"L’avvenimento non identifica soltanto qualcosa che è accaduto e con cui tutto è iniziato, ma ciò che desta il presente, definisce il presente, dà contenuto al presente, rende possibile il presente. Ciò che si sa o ciò che si ha diventa esperienza se quello che si sa o si ha è qualcosa che ci viene dato adesso:
c’è una mano che ce lo porge ora, c’è un volto che viene avanti ora, c’è del sangue che scorre ora, c’è una risurrezione che avviene ora.
Fuori di questo “ora” non c’è niente!
Il nostro io non può essere mosso, commosso [fino ad essere affascinato], cioè cambiato, se non da una contemporaneità: un avvenimento.
Cristo è qualcosa che mi sta accadendo"
Se facciamo il paragone tra il modo in cui tante volte parliamo del cristianesimo e questa descrizione che ne dà don Giussani, possiamo misurare la lontananza che provoca in noi il fatto di darlo per scontato, come un già saputo, e possiamo vedere quanto siamo inconsapevoli della riduzione che operiamo facendo così.
«Allora, perché quello che sappiamo - Cristo, tutto il discorso su Cristo - sia esperienza, occorre che sia un presente che ci provoca e percuote: è un presente come per Andrea e per Giovanni è stato un presente.
Il cristianesimo, Cristo, è esattamente quello che fu per Andrea e Giovanni quando gli andavano dietro; immaginate quando si voltò, e come furono colpiti! E quando andarono a casa sua…
È sempre così fino adesso, fino in questo momento!»
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