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Composta di ottantadue pagine divise in quattro capitoli, oltre alla prefazione, firmata, in latino di suo pugno, da Franciscus il 29 giugno, solennità dei Santi Pietro e Paolo, l’enciclica inizia così: «La luce della fede con quest’espressione la tradizione della Chiesa ha indicato il grande dono portato da Gesù». «Quando manca la luce – continua papa Francesco – tutto diventa confuso, è impossibile distinguere il bene dal male».
Si sofferma a lungo, Papa Francesco, sul concetto di idolatria. «Invece della fede in Dio si preferisce adorare l’idolo, il cui volto si può fissare, la cui origine è nota perché fatto da noi». Per il Pontefice, «l’idolo è un pretesto per porre se stessi al centro della realtà, nell’adorazione dell’opera delle proprie mani». Ma la fede «è l’opposto dell’idolatria, è separazione dagli idoli».
LA FEDE VA GIOCATA IN OGNI AMBITO. Il cuore della Lumen Fidei è la testimonianza della fede nella società, in ogni ambito, «senza vergognarsi». «Una verità comune ci fa paura – scrive Bergoglio – perché la identifichiamo con l’imposizione intransigente dei totalitarismi». Ma «se la verità è la verità dell’amore, allora resta liberata dalla chiusura nel singolo e può fare parte del bene comune» e soprattutto «non si impone con la violenza» e dunque «non è verità che schiaccia il singolo». «Nell’unità con la fede e la carità – conclude il Papa – la speranza ci proietta verso un futuro certo, che si colloca in una prospettiva diversa rispetto alle proposte illusorie degli idoli del mondo, ma che dona nuovo slancio e nuova forza al vivere quotidiano. Non facciamoci rubare la speranza, non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino».
L’ultimo paragrafo è dedicato a Maria, alla quale il Papa argentino si rivolge in preghiera, affidandole il suo primo lavoro, che – anche se «ereditato» da Ratzinger – firma da solo.
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