venerdì 8 maggio 2015

Bruxelles: l’esperienza della carità nel Movimento Ecclesiale Carmelitano


samaritanoCari amici, con questo racconto che vi proponiamo vorremmo descrivervi qualcosa di ciò che stiamo vivendo di questi tempi a Bruxelles, in particolare attraverso il coinvolgimento dei più giovani (14-19 anni). 
Lo facciamo, perciò, lasciando la parola ad alcuni di noi che, a nome di tutti, porteranno la loro testimonianza su alcune esperienze di carità vissute insieme. E vale la pena di dire che per noi poter dire “insieme” è già qualcosa di grande, se pensate alla composizione multietnica e multiculturale del nostro gruppo: sei ruandesi, due congolesi, uno dal Burundi, un’italiana; e in più l’équipe di educatori, formata da un italiano, una ragazza dalla Costa d’Avorio e una belga.Le esperienze che abbiamo vissuto di recente sono state di caritativa e preghiera (il 7 ottobre), attraverso il servizio alla mensa dei poveri delle suore di Madre Teresa (le Suore Missionarie della Carità) e un momento di educazione alla preghiera (anche grazie a testi di santa Teresa di Gesù Bambino e della stessa Madre Teresa di Calcutta). 
Un secondo appuntamento (il 22 ottobre) ha tenuto insieme le dimensioni del lavoro e della carità, attraverso l’aiuto prestato a un’associazione (“Les compagneurs dépanneurs”, che significa “I compagni soccorritori”), che si rende disponibile a fornire “manodopera” per pulire e ridipingerere le case di persone povere. Anche il lavoro manuale è così messo a servizio della carità che vogliamo donare e dell’amicizia che desideriamo costruire. 
 
L’esperienza della carità Bruxelles è conosciuta per essere la “capitale” d’Europa. Certamente vi si trovano delle ricchezze culturali e i suoi abitanti beneficiano, secondo diverse indagini, di una qualità di vita invidiabile rispetto ad altre città. Ma tra ciò che Bruxelles ha in comune con altre grandi città, è quella  grande parte di popolazione meno fortunata che vive situazioni di reale povertà. In questo contesto noi, giovani del MEC di Bruxelles, con l’aiuto dei padri Carmelitani, andiamo regolarmente  a prestare il nostro aiuto e a condividere un momento di fraternità con queste persone bisognose.
Le suore di madre Teresa hanno la loro casa e svolgono il loro servizio in un quartiere sud di Bruxelles.
Arrivati da loro, abbiamo cominciato come d’abitudine con un momento di preghiera, di canti, d’insegnamento e di adorazione nella cappella delle suore. Durante questo momento, una parte del gruppo già cominciava il servizio nel refettorio, al piano di sotto. Le suore, infatti, distribuiscono tutti i giorni un pasto caldo ai senza fissa dimora: dopo la lettura del vangelo del giorno e una piccola riflessione sulla parola di Dio appena ascoltata, il servizio comincia coinvolgendo tutti. Si passa di tavola in tavola con le vivande, cercando di fare attenzione che non manchi niente agli ospiti.
Ma non è sempre scontato poter lavorare in questo modo, perché non tutte le persone accettano di lasciarsi servire e a volte il contatto con loro è molto freddo. Questa attività ci permette però di vivere concretamente la nostra fede, condivisa con gli altri membri del gruppo Eliseo (il cammino formativo per bambini e giovani del MEC di Bruxelles) ed è per noi molto importante trovare delle occasioni per sperimentare la forza della carità nel grembo della Chiesa; poter vivere questo in un “gruppo” di giovani credenti aggiunge una sensibilità in più, quella di “aiutare” insieme Cristo presente nei suoi poveri, con la certezza che così possiamo crescere e avvicinarci di più a Lui. Vale il principio per cui un credente che “resta da solo” è già “morto”, come in anticipo. Al contrario, ognuno di noi vuole “esistere” anche grazie agli altri membri della sua comunità, con i quali condivide la sua stessa fede. Questa attività, ma anche altre come quella con i “Compagneurs Dépanneurs”, fanno sì che il nostro gruppo si rafforzi nell’attenzione reciproca e in vista della realizzazione di un progetto comune, nel nome di Cristo e dei fratelli.
Preghiera e carità
Visitare le Suore Missionarie della Carità, proprio nel giorno in cui festeggiavano la loro patrona, la Madonna del Rosario (7 ottobre), è stato dunque per noi un momento speciale, che ci ha anche permesso di entrare in comunione con il carisma di Madre Teresa. Questa Santa aveva capito, infatti, che la carità senza la preghiera non può raggiungere il suo scopo, quello di portare in mezzo alla miseria l’amore di Cristo Salvatore. Per toccare il cuore delle persone provate per le difficoltà della vita, abituate alla violenza e all’indifferenza, occorre abbassarsi davanti a loro, servirle umilmente, come Gesù quando ha lavato i piedi ai suoi discepoli. Ci tornavano così in mente le parole di Gesù alla samaritana: “Se tu conoscessi il dono di Dio…” (Gv 4,10). Noi eravamo là, infatti, per testimoniare la verità del dono di Dio, pregando il Signore di “trasparire” Lui stesso nelle nostre mani, nei nostri sorrisi, nei nostri gesti.
Ma questi incontri ci permettono anche di conoscere alcuni che sono già rivolti verso il Signore e possono insegnarci a loro volta qualcosa: messi ai margini dalla società, hanno accolto con gioia e gratitudine il Vangelo e non hanno paura di vivere l’amore di Dio con semplicità.
Così, alla fine della giornata passata insieme, abbiamo pregato i Vespri nel giardino della casa delle suore. Sicuramente quest’esperienza ha toccato il cuore di ciascuno in maniera diversa e per questo può costituire l’inizio di una storia più lunga, quella che unisce le strade personali di ognuno, quelle strade che solo Dio conosce.
Rendere felice un altro
Queste esperienze ci danno insomma tanta gioia, perché ci consentono di aiutare alcuni dei nostri fratelli. Aiutare le suore a far mangiare chi altrimenti non potrebbe, rendere felice qualcuno anche solo per un pasto caldo, tutto questo rende felici anche noi. Inoltre, queste esperienze ci fanno lavorare insieme, e questo per noi giovani è sempre più importante. Così, anche se a volte è dura alzarsi presto la mattina, per poi andare a servire, alla fine della giornata sappiamo che quello piccolo sforzo… è per la felicità di tanti!
La carità è una missione
Per vivere la carità, infine, si può diventare anche “pittori” (ma sarebbe meglio dire imbianchini!); anche questo può aiutare una famiglia povera. P. Ermanno può allora raccontarvi com’è andata l’ultima volta.
«Arriviamo al terzo piano di un grande edificio, con i corridoi stretti e decine di porte che si aprono su diversi appartamenti. Una porta si apre e ci permette di entrare nell’abitazione di questa famiglia numerosa: papà, mamma e sei figli (dai 14 ai 3 anni). Le dimensioni di questa casa le scopriamo a poco a poco, dipingendo le stanze una dopo l’altra e verniciando porta dopo porta. Ecco davanti a noi la “cameretta” delle due figlie più grandi, poi le “stanzette” dei fratelli che dormono nei letti a castello; il cucinino è qui dietro, mentre non si vede la camera dei genitori… Forse è proprio il grande salone, con il tavolo da pranzo e la televisione, e dove il divano fa da letto? L’appartamento certo non è grande abbastanza per otto persone, e in più oggi ci siamo noi, otto “operai” al lavoro… Cerchiamo intanto di fare un po’ di conoscenza prima di cominciare il lavoro, di presentarci… Così con un ragazzo di circa 13/14 anni inizia un breve dialogo. Forse mi vede più “grande” tra tutti quei giovani e allora mi chiede:
“Voi siete un pittore?”
“No, sono un prete? Sono qui per aiutare come gli altri. E tu, come ti chiami?”
“Jourdain [Giordano]”
“Sei anche tu di questa famiglia?”
“No, sono un cugino. Sono qui per far visita alla zia.”
Cerchiamo di conoscere anche i nomi di tutti gli altri. Ma questa breve presentazione aprirà la porta a un altro dialogo, alla fine della giornata, quando ci ritroveremo in cucina per lavarci le mani piene di vernice. Jourdain e suo cugino stanno parlando dei compiti da fare per la scuola e in particolare per l’ora di religione (qui prevista nelle scuole assai più raramente che in Italia). Chiedo allora:
“Che cosa state “studiando” di religione?”
“Parliamo di Gesù e dei suoi discepoli”.
“E ti piace ciò che impari?”
“Quando il professore di religione ci parla di Gesù sono molto interessato. Tu mi hai detto che sei un prete?”
“Sì.”
“Beh, sai, mia madre non crede in Dio. Ma io ci credo. Però non sono battezzato.”
“Un giorno, se vorrai, tu potrai essere battezzato e diventare cristiano.”
“Perché, non sono cristiano ora? Che cosa sono allora?”
“Sei un uomo e Dio vuole entrare in comunione con ogni uomo. Se continui a desiderare di conoscere Gesù, un giorno potrai ricevere il Battesimo.”
Gli parlo allora di cosa facciamo con i giovani, gli dico che sono un carmelitano e gli do il mio indirizzo mentre stiamo finendo di pulire i pennelli. Nei giorni successivi mi è capitato di pensare che tutto accade proprio come nel vangelo, come quando quella povera donna bussa con tanta insistenza alla porta del giudice per ottenere giustizia! Ma Dio è molto più pronto di un giudice a fare giustizia a coloro che gridano verso di lui!
 Arriveranno giorni (ma forse sono già i nostri) in cui tanta gente busserà con insistenza alla porta della Chiesa (dei cristiani!) per chiedere il dono di Dio e di Gesù Cristo: saremo pronti ad aprire la porta di casa come Dio desidera? Certo, il desiderio di tanti dovrà maturare, perché ancora timido e confuso, ma con la grazia di Dio e con il tempo potrà diventare un vero desiderio di Dio e di Cristo. Se anche noi saremo collaboratori di Dio e amici di Cristo, pronti a “essere” carità, umile e forte, verso tutti.
Dialoghi Carmelitani, dicembre 2007

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