(da meditare durante l'estate...)
Karol Wojtila sul lavoro con lo scapolare del Carmelo |
Uscire da noi stessi: uscire da noi stessi. Uscire dalle nostre comunità per andare lì, dove gli uomini e le donne vivono, lavorano e soffrono e annunciare loro la misericordia del Padre che si è fatta conoscere agli uomini in Gesù Cristo di Nazareth. Annunciare questa grazia che ci è stata regalata di Gesù. Se ai sacerdoti ho chiesto, Giovedì Santo, di essere pastori con l’odore delle pecore, a voi, cari fratelli e sorelle, dico: siate ovunque portatori della Parola di vita nei nostri quartieri, nei luoghi di lavoro e dovunque le persone si ritrovino e sviluppino relazioni. Voi dovete andare fuori. Io non capisco le comunità cristiane che sono chiuse in parrocchia […]….....E quando una comunità è chiusa, sempre tra le stesse persone che parlano, e così, questa comunità non è una comunità che dà vita. E’ una comunità sterile, non è feconda.......[…]
“Ma, non è facile. E dobbiamo dirci la verità: il lavoro di evangelizzare, di portare avanti la grazia gratuitamente non è facile. Perché non siamo noi soli con Gesù Cristo. Anche c’è un avversario, un nemico che vuole tenere gli uomini separati da Dio. . […] Dobbiamo prepararci alla lotta spirituale. E questo è importante. Non si può predicare il Vangelo senza questa lotta spirituale: una lotta di tutti i giorni contro la tristezza, contro l’amarezza, contro il pessimismo … una lotta di tutti i giorni. Seminare non è facile: è più bello raccogliere. Ma seminare non è facile, e questa è la lotta di tutti i giorni dei cristiani. […] Ma questo è lavoro: questo è lavoro. Questo si chiama – non vi spaventate – si chiama martirio: il martirio è questo. Fare la lotta, tutti i giorni, per testimoniare. Questo è martirio. E ad alcuni il Signore chiede il martirio della vita. Ma c’è il martirio di tutti i giorni, di tutte le ore: la testimonianza contro lo spirito del male che non vuole che noi siamo evangelizzatori”. (Papa Francesco)
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