giovedì 29 ottobre 2015

Contagiosi di gioia!(Madeleine Delbrel


Poiché le tue parole, mio Dio, non son fatte
Per rimanere inerti nei nostri libri,
ma per possederci e per correre il mondo in noi,
permetti che, da quel fuoco di gioia
da te acceso, un tempo, su una montagna
e da quella lezione di felicità,
qualche scintilla ci raggiunga e ci possegga,
ci investa e ci pervada.
Fa che come “fiammelle nelle stoppie”
Corriamo per le vie della città
E fiancheggiamo le onde della folla,
contagiosi di beatitudine, contagiosi della gioia..
                                                                         Madalaine Delbrel
Buona giornata a tutti!😊😊😊

mercoledì 28 ottobre 2015

DON PIERINO GELMINI-Film Documentario


LOURDES (2000) FILM sulla conversione di Alexis Carrel


QUANDO LA SCIENZA RICONOSCE LA FEDE
La clamorosa conversione a Lourdes di Alexis Carrel (premio Nobel nel 1912 grazie alla scoperta di un particolare punto di sutura che poi ha permesso la pratica della trasfusione di sangue)
«Vergine dolce che soccorri gli infelici, proteggimi. Io credo in Te. (…) Il Tuo nome è più dolce del sole del mattino. Prendi Tu il peccatore inquieto dal cuore in tempesta che si consuma nella ricerca delle chimere. Sotto i consigli profondi e duri del mio orgoglio intellettuale giace, ancora soffocato, il più affascinante di tutti i sogni, quello di credere in Te, di amarti come i frati dall’anima candida».
Questa bella preghiera è stata composta da un grande scienziato, il medico francese Alexis Carrel, premio Nobel nel 1912 grazie alla scoperta di un particolare punto di sutura che poi ha permesso la pratica della trasfusione di sangue, pratica che ha salvato e che salva tante vite umane. Il dottor Carrell era agnostico, ma fu convertito grazie a un viaggio a Lourdes dove poté constatare ciò che egli riteneva inconstatabile.


Alexis Carrel nacque a Lione nel 1873. La sua famiglia era di commercianti benestanti. Rimasto orfano di padre, a cinque anni lasciò Lione per andare a vivere in campagna con la mamma. Tornò poi a Lione per gli studi liceali e per frequentare la Facoltà di Medicina.
Furono propri gli studi universitari a spingerlo ad abbandonare le convinzioni religiose ricevute dall’educazione familiare per abbracciare la filosofia positivista e materialista. Conservò però sempre una forte nostalgia verso le certezze della sua fanciullezza, soprattutto avvertiva l’inquietudine che gli procuravano quelle nuove convinzioni positiviste, incapaci di dare una persuasiva risposta al senso della vita e della morte.
Lui stesso, dopo la conversione, scrisse di quel periodo parlando di sé in terza persona: «Assorbito dagli studi scientifici, affascinato dallo spirito della critica tedesca, [Carrel] s’era convinto a poco a poco che al di fuori del metodo positivo, non esisteva certezza alcuna. E le sue idee religiose, distrutte dall’analisi sistematica, l’avevano abbandonato, lasciandogli il ricordo dolcissimo di un sogno delicato e bello. S’era allora rifugiato in un indulgente scetticismo (…) La ricerca delle essenze e delle cause gli sembrava vana, solo lo studio dei fenomeni, interessante. Il razionalismo soddisfaceva interamente il suo spirito; ma nel fondo del suo cuore si celava una segreta sofferenza, la sensazione di soffocare in un cerchio troppo ristretto, il bisogno insaziabile di una certezza».

LA DECISIONE DI ANDARE A LOURDES
In quegli anni, negli ambienti medici, si discuteva molto di Lourdes e dei miracoli che vi avvenivano. C’era chi ci credeva e c’era chi era profondamente scettico. Nel 1894, il famoso scrittore Emile Zola, dopo esser stato a Lourdes e pur essendo stato testimone di fatti inspiegabili, aveva scritto un libro in cui negava decisamente la veridicità delle apparizioni.
Anche Carrel, nel suo positivismo, era convinto che quelli di Lourdes fossero solo sedicenti “miracoli”, in realtà guarigioni frutto di autosuggestione. Volle però andare a constatare di persona e, nel 1902, partecipò come medico a un pellegrinaggio, occasione che gli fu offerta da un collega che aveva dovuto rinunciare all’ultimo momento. Da questo viaggio venne fuori un libro che ebbe il titolo di Viaggio a Lourdes.

L’INCONTRO CON MARIE FERRAND
Alexis Carrel era in incognito. Solo pochi conoscevano la sua identità. Voleva solo constatare e aiutare qualche malato. Nel suo scompartimento giaceva una giovane donna, Marie Ferrand (chiamata così nel libro, ma in realtà si chiamava Marie Bailly). Era gravissima: ventre gonfio, pelle lucida, costole sporgenti, addome teso da materia solide, sacca di liquido che occupava la regione ombelicale, febbre alta, gambe gonfie, cuore veloce. Si trattava di peritonite tubercolare.
Dolori tremendi! Il dottor Carrel le praticò un’iniezione di morfina. «Avete ancora i genitori?», le domandò gentile il medico. «No, sono morti di tubercolosi da alcuni anni», rispose la donna.
Dall’età di quindici anni, ella era tubercolotica. I medici che la tenevano in cura dicevano che ormai era all’ultimo stadio. Ella però, pur sentendosi alla fine, era convinta che la Vergine, a Lourdes, le avrebbe concesso qualcosa d’importante: se non la guarigione, almeno la forza per morire in pace.

IL DIALOGO CON UN AMICO CREDENTE
Arrivato a Lourdes, incontrò un suo vecchio compagno di collegio, nel suo libro-diario ne riporta solo le iniziali: A.B. Gli chiese: «“Sai se qualche malato è guarito, stamane, nelle piscine?” “No, nessuno. Però vidi un miracolo davanti alla grotta. Una suora che camminava con le stampelle arrivò, si fece una gran segno di croce, bevve l’acqua della fonte miracolosa... Subito il suo viso s’illuminò, buttò via le stampelle, corse agile alla Grotta, gettandosi in ginocchio davanti alla Vergine... Era guarita”. “La sua guarigione – fece Carrel – è un caso interessante di autosuggestione!”. “Quali sono – ribatté l’amico – le guarigioni che, se le constatassi, ti farebbero riconoscere l’esistenza del miracolo?”. “La guarigione improvvisa di una malattia organica – rispose Carrel – Una gamba tagliata che rinasce. Un cancro scomparso, una lussazione congenita che improvvisamente guarisce. Allora sì che crederei! Se mi fosse concesso di vedere un fenomeno tanto interessante, tanto nuovo, sacrificherei tutte le teorie e le ipotesi del mondo. Ma non il minimo timore di arrivare a questo...
C’è una ragazza, Marie Ferrand, presso la quale mi hanno chiamato dieci volte ed è in pericolo di vita. È tisica, ha una peritonite tubercolare all’ultimo stadio. È in uno stato pietoso. Temo che mi muoia tra le mani. Se questa ammalata guarisce, sarebbe veramente un miracolo. Io crederei a tutto e mi farei frate”».

AVVIENE L’INSPIEGABILE
Nella Sala dell’Immacolata (riservata ai malati più gravi) tutto era pronto per la funzione presso le piscine. Il dottor Carrel si avvicinò al lettino della “sua” ammalata, Marie Ferrand. La visitò rapidamente: il cuore stava per cedere, era alla fine. Il medico le praticò un’iniezione di caffeina, poi disse ai presenti senza farsi sentire dall’ammalata: «È una peritonite polmonare all’ultimo stadio. Figlia di genitori morti di tubercolosi in giovane età, è tisica dall’età di 15 anni. Può darsi che viva ancora per qualche giorno, ma è finita». Anche un altro medico confermò la diagnosi nefasta di Carrel.
Alla piscina non fu possibile immergere Marie Ferrand. Le fecero alcuni lavaggi al ventre. La portarono davanti alla Grotta. L’aspetto della donna era sempre cadaverico. Erano circa le 14.30.
Carrel osservava il volto dell’ammalata: gli parve più normale, meno livido. Gli sembrava avere un’allucinazione, continuò ad osservarla. Le contò le pulsazioni e i respiri al polso. La respirazione sembrava rallentata. Il volto di Marie Ferrand continuava a cambiare. I suoi occhi sembravano catalizzati verso la Grotta.
C’era in lei un sensibile miglioramento, non lo si poteva negare. Lo stupefacente, però, avveniva adesso: Carrel vide a poco a poco la coperta abbassarsi al livello del ventre. Il gonfiore spariva. Si sentì impallidire. Alle 15 la tumefazione era ormai scomparsa. Carrel credeva d’impazzire.
Si avvicinò alla donna, ne osservò la respirazione, guardò il collo. Il cuore batteva regolarmente. Le domandò: «Come vi sentite?». Marie rispose sottovoce: «Benissimo. Non sono molto in forze, ma sento che sono guarita».
Carrel così ha scritto, sempre parlando di se stesso in terza persona: «Il medico non parlava più; non pensava più. Il fatto inatteso era totalmente contrario a tutte le previsioni, che egli credeva di sognare… Si alzò, traversò le file serrate dei pellegrini, i quali gridavano invocazioni che egli a stento sentiva, e se ne andò. Erano circa le 16. Quel ch’era accaduto era la cosa impossibile, la cosa inattesa, il miracolo».

L’INIZIO DI UNA NUOVA VITA
Marie Ferrand, guarita, fu portata all’ospedale diretto dal dottor Boissaire, lo scienziato che difendeva la veridicità di Lourdes. Carrel tornò a visitarla e dovette constatarne la inspiegabile guarigione. Lo stesso fecero altri medici.
Marie era felice e diceva: «Andrò dalle suore di San Vincenzo, loro mi accoglieranno e io assisterò i malati». Carrel era commosso. Uscì dall’ospedale. Era ormai notte. Si recò alla Basilica e vi entrò. Scorse il suo amico A.B. e cominciarono a parlare. Mentre il medico fissava la statua dell’Immacolata, l’amico gli chiese: «Sei convinto, ora, filosofo incredulo?». Carrel si limitò a rispondere: «Una giovane moribonda è stata guarita sotto i miei occhi in pochi istanti. È una cosa meravigliosa, è un miracolo». A.B. concluse a mo’ di battuta: «Ma non è meno vero che ora sei obbligato a vestire il saio! Addio».
Carrel rimase solo e fu allora che pronunziò quelle parole che abbiamo posto all’inizio: «Vergine dolce che soccorri gli infelici, proteggimi. Io credo in Te...».
Il medico positivista, diventato credente, dedicò poi l’intera sua vita alla scienza (come abbiamo già detto, fu insignito del Nobel nel 1912) e a propagare la devozione alla Vergine di Lourdes. In tarda età fu ingiustamente accusato di collaborazionismo con il governo filonazista di Vichy. Fu un’accusa che lo prostrò molto e lo condusse, il 5 novembre 1944, ad un infarto che gli fu fatale.
A lui si deve una famosa frase che esprime bene il realismo cristiano e l’umiltà che dovrebbe contrassegnare ogni ricerca scientifica: «Poca osservazione e molto ragionamento conducono all’errore; molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità».

Fonte: Radici Cristiane n. 37 - Ago/Set 2008

Discorso del Papa al Sinodo della Famiglia 2015

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“Puoi aver difetti, essere ansioso e vivere qualche volta irritato, ma non dimenticate che la tua vita è la più grande azienda al mondo.
Solo tu puoi impedirle che vada in declino.
In molti ti apprezzano, ti ammirano e ti amano.
Mi piacerebbe che ricordassi che essere felice, non è avere un cielo senza tempeste, una strada senza incidenti stradali, lavoro senza fatica, relazioni senza delusioni.
Essere felici è trovare forza nel perdono, speranza nelle battaglie, sicurezza sul palcoscenico della paura, amore nei disaccordi.
Essere felici non è solo apprezzare il sorriso, ma anche riflettere sulla tristezza.
Non è solo celebrare i successi, ma apprendere lezioni dai fallimenti.
Non è solo sentirsi allegri con gli applausi, ma essere allegri nell’anonimato.
Essere felici è riconoscere che vale la pena vivere la vita, nonostante tutte le sfide, incomprensioni e periodi di crisi.
Essere felici non è una fatalità del destino, ma una conquista per coloro che sono in grado viaggiare dentro il proprio essere.
Essere felici è smettere di sentirsi vittima dei problemi e diventare attore della propria storia.
È attraversare deserti fuori di sé, ma essere in grado di trovare un’oasi nei recessi della nostra anima.
È ringraziare Dio ogni mattina per il miracolo della vita.
Essere felici non è avere paura dei propri sentimenti.
È saper parlare di sé.
È aver coraggio per ascoltare un “No”.
È sentirsi sicuri nel ricevere una critica, anche se ingiusta.
È baciare i figli, coccolare i genitori, vivere momenti poetici con gli amici, anche se ci feriscono.
Essere felici è lasciar vivere la creatura che vive in ognuno di noi, libera, gioiosa e semplice.
È aver la maturità per poter dire: “Mi sono sbagliato”.
È avere il coraggio di dire: “Perdonami”.
È avere la sensibilità per esprimere: “Ho bisogno di te”.
È avere la capacità di dire: “Ti amo”.
Che la tua vita diventi un giardino di opportunità per essere felice …
Che nelle tue primavere sii amante della gioia.
Che nei tuoi inverni sii amico della saggezza.
E che quando sbagli strada, inizi tutto daccapo.
Poiché così sarai più appassionato per la vita.
E scoprirai che essere felice non è avere una vita perfetta.
Ma usare le lacrime per irrigare la tolleranza.
Utilizzare le perdite per affinare la pazienza.
Utilizzare gli errori per scolpire la serenità.
Utilizzare il dolore per lapidare il piacere.
Utilizzare gli ostacoli per aprire le finestre dell’intelligenza.
Non mollare mai ….
Non rinunciare mai alle persone che ami.
Non rinunciare mai alla felicità, poiché la vita è uno spettacolo incredibile!”


sabato 24 ottobre 2015

Giacomo Poretti (attore comico del trio Aldo.Giovanni e Giacomo)- La Preghiera

                      Cos'è per me la preghiera (Giacomo Poretti)

I VIDEO DELLE LEZIONI DI SCUOLA DI CRISTIANESIMO a questo link

https://www.youtube.com/user/MECBROADCAST/videos

REGOLA DI VITA COME REGOLA DEL CUORE - 20 Settembre 2015 -Movimento Ecclesiale Carmelitano (P.Antonio Sicari)-Video


LA PREGHIERA - Come e dove pregare (Alexis Carrel)


 La preghiera

Risultati immagini per alexis carrel la preghiera A noi occidentali, la ragione sembra molto superiore all’intuizione. Noi preferiamo di gran lunga l’intelligenza al sentimento. La scienza risplende, mentre la religione si spegne. Noi seguiamo Descartes, mettendo da parte Pascal. Così, noi cerchiamo a bella prima di sviluppare in noi l’intelligenza. Quanto alle attività non intellettuali dello spirito, come il senso morale, il senso del bello e, soprattutto, il senso del sacro, esse sono quasi del tutto neglette. L’atrofia di queste attività fondamentali dell’uomo moderno essere spiritualmente cieco. Una tale infermità non gli permette di essere un buon membro costitutivo della società. Lo sfasciarsi della nostra civiltà bisogna imputarlo alle cattive qualità dell’individuo. Infatti, l’elemento spirituale si mostra così indispensabile alla riuscita della vita come quello intellettuale e materiale. Urge, quindi, risvegliare in noi le attività mentali che, assai più dell’intelligenza, danno alla personalità la sua forza. Tra queste, la più ignorata è il senso del sacro o senso religioso. Il senso del sacro si esprime soprattutto attraverso la preghiera. La preghiera è, non c’è dubbio, come il senso del sacro, un fenomeno spirituale. Ora, il mondo spirituale si trova fuori dalla portata dei nostri tecnici. Come avere, allora, una conoscenza positiva della preghiera? Il dominio della scienza comprende, per buona sorte, tutto ciò che può essere osservato. E, prendendo a intermediaria la fisiologia, può estendersi fino alle manifestazioni dello spirituale. Pertanto, attraverso l’osservazione sistematica dell’uomo che prega, noi verremo a conoscere in che cosa consista il fenomeno della preghiera.

 La sua tecnica e i suoi effetti 

La preghiera, pare che sia, essenzialmente, una tensione dello spirito verso il sostrato immateriale del mondo. In generale, essa consiste in un lamento, in un grido d’angoscia, in una domanda di soccorso. Talvolta, essa diviene una contemplazione serena del principio immanente e trascendente di tutte le cose. La si può definire, ugualmente, come una elevazione dell’anima a Dio. Come un atto di amore e di adorazione verso Colui, dal quale viene quella cosa meravigliosa che è la vita. Infatti, la preghiera rappresenta lo sforzo dell’uomo per comunicare con un Essere invisibile, Creatore di tutto ciò che esiste, suprema saggezza, forza e bellezza, padre e salvatore di ciascuno di noi. Lungi dal consistere in una semplice pronuncia di formule, la vera preghiera rappresenta uno stato mistico, durante il quale la coscienza si assorbe in Dio. Questo stato non è di natura intellettuale. Esso resta, perciò, tanto inaccessibile quanto incomprensibile ai filosofi e ai sapienti. Allo stesso modo che il senso del bello e l’amore, esso non domanda una cultura libresca. I semplici sentono Dio naturalmente, come il calore del sole o il profumo di un fiore. Ma questo Dio, così vicino a colui che sa amare, si cela a colui che sa soltanto comprendere. Il pensiero e la parola falliscono quando si tratta di descriverlo. Questo perché la preghiera trova la sua più alta espressione in un volo d’amore attraverso l’oscura notte dell’intelligenza.

Come bisogna pregare? 

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Noi abbiamo appreso la tecnica della preghiera dai mistici cristiani da San Paolo a San Benedetto, E dalla folla degli apostoli senza nome che, nel corso di 20 secoli, hanno iniziato i popoli dell’Occidente alla vita religiosa. Il Dio di Platone era inaccessibile nella sua grandezza. Quello di Epitteto si confondeva con l’anima delle cose. Jahvè era un despota orientale, che ispirava terrore, non amore. Il cristianesimo, al contrario, ha avvicinato Dio all’uomo. Gli ha dato un volto, ne ha fatto nostro padre, nostro fratello, nostro salvatore. Per giungere a Dio, non c’è più bisogno di un cerimoniale complesso, di sacrifici sanguinosi. La preghiera è divenuta facile, e la sua tecnica semplice. Per pregare, occorre solo fare lo sforzo di tendere verso Dio. Questo sforzo deve essere del cuore, non dell’intelletto. Una meditazione sulla grandezza di Dio, per esempio, non è una preghiera, se non è nello stesso tempo un’espressione di amore e di fede. E in questo modo che l’orazione, secondo il metodo di La Salle, parte da una considerazione d’ordine intellettuale per divenire immediatamente affettiva. Sia corta o lunga, sia vocale o solamente mentale, la preghiera deve essere simile ad una conversazione del figlio col padre. “Ci si presenta come si è”, diceva un giorno una piccola Suora della Carità, che da trent’anni consumava la sua vita al servizio dei poveri. Insomma, si prega come si ama, con tutto il nostro essere. Quanto alla forma della preghiera, essa varia dalla breve aspirazione verso Dio sino alla contemplazione, Dalle semplici parole pronunziate dai contadini al Calvario, all’incrocio delle strade, sino alla magnificenza del canto gregoriano sotto le volte della cattedrale. La solennità, la grandezza e la bellezza non sono necessarie all’efficacia della preghiera. Ben pochi uomini hanno saputo pregare come San Giovanni della Croce o San Benedetto di Chiaravalle. Ma non c’è bisogno d’essere eloquenti per essere esauditi. Quando si giudica del valore dell’orazione dai suoi risultati, le nostre più umili parole di supplica e di lode sembrano altrettanto accette al Signore di tutti gli esseri, che le più belle invocazioni. Alcune formule recitate macchinalmente sono in certo modo una preghiera. Così la fiamma di un cero. Basta, per ciò che queste formule inerti e questa fiamma materiale significhino, lo slancio d’un essere umano verso Dio. Si prega ugualmente col lavoro. San Luigi Gonzaga diceva che il compimento di un dovere equivale a una preghiera. La miglior maniera di comunicare con Dio è, senza dubbio, quella di compiere integralmente la sua volontà. “Padre Nostro, venga il Tuo Regno, sia fatta la Tua volontà, sulla terra come in cielo...”. E fare la volontà di Dio consiste, è chiaro, nell’obbedire alle leggi della vita quali sono scritte nei nostri tessuti, nel nostro sangue, nell’anima nostra. Le preghiere, che salgono come una grande nube dalla superficie della terra, differiscono le une dalle altre quanto è diversa la personalità degli oranti. Ma se esse consistono in variazioni sui medesimi temi: il bisogno e l’amore. È ben legittimo implorare il soccorso di Dio per ottenere ciò di cui abbiamo bisogno. Tuttavia, sarebbe assurdo domandare l’esaudimento di un capriccio o di quello che ci dobbiamo procurare con la nostra fatica. La domanda importuna, ostinata, aggressiva ottiene. Un cieco, seduto ai lati della strada, supplicava, urlando via via più forte, benché la gente lo volesse far tacere. “La tua fede ti ha guarito”, disse Gesù, che passava. Nella sua forma più elevata, la preghiera cessa di essere una petizione. L’uomo dice al Signore di tutte le cose ch’egli lo ama, che Lo ringrazia dei suoi doni, che è pronto a fare la Sua volontà, qualunque essa sia. La preghiera diventa contemplazione. Un vecchio contadino era seduto sull’ultimo banco di una chiesa deserta. “Che aspetti?”, gli si chiese. “Io Lo guardo - rispose - ed Egli mi guarda”. Il valore di una tecnica lo si misura dai suoi risultati. Ogni modo di pregare e buono, quando mette l’uomo in contatto con Dio.

 Dove, e quando pregare? 

Risultati immagini per alexis carrel la preghieraSi può pregare ovunque. Per strada, in automobile, in treno, in ufficio, a scuola, in officina. Ma si prega meglio nei campi, per le montagne e nei boschi, o nella solitudine della propria camera. Ci sono anche le preghiere liturgiche, che si recitano in chiesa. Ma qualunque sia il luogo della preghiera, Dio parla all’uomo soltanto quando costui abbia stabilito la quiete in se stesso. La calma interiore dipende, insieme, dal nostro stato organico e mentale, e dall’ambiente nel quale siamo immersi. La pace del corpo e dello spirito è difficile da ottenere nella confusione, nel rumore e nella dispersione della città moderna. C’è bisogno, oggi, di luoghi di preghiera, preferibilmente di chiese, dove i cittadini possono trovare, Anche per brevi istanti, le condizioni fisiche e fisiologiche indispensabili alla loro tranquillità interiore. Non sarà difficile, né costoso creare così delle isole di pace accoglienti e belle nel mezzo del tumulto cittadino. Nel silenzio di questi rifugi, gli uomini potrebbero, mentre elevano il loro pensiero a Dio, riposare i muscoli e gli organi, distendere lo spirito, chiarificare i giudizi, e ricevere la forza per sopportare la dura vita cui li sottopone la nostra civiltà. Quando la preghiera diventa un’abitudine, allora agisce sul carattere. Bisogna dunque pregare con frequenza. “Pensa a Dio più spesso di quanto tu respiri” diceva Epitteto. È assurdo che si preghi al mattino E si conduca il resto della giornata da barbari. Qualche brevissimo pensiero o qualche invocazione mentale possono mantenere l’uomo in presenza di Dio. Tutta la sua condotta è allora ispirata dalla preghiera. Così concepita, la preghiera diventa una maniera di vivere. La preghiera è sempre seguita da un risultato, se è fatta nelle condizioni convenienti. “Nessun uomo ha mai pregato, senza imparare qualche cosa”, scrisse R. W. Emerson. Tuttavia, la preghiera è considerata dagli uomini moderni come un’abitudine desueta, una vana superstizione, un resto di barbarie. In verità, noi ignoriamo quasi del tutto i suoi effetti. Quali sono le cause della nostra ignoranza? Per prima cosa, la rarità della preghiera. Il senso del sacro sta scomparendo nel mondo civile. È probabile che il numero degli francesi che pregano abitualmente, non sorpassi il quattro o cinque per cento della popolazione. Inoltre, la preghiera è sovente sterile. Perché la maggior parte di coloro che pregano sono degli egoisti, dei bugiardi, degli orgogliosi, dei farisei incapaci di fede e di amore. In ultimo, i suoi effetti, quando si producono, assai spesso ci sfuggono. La risposta alla nostra domanda e al nostro amore è data abitualmente in maniera lenta, insensibile, quasi inavvertibile. La piccola voce, che mormora questa risposta nel nostro intimo, è facilmente soffocata dai rumori del mondo. I risultati materiali della preghiera, così avuti, restano oscuri. Si confondono generalmente con altri fenomeni. Pochi, anche fra i preti, hanno quindi avuto la possibilità di osservazioni precise. E i medici, per mancanza di interesse, lasciano spesso passare, senza studiarli, i casi che a loro si presentano. Inoltre, gli osservatori sono spesso deviati dal fatto che la risposta è lontana dall’essere sempre quella attesa. Per esempio, uno che domanda di essere guarito da una malattia organica, resta infermo, ma subisce una profonda ed inesplicabile trasformazione morale. L’abitudine alla preghiera, benché eccezionale nell’insieme della popolazione, è tuttavia relativamente frequente nei gruppi rimasti fedeli alla religione dei padri. In questi gruppi è ancora oggi possibile studiare la sua influenza. Tra i suoi innumerevoli effetti, il medico ha soprattutto l’occasione di osservare quelli che si chiamano psico-fisiologici e curativi. La preghiera agisce sullo spirito e sui corpi in modo che sembra dipendere dalla sua qualità, dalla sua intensità dalla sua frequenza. È facile conoscere qual’é la frequenza della preghiera, e, in una certa misura, la sua intensità. Rimane ignota la sua qualità, perché noi non abbiamo il mezzo per misurare la fede che la capacità di amore del prossimo. Il modo di vivere di colui che prega ci può tuttavia illuminare sulla qualità delle invocazioni che egli eleva a Dio. Anche quando è di scarso valore e consiste, soprattutto, nella recitazione macchinale di formule, la preghiera esercita un effetto sul comportamento. Essa fortifica, insieme, il senso del sacro e il senso morale. I luoghi dove si prega si distinguono per una certa persistenza del sentimento del dovere e della responsabilità, per minori gelosie e iniquità, per qualche bontà verso il prossimo. Sembra dimostrato che, a parità di sviluppo intellettuale, il carattere e il valore morale sono più elevati negli individui che pregano, anche poco, piuttosto che in coloro che non pregano mai. Quando la preghiera è abituale e veramente fervente, la sua influenza diventa evidentissima. La si può paragonare a quella di una ghiandola a secrezione interna, come, ad esempio, la tiroide e la ghiandola surrenale. Tale influenza consiste in una specie di trasformazione mentale ed organica, questo mutamento avviene progressivamente. Si direbbe che nella profondità della coscienza si accenda una fiamma. L’uomo si vede tale quale è. Scopre il suo egoismo, la sua cupidigia, i suoi errori di giudizio, il suo orgoglio. Egli si abitua a compiere i suoi doveri morali. Tenta di guadagnare l’umiltà intellettuale. Così si apre davanti a lui il regno della grazia… A poco a poco, si produce un’appagamento interiore, un’armonia delle attività nervose e morali, una maggior resistenza nei confronti della povertà, della calunnia, delle preoccupazioni; la capacità di sopportare, senza smarrimenti, la perdita dei congiunti, il dolore, la malattia, la morte. Perciò il medico che vede l’ammalato mettersi a pregare, può rallegrarsi. La calma generata dalla preghiera è un valido aiuto alla terapeutica.
Non si deve, però, paragonare la preghiera alla morfina. Perché essa determina, assieme con la calma, un’integrazione delle attività mentali, una sorta di rifiorire della personalità, a volte l’eroismo. Segna i suoi fedeli di un sigillo particolare. La purezza dello sguardo, la fermezza della condotta e, quando è necessaria, la semplice accettazione della morte del soldato o del martire, rivelano la presenza del tesoro nascosto nel fondo degli organi e dello spirito. Sotto la sua influenza, anche gli ignoranti, i tardi di ingegno, i deboli, i diseredati dalla natura utilizzano meglio le loro forze intellettuali e morali. La preghiera sembra che sollevi gli uomini sopra la statura mentale, che a loro appartiene per eredità ed educazione. Questo contatto con Dio li impregna di pace. E la pace risplende da essi. Ed essi portano la pace, dovunque vadano. Disgraziatamente, non c’è, ora, nel mondo, che un numero minimo di uomini che sappiano pregare in modo efficace. Questi sono gli effetti curativi della preghiera che, in tutte le epoche, hanno principalmente attirato l’attenzione degli uomini. Ancor oggi, nei luoghi dove si prega, si parla assai frequentemente di guarigioni ottenute grazie delle suppliche rivolte a Dio o ai suoi santi. Ma quando si tratta di malattie suscettibili di guarigioni spontanee, od ottenute con l’aiuto delle comuni medicine, è difficile stabilire quale sia stato il vero agente del ristabilimento in salute. Solo nei casi in cui qualsiasi arte terapeutica è inapplicabile, o è fallita, noi possiamo constatare con sicurezza i risultati della preghiera. L’ufficio medico di Lourdes ha reso un gran servizio alla scienza, dimostrando la realtà di queste guarigioni. La preghiera ha talvolta un effetto, direi, esplosivo. Vi sono malati che sono stati sanati, quasi all’istante, da affezioni come lupus al viso, cancro, infezione del rene, ulcere, tubercolosi polmonare, ossea e peritoneale. Il fenomeno si produce quasi sempre nello stesso modo. Un gran dolore. Poi, la sensazione di essere guariti. In alcuni minuti, al massimo in qualche ora, i sintomi spariscono, e le lesioni anatomiche si riparano. Il miracolo è caratterizzato da una accelerazione estrema dei processi normali di guarigione. Mai una simile accelerazione e stata osservata, finora, da chirurghi e fisiologi, nel corso delle loro esperienze. Perché questi fenomeni si producano, non c’è bisogno che preghi l’ammalato. Piccoli fanciulli non ancora dotati dell’uso della parola, e adulti increduli, a Lourdes sono stati guariti. Ma, accanto a loro, qualcuno pregava. La preghiera recitata per un altro è sempre più feconda di quella fatta per se stessi. Gli effetti della preghiera sembrano dipendere dall’intensità e dalla qualità. A Lourdes in miracoli sono molto meno frequenti di quello che erano quaranta o cinquant’anni fa. Questo, perché i malati non vi trovano più quell’atmosfera di profondo raccoglimento, che un tempo vi regnava. I pellegrini sono diventati turisti, e le loro orazioni sono inefficaci. Tali sono i risultati della preghiera di cui ho sicura conoscenza. Accanto ad essi, ce n’è un’infinità d’altri. La storia dei santi, anche moderni, riferisce molti fatti meravigliosi. Non v’è dubbio, che la maggior parte dei miracoli attribuiti, per esempio, al curato d’Ars, sono realmente accaduti. Questo complesso di fenomeni ci introduce in un mondo nuovo, l’esplorazione del quale non è ancora cominciata e sarà fertile di sorprese. Quello che noi già sappiamo con sicurezza, perché la preghiera produce degli effetti tangibili per quanto strana cosa posso sembrare, noi dobbiamo considerare come una verità: che chiunque domanda riceve, e che si apre a colui che bussa. Insomma, tutto avviene come se Dio ascoltasse l’uomo e gli rispondesse. Gli effetti della preghiera non solo un’illusione. Non bisogna ridurre il senso del sacro all’angoscia provata dall’uomo davanti ai pericoli che lo circondano e al mistero dell’universo. Né fare della preghiera soltanto una pozione calmante, un rimedio contro la nostra paura della sofferenza, della malattia, della morte. Qual è, dunque, il significato del senso del sacro? E quale posto la natura stessa assegna alla preghiera, nella nostra vita? Questo posto è della massima importanza. In quasi tutte le epoche, gli uomini dell’Occidente hanno pregato. La Città antica era principalmente un’istituzione religiosa. I romani elevano templi dappertutto. I nostri avi del Medioevo coprirono di cattedrali e di cappelle gotiche il suolo della cristianità. Ancora oggi, un campanile si eleva sopra ciascun villaggio. Con le chiese, le università e le fabbriche, i pellegrini venuti dall’Europa instaurarono nel nuovo mondo la civiltà occidentale. Nel corso della nostra storia, pregare è stato un bisogno altrettanto elementare che quello di conquistare, lavorare, costruire; o di amare. Il senso del sacro, in verità, sembra essere un impulso scaturito dall’intimo della nostra natura; un’attività fondamentale. Le sue variazioni in un popolo sono quasi sempre legate a quelle di altre attività basilari: il senso morale, il carattere e talvolta il senso del bello. E noi abbiamo permesso che questa parte così importante di noi stessi si atrofizzasse e, sovente, sparisse! Occorre ricordarsi che l’uomo non può senza suo pericolo comportarsi a suo piacere. Per riuscire, bisogna che conduca una vita rispondente a regole non mutabili, che dipendono dalla sua stessa struttura. Ci mettiamo in un grave rischio, quando lasciamo morire in noi qualche attività fondamentale, sia essa d’ordine fisiologico, intellettuale o spirituale. Per esempio, il mancato sviluppo dei muscoli, dello scheletro e delle funzioni non razionali dello spirito in certi intellettuali, è disastroso come l’atrofia dell’intelligenza e del senso morale in certi atleti. Vi sono innumerevoli esempi di famiglie prolifiche e robuste, le quali non procrearono che degenerati, o si estinsero, dopo la sparizione della fede dei padri e del culto dell’onore. Noi abbiamo appreso, attraverso una dura esperienza, che la perdita del senso morale e del senso del sacro nella maggioranza degli individui attivi di una nazione conduce questa nazione alla rovina e al suo asservimento allo straniero. La caduta della Grecia antica fu preceduta da analogo fenomeno. Non c’è dubbio: la soppressione delle attività mentali volute dalla natura è incompatibile con la riuscita della vita. In pratica, le attività morali e religiose sono legate le une alle altre. Il senso morale svanisce in breve dietro il senso del sacro. L’uomo non è riuscito a costruire un sistema di morale disgiunto da ogni dottrina religiosa. Le società, dove sparisce il bisogno di pregare, non sono solitamente molto lontane dalla degenerazione. Perciò tutti gli uomini civili -increduli o credenti - devono interessarsi a questo grave problema dello sviluppo di ciascuna attività basilare di cui l’essere umano è capace. Per quale ragione il senso del sacro gioca una parte così importante nella verifica della vita? Per mezzo di quale meccanismo la preghiera agisce su di noi? Qui noi lasciamo il campo dell’osservazione, per entrare in quello dell’ipotesi. Ma l’ipotesi, anche azzardata, è necessaria per il progresso della conoscenza. Bisogna prima di ogni altra cosa ricordarsi che l’uomo è un tutto indivisibile composto di tessuti, di liquidi organici e di coscienza. Egli si crede indipendente dal suo ambiente materiale, cioè dall’universo cosmico; in realtà, egli ne è inseparabile. Perché egli è legato a questo ambiente per i suoi incessanti bisogni dell’ossigeno dell’aria e degli alimenti che la terra di fornisce. D’altra parte, il corpo vivente non è interamente compreso nel continuum fisico. È composto di spirito, oltre che di materia. E lo spirito, benché risieda nel nostro organismo, si prolunga fuori delle quattro dimensioni dello spazio del tempo. Chi ci impedisce di credere che noi abitiamo contemporaneamente il mondo cosmico e un mondo intangibile, invisibile, immateriale, di una natura simile a quella della coscienza, e di cui noi non riusciamo a fare a meno senza danno, più che dell’universo materiale, umano? Questo luogo non sarà altro che l’essere immanente in tutti gli esseri e che tutti trascende, che noi chiamiamo Dio. Si potrebbe, dunque, comparare il senso del sacro al bisogno di ossigeno. E la preghiera avrebbe qualche analogia con la funzione respiratoria. Essa dovrebbe essere, allora, considerata come l’agente delle relazioni naturali tra la coscienza e il suo mondo. Come un’attività biologica dipendente dalla nostra struttura. In altri termini, come una funzione normale del nostro corpo e del nostro spirito. Riassumendo, il senso del sacro riveste, in rapporto alle altre attività dello spirito, una importanza singolare, perché ci mette in comunicazione con la misteriosa immensità del mondo spirituale. Attraverso la preghiera, l’uomo va a Dio, e Dio entra in lui. Pregare appare come indispensabile al nostro massimo sviluppo. Noi non dobbiamo prendere la preghiera come un atto al quale si abbandonano solo i deboli di spirito, i mendicanti, o i vili. “È vergognoso pregare”, scriveva Nietzsche. In realtà, non è più vergognoso pregare che bere o respirare. L’uomo ha bisogno di Dio, come dell’acqua e dell’ossigeno. Congiunto all’intuizione, al senso morale, al senso del bello e alla luce dell’intelligenza, il senso del sacro dona alla personalità la sua piena attuazione. È indubitabile che la riuscita della vita richiede lo sviluppo integrale di ciascuna delle nostre attività fisiologiche, intellettuali, affettive e spirituali. Lo spirito è, insieme, ragione e sentimento. Dobbiamo perciò amare la bellezza della scienza, come la bellezza di Dio.

A cura di Francesco Agnoli e Giovanni Zenone

LA CONVERSIONE DI ALEXIS CARREL E UNA SUA PREGHIERA

ALEXIS CARREL scienziato premio nobel per la fisiologia e medicina

Nel 1903, quando Alexis Carrel aveva trent'anni era già uno scienziato affermato e famoso. Gli si presentò l'occasione di partire per Lourdes, con un treno d'ammalati. Accettò con entusiasmo perché, da scienziato, voleva seriamente esaminare gli ammalati, per vedere se c'erano veramente, come assicuravano i racconti di Lourdes, delle reali modificazioni: quelle che chiamavano «miracoli». Durante il viaggio di andata in treno viene affidata alle speciali cure di Alexis Carrel una giovane molto malata da otto mesi Marie Bailly:, una peritonite tubercolare l'aveva ridotta in fin di vita, tanto che si temeva che morisse in viaggio. Egli disprezzava il fanatismo dei pellegrinaggi, dei preti dall'intelligenza chiusa, addormentati nella loro fede beata. Proprio durante il viaggio, ha già avuto delle discussioni sul fenomeno Lourdes e sui miracoli. Alla fine di una di esse, parla proprio anche di Marie Bailly e così conclude: «È in uno stato drammatico, ho dovuto già farle delle iniezioni di caffeina. Temo che mi muoia tra le mani: se guarisse quest'ammalata, sarebbe veramente un miracolo. Io crederei a tutto e mi farei frate!».

Davanti alla Grotta delle apparizioni i malati, alle ore due e quaranta del pomeriggio, sono sistemati con ordine, per una istruzione accompagnata da canti e invocazioni. Alexis Carrel ha proprio davanti a sé la barella con Marie Bailly, che ha un aspetto notevolmente cambiato: i riflessi lividi sono scomparsi, è meno pallida... Le buone suore l'avevano pochi minuti prima portata per il bagno alle piscine. Però non avevano voluto immergerla; si erano limitate a farle qualche lavaggio al ventre. Ed è Alexis stesso che, in terza persona, descrive quanto avviene sotto i suoi occhi, quando Marie Bailly guarisce proprio davanti a lui: «Sotto gli occhi aveva un miglioramento, evidente e rapido, delle condizioni generali. Chino sulla balaustra, tendeva tutte le sue facoltà di attenzione su Marie Bailly, non guardando più altro che lei... Il viso di Marie continuava a modificarsi; i suoi occhi erano volti, brillanti ed estasiati, verso la Grotta.

Un miglioramento importante si era verificato... D'un tratto Carrel si sentì impallidire. Vedeva, verso la cintura, la coperta abbassarsi a poco a poco al livello del ventre. Erano appena scoccate le tre alla basilica. Dopo qualche minuto la tumefazione del ventre sembrava completamente scomparsa. "Io credo di impazzire davvero" - pensava Carrel. "Come vi sentite?" - domandò a Marie. "Benissimo, non sono molto in forze, ma sento che sono guarita!" - rispose Marie, sottovoce. Non c'era più dubbio. Lo stato di Marie Bailly migliorava Ella era già irriconoscibile. Carrel non parlava più; non pensava più. Il fatto inatteso era talmente contrario a tutte le sue previsioni, che egli credeva di sognare!... Quel che era accaduto era la cosa impossibile, la cosa inattesa, il miracolo!».

Carrel ne fu talmente sconvolto, che per poco non impazzì. La notte successiva a un fatto così inatteso e straordinario, non riusciva a prendere sonno, uscì dall'albergo e scese sull'Esplanade, dove si fermò presso la statua dell'Immacolata e lì si abbandonò a una preghiera alla Vergine, che dà la misura di ciò che era avvenuto in lui: «Vergine dolce, soccorrevole verso gli infelici, che umilmente ti invocano, soccorrimi... La mia vita è stata finora un deserto; ti prometto, il deserto fiorirà».

Carrel era un uomo libero da settarismi e ideologie atee e come un uomo che cercava la verità. Così l'evento miracoloso avvenuto sotto i suoi occhi lo portarono alla realtà del miracolo a cui aveva assistito e, infine, alla fede cattolica. Da scienziato volle rendersi conto del fatto chiamato «miracolo» e continuò le sue ricerche in chiave scientifica, da credente. Attraverso i suoi studi, grazie alla libertà e onestà di cui fu sempre geloso, arrivò al soprannaturale, che gli apparve una realtà non meno valida e operante di quella sottoposta ai suoi strumenti di ricerca.

Il 3 Novenbre 1938 (sei anni prima della morte), si rivolge così al Signore: «Nulla voglio per me, se non la vostra grazia. Ch'io sia nelle vostre mani come il fumo portato dal vento... Ogni minuto della mia vita, Signore, sia consacrato al vostro servizio. Nell'oscurità, nella quale vado brancolando, io vi cerchi senza posa. Sebbene cieco, mi sforzo di seguirvi: Signore, indicatemi la strada».

Accolse la bellezza del Vangelo, le esigenze della morale cristiana, e fu affascinato dal comandamento nuovo dell'amore dettato da Cristo che, se vissuto da tutti, creerebbe un mondo nuovo. Per Carrel «C'è una grande differenza fra Gesù di Nazareth e Newton; ed è che il precetto dell'amore reciproco, insegnato da Gesù, è una legge più importante della legge di gravitazione universale».


Mio Dio, quanto mi rammarico di non aver capito nulla della vita, di aver tentato di capire cose che era inutile capire. La vita non consiste nel capire, ma nell'amare.
Fa' mio Dio che non sia troppo tardi!
Che l'ultima pagina non sia ancora scritta.
E' stato un deserto la mia vita, perché non ti ho conosciuto.
Fa' che il deserto fiorisca. Che ogni minuto che mi resta sia consacrato a te.
Che io sia nelle tue mani come fumo portato dal vento.

Gli effetti della preghiera- Alexis Carrel da "La Preghiera"

Testo molto importante per la Scuola di Cristianesimo del MEC di quest'anno sulla preghiera

Gli effetti della preghiera


Alexis Carrel
1941
da La Preghiera
In questo testo, tratto dal suo libro La preghiera (1941), il medico e biologo francese Alexis Carrell (1873-1944), vincitore del premio Nobel per la medicina nel 1912, spiega la necessità, quasi fisiologica, che l’essere umano ha di pregare. Con l’esercizio e la costanza nel pregare l’uomo stesso “fiorisce” nella sua personalità; si producono in lui cambiamenti e atteggiamenti che lo fortificano e lo sollevano al di sopra della proprie capacità. “Non dobbiamo vedere la preghiera come un atto ai quale si affidano solo i deboli di spirito, i mendicanti, o i vigliacchi”, afferma lo scienziato. E citando la frase di Nietzsche secondo cui sarebbe vergognoso pregare, Carrel segnala che, “in realtà, pregare non è più vergognoso di quanto sia vergognoso bere o respirare. L’uomo ha bisogno di Dio come ha bisogno di acqua e di ossigeno”.




La preghiera è sempre seguita da un risultato, se è fatta in condizioni convenienti. «Nessun uomo ha mai pregato senza imparare qualche cosa», scriveva Ralph Waldo Emerson. Tuttavia la preghiera è considerata dagli uomini moderni un’abitudine caduta in disuso, una vana superstizione, un resto di barbarie.
In verità noi ignoriamo quasi completamente i suoi effetti. Quali sono le cause della nostra ignoranza? Innanzitutto, la scarsezza della preghiera. Il senso sacro è sulla via di scomparire presso gli uomini civili. È probabile che il numero dei Francesi che pregano abitualmente non oltrepassi il quattro o il cinque per cento della popolazione. In secondo luogo, la preghiera è spesso sterile. Poiché la maggior parte di coloro che pregano sono egoisti, bugiardi, orgogliosi, farisei incapaci di fede e d’amore. Infine gi effetti della preghiera, quando si producono, spesso, ci sfuggono. La risposta alle nostre domande e al nostro amore vien data abitualmente in modo lento, insensibile, quasi non udibile. La piccola voce che sussurra questa risposta nel fondo di noi stessi vien facilmente soffocata dai rumori del mondo. I risultati materiali della preghiera sono anch'essi oscuri. Si confondono generalmente con altri fenomeni. Ben pochi uomini, anche fra i sacerdoti, hanno dunque l'occasione di osservarli in modo preciso. E i medici, per deficienza di interesse, lasciano spesso passare, senza studiarli, i casi che sono alla loro portata. Inoltre, gli osservatori sono spesso sviati dal fatto che la risposta e ben lungi dall'essere sempre quella che si attendeva. Per esempio, chi domanda d'esser guarito di una malattia organica resta ammalato, ma subisce una profonda e inesplicabile trasformazione morale. Tuttavia, l’abitudine della preghiera, sebbene sia eccezionale nell'insieme della popolazione, e relativamente frequente nei gruppi rimasti fedeli alla religione degli avi. In tali gruppi è possibile ancora oggi studiare la influenza della preghiera. E, fra gli innumerevoli effetti di essa, il medico ha soprattutto l’occasione di osservare quelli che si chiamano psicofisiologici e curativi.
La preghiera agisce sullo spirito e sul corpo in un modo che sembra dipendere dalla sua qualità, dalla sua intensità, dalla sua frequenza. È facile conoscere qual è la frequenza della preghiera e, in una certa misura, la sua intensità. La sua qualità, invece, resta sconosciuta, perchè noi non abbiamo il mezzo di misurare la fede e la capacità di amore degli altri. Tuttavia, il modo di vivere di colui che prega può illuminarci sulla qualità delle invocazioni che egli innalza a Dio. La preghiera, perfino quando è di debole valore e consiste soprattutto nella recitazione macchinale di formule, esercita un effetto sulla condotta. Essa fortifica nello stesso tempo il senso sacro e il senso morale. Gli ambienti nel quali si prega sono caratterizzati da una certa persistenza del senso del dovere e della responsabilità, da una minor gelosia e malvagità, da qualche bontà nei rapporti col prossimo. Sembra dimostrato che, a parità di sviluppo intellettuale, il carattere e il valore morale sono più elevati negli individui che pregano, anche in modo mediocre, che in quelli che non pregano.
Quando la preghiera è abituale e veramente fervente, la sua influenza si fa chiarissima. Essa è in certo modo paragonabile a quella di una ghiandola secrezione interna, come la tiroide o la ghiandola surrenale, per esempio. Essa consiste in una sorta di trasformazione mentale organica. Tale trasformazione si compie progressivamente. Si direbbe che nella profondità della coscienza s’accenda una fiamma. L’uomo si vede così com’è. Scopre il suo egoismo, la sua cupidigia, i suoi errori di giudizio, il suo orgoglio; si piega all’adempimento del dovere morale; tenta di acquistare l’umiltà intellettuale. Così gli si apre dinanzi il regno della Grazia... A poco a poco si produce una pacificazione interiore, un armonia delle attività nervose e morali, una maggiore resistenza alla povertà, alla calunnia, alle preoccupazioni, la capacità di sopportare, senza accasciarsi, la perdita delle persone care, il dolore, la malattia, la morte. Così il medico, che vede un malato mettersi a pregare, può rallegrarsi. La calma generata dalla preghiera è un aiuto potente alla terapeutica.
Tuttavia la preghiera non dev’essere paragonata alla morfina. Poiché essa determina, insieme con la calma, una integrazione delle attività mentali, una specie di fioritura della personalità. Talvolta l’eroismo. Essa imprime nei suoi fedeli un sigillo particolare. La purezza dello sguardo, la tranquillità del contegno, la gioia serena dell’espressione, la virilità della condotta e, quando è necessario, la semplice accettazione della morte del soldato o del martire, rivelano la presenza del tesoro nascosto nei fondo degli organi e dello spirito. Sotto quest’influenza anche gli ignoranti, i tardi, i deboli, i poco dotati utilizzano meglio le loro forze intellettuali e morali. La preghiera — come pare — solleva gli uomini al di sopra della statura mentale loro propria per eredità o per educazione.
Questo contrasto con Dio li ricolma di pace. E pace si irradia da loro. E pace essi portano dovunque vadano. Disgraziatamente non c’è ora nel mondo che un minimo numero d’individui che sappiano realmente pregare.
Sono gli effetti curativi della preghiera che, in tutte le epoche, hanno principalmente attirato l’attenzione degli uomini. Oggi ancora, negli ambienti in cui si prega, si parla molto spesso di guarigioni ottenute per effetto di suppliche indirizzate a Dio o ai suoi Santi. Ma quando si tratta di malattie suscettibili di guarire spontaneamente o con l’ausilio delle cure ordinarie, è difficile sapere quale sia stato il reale agente della guarigione. Solo nei casi nei quali qualsiasi terapeutica è inapplicabile, o fallita, i risultati della preghiera possono essere sicuramente constatati. L’ufficio medico di Lourdes ha reso un grande servizio alla scienza dimostrando la realtà di queste guarigioni. La preghiera ha talvolta un effetto, per così dire, esplosivo. Vi sono malati che sono stati guariti quasi istantaneamente di affezioni come il lupus al viso, il cancro, le infezioni renali, le ulceri, la tubercolosi polmonare, ossea o peritoneale. Il fenomeno si produce quasi sempre nello stesso modo. Un grande dolore. Poi il senso d’esser guariti. In alcuni secondi, o tutt’al più in alcune ore, i sintomi scompaiono, e le lesioni anatomiche si rimarginano. Il miracolo è caratterizzato da una accelerazione estrema dei processi normali di guarigione. Mai una simile accelerazione è stata osservata finora nel corso delle loro esperienze dai chirurghi e dai fisiologi.
Perché questi fenomeni si producano, non c’è bisogno che preghi il malato. Bambini, ancora incapaci di parlare, e non credenti sono stati guariti a Lourdes. Ma, alloro fianco, qualcuno pregava. La preghiera fatta per altri è sempre più feconda di quella fatta per se stessi. Dall’intensità e dalla qualità sembra dipenda l’effetto della preghiera. A Lourdes, i miracoli sono molto meno frequenti di quanto fossero quaranta o cinquant’anni fa. Gli è che i malati non vi trovano più l’atmosfera di profondo raccoglimento che vi regnava un tempo. I pellegrini sono divenuti turisti e le loro preghiere sono divenute inefficaci.
Tali sono i risultati della preghiera dei quali io ho una sicura conoscenza. Accanto ad essi ce n’è una moltitudine di altri. La storia dei Santi, anche moderni, ci riferisce molti fatti meravigliosi. E non c’è dubbio che la maggior parte dei miracoli attribuiti, per esempio, al Curato d’Ars, siano veri. Quest’insieme di fenomeni ci introduce in un mondo nuovo, l’esplorazione del quale non è ancora cominciata e sarà feconda di sorprese. Quel che noi già sappiamo chiaramente è che la preghiera produce effetti tangibili. Per quanto strano ciò possa apparire, noi dobbiamo considerare vero che chi domanda riceve e che a chi batte viene aperto.

Insomma, tutto accade come se Dio ascoltasse l’uomo e gli rispondesse. Gli effetti della preghiera non sono un’illusione. Non bisogna ridurre il senso sacro all’angoscia dell’uomo davanti ai pericoli che lo circondano e davanti al mistero dell’universo. Né bisogna fare unicamente della preghiera una pozione calmante, un rimedio contro la nostra paura della sofferenza, della malattie della morte. Qual è dunque il significato del senso sacro? E quale posto assegna la natura stessa alla preghiera nella nostra vita? In realtà è un posto molto importante. In tutte le epoche gli uomini dell’Occidente hanno pregato. La Città antica era principalmente una istituzione religiosa. I Romani innalzavano templi ovunque. I nostri antenati dei Medio Evo coprivano di cattedrali e di cappelle gotiche il suolo della Cristianità. E ai nostri giorni ancora, al di sopra di ogni villaggio s’innalza un campanile. Con le chiese, come con le università e le officine, i pellegrini venuti dall’Europa instaurarono nel Nuovo Mondo la civiltà occidentale. Nel corso della nostra storia pregare è stato un bisogno elementare come quello di conquistare, di lavorare, di costruire o di amare.
In verità il senso sacro sembra essere un impulso proveniente dal più profondo della nostra natura, un’attività fondamentale. Le sue variazioni in un gruppo umano sono quasi sempre legate a quelle di altre attività basilari, il senso morale e il carattere, e talora il senso estetico. Ma proprio a questa parte tanto importante di noi stessi noi abbiamo permesso di atrofizzarsi e spesso di scomparire.
Bisogna ricordare che l’uomo non può, senza pericolo, comportarsi secondo il piacere della propria fantasia. Per riuscire, la vita dev’essere guidata da regole invariabili che dipendono dalla sua stessa struttura. Noi corriamo un grave rischio, quando lasciamo morire in noi qualche attività fondamentale, sia essa d’ordine fisiologico, intellettuale o spirituale. Per esempio, la deficienza di sviluppo dei muscoli, dello scheletro e delle attività non razionali dello spirito in certi intellettuali è disastrosa quanto l’atrofia dell’intelligenza e del senso morale in certi atleti. Ci sono innumerevoli esempi di famiglie prolifiche e forti, le quali non produssero che dei degenerati o si estinsero, dopo la scomparsa delle credenze ataviche e del culto dell’onore.
Noi abbiamo imparato, attraverso una dura esperienza, che la perdita del senso morale e dei senso sacro nella maggioranza degli elementi attivi di una nazione porta alla decadenza di essa e al suo asservimento allo straniero. La caduta della Grecia antica fu preceduta da un fenomeno analogo. È evidentissimo che la soppressione delle attività mentali volute dalla natura è incompatibile con la riuscita della vita.
In pratica, le attività morali e religiose sono legate le une alle altre. Il senso morale svanisce poco dopo il senso sacro. L’uomo non è riuscito a costruire, come voleva Socrate, un sistema di morale indipendente da ogni dottrina religiosa. Le società nelle quali scompare il bisogno di pregare generalmente non sono lontane dal processo di degenerazione. Per questo appunto tutti gli, uomini civili — increduli o credenti allo stesso modo — devono interessarsi a questo grave problema dello sviluppo di ciascuna attività basilare di cui l’essere umano è capace.
Per quale ragione il senso sacro ha una funzione molto importante nella riuscita della vita? Per mezzo di quale meccanismo la preghiera agisce su di noi? Qui noi lasciamo il dominio dell’osservazione per quello dell’ipotesi. Ma l’ipotesi, sia pure audace, è necessaria al progresso della conoscenza. Bisogna che ci ricordiamo un primo luogo che l’uomo e un tutto indivisibile, composto di tessuti, di liquidi organici e di coscienza. Esso non è dunque compreso interamente nelle quattro dimensioni dello spazio e del tempo. La coscienza, infatti, se pur risiede nei nostri organi, si prolunga nello stesso tempo al di là della continuità fisica. D’altra parte il corpo vivente, che ci sembra indipendente dal suo ambiente materiale, cioè dall’universo fisico è, in realtà, inseparabile da esso. Infatti è intimamente legato a tale ambiente dal suo bisogno incessante dell’ossigeno, dell’aria e degli elementi che la terra gli fornisce. E non ci è permesso di credere che siamo immersi in una atmosfera spirituale, della quale non possiamo fare a meno più che non possiamo fare a meno dell’universo materiale, della terra, cioè, e dell’aria? Quest’ atmosfera null’altro sarebbe che l’essere il quale è immanente in tutti gli esseri e che tutti li trascende, quello cioè che noi chiamiamo Dio. La preghiera potrebbe dunque essere considerata è come l’agente delle relazioni naturali fra la coscienza e il suo proprio ambiente. Come una attività biologica dipendente dalla nostra struttura. In altri termini come una funzione normale del nostro corpo e del nostro spirito.
Riassumendo, il senso sacro riveste, in rapporto alle altre attività dello spirito, una importanza singolare. Poiché ci mette in comunicazione con l’immensità misteriosa del mondo spirituale. Per mezzo della preghiera l’uomo va a Dio e Dio entra in lui. Pregare appare cosa indispensabile al nostro sviluppo totale. Non dobbiamo vedere la preghiera come un atto ai quale si affidano solo i deboli di spirito, i mendicanti, o i vigliacchi. «È  vergognoso pregare » scriveva Nietzsche. In realtà pregare non è più vergognoso di quanto sia vergognoso bere o respirare. L’uomo ha bisogno di Dio come ha bisogno di acqua e di ossigeno. Congiunto con l’intuizione, coi senso morale, col senso estetico e con la luce dell’intelligenza, il senso sacro fa sì che la personalità possa pienamente sbocciare. Non c’è dubbio che la riuscita della vita richieda lo sviluppo integrale di ciascuna delle nostre attività fisiologiche, intellettuali, affettive e spirituali. Lo spirito è nello stesso tempo ragione e sentimento. È necessario dunque amare la bellezza di Dio. Noi dobbiamo ascoltare Pascal con lo stesso fervore con quale ascoltiamo Cartesio.
Alexis Carrel, La Preghiera, Morcelliana, Brescia, 1986, pp. 28-44.

dal sito http://disf.org/carrel-effetti-della-preghiera

domenica 18 ottobre 2015

DAL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA: IL COMBATTIMENTO NELLA PREGHIERA


IL COMBATTIMENTO DELLA PREGHIERA
2725 La preghiera è un dono della grazia e da parte nostra una decisa risposta. Presuppone sempre uno sforzo. I grandi oranti dell'Antica Alleanza prima di Cristo, come pure la Madre di Dio e i santi con lui ce lo insegnano: la preghiera è una lotta. Contro chi? Contro noi stessi e contro le astuzie del tentatore che fa di tutto per distogliere l'uomo dalla preghiera, dall'unione con il suo Dio. Si prega come si vive, perché si vive come si prega. Se non si vuole abitualmente agire secondo lo Spirito di Cristo, non si può nemmeno abitualmente pregare nel suo nome. Il « combattimento spirituale » della vita nuova del cristiano è inseparabile dal combattimento della preghiera.
2726 Nel combattimento della preghiera dobbiamo opporci, in noi stessi e intorno a noi, ad alcuneconcezioni erronee della preghiera. Alcuni vedono in essa una semplice operazione psicologica, altri uno sforzo di concentrazione per arrivare al vuoto mentale. C'è chi la riduce ad alcune attitudini e parole rituali. Nell'inconscio di molti cristiani, pregare è un'occupazione incompatibile con tutto ciò che hanno da fare: non ne hanno il tempo. Coloro che cercano Dio mediante la preghiera si scoraggiano presto allorquando ignorano che la preghiera viene anche dallo Spirito Santo e non solo da loro.
2727 Dobbiamo anche opporci ad alcune mentalità di « questo mondo »; se non siamo vigilanti, ci contaminano, per esempio: l'affermazione secondo cui vero sarebbe soltanto ciò che è verificato dalla ragione e dalla scienza (pregare è, invece, un mistero che oltrepassa la nostra coscienza e il nostro inconscio); i valori della produzione e del rendimento (la preghiera, improduttiva, è dunque inutile); il sensualismo e le comodità, eretti a criteri del vero, del bene e del bello (la preghiera, invece, « amore della Bellezza » [N48@i"8\"], è passione per la gloria del Dio vivo e vero); per reazione contro l'attivismo, ecco la preghiera presentata come fuga dal mondo (la preghiera cristiana, invece, non è un estraniarsi dalla storia né un divorzio dalla vita).
2728 Infine la nostra lotta deve affrontare ciò che sentiamo come nostri insuccessi nella preghiera: scoraggiamento dinanzi alle nostre aridità, tristezza di non dare tutto al Signore, poiché abbiamo « molti beni », 194 delusione per non essere esauditi secondo la nostra volontà, ferita al nostro orgoglio che si ostina sulla nostra indegnità di peccatori, allergia alla gratuità della preghiera, ecc. La conclusione è sempre la stessa: perché pregare? Per vincere tali ostacoli, si deve combattere in vista di ottenere l'umiltà, la fiducia e la perseveranza.
Di fronte alle difficoltà della preghiera
2729 La difficoltà abituale della nostra preghiera è la distrazione. Può essere relativa alle parole e al loro senso, nella preghiera vocale; può invece riguardare, più profondamente, colui che preghiamo, nella preghiera vocale (liturgica o personale), nella meditazione e nella preghiera contemplativa. Andare a caccia delle distrazioni equivarrebbe a cadere nel loro tranello, mentre basta tornare al nostro cuore: una distrazione ci rivela ciò a cui siamo attaccati, e questa umile presa di coscienza davanti al Signore deve risvegliare il nostro amore preferenziale per lui, offrendogli risolutamente il nostro cuore, perché lo purifichi. Qui si situa il combattimento: nella scelta del Padrone da servire.195
2730 Positivamente, la lotta contro il nostro io possessivo e dominatore è la vigilanza, la sobrietà del cuore. Quando Gesù insiste sulla vigilanza, essa è sempre relativa a lui, alla sua venuta nell'ultimo giorno ed ogni giorno: « Oggi ». Lo Sposo viene a mezzanotte; la luce che non deve spegnersi è quella della fede: « Di te ha detto il mio cuore: "Cercate il suo volto" » (Sal 27,8).
2731 Un'altra difficoltà, specialmente per coloro che vogliono sinceramente pregare, è l'aridità. Fa parte dell'orazione nella quale il cuore è insensibile, senza gusto per i pensieri, i ricordi e i sentimenti anche spirituali. È il momento della fede pura, che rimane con Gesù nell'agonia e nella tomba. « Il chicco di grano, [...] se muore, produce molto frutto » (Gv 12,24). Se l'aridità è dovuta alla mancanza di radice, perché la parola è caduta sulla pietra, il combattimento rientra nel campo della conversione. 196
Di fronte alle tentazioni nella preghiera
2732 La tentazione più frequente, la più nascosta, è la nostra mancanza di fede. Si manifesta non tanto in una incredulità dichiarata, quanto piuttosto in una preferenza di fatto. Quando ci mettiamo a pregare, mille lavori o preoccupazioni, ritenuti urgenti, si presentano come prioritari; ancora una volta è il momento della verità del cuore e del suo amore preferenziale. Talvolta ci rivolgiamo al Signore come all'ultimo rifugio: ma ci crediamo veramente? Talvolta prendiamo il Signore come alleato, ma il cuore è ancora nella presunzione. In tutti i casi, la nostra mancanza di fede palesa che non siamo ancora nella disposizione del cuore umile: « Senza di me non potete far nulla » (Gv 15,5).
2733 Un'altra tentazione, alla quale la presunzione apre la porta, è l'accidia. Con questo termine i Padri della vita spirituale intendono una forma di depressione dovuta al rilassamento dell'ascesi, ad un venire meno della vigilanza, alla mancata custodia del cuore. « Lo spirito è pronto, ma la carne è debole » (Mt 26,41). Quanto più si cade dall'alto, tanto più ci si fa male. Lo scoraggiamento, doloroso, è l'opposto della presunzione. L'umile non si stupisce della propria miseria; essa lo conduce ad una maggior fiducia, a rimanere saldo nella costanza.
2734 La fiducia filiale è messa alla prova – e si manifesta – nella tribolazione. 197 La difficoltà principale riguarda la preghiera di domanda, nell'intercessione per sé o per gli altri. Alcuni smettono perfino di pregare perché, pensano, la loro supplica non è esaudita. Qui si pongono due interrogativi: Perché riteniamo che la nostra domanda non sia stata esaudita? In che modo la nostra preghiera è esaudita, è « efficace »?
Perché lamentarci di non essere esauditi?
2735 Una constatazione dovrebbe innanzi tutto sorprenderci. Quando lodiamo Dio o gli rendiamo grazie per i suoi benefici in generale, noi non ci preoccupiamo affatto di sapere se la nostra preghiera gli è gradita. Invece abbiamo la pretesa di vedere il risultato della nostra domanda. Qual è, dunque, l'immagine di Dio che motiva la nostra preghiera: un mezzo di cui servirci oppure il Padre del Signore nostro Gesù Cristo?
2736 Siamo convinti che « nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare » (Rm 8,26)? Chiediamo a Dio « i beni convenienti »? Il Padre nostro sa di quali cose abbiamo bisogno, prima che gliele chiediamo, 198 ma aspetta la nostra domanda perché la dignità dei suoi figli sta nella loro libertà. Pertanto è necessario pregare con il suo Spirito di libertà, per poter veramente conoscere il suo desiderio. 199
2737 « Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri » (Gc 4,2-3). 200 Se noi chiediamo con un cuore diviso, « adultero », 201 Dio non ci può esaudire, perché egli vuole il nostro bene, la nostra vita. « O forse pensate che la Scrittura dichiari invano: "Fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi"? » (Gc 4,5). Il nostro Dio è « geloso » di noi, e questo è il segno della verità del suo amore. Entriamo nel desiderio del suo Spirito e saremo esauditi:
« Non rammaricarti se non ricevi subito da Dio ciò che gli chiedi; egli vuole beneficarti molto di più, per la tua perseveranza nel rimanere con lui nella preghiera ». 202
Egli vuole « che nella preghiera si eserciti il nostro desiderio, in modo che diventiamo capaci di ricevere ciò che egli è pronto a darci ». 203
In che modo la nostra preghiera è efficace?
2738 La rivelazione della preghiera nell'Economia della salvezza ci insegna che la fede si appoggia sull'azione di Dio nella storia. La fiducia filiale è suscitata dall'azione di Dio per eccellenza: la passione e la risurrezione del Figlio suo. La preghiera cristiana è cooperazione alla provvidenza di Dio, al suo disegno di amore per gli uomini.
2739 In san Paolo questa fiducia è audace, 204 fondata sulla preghiera dello Spirito in noi e sull'amore fedele del Padre che ci ha donato il suo unico Figlio. 205 La trasformazione del cuore che prega è la prima risposta alla nostra domanda.
2740 La preghiera di Gesù fa della preghiera cristiana una domanda efficace. Egli ne è il modello, egli prega in noi e con noi. Poiché il cuore del Figlio non cerca se non ciò che piace al Padre, come il cuore dei figli di adozione potrebbe attaccarsi ai doni piuttosto che al Donatore?
2741 Gesù prega anche per noi, al nostro posto e in nostro favore. Tutte le nostre domande sono state raccolte una volta per sempre nel suo grido sulla croce ed esaudite dal Padre nella sua risurrezione, ed è per questo che egli non cessa di intercedere per noi presso il Padre. 206 Se la nostra preghiera è risolutamente unita a quella di Gesù, nella fiducia e nell'audacia filiale, noi otteniamo tutto ciò che chiediamo nel suo nome; ben più di questa o quella cosa: lo stesso Spirito Santo, che comprende tutti i doni.
2742 « Pregate incessantemente » (1 Ts 5,17), « rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre nel nome del Signore nostro Gesù Cristo » (Ef 5,20); « pregate incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi » (Ef 6,18). « Non ci è stato comandato di lavorare, di vegliare e di digiunare continuamente, mentre la preghiera incessante è una legge per noi ». 207 Questo ardore instancabile non può venire che dall'amore. Contro la nostra pesantezza e la nostra pigrizia il combattimento della preghiera è il combattimento dell'amore umile, confidente, perseverante. Questo amore apre i nostri cuori su tre evidenze di fede, luminose e vivificanti.
2743 Pregare è sempre possibile: il tempo del cristiano è il tempo di Cristo risorto, che è con noi « tutti i giorni » (Mt 28,20), quali che siano le tempeste. 208 Il nostro tempo è nelle mani di Dio:
« È possibile, anche al mercato o durante una passeggiata solitaria, fare una frequente e fervorosa preghiera. È possibile pure nel vostro negozio, sia mentre comperate sia mentre vendete, o anche mentre cucinate ». 209
2744 Pregare è una necessità vitale. La prova contraria non è meno convincente: se non ci lasciamo guidare dallo Spirito, ricadiamo sotto la schiavitù del peccato. 210 Come può lo Spirito Santo essere la « nostra vita », se il nostro cuore è lontano da lui?
« Niente vale quanto la preghiera; essa rende possibile ciò che è impossibile, facile ciò che è difficile. [...] È impossibile che cada in peccato l'uomo che prega ». 211
« Chi prega, certamente si salva; chi non prega certamente si danna ». 212
2745 Preghiera e vita cristiana sono inseparabili, perché si tratta del medesimo amore e della medesima abnegazione che scaturisce dall'amore. La medesima conformità filiale e piena d'amore al disegno d'amore del Padre. La medesima unione trasformante nello Spirito Santo, che sempre più ci configura a Cristo Gesù. Il medesimo amore per tutti gli uomini, quell'amore con cui Gesù ci ha amati. « Tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome ve lo concederà. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri » (Gv 15,16-17).
« Prega incessantemente colui che unisce la preghiera alle opere e le opere alla preghiera. Soltanto così possiamo ritenere realizzabile il principio di pregare incessantemente ». 213
2746 Quando la sua Ora è giunta, Gesù prega il Padre. 214 La sua preghiera, la più lunga trasmessaci dal Vangelo, abbraccia tutta l'Economia della creazione e della salvezza, come anche la sua morte e la sua risurrezione. La preghiera dell'Ora di Gesù rimane sempre la sua preghiera, così come la sua pasqua, avvenuta « una volta per tutte », resta presente nella liturgia della sua Chiesa.
2747 La tradizione cristiana a ragione la definisce la « preghiera sacerdotale » di Gesù. È quella del nostro Sommo Sacerdote, è inseparabile dal suo sacrificio, dal suo passaggio (« pasqua ») al Padre, dove egli è interamente « consacrato » al Padre. 215
2748 In questa preghiera pasquale, sacrificale, tutto è « ricapitolato » in lui: 216 Dio e il mondo, il Verbo e la carne, la vita eterna e il tempo, l'amore che si consegna e il peccato che lo tradisce, i discepoli presenti e quelli che per la loro parola crederanno in lui, l'annientamento e la gloria. È la preghiera dell'Unità.
2749 Gesù ha portato a pieno compimento l'opera del Padre, e la sua preghiera, come il suo sacrificio, si estende fino alla consumazione dei tempi. La preghiera dell'Ora riempie gli ultimi tempi e li porta verso la loro consumazione. Gesù, il Figlio al quale il Padre ha dato tutto, si consegna interamente al Padre, e, al tempo stesso, si esprime con una libertà sovrana 217 per il potere che il Padre gli ha dato sopra ogni essere umano. Il Figlio, che si è fatto Servo, è il Signore, il A"<J@iDVJTD. Il nostro Sommo Sacerdote che prega per noi è anche colui che prega in noi e il Dio che ci esaudisce.
2750 È entrando nel santo nome del Signore Gesù che noi possiamo accogliere, dall'interno, la preghiera che egli ci insegna: « Padre nostro! ». La sua « preghiera sacerdotale » ispira, dall'interno, le grandi domande del « Pater »: la sollecitudine per il nome del Padre, 218 la passione per il suo Regno (la gloria 219), il compimento della volontà del Padre, del suo disegno di salvezza 220 e la liberazione dal male. 221
2751 Infine è in questa preghiera che Gesù ci rivela e ci dona la « conoscenza » indissociabile del Padre e del Figlio, 222 che è il mistero stesso della vita di preghiera.
2752 La preghiera suppone uno sforzo e una lotta contro noi stessi e contro le insidie del tentatore. Il combattimento della preghiera è inseparabile dal « combattimento spirituale »,necessario per agire abitualmente secondo lo Spirito di Cristo: si prega come si vive, perché si vive come si prega.
2753 Nel combattimento della preghiera dobbiamo affrontare concezioni erronee, varie mentalità diffuse, l'esperienza dei nostri insuccessi. A queste tentazioni, che inducono a dubitare dell'utilità e perfino della possibilità della preghiera, occorre rispondere con l'umiltà, la fiducia e la perseveranza.
2754 Le principali difficoltà nell'esercizio della preghiera sono la distrazione e l'aridità. Il rimedio si trova nella fede, nella conversione e nella custodia del cuore.
2755 Due tentazioni frequenti minacciano la preghiera: la mancanza di fede e l'accidia, che è una forma di depressione, dovuta al rilassamento dell'ascesi, e che porta allo scoraggiamento.
2756 La fiducia filiale viene messa alla prova quando abbiamo la sensazione di non essere sempre esauditi. Il Vangelo ci invita a interrogarci sulla conformità della nostra preghiera al desiderio dello Spirito.
2757 « Pregate incessantemente » (1 Ts 5,17). È sempre possibile pregare. Anzi, è una necessità vitale. Preghiera e vita cristiana sono inseparabili.
2758 La preghiera dell'Ora di Gesù, detta a ragione « preghiera sacerdotale », 223 ricapitola l'intera Economia della creazione e della salvezza. Essa ispira le grandi petizioni del « Padre nostro ».