto costituisce una delle iniziative più belle e significative del Mec ed è divenuto con gli anni un avvenimento di popolo, atteso da molti; vi partecipano anche persone e realtà non propriamente del Movimento: famiglie della nostra Scuola Cattolica di Adro, gruppi, parrocchie, come quella di S. Teresa di Verona. Il Pellegrinaggio è organizzato con cura dalle nostre comunità di Adro e Brescia (studio del percorso; domande di autorizzazione ai comuni che i due cortei attraversano; contatti con gli oratori ospitanti; stampa e confezione dei libretti dei canti e preghiere; coordinamento di parecchie decine di volontari per servizio d’ordine, filodiffusione e amplificazione, ecc.).
La partenza del corteo pricipale è quella dal Santuario della “Stella”, ma ormai da tre anni l’esperienza del Pellegrinaggio è arricchita felicemente dalla realizzazione di un secondo corteo, dalla Provincia di Bergamo, per favorire la partecipazione di molte persone di quel territorio, parecchi amici della Franciacorta, quest’anno si è aggiunto pure un gruppo di Treviso e altri. Domenica siamo rimasti stupiti perché quest’ultimo corteo addirittura ha raggiunto il numero di quasi 500 persone! E’ più che raddoppiato rispetto all’anno scorso I cortei colorati, vivaci, lunghissimi, ormai si snodano ( più di un chilometro quello partente dalla “Stella”, che quest’anno ha toccato la quota di 1500 persone ca.), coi fili che, collegati a una centralina mobile e microfoni, fiancheggiano ciascuna delle due rispettive processioni; numerose (almeno 8) le pesanti trombe di amplificazione portate a spalla durante tutto l’itinerario, per consentire a quanti più partecipanti possibili di seguire, con una acustica ben predisposta, la guida comune (canti, preghiera, musica, riflessioni, avvisi pratici, ecc.). Le due processioni seguono ovviamente due itinerari geografici diversi, ma questi hanno lo stesso numero di chilometri e sono segnati dallo stesso programma intenso, dallo stesso cuore: si iniza il mattino, con un momento di canto-preghiera e riflessione, in ciascuno dei due Santuari, subito dopo comincia il cammino, spesso accompagnati dal tripudio di canti, dai musicisti affiatatissimi, con chitarre, tamburi, sax, ecc.; i bambini, guidati dagli animatori, successivamente compiono un tratto consistente del percorso su carri appositamente addobbati per loro.
Note di sapore gregoriano intanto riempiono la campagna, dal primo mattino; la limpida voce della solista canta sommessa: “Lode a te, Maria,… che risplendi come l’aurora,… pura come il sole!”: sembra dar voce all’intera creazione ancora in silenzio, alla nostra anima; già quasi “in presa diretta” col Mistero. La musica e le Lodi, le brevi meditazioni, i silenzi, intercalati con le decine del Rosario, con le stupende preghiere della tradizione liturgica e spirituale, dei Padri della Chiesa, orientale e occidentale, dei Santi di ieri e di oggi, i canti di gioia coinvolgenti, con le mani alzate al cielo, e quelli di contemplazione, anche a più voci, con l’aiuto formidabile delle nostre belle Corali; e poi i momenti di fraternità, di reciproca conoscenza, di allegria, di condivisione della colazione e del pranzo a sacco negli Oratori dei paesi di passaggio (Rodengo, Calino, per il corteo “bresciano”, Credaro, Capriolo, per quello “bergamasco”), quindi la fatica del cammino, soprattutto di quelli che, con generosità, a turno, portano le trombe acustiche o tengono a posto il filo elettrico, anche per delimitare il corteo, e assieme la bellezza della creazione che a maggio sembra esplodere (soprattutto col tempo ideale che il buon Dio questa Domenica ci ha regalato), gli scorci suggestivi di questa terra benedetta, coi suoi lunghi filari di viti, le distese di fiori variopinti, le case antiche, le cascine di pietra, ristrutturate con fine gusto, le chiesette e le edicole sacre, i castelli in cima ai colli, i borghi e i paesi, dove le persone, le famiglie sull’uscio o dalle finestre osservano e spesso pregano con noi, mentre passiamo. E poi: la gioia di rivedere o di conoscere per la prima volta degli amici di cammino, l’offrire al Padre celeste e a Maria anche le speranze, le preoccupazioni, le gioie e i problemi della vita quotidiana, dei propri cari, degli amici lasciati a casa, gli eventuali disagi della giornata, il percorso su qualche breve tratto di strada in salita o infangata, le intenzioni di preghiera scritte sui foglietti per essere consegnate alla Madonna, e poi: la pace che dona il Sacramento della Riconciliazione, a cui si accostano molti partecipanti, in coda ai due lunghi cortei, dove ci sono i padri. Infine la voce di P. Gino fa riecheggiare le recenti parole del nostro Papa Francesco, rivolte ai giovani, sulla croce, la gioia e la speranza che Gesù fa scaturire, sul vero potere di Colui che serve.
Tutte queste grazie date a ciascuno di noi, questi doni, elencati sempre con approssimazione, costituiscono da decenni un aiuto per le persone che si lasciano coinvolgere: sono grazie preziose che ci fanno vivere una piccola - grande esperienza di Cristo e del Suo Corpo, la Chiesa. Infatti il Pellegrinaggio è una esperienza educativa che potremmo definire “completa”: sono tante le testimonianze di coloro che (soprattutto quelli chiamati a svolgere un compito di servizio concreto) hanno imparato a seguire nella vita non se stessi, ma il Dio fattosi carne visibile e incontrabile; hanno imparato ad appartenere al “Corpo” vivo di Gesù Risorto, che è la Chiesa, a camminare con la Chiesa, lasciandosi formare da una comunità, da una guida buona. E’ una giornata di apprendimento a vivere accompagnati dalla Madre, dalla “Porta della Fede”, Maria, che offre, intera, se stessa, non a un’idea, ma al Vivente, perché tutti abbiano la Vita, e in abbondanza. Questa del Pellegrinaggio è una scuola che può segnare la vita di una persona.
Il culmine: l’arrivo congiunto ad Adro, al Santuario, dei due pellegrinaggi che confluiscono in un unico popolo, verso le 15,30. Molti pellegrini visitano la bellissima Madonna della Neve, “l’Avvocata dei peccatori”, che ha lo “sguardo di Paradiso”. Nel piazzale celebriamo L’Eucaristia, siamo in tanti. Abbiamo implorato con uno dei nostri canti più significativi: “ O Madre di ogni famiglia, al Figlio che ti assomiglia, consacra Tu il nostro cuore”.
Forte denuncia di Papa Francesco nei confronti del dominio del denaro
Il papa ha denunciato, senza mezzi termini e mostrando di conoscere a fondo i meccanismi economici, che alla base della crisi mondiale che stiamo attraversando ci sono le «deformità» di un sistema finanziario la cui origine sta «in una profonda crisi antropologica». L’umanità ha creato «nuovi idoli» e «l’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata immagine nel feticismo del denaro e nella dittatura dell’economia senza volto né scopo realmente umano».
L’essere umano, ha tuonato papa Francesco, è ridotto a «bene di consumo, che si può usare e poi gettare». Come per la merce si instaura una cultura dello scarto. E in questo contesto «la solidarietà, che è il tesoro dei poveri, è spesso considerata controproducente, contraria alla razionalità finanziaria ed economica», mentre «il reddito di una minoranza cresce in maniera esponenziale, quello della maggioranza si indebolisce».
Uno squilibrio, spiega papa Francesco, che «deriva da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli Stati pur incaricati di provvedere al bene comune». Una «tirannia invisibile» che «impone unilateralmente» le sue regole, mentre «l’indebitamento e il credito allontanano i paesi dalla loro economia reale ed i cittadini dal loro potere d’acquisto reale».
Papa Francesco aggiunge a questo quadro il tema della corruzione «tentacolare» e di «un’evasione fiscale egoista che hanno assunto dimensioni mondiali».
La potenza del dio denaro non ha limiti e per combatterla c’è un solo modo: «Realizzare una riforma finanziaria che sia etica e che produca a sua volta una riforma economica salutare per tutti».
È un appello molto forte ai governanti. Francesco sa che il ritorno all’etica – «un’etica non ideologica naturalmente», tiene a precisare – richiede «un coraggioso cambiamento di atteggiamento dei dirigenti politici» e soprattutto che l’etica «dà fastidio» a chi crede nel dio denaro. Ma è questa l’unica strada per «creare un equilibrio e un ordine sociale più umani»
«Il denaro – scandisce – deve servire e non governare!». E in proposito invita a ricordare le parole di san Giovanni Crisostomo: «Non condividere con i poveri i propri beni è derubarli e togliere loro la vita. Non sono i nostri beni che noi possediamo, ma i loro».
(@galluzzo_m)("Europa")
Non siate cristiani tiepidi e da salotto
Papa Francesco: «La vita è una battaglia. Non siate cristiani tiepidi e da salotto»
maggio 16, 2013
Papa
Francesco nell’omelia questa mattina alla Casa Santa Marta, ha parlato
del pericolo di essere dei «cristiani da salotto». Parlando della vita
di San Paolo, il Pontefice ha detto che l’esistenza è «una battaglia
campale», come quella del santo, appunto che è trascorsa di
«persecuzione in persecuzione». Un destino «con tante croci», che però
non ci deve scoraggiare perché, come l’apostolo bisogna andare avanti:
«Lui guarda il Signore e va avanti».
ZELO APOSTOLICO. San Paolo era un uomo che «dava fastidio con la sua predica, con il suo lavoro, con il suo atteggiamento». Perché annunciava «Gesù Cristo e l’annunzio di Gesù Cristo alle nostre comodità, tante volte alle nostre strutture comode – anche cristiane, no? – dà fastidio. Il Signore sempre vuole che noi andiamo più avanti, più avanti, più avanti… Che noi non ci rifugiamo in una vita tranquilla o nelle strutture caduche, queste cose, no? Ma lui andava avanti, perché lui aveva in sé quell’atteggiamento tanto cristiano che è lo zelo apostolico. Aveva proprio il fervore apostolico. Non era un uomo di compromesso. No! La verità: avanti! L’annunzio di Gesù Cristo: avanti!».
CERTEZZA IN DIO. E non si trattava di temperamento «focoso», ma di certezza in Dio. Che è cosa ben diversa dalla ricerca del potere: «È qualcosa che viene da dentro – ha detto papa Francesco -, che lo stesso Signore lo vuole da noi: cristiano con zelo apostolico. E da dove viene questo zelo apostolico? Viene dalla conoscenza di Gesù Cristo. Paolo ha trovato Gesù Cristo, ha incontrato Gesù Cristo, ma non con una conoscenza intellettuale, scientifica – quello è importante, perché ci aiuta – ma con quella conoscenza prima, quella del cuore, dell’incontro personale».
NON SIATE TRANQUILLI. Gesù porta «i guai», perché lo
zelo apostolico «ha qualcosa di pazzia, ma di pazzia spirituale, di
sana pazzia». E Paolo «aveva questa sana pazzia». Per questo non bisogna
essere dei «cristiani tiepidi», «da salotto: quelli educati, tutto
bene, ma non sanno fare figli alla Chiesa con l’annunzio e il fervore
apostolico. Oggi possiamo chiedere allo Spirito Santo che ci dia questo
fervore apostolico a tutti noi, anche ci dia la grazia di dare fastidio
alle cose che sono troppo tranquille nella Chiesa; la grazia di andare
avanti verso le periferie esistenziali. Tanto bisogno ha la Chiesa di
questo! Non soltanto in terra lontana, nelle chiese giovani, nei popoli
che ancora non conoscono Gesù Cristo, ma qui in città, in città proprio,
hanno bisogno di questo annuncio di Gesù Cristo. Dunque chiediamo allo
Spirito Santo questa grazia dello zelo apostolico, cristiani con zelo
apostolico. E se diamo fastidio, benedetto sia il Signore. Avanti, come
dice il Signore a Paolo: “Coraggio”!». (da "Tempi")
ZELO APOSTOLICO. San Paolo era un uomo che «dava fastidio con la sua predica, con il suo lavoro, con il suo atteggiamento». Perché annunciava «Gesù Cristo e l’annunzio di Gesù Cristo alle nostre comodità, tante volte alle nostre strutture comode – anche cristiane, no? – dà fastidio. Il Signore sempre vuole che noi andiamo più avanti, più avanti, più avanti… Che noi non ci rifugiamo in una vita tranquilla o nelle strutture caduche, queste cose, no? Ma lui andava avanti, perché lui aveva in sé quell’atteggiamento tanto cristiano che è lo zelo apostolico. Aveva proprio il fervore apostolico. Non era un uomo di compromesso. No! La verità: avanti! L’annunzio di Gesù Cristo: avanti!».
CERTEZZA IN DIO. E non si trattava di temperamento «focoso», ma di certezza in Dio. Che è cosa ben diversa dalla ricerca del potere: «È qualcosa che viene da dentro – ha detto papa Francesco -, che lo stesso Signore lo vuole da noi: cristiano con zelo apostolico. E da dove viene questo zelo apostolico? Viene dalla conoscenza di Gesù Cristo. Paolo ha trovato Gesù Cristo, ha incontrato Gesù Cristo, ma non con una conoscenza intellettuale, scientifica – quello è importante, perché ci aiuta – ma con quella conoscenza prima, quella del cuore, dell’incontro personale».
mercoledì 15 maggio 2013
11 Settembre 1683 - Il film esce nelle sale italiane
La storia dell'assedio Turco a Vienna e di una battaglia eroica che ha cambiato il destino d'Europa e del Mondo.
Dall'11 Aprile al Cinema distribuito da Microcinema
Trama
L’11 settembre 1683 trecentomila guerrieri chiamati da ogni angolo dell’Impero Ottomano tengono Vienna sotto assedio.Sono comandati dal Gran Visir Kara Mustafa, al quale il Sultano di Istanbul ha affidato il vessillo del Profeta: lo stendardo verde con la luna crescente dorata che la tradizione rivendica essere appartenuta al Profeta Maometto in persona.
Lo scopo della loro aggressione è di issare quella bandiera su tutte le capitali d’Europa, tra le quali, in ultimo, Roma, la culla della Cristianità.
L’apparizione di una cometa luminosa nei cieli, viene interpretata come un segno di Allah che promette una gloriosa vittoria dell’Islam e la sottomissione dell’Europa cristiana.
I cavalli arabi si abbevereranno presto alle fontane di Piazza San Pietro. Nonostante due mesi di resistenza eroica, il destino di Vienna sembra segnato: colpi di cannone dell’esercito turco hanno fatto breccia nelle mura in diversi punti, aprendo la via per una rapida incursione della cavalleria tartara affiancata ai giannizzeri del Visir.
Le sortite sono sempre più feroci e frequenti. L’11 settembre – alle prime luci dell’alba – un monaco cappuccino tiene messa in cima alla collina che sovrasta la città. Poi, con un ultimo appassionato sermone, incita le truppe cristiane.
Il suo nome è Marco da Aviano, nato in Friuli nel 1631 da una nobile stirpe. E’ il consigliere e la guida spirituale dell’Imperatore Asburgico Leopoldo I.
La battaglia tra i due eserciti opposti si trascina fino al tramonto, con risultati alterni per le due parti, in un gioco strategico di avanzate e ritirate, finchè la Lega Santa, guidata da Re Polacco Jan III Sobieski conduce l’assalto finale che sbaraglia le truppe ottomane e l’ultima resistenza dell’accampamento nemico: venticinquemila tende tra le quali troneggia il padiglione verde dello stesso Kara Mustafa.
Durante l’intera battaglia la figura di Marco da Aviano si staglia nel cielo in cima alla collina tenendo tra le mani il crocefisso, sollevato al cielo.
Qualche giorno più tardi, Marco in persona porterà lo stendardo di Maometto a Roma e lo consegnerà nelle mani di Papa Innocenzo XI.
martedì 14 maggio 2013
I SEE GOD IN YOU - IO VEDO DIO IN VOI - JOSH WILSON
Il testo tradotto finisce con queste parole...(che dedico ai miei figli e ai miei amici......) Walter....
grazie di tutto...
Sei stanco, sei debole,
Pieno di insicurezze?
Credimi, non sei l'unico.
Ho anch'io paura di guardare dentro di me,
Conosco bene cos'è l'oscurità
A volte mi chiedo se sono andato troppo lontano.
Ma anche nei miei dubbi scelgo,
Di tenere a questa verità:
Che Dio sta trasformando ciò che è rotto in una cosa nuova
Anche me e te.
Ooh ... Vedo Dio in te
Ooh ... si, vedo Dio in voi.
Vedo Dio in te ... oh oh, vedo Dio in voi.
Vedo Dio in te ... oh oh, vedo Dio in voi.
lunedì 13 maggio 2013
Pellegrinaggio Mariano 2013 del Movimento Ecclesiale Carmelitano al Santuario Madonna della Neve di Adro -Video durate il percorso
Eravamo circa 3000 in partenza dalla Madonna della Stella di Gussago(Brescia) e migliaia da S.Alessandro in Cazzaniga ad Adrara S.Martino (Bergamo)
Giornata di sole,di gioia,di canto,di preghiera,di popolo unito con Maria
Tanti volti da ricordare...un video corto da condividere...
Grazie a tutti coloro che hanno lavorato tanto per questo giorno e ai partecipanti!
(Abbiamo ricordato tante volte la Mamma e le mamme)
"Mio è Gesù...e il Mondo è Mio".....
MARCIA PER LA VITA -ROMA,12 MAGGIO 2013 -VIDEO ED ARTICOLO
che hanno manifestatoa Roma e hanno incontrato il Papa
(dal pellegrinaggio del MEC li abbiamo accompagnati nella preghiera)Walter
Marcia per la Vita ha portato oggi a Roma 40mila persone, che il Papa ha salutato al Regina Coeli e ha poi incontrato avvicinandosi al corteo sulla papamobile in via della Conciliazione. L’accoglienza di Papa Francesco rappresenta, secondo i promotori dell’evento, il più alto riconoscimento per l’iniziativa e la conferma della sensibilità del Pontefice ai principi non negoziabili, a cominciare dal diritto alla vita.
La Marcia per la Vita è iniziata al Colosseo con i saluti dei numerosi rappresentanti di movimenti pro-life giunti da tutto il mondo, tra i quali Jeanne Monahan, presidente della March for Life di Washington, Lila Rose, considerata dall’organizzazione abortista Planned Parenthood come la nemica numero uno, Geoffrey Strickland, di Priest for Life, il dottor Xavier Dor, medico condannato 15 volte in Francia per aver lottato contro l’aborto, Blondine Serieyx, rappresentante della Manif pour tous francese, Antony Burkhard, rappresentante di Droit de naitre, altra associazione francese impegnata nella difesa della vita e Federica Iannace Swift, dell’irlandese Youth Defence .
Foltissimo il numero dei religiosi presenti, tra i quali l’Istituto del Verbo Incarnato, i Francescani dell’Immacolata e gli Orionini, questi ultimi guidati dal loro superiore generale don Flavio Peloso. ,
Hanno partecipato alla Marcia, rigorosamente apartitica e senza slogan e simboli politici, diversi parlamentari, tra cui Maurizio Gasparri, Giorgia Meloni, Maurizio Sacconi, Eugenia Roccella, Carlo Giovanardi, Stefano De Lillo, Carlo Casini e Paola Binetti.
La manifestazione si è conclusa in piazza san Pietro, dove il Papa, che già aveva salutato la Marcia per la Vita nel suo Regina Coeli, è sceso tra la folla incontrando i partecipanti.
" Saluto i partecipanti alla “Marcia per la vita” che ha avuto luogo questa mattina a Roma e invito a mantenere viva l’attenzione di tutti sul tema così importante del rispetto per la vita umana sin dal momento del suo concepimento. A questo proposito, mi piace ricordare anche la raccolta di firme che oggi si tiene in molte parrocchie italiane, al fine di sostenere l’iniziativa europea “Uno di noi”, per garantire protezione giuridica all’embrione, tutelando ogni essere umano sin dal primo istante della sua esistenza. Un momento speciale per coloro che hanno a cuore la difesa della sacralità della vita umana sarà la “Giornata dell’Evangelium Vitae”, che avrà luogo qui in Vaticano, nel contesto dell’Anno della fede, il 15 e 16 giugno prossimo." (Papa Francesco)
FOTOGRAFIE DAL PELLEGRINAGGIO DEL MOVIMENTO ECCLESIALE CARMELITANO AD ADRO -12 MAGGIO 2013 ...TRENTACINQUESIMO
SPIEDO DEL GRUPPETTO.....IN SEDE A BRESCIA - SABATO 4 MAGGIO
Un pò in ritardo,ma ecco 2 immagini della serata..
Grazie a Gianni T.che ha spiedato meravigliosamente,a Renata vicino,a Michele che lo ha aiutato e ai tanti che hanno allietato la festa.....Tutto ottimo e abbondante...Grazie!!!!!
domenica 12 maggio 2013
INCONTRO CON I CANDIDATI A SINDACO DI BRESCIA
Nella fotografia.dietro ai candidati sindaco ci sono anch'io....perchè sono cristiano .....appartenente a un movimento...che è nella consulta diocesana..
"e perché tutti avrebbero di che imparare da un uomo che nell’umiltà e povertà della terra ha subito piantato i suoi primi atti e parole di successore degli apostoli......PAPA FRANCESCO...
Spigliato e positivo, papa Francesco è davvero un grande dono all’Italia. Un posto che appare preda di uno spirito cattivo e vendicativo. Non solo in politica, ma anche nel vivere in società. E invece, lo avete visto il vescovo di Roma, no? Solo parole di affetto e gesti di fisica e fraterna simbolicità. Per prima cosa è andato al popolo, salutandolo educatamente e pregando con lui. Poi è andato nella chiesa romana per eccellenza, Santa Maria Maggiore, incoraggiando i confessori ad avere «misericordia, misericordia, misericordia» delle E “misericordia” è stata la parola vertice al primo Angelus in San Pietro. Là dove il Pontefice ha messo in trono la sapienza di una nonna. Ché «se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe». Ecco, tutto all’opposto di ciò che domina e brama il campo italiano, il Papa ha un’altra verità rispetto a quella giustizialista e giustiziera: «La misericordia rende il mondo più giusto». Altro che Costituzione e codici. Conviene leggere papa Bergoglio, il Vangelo. E Il mercante di Venezia. Ché «Il potere terreno appare allora/ più simile a quello divino/ quando la misericordia tempera il giudizio»".(da Tempi)
BUONE ELEZIONI........a chi si impegna a servire attraverso gesti di fraternità........Walter
"e perché tutti avrebbero di che imparare da un uomo che nell’umiltà e povertà della terra ha subito piantato i suoi primi atti e parole di successore degli apostoli......PAPA FRANCESCO...
Spigliato e positivo, papa Francesco è davvero un grande dono all’Italia. Un posto che appare preda di uno spirito cattivo e vendicativo. Non solo in politica, ma anche nel vivere in società. E invece, lo avete visto il vescovo di Roma, no? Solo parole di affetto e gesti di fisica e fraterna simbolicità. Per prima cosa è andato al popolo, salutandolo educatamente e pregando con lui. Poi è andato nella chiesa romana per eccellenza, Santa Maria Maggiore, incoraggiando i confessori ad avere «misericordia, misericordia, misericordia» delle E “misericordia” è stata la parola vertice al primo Angelus in San Pietro. Là dove il Pontefice ha messo in trono la sapienza di una nonna. Ché «se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe». Ecco, tutto all’opposto di ciò che domina e brama il campo italiano, il Papa ha un’altra verità rispetto a quella giustizialista e giustiziera: «La misericordia rende il mondo più giusto». Altro che Costituzione e codici. Conviene leggere papa Bergoglio, il Vangelo. E Il mercante di Venezia. Ché «Il potere terreno appare allora/ più simile a quello divino/ quando la misericordia tempera il giudizio»".(da Tempi)
BUONE ELEZIONI........a chi si impegna a servire attraverso gesti di fraternità........Walter
sabato 11 maggio 2013
DOMANI SARO' AL PELLEGRINAGGIO DALLA MADONNA DELLA STELLA ALLA MADONNA DELLA NEVE......speriamo non piova !!!!!
Con Claudio Gasparotti sotto la pioggia al pellegrinaggio dello scorso anno....
Claudio....Lunedì 27 Maggio potrebbe diventare consigliere comunale di Brescia....... Walter
Claudio....Lunedì 27 Maggio potrebbe diventare consigliere comunale di Brescia....... Walter
venerdì 10 maggio 2013
Il Santo Padre riceve in dono da una bambina un Rosario fatto a mano.
- Papa Francesco all'inizio non capiva e la bambina continuava a ripetergli " è per te!! "
Si,caro amico...il Rosario è per te e per tutti i tuoi cari..
Per il mese di Maggio
Per le intenzioni di Papa Francesco....
giovedì 9 maggio 2013
La canzone degli occhi e del cuore...Claudio Chieffo....Per percorrere la strada del nostro cuore a cuore con Gesù..
Nella nostra Scuola di Cristianesimo che abbaimo fatto lunedì Padre Antonio ci diceva:
LA STRADA CHE GESU' HA SCELTO PER CONQUISTARE IL MONDO E' LA STRADA DEL CUORE.......
E' UN ITINERARIO CERTO , PAZENTE,UMILE E RISPETTOSO DELLA LIBERTA' DI OGNI UOMO
E' LA STRADA DEL TUO CUORE A CUORE CON DIO
mercoledì 8 maggio 2013
IERI HO COMPIUTO 55 ANNI....QUI CON I MIEI FIGLI...DOPO IL BRINDISI....
Bionda, rossa, bruna o nera, in qualsiasi momento puoi scegliere la birra che vuoi....Walter
domenica 5 maggio 2013
Matthew West - Hello, My Name Is ....Dedicata ai bambini che oggi hanno ricevuto la S.Cresima e la Prima Comunione
Lui mi ha salvato, mi ha cambiato e sono stato liberato
"Amazing Grace" è la canzone che canto
Ciao, il mio nome è figlio del vero Re...
i loro nomi di battesimo..
Sofia,Ginevra,Giorgia,Lorenzo,Ludovica,Daniele,Michele,
Elena,Benedetta,Alessandro
Walter,il loro catechista..
Parrocchia di San Giacomo Brescia
giovedì 2 maggio 2013
mercoledì 1 maggio 2013
PAPA FRANCESCO PARLA DEL LAVORO....PRIMO MAGGIO - FESTA DEL NON-LAVORO ?...IN ITALIA 4 GIOVANI SU 10 NON TROVANO LAVORO...MENTRE CHI LAVORA DEVE SUDARE SANGUE PER MANTENERLO ( un ricordo per chi lo versa veramente in Bangladesh.)
Sono vicino anche ai 2 colleghi del Bangladesh che lavorano con me...so quello che prendono,so che hanno parenti dove è crollata la fabbrica...e che vogliono come me un mondo più equilibrato e giusto,nella pace Walter
INIZIA IL MESE DI MAGGIO....Maria,madre di Gesù..affidiamo a Lei tutti i disoccupati...forza !
2013-05-01
La società non è giusta se non offre a tutti un lavoro o sfrutta i lavoratori: lo ha affermato il Papa nella Messa presieduta nella Cappellina di Casa Santa Marta in occasione della Memoria di San Giuseppe Lavoratore. Erano presenti alcuni minori e ragazze madri, ospiti del Centro di solidarietà “Il Ponte”, nato a Civitavecchia nel 1979, accompagnati dal presidente dell’associazione, don Egidio Smacchia. Nel Vangelo proposto dalla liturgia Gesù viene chiamato il “figlio del falegname”. Giuseppe era un lavoratore e Gesù ha imparato a lavorare con lui. Nella prima lettura si legge che Dio lavora per creare il mondo. Questa “icona di Dio lavoratore – afferma il Papa - ci dice che il lavoro è qualcosa di più che guadagnarsi il pane”:
“Il lavoro ci dà la dignità! Chi lavora è degno, ha una dignità speciale, una dignità di persona: l’uomo e la donna che lavorano sono degni. Invece quelli che non lavorano non hanno questa dignità. Ma tanti sono quelli che vogliono lavorare e non possono. Questo è un peso per la nostra coscienza, perché quando la società è organizzata in tal modo, che non tutti hanno la possibilità di lavorare, di essere unti della dignità del lavoro, quella società non va bene: non è giusta! Va contro lo stesso Dio, che ha voluto che la nostra dignità incominci di qua”.
“La dignità – ha proseguito il Papa - non ce la dà il potere, il denaro, la cultura, no! …. La dignità ce la dà il lavoro!” e un lavoro degno, perché oggi tanti “sistemi sociali, politici ed economici hanno fatto una scelta che significa sfruttare la persona”:
“Non pagare il giusto, non dare lavoro, perché soltanto si guarda ai bilanci, ai bilanci dell’impresa; soltanto si guarda a quanto io posso approfittare. Quello va contro Dio! Quante volte – tante volte – abbiamo letto su ‘L’Osservatore Romano’…. Un titolo che mi ha colpito tanto il giorno della tragedia del Bangladesh, ‘Vivere con 38 euro al mese’: questo era il pagamento di queste persone che sono morte… E questo si chiama ‘lavoro schiavo!’. E oggi nel mondo c’è questa schiavitù che si fa col più bello che Dio ha dato all’uomo: la capacità di creare, di lavorare, di farne la propria dignità. Quanti fratelli e sorelle nel mondo sono in questa situazione per colpa di questi atteggiamenti economici, sociali, politici e così via…”.
Il Papa cita un rabbino del Medio Evo che raccontava alla sua comunità ebraica la vicenda della Torre di Babele: allora i mattoni erano molto preziosi:
“Quando un mattone, per sbaglio, cadeva, c’era un problema tremendo, uno scandalo: ‘Ma guarda cosa hai fatto!’. Ma se uno di quelli che facevano la torre cadeva: ‘Riposi in pace!’ e lo lasciavano tranquillo… Era più importante il mattone che la persona. Questo raccontava quel rabbino medievale e questo succede adesso! Le persone sono meno importanti delle cose che danno profitto a quelli che hanno il potere politico, sociale, economico. A che punto siamo arrivati? Al punto che non siamo consci di questa dignità della persona; questa dignità del lavoro. Ma oggi la figura di San Giuseppe, di Gesù, di Dio che lavorano - questo è il nostro modello - ci insegnano la strada per andare verso la dignità”.
Oggi – ha osservato il Papa – non possiamo dire più quello che diceva San Paolo: “Chi non vuol lavorare, non mangi”, ma dobbiamo dire: “Chi non lavora, ha perso la dignità!”, perché “non trova la possibilità di lavorare”. Anzi: “La società ha spogliato questa persona di dignità!”. Oggi – ha aggiunto il Pontefice – ci fa bene riascoltare “la voce di Dio, quando si rivolgeva a Caino” dicendogli: “Caino, dov’è tuo fratello?”. Oggi, invece, sentiamo questa voce: “Dov’è tuo fratello che non ha lavoro? Dov’è tuo fratello che è sotto il lavoro schiavo?”. Il Papa conclude: “Preghiamo, preghiamo per tutti questi fratelli e sorelle che sono in questa situazione. Così sia”. (Sergio Centofanti)
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