Tratto dal libro di P.Antonio Sicari "Pregare nel Mondo"  Esercizi spirituali 2003 del Mov.Eccl.Carmelitano
Anni fa un celebre medico ateo, Alexis Carrel, si convertì a Lourdes assistendo personalmente ad un miracolo: vide guarire sotto i suoi occhi un malato terminale al quale aveva egli stesso diagnosticato il male inguaribile. Si convertì. Più tardi scrisse anche un libro sulla preghiera, esprimendosi così: “Quando la preghiera è veramente presente, la sua influenza è paragonabile a quella di una ghiandola a secrezione interna, come la tiroide o le surrenali, per esempio. Il senso del sacro è analogo al nostro bisogno di ossigeno e la preghiera è analoga alla respirazione".
L’osservazione è più antica di quanto si creda.
Se  uno studia la storia della Chiesa e della preghiera - come veni¬va  vissuta già dai primi monaci in Oriente e come viene vissuta ancora oggi  in molte comunità religiose - si accorge che il proble¬ma della  respirazione è considerato fondamentale. S. Antonio abate usava salutare  i suoi compagni nel deserto, dicendo loro: "Respirate Cristo!".
I  primi monaci avevano inventato una formula di preghiera brevis¬sima:  "Signore Gesù, abbi pietà di me peccatore", e la formula - mille l volte  ripetuta - doveva accompagnare il ritmo della respirazione.
S.  Giovanni Climaco insegnava: "Bisogna che il ricordo di Gesù si unisca  intimamente al tuo respiro, e conoscerai il segreto della pace  interiore".
S.  Ignazio insegnava nei suoi Esercizi: "Bisogna chiudere gli occhi per  guardare Gesù nel proprio cuore, e mormorare le parole del Pater, sulla  misura del proprio respiro".
E  nei salmi si trova sempre, a metà del versetto, un asterisco che  avverte: "Qui devi respirare", e quel respiro fa parte della preghiera.
Ma  non si tratta solo di indicazioni "tecniche". Nella Bibbia il discorso  sul respiro dell'uomo è spesso stretta¬mente legato al discorso sullo  Spirito Santo.
Questo  nome che diamo alla terza Persona della SS. Trinità (la Persona-Dono,  la Persona-Amore) avremmo anche potuto tradurlo (dall'ebraico o dal  greco) con l'espressione "Santo Respiro", "Santo Soffio", e sarebbe  stata la stessa cosa.
Ricordate  come la Scrittura narra la creazione? Fin dall'inizio c'è lo Spirito di  Dio (il suo fecondo Respiro d'amore) che riscalda la massa informe, e  così nasce la vita. Poi, al momento della creazione dell'uomo,  l'immagine si precisa ancora di più: Dio prende tra le sue mani divine  del fango (e S. Ireneo commenta: "Il fango trema¬va di felicità nelle  mani di Dio") e lo plasma accuratamente, con sapienza e amore; poi  avvicina il suo volto alla figura appena pla¬smata e respira su di essa.
L’uomo  è stato fatto a immagine e somiglianza di Dio, ed è dive¬nuto tale fin  dal primo momento "biologico" in cui ha cominciato a respirare: un  respiro anch'esso fatto a immagine del Respiro di Dio.
Un  antico esegeta commentava: "Come il fuoco del fiammifero fa presa sulla  fascina di legna, così l'alito di Dio ha fatto presa nei polmoni  dell'uomo, ingenerandovi quel 'va e vieni' del fiato che è la  respirazione. L’uomo rimarrà vivo finché la radice del soffio di Dio non  sarà strappata dai suoi polmoni".
Così ha cominciato a vivere il primo uomo e così ognuno di noi comincia a vivere appena esce dal mistero del grembo materno.
Per ogni uomo vivere significa accogliere e conservare in sé que¬sto divino respiro, morire significa che Dio se lo è ripreso.
La  Scrittura avverte: "Se Dio richiamasse a sé il suo alito, e in sé  concentrasse il suo soffio, ogni carne morrebbe all'istante e l'uomo  ritornerebbe polvere" (Gb 34,14-15).
Anche  nel libro dei Salmi è scritto: "Se alle creature Tu togli il respiro, o  Dio, muoiono e ritornano nella polvere. Se invece mandi il tuo spirito,  le cose sono create, e rinnovi la faccia della terra" (Sal 104, 29-30).
Respirare  è il nostro vivere, e nel fenomeno della respirazione sono già incluse  le leggi dell' esistenza sia materiale che spirituale. In un testo un  po' strano, ma ricco di osservazioni interessanti di un autore anonimo,  ho letto:    "I polmoni sanno  che bisogna respirare e obbediscono. Si sento¬no poveri ed inspirano.  Amano la purezza ed espirano. Il processo stesso della respirazione  insegna le leggi dell' obbedienza, della povertà e della castità. Cioè,  per analogia: le leggi della grazia".
Che  bellezza! Il momento più intimo e prezioso del dialogo tra l'uomo e Dio  (quello in cui la creatura riceve i tre "consigli evange¬lici") è già  anticipato nella legge della respirazione umana!
E  quale pienezza raggiunge questa verità, quando il Figlio di Dio viene  tra noi e nel suo umano respirare c'è già una effusione dello "Spirito  di Dio" sull'umanità e sulla terra intera!
IL RESPIRO DI GESÙ
Il  Vangelo è attento a insegnare questa verità decisiva, proprio nel  momento in cui descrive la morte di Cristo in Croce: Gesù prima china la  testa e poi spira (letteralmente: "consegna il suo spi-rito") .
E'  esattamente il contrario di quanto avviene abitualmente: un morente  prima spira e poi la testa si abbatte sul suo petto! Ma Gesù no! Da  tutto il contesto, è chiaro l'insegnamento che l'evangelista Giovanni  vuol dare: ai piedi della Croce c'è la Chiesa che ama Gesù (ci sono  Maria, il discepolo prediletto e le donne che non lo hanno mai  abbandonato) ed è su di essa che Gesù fa scendere il suo ulti¬mo  respiro: Egli non muore soltanto, ma muore perché dona il suo respiro! .
Il  significato della scena sta appunto in questo: per amore nostro Gesù ha  vissuto, per amore nostro ha respirato ogni attimo della sua vita, per  amore nostro ha emesso il suo ultimo respiro.
L’ultimo respiro di Gesù è il momento in cui lo Spirito Santo ci viene donato.
La  scena riceve una conferma alla sera di Pasqua, quando Gesù incontra i  suoi discepoli nel Cenacolo e li trova irrigiditi, impauri¬ti, timidi  come se non avessero nemmeno fiato per vivere.
Cristo  si avvicina e li saluta: "Pace a voi!". Poi alita su di loro e dice:  "Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e  a chi non li rimetterete resteranno non rimessi".
Il  Risorto respira sui suoi discepoli, ripetendo quasi il gesto del  Creatore, e dona loro la possibilità di vivere una vita nuova.
Quando  gli apostoli parleranno dell'identità cristiana diranno: "Dio ha  mandato nei nostri cuori il respiro del Figlio che in noi grida: "Abbà!  Padre!" (GaI 4,6); e affermeranno che in ciò consiste tutta la loro  preghiera, una preghiera ininterrotta e sostanziale come l'atto del  respirare.
Per  capire cosa sia la preghiera cristiana nel suo momento più ori¬ginario e  radicale, ci basterebbe osservare un bambino piccolo come lo osservano a  volte i suoi genitori: per giorni e giorni essi lo vedo¬no respirare,  emettere suoni disarticolati, e poi finalmente giunge il momento - quel  momento! - in cui lo vedono emettere un respiro che si fa suono e si  articola distintamente: "Mamma!", "Papà!".
Quando  il bambino viene al mondo, il suo respiro è un pianto nello sforzo di  assorbire ed emettere il soffio vitale, ma tutto è già attesa di quel  respiro assieme al quale comincerà ad esprimere la sua. appartenenza, il  suo amore. E ciò vale a riguardo dei genitori, ma anche a riguardo di  Dio. S. Paolo dice che noi siamo fatti così: dentro di noi lo Spirito  anela a pronunciare la parola "Padre", a chiamare Dio: Padre!
IL RESPIRO DEL NOSTRO RESPIRO
Pregare  come respirare può sembrare un modo di dire, ma se uno volesse andare  alla radice del suo essere e si chiedesse: "Qual è il momento in cui il  mio essere comincia ad articolare la preghie¬ra?", la risposta  biblicamente esatta sarebbe questa: "Lo stesso istan¬te in cui respiro".
Respirare  è invocare la vita; respirare è il dono che Dio ci fa minuto per minuto  da quella prima volta che ci ha creati. Questa è la nostra preghiera  essenziale: si prega come si respira.
Possiamo non rendercene conto, ma i santi hanno esperimenta¬to proprio questa verità che li ha affascinati.
All'inizio  hanno cominciato come noi, faticosamente, moltipli¬cando atti e  atteggiamenti (una preghiera, più preghiere, la giacula¬toria, il  pensiero rivolto a Dio), poi un po' alla volta si sono resi conto che  pregavano come respiravano.
Almeno  nel desiderio del loro cuore si rafforzava l'intenzione di non togliere  a Dio nemmeno un respiro; e cresceva la coscienza che il contenuto  dell'ultimo respiro (quando Dio se lo riprende) non dovesse essere che  uno solo: l'invocazione del nome Gesù, un sospi¬ro di desiderio verso il  Padre celeste.
I  santi volevano arrivare alla fine della vita in modo che fosse  assolutamente ovvio il senso e il contenuto del loro ultimo respiro.
Io  non ho profondissime esperienze di preghiera. Ma una volta ho dato  ascolto a una persona saggia che mi disse: "Se vuoi impa¬rare a pregare,  cerca di usare tutti i tempi intermedi (quello che nor¬malmente  chiamiamo 'tempo perso': il tempo in cui devi aspettare una persona che  ritarda, il tempo in cui devi spostarti in macchina, il tempo in cui ti  rechi da un luogo all'altro.. .); riempi di preghie¬ra quei tempi che si  chiamano di solito 'tempi morti' e fà che diven¬tino 'tempi vivi' "
Non  ci voleva molta bravura a farlo. Solo un po' di costanza. Adesso mi  accade che se la notte mi sveglio, la prima cosa che mi viene in mente è  dire: "Ave Maria..., Padre Nostro.. .". '
E'  una cosa meccanica, quindi poco meritoria, ma si può offrire a Dio  anche una piccola cosa meccanica, quando non si è capaci di fare di più.  Perché la nostra mente deve quasi istintivamente por¬tarsi sulle cose  più stupide? Perché le nostre fantasie devono vagare senza nessuna  regola? Istinto per istinto, non è meglio un "istinto" che mi fa  respirare oggettivamente il nome di Dio?
Per  i santi era tutta pienezza di coscienza. Pensavano: Dio si merita ogni  nostro respiro perché ci dona ogni nostro respiro. Ogni nostro respiro è  suo. Possiamo diventare sem¬pre più coscienti che ogni nostro respiro  deve essere un sospiro rivolto a Lui.
E quando questa coscienza diventa chiara, abituale, ecco che siamo diventati "uomini di preghiera”.
Allora  basta anche soltanto dire "Gesù!", per esprimere quanto il nostro  respiro sia diventato chiaro: è un respiro che raggiunge il suo ultimo  scopo, che raggiunge l'eternità.
Perché  non cominciare a dire al Signore la mattina appena ci si sveglia:  "Signore, che ogni mio respiro sia tuo! Che ogni mio respi¬ro ti  appartenga! Che ogni mio respiro, se deve farsi voce, pronun¬ci il tuo  nome!".
Lo Spirito Santo, che ci è stato dato invoca continuamente, pro¬nuncia continuamente il nome di Gesù e invoca il Padre.
Lo  Spirito Santo, dentro di noi è il respiro del nostro respiro, è la vita  della nostra vita, è il soffio vitale dentro il nostro soffio vitale.
Ecco fino a che punto noi siamo persone che pregano!
Se  io sono davanti ad una persona che non ha mai pregato, che non sa come  si fa, che ha paura di tutte le difficoltà che dovrebbe incontrare per  imparare a pregare, la prima cosa che devo dirle è: "Tu già preghi, tu  sei già un essere che prega. Perfino il tuo respiro è già preghiera: Dio  ti ha fatto in modo che perfino il tuo respiro¬sia rivolto a Lui e  tenda a Lui. E se ciò è vero per ogni essere umano, è ancora più vero  per un cristiano: quando hai ricevuto il Battesimo, Dio ti ha dato il  suo stesso Respiro!".
Noi uomini siamo tutti "esseri che pregano", consapevolmente o inconsapevolmente.
Tuttavia  la "coscienza di pregare" e il "volerlo fare" restano fatto¬ri  determinanti, perché è anche necessario "pregare come si ama: con tutto  il proprio essere", come ripeteva spesso Alexis Carrel.
Ogni uomo prega come respira, ma ogni uomo ha diritto di conoscere l'Amore per il quale sospira.
Quando,  però, si parla di "amore nella preghiera, non bisogna farne una  questione di sentimenti o di emozioni. Non bisogna tra¬mutare la nuda  oggettività del "pregare come respirare" in un' attivi-tà complessa e  sentimentale. Deve continuare ad essere una que¬stione totale, una  questione di esistenza.
Madeleine  Delbrél spiegava: "Quando si prega, bisogna doman¬dare con tutto il  nostro essere ciò di cui abbiamo bisogno, per noi stessi, per tutta la  Chiesa, per il mondo intero. Questo significa fare della preghiera una  respirazione a pieni polmoni!".
Ed  insisteva, anzi, sul fatto che pregare significa instaurare rela¬zioni  vitali, tutte tese ad una oggettiva e sana collocazione di se stes¬si in  relazione con Dio: "Tu non puoi compiere ciò che Dio ha riservato a te  di fare nel mondo, se non intrecci con Lui concrete relazioni, se cioè  non preghi. Ma la tua preghiera, a tale scopo, deve diventare per te  indispensabile come mangiare, bere, respirare".
Ad  osservare bene, tutta la fede cristiana si radica su esperienze  elementari. Si dice di solito: "Fede è instaurare un rapporto con Dio!".  Ma, se fai amicizia con Gesù, senti che Lui ti dice: "Io sono Figlio di  Dio. Sai cos'è un rapporto con me? E' respirare (pregare); è lavarsi  (ricevere il Battesimo); è mangiare e bere (ricevere l'Eucaristia); è  ascoltare e leggere (meditare la Parola che io ti annuncio); è camminare  (seguire le mie orme); è amare il mio corpo e tutto ciò che è mio (la  Chiesa)".
Così  tutto il rapporto dell'uomo con Dio si va a radicare sulle funzioni  primarie dell' essere umano: respirare, mangiare, bere, per¬fino "far  l'amore" (attraverso il sacramento del matrimonio).
Tutto  ciò è fondato sulla serietà assoluta della sua Incarnazione. Gesù è  venuto sulla terra e ci ha imitato in tutto. Diceva Péguy che la vera,  grande "imitazione di Cristo" non è quella che noi faccia¬mo di Gesù, ma  quella che Lui ha fatto di noi quando ha imitato il nostro nascere, il  nostro vivere, il nostro respirare, il nostro man¬giare e bere, il  nostro soffrire, il nostro morire.
Da quando Lui ci ha imitato noi possiamo fare le cose più elementari della nostra vita cristianamente, divinamente.
Nel  cristianesimo è più importante capire la grandezza e la pro¬fondità dei  gesti elementari del vivere che capire il significato dei grandi gesti.
Anzi,  nel cristianesimo è impossibile compiere grandi imprese, se prima non  si sono compiuti, con amore quotidiano e con fede quotidiana, i mille  piccoli gesti dell' esistenza.
Pensiamo  ai sacramenti: sono gesti grandi, gesti miracolosi inventati da Gesù.  Ma essi sono stati possibili perché c'erano stati prima i normalissimi  gesti della Sua vita terrena.
Pensiamo  a quel primo momento in cui Gesù ha preso un pezzo di pane e ha detto:  "Prendete e mangiate questo è il mio corpo!". Era il più grande dei  miracoli! E tuttavia era "fondato" su ciò che era accaduto tutti i  giorni, durante tutti i suoi trentatrè anni: in ogni giorno della sua  vita terrena il pane che Gesù mangiava era diventato suo corpo (corpo di  Dio!)!
E'  un miracolo che un po' d'acqua, versata sul capo di un bam¬bino o su un  adulto convertito, lo lavi al punto da renderlo "figlio di Dio". Ma ciò  non sarebbe stato possibile se l'acqua non avesse davvero lavato il  corpo del Figlio di Dio incarnato!
E'  un miracolo che Dio ci abbia rivelato il nome proprio di Dio ("Abbà!':  "papà!"), ma ciò non sarebbe stato possibile se Gesù non avesse prima  imparato a balbettare questa parola, rivolgendola a Giuseppe.
"SIGNORE, OGNI MIO RESPIRO È GIÀ TUO!"
Torniamo, dunque, alla preghiera.
Qualsiasi  preghiera impareremo a fare (dalla più semplice alla più intima e  perfetta) dobbiamo radicarla sulla richiesta di questa prima grazia:  "Signore, ogni mio respiro è già tuo. Ogni mio respiro vor¬rebbe già  pronunciare il tuo nome. Ogni mio respiro è già un respi¬ro d'amore per  te".
Potremmo  considerare questa formula come la preghiera che contiene già ogni  altra preghiera, come la preghiera che introduce e rende possibile ogni  altra preghiera.
S.  Tommaso d'Aquino arriva a dire che ogni uomo vivente su que¬sta terra  ama Dio più di quanto ami se stesso, e questo per natura!
Se  un uomo ama qualcosa d'altro più di Dio è perché è diventa¬to  innaturale. Ciò significa che tutto ciò che in un essere umano può  chiamarsi amore, tutto è già, per sua natura, indirizzato a Dio.
"Signore, di me tutto ti appartiene; ogni mio respiro tende a Te": è così che si comincia a pregare nel mondo!
Quando  questa sera andrete a letto, dite: "Signore Gesù, in pace mi  addormento, ma fa che ogni mio respiro, anche nell'incoscien¬za del  sonno, sia tuo", e già offrendo questo, avrete cominciato a pregare nel  mondo, a pregare per il fatto stesso di esistere.
E  lo stesso dovrebbe avvenire domattina, quando aprirete gli occhi,  spalancherete la finestra e farete il vostro primo profondo e cosciente  respiro, come se diceste a voi stessi: "Sono lieto di essere al mondo,  prego per il fatto stesso di respirare, e il mio cuore si riempie di  gratitudine!".
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