Racconta l'evangelista Giovanni. Gesù giunse ad  una città della Samaria chiamata Sicar, vicino al terreno che Giacobbe  aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù,  stanco del viaggio sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò  intanto una donna di Samaria per attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi  da bere". (Gesù era rimasto solo) perché i suoi discepoli erano andati  in città a fare provvista di cibi. La Samaritana rifiuta di offrire  l'acqua a Gesù, "perché i Giudei non mantenevano buone relazioni con i  Samaritani".   Gesù non si scompone, ma rilancia una  incredibile offerta: "Se tu conoscessi il dono di Dio e colui che ti  dice: "Dammi da bere!" Tu stessa gliene avresti chiesta ed egli ti  avrebbe dato acqua viva". E la donna, ancora rinchiusa nella sua  mentalità tutta terra-terra, osserva, non si sa se con un velo di  curiosità: "Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è  profondo: da dove dunque hai quest'acqua viva?...Gesù rispose: "Chiunque  beve di questa acqua del pozzo avrà ancora sete, ma chi beve dell'acqua  che io gli darò non avrà più sete; anzi l'acqua che io gli darò  diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna". E  la risposta generosa della donna è :"Signore, dammi di quest'acqua perché  non abbia più sete, e non continui a venire ad attingere di quest'acqua"  (Gv. 4,5-42).
 E' giusto sottolineare alcuni aspetti che colpiscono ed aprano veramente  occhi e cuore sul modo con cui Dio si avvicina all'uomo: ossia a  ciascuno di noi. Anzitutto l'incontro. Pare quasi casuale, normale, che  Gesù si faccia trovare a mezzogiorno presso un pozzo, che può offrire  solo acqua ed a cui tutti vanno per spegnere la sete. Acqua da pozzo. Ha  tutta l'aria della normalità che quella donna vada a mezzogiorno ad  attingere acqua allo stesso pozzo. E così Gesù, il Cristo, Colui che  davvero poteva guardare nel fondo degli occhi il vuoto dell'anima di  chiunque e riempirlo di amore, si trova di fronte ad una donna diremmo  noi, casualmente. Il discorso va subito alla sostanza, ossia al perché  del trovarsi lì: bisogno di acqua. La donna può offrire l'acqua del  pozzo, quella che toglie la sete. E Dio solo sa come sia necessaria  l'acqua all'uomo. Facile morire assetati: avviene ancora oggi in tante  parti del mondo ed è un pericolo che incombe su tanta parte della  umanità. Davanti al rifiuto, Gesù scopre le sue carte e subito fa  generosa offerta, inaspettata offerta dell'acqua di Dio: quell'acqua per  la vita del cuore che solo Dio sa dare in maniera traboccante, fino a  divenire sorgente per chi ne fosse privo. La donna neppure interroga  Gesù di che natura è quest'acqua, che Gesù offre. Chiede che le sia data  subito. E inizia così il discorso di una conversione di vita: ossia del  passare dal saziarsi di acqua di pozzo, al vivere di sorgente di vita. E  la donna alla fine si fa conquistare fino a comunicare alla città della  sua scoperta. 
Riflettiamo bene su questo evento. Noi uomini quasi ci distinguiamo per la grande sete che abbiamo: ma il più delle volte è sete che non fa bene: sete di ricchezza, sete di piaceri, sete di tante cose che sono acqua da cisterne avvelenate. E' sete che ci fa morire. Poche volte sulle nostre labbra o dal nostro cuore esce la preghiera del salmista: "L'anima mia ha sete di te, mio Dio!" E si ha come l'impressione che non ci sia tra noi chi sappia davvero darci quell'acqua viva, quella di cui parla Gesù alla donna. Un'acqua che gli uomini di fede sanno attingere dalla Parola di Dio, dalla preghiera, da una vita vissuta sulla misura della ricerca della santità. Abbiamo bisogno anche noi di trovare sul nostro cammino Gesù, che si fa incontro nei modi più impensati, sempre nella apparente normalità della vita per "dissetarci". E Lui, quando meno lo pensiamo, si fa incontrare. Sono tante le occasioni, credetemi, in cui anche per noi c'è "un pozzo" presso cui è fermo Dio ad attenderci. Perché ci vuole bene e vuole che abbandoniamo i pozzi avvelenati ed accettiamo il suo amore. Sarebbe finalmente l'evento, l'incontro, che ci fa uscire dal nostro camminare a vuoto, come spenti alla vita che invece è davvero una sorgente che zampilla speranza, gioia.
Come lo è per tantissimi ancora  oggi. (Mons. Antonio Riboldi)
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