lunedì 28 luglio 2014

Papa Francesco saluta il Movimento Ecclesiale Carmelitano il 25 Giugno in Piazza S. Pietro

Il momento in cui Papa Francesco saluta il Movimento Ecclesiale Carmelitano in Piazza S. Pietro (eravamo in 1200)
La risposta al saluto

Siamo veramente in tanti...

Un foulard UNICO...


I saluti  si protraggono...perchè ....CI HA CHIAMATI AMICI....

Intervista ad Andreina

Intervista ad uno dei suoi figli

Intervista a Michelangelo

Padre Agostino e Renata e....tanti amici..


Beppe  in piedi mentre cantiamo Mater Amabilis

Un bel gruppo .......soprattutto di giovani...e sorridenti....

domenica 27 luglio 2014

Papa Francesco ai sacerdoti di Caserta : " Si può essere creativi cristianamente solo se contemplativi..."Dialogo e ...arrabbiature..."

D..La domanda che Le pongo: come è possibile in questa società, con una Chiesa che si auspica di crescita e di sviluppo, in questa società in una evoluzione dinamica e conflittuale e molto spesso lontana dai valori del Vangelo di Cristo, noi siamo una Chiesa molto spesso in ritardo. La Sua rivoluzione linguistica, semantica, culturale, di testimonianza evangelica sta suscitando nelle coscienze certamente una crisi esistenziale per noi sacerdoti. Come Lei suggerisce a noi delle vie, fantasiose e creative, per superare o quanto meno per attutire questa crisi che noi avvertiamo? Grazie.
 
R. (Santo Padre)
Ecco. Come è possibile, con la Chiesa in crescita e sviluppo, andare avanti? Lei diceva alcune cose: equilibrio, apertura dialogica… Ma, come è possibile andare? Lei ha detto una parola che mi piace tanto: è una parola divina, se è umana è perché è un dono di Dio: creatività. E’ il comandamento che Dio ha dato ad Adamo: “Va e fa crescere la Terra. Sii creativo”. È anche il comandamento che Gesù ha dato ai suoi, mediante lo Spirito Santo, per esempio la creatività della prima Chiesa nei rapporti con l’ebraismo: Paolo è stato un creativo; Pietro, quel giorno quando è andato da Cornelio, aveva una paura di quelle, perché stava facendo una cosa nuova, una cosa creativa. Ma lui è andato là. Creatività è la parola. E come si può trovare questa creatività? Prima di tutto – e questa è la condizione se noi vogliamo essere creativi nello Spirito, cioè nello Spirito del Signore Gesù – non c’è altra strada che la preghiera. Un Vescovo che non prega, un prete che non prega ha chiuso la porta, ha chiuso la strada della creatività. E’ proprio nella preghiera, quando lo Spirito ti fa sentire una cosa, viene il diavolo e te ne fa sentire un’altra; ma nella preghiera è la condizione per andare avanti. Anche se la preghiera tante volte può sembrare noiosa. La preghiera è tanto importante. Non solo la preghiera dell’Ufficio divino, ma la liturgia della Messa, tranquilla, ben fatta con devozione, la preghiera personale con il Signore. Se noi non preghiamo, saremo forse buoni imprenditori pastorali e spirituali, ma la Chiesa senza preghiera diviene una ONG, non ha quella unctio Spiritu Sancti. La preghiera è il primo passo, perché è aprirsi al Signore per potersi aprire agli altri. E’ il Signore che dice: “Vai qua, vai di là, fai questo …”, ti suscita quella creatività che a tanti Santi è costata molto. Pensate al Beato Antonio Rosmini, colui che ha scritto Le cinque piaghe della Chiesa, è stato proprio un critico creativo, perché pregava. Ha scritto ciò che lo Spirito gli ha fatto sentire, per questo è andato nel carcere spirituale, cioè a casa sua: non poteva parlare, non poteva insegnare, non poteva scrivere, i suoi libri erano all’indice. Oggi è Beato! Tante volte la creatività ti porta alla croce. Ma quando viene dalla preghiera, porta frutto. Non la creatività un po’ alla sans façon e rivoluzionaria, perché oggi è di moda fare il rivoluzionario; no questa non è dello Spirito. Ma quando la creatività viene dallo Spirito e nasce nella preghiera. ti può portare problemi. La creatività che viene dalla preghiera ha una dimensione antropologica di trascendenza, perché mediante la preghiera tu ti apri alla trascendenza, a Dio. Ma c’è anche l’altra trascendenza: aprirsi agli altri, al prossimo. Non bisogna essere una Chiesa chiusa in sé, che si guarda l’ombelico, una Chiesa autoreferenziale, che guarda se stessa e non è capace di trascendere. È importante la trascendenza duplice: verso Dio e verso il prossimo. Uscire da sé non è un’avventura, è un cammino, è il cammino che Dio ha indicato agli uomini, al popolo fin dal primo momento quando disse ad Abramo: “Vattene dalla tua terra”. Uscire da sé. E quando io esco da me, incontro Dio e incontro gli altri. Come li incontro gli altri? Da lontano o da vicino? Occorre incontrarli da vicino, la vicinanza. Creatività, trascendenza e vicinanza. Vicinanza è una parola chiave: essere vicino. Non spaventarsi di niente. Essere vicino. L’uomo di Dio non si spaventa. Lo stesso Paolo, quando ha visto tanti idoli ad Atene, non si è spaventato, ha detto a quella gente: “Voi siete religiosi, tanti idoli … ma, io vi parlerò di un altro”. Non si è spaventato e si è avvicinato a loro, ha citato anche i loro poeti: “Come dicono i vostri poeti …”. Si tratta di vicinanza a una cultura, vicinanza alle persone, al loro modo di pensare, ai loro dolori, ai loro risentimenti. Tante volte questa della vicinanza è proprio una penitenza, perché dobbiamo sentire cose noiose, cose offensive. Due anni fa, un sacerdote che è andato missionario in Argentina - era della diocesi di Buenos Aires ed è andato in una diocesi al Sud, in una zona dove da anni non avevano prete, ed erano arrivati gli evangelici – mi raccontava che andò da una donna che era stata la maestra del popolo e poi la direttrice della scuola del paese. Questa signora lo fece sedere e incominciò a insultarlo, non con parolacce, ma insultarlo con forza: “Voi ci avete abbandonati, ci avete lasciati soli, e io che ho bisogno della Parola di Dio sono dovuta andare al culto protestante e mi sono fatta protestante”.  Questo sacerdote giovane, che è un mite, è uno che prega, quando la donna finì la cataratta, disse: “Signora, soltanto una parola: perdono. Perdonaci, perdonaci. Abbiamo abbandonato il gregge”. E il tono di quella donna è cambiato. Tuttavia rimase protestante e il prete non andò sull’argomento di quale fosse la vera religione: in quel momento non si poteva fare questo. Alla fine, la signora incominciò a sorridere e disse: “Padre vuole un caffè?” – “Sì, prendiamo il caffè”. E quando il sacerdote stava per uscire, disse: “Si fermi padre, venga”, e lo ha portato in camera da letto, ha aperto l’armadio e c’era l’immagine della Madonna: “Lei deve sapere che mai l’ho abbandonata. L’ho nascosta a causa del pastore, ma in casa c’è!”. E’ un aneddoto che insegna come la vicinanza, la mitezza hanno fatto sì che questa donna si riconciliasse con la Chiesa, perché si sentiva abbandonata dalla Chiesa. E io ho fatto una domanda che non si deve fare mai: “E poi, com’è finita? Com’è finita la cosa?”. Ma il prete mi ha corretto: “Ah, no, io non ho chiesto niente: lei continua ad andare al culto protestante, ma si vede che è una donna che prega: faccia il Signore Gesù”. E non è andato oltre, non ha invitato a tornare alla Chiesa cattolica. E’ quella vicinanza prudente, che sa fino a dove si deve arrivare. Ma, vicinanza significa pure dialogo; bisogna leggere nella Ecclesiam Suam, la dottrina sul dialogo, poi ripetuta dagli altri Papi. Il dialogo è tanto importante, ma per dialogare sono necessarie due cose: la propria identità come punto di partenza e l’empatia con gli altri. Se io non sono sicuro della mia identità e vado a dialogare, finisco per barattare la mia fede. Non si può dialogare se non partendo dalla propria identità, e l’empatia, cioè non condannare a priori. Ogni uomo, ogni donna ha qualcosa di proprio da donarci; ogni uomo, ogni donna, ha la propria storia, la propria situazione e dobbiamo ascoltarla. Poi la prudenza dello Spirito Santo ci dirà come rispondervi. Partire dalla propria identità per dialogare, ma il dialogo, non è fare l’apologetica, anche se alcune volte si deve fare, quando ci vengono poste delle domande che richiedono una spiegazione. Il dialogo è cosa umana, sono i cuori, le anime che dialogano, e questo è tanto importante! Non avere paura di dialogare con nessuno. Si diceva di un santo, un po’ scherzando – non ricordo, credo fosse San Filippo Neri, ma non sono sicuro – che fosse capace di dialogare anche con il diavolo. Perché? Perché aveva quella libertà di ascoltare tutte le persone, ma partendo dalla propria identità. Era tanto sicuro, ma essere sicuro della propria identità non significa fare proselitismo. Il proselitismo è una trappola, che anche Gesù un po’ condanna, en passant, quando parla ai farisei e sadducei: “Voi che fate il giro del mondo per trovare un proselito e poi vi ricordate di quello …” Ma, è una trappola. E Papa Benedetto ha un’espressione tanto bella, l’ha fatta ad Aparecida ma credo che l’abbia ripetuta in altra parte: “La Chiesa cresce non per proselitismo, ma per attrazione”. E cosa è l’attrazione? È questa empatia umana che poi viene guidata dallo Spirito Santo. Pertanto come sarà il profilo del prete di questo secolo così secolarizzato? Un uomo di creatività, che segue il comandamento di Dio – “creare le cose” -; un uomo di trascendenza, sia con Dio nella preghiera, sia con gli altri, sempre; un uomo di vicinanza che si avvicina alla gente. Allontanare la gente non è sacerdotale e di questo atteggiamento la gente a volte è stufa, eppure viene da noi lo stesso. Ma chi accoglie la gente ed è vicino ad essa, dialoga con essa lo fa perché si sente sicuro della propria identità, che lo spinge ad avere il cuore aperto all’empatia. Questo è quello che mi viene di dire a lei, alla sua domanda..........

Contemplativo, ma non come uno che è nella Certosa, non intendo questa contemplatività. Il sacerdote deve avere una contemplatività, una capacità di contemplazione sia verso Dio sia verso gli uomini. E’ un uomo che guarda, che riempie i suoi occhi e il suo cuore di questa contemplazione: con il Vangelo davanti a Dio, e con i problemi umani davanti agli uomini. In questo senso deve essere un contemplativo. Non bisogna fare confusione: il monaco è un’altra cosa. ................................................................................

........... Una volta mi diceva un sacerdote, qui a Roma: “Ma, io vedo che tante volte noi siamo una Chiesa di arrabbiati, sempre arrabbiati uno contro l’altro; abbiamo sempre qualcosa per arrabbiarci”. Questo porta la tristezza e l’amarezza: non c’è la gioia. Quando troviamo in una Diocesi un sacerdote che vive così arrabbiato e con questa tensione, pensiamo: ma quest’uomo al mattino per colazione prende l’aceto. Poi, a pranzo, le verdure sott’aceto, e poi alla sera una bella spremuta di limone. Così la sua vita non va, perché è l’immagine di una Chiesa degli arrabbiati. Invece la gioia è il segno che va bene. Uno può arrabbiarsi: è anche sano arrabbiarsi una volta. Ma lo stato di arrabbiamento non è del Signore e porta alla tristezza e alla disunione. E alla fine, lei ha detto “la fedeltà a Dio e all’uomo”. E’ lo stesso che abbiamo detto prima. E’ la doppia fedeltà e la doppia trascendenza: essere fedeli a Dio è cercarlo, aprirsi a Lui nella preghiera, ricordando che Lui è il fedele, Lui non può rinnegare se stesso, è sempre fedele. E poi aprirsi all’uomo; è quell’empatia, quel rispetto, quel sentirlo, e dire la parola giusta con la pazienza.........
          

"La Chiesa non capitoli davanti al pensiero dominante" -Robert Spaemann, professore emerito di Filosofia all’Università di Monaco -

robert-spaemann...La bellezza dell’insegnamento della Chiesa risplende solo quando non è annacquata. La tentazione di diluire la dottrina è rafforzata oggi da un fatto imbarazzante: i cattolici divorziano con la stessa frequenza dei non credenti. Qualcosa chiaramente non ha funzionato. È irragionevole pensare che tutti i cattolici divorziati e risposati abbiano iniziato i loro primi matrimoni fermamente convinti della loro indissolubilità e poi abbiano cambiato radicalmente idea nel corso del tempo. È più ragionevole presumere che si siano sposati anzitutto senza comprendere chiaramente cosa stavano facendo: bruciavano i ponti dietro di sé per sempre (cioè fino alla morte), cosicché l’idea stessa di un secondo matrimonio semplicemente non doveva esistere per loro.
Purtroppo la Chiesa cattolica non è senza colpa. I corsi di preparazione al matrimonio cristiano molto spesso non forniscono ai fidanzati un quadro chiaro delle implicazioni di un matrimonio cattolico. Se lo facessero, molte coppie probabilmente non deciderebbero di sposarsi in chiesa. Per altre, naturalmente, una buona preparazione al matrimonio fornirebbe un’utile spinta alla conversione. C’è un immenso fascino nell’idea che l’unione di un uomo e di una donna è “scritta nelle stelle”, che resiste per una forza dall’alto, e che nulla può distruggerlo, “nella buona e nella cattiva sorte”. Questa convinzione è una magnifica ed eccitante fonte di forza e di gioia per sposi che attraversano crisi matrimoniali e cercano di infondere nuova vita nel loro vecchio amore.
Invece di rafforzare il fascino naturale e intuitivo dell’indissolubilità matrimoniale, molti uomini di Chiesa, compresi vescovi e cardinali, preferiscono raccomandare, o almeno prendere in considerazione un’altra opzione, che è alternativa all’insegnamento di Gesù e che rappresenta fondamentalmente una capitolazione al pensiero dominante secolarista.
Il rimedio per l’adulterio implicito nelle seconde nozze dei divorziati, ci viene detto, non deve più essere la contrizione, la rinuncia e il perdono, ma il passare del tempo e l’abitudine, come se la generale accettazione sociale e il sentirci a nostro agio con le nostre decisioni e con le nostre vite avesse un potere quasi soprannaturale. Questa alchimia presumibilmente trasforma il concubinaggio adulterino che chiamiamo “secondo matrimonio” in un’unione accettabile che merita di essere benedetta dalla Chiesa nel nome di Dio. Se la logica è questa, non sarebbe men che giusto che la Chiesa benedicesse anche le unioni fra persone dello stesso sesso.
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Aristotele ha insegnato che c’è maggiore male in un peccato abituale che in una singola caduta accompagnata dal rimorso. L’adulterio è un tipico caso di questo tipo, soprattutto quando conduce a nuove disposizioni, legalmente sanzionate come il “secondo matrimonio”, che sono quasi impossibili da disfare senza grande sofferenza e sforzo. Tommaso d’Aquino utilizza il termine perplexitas per definire casi come questo. Ci sono situazioni dalle quali non c’è via d’uscita che non comporti una colpa di un qualche tipo. Anche un solo atto di infedeltà intrappola l’adultero nella perplessità: deve confessare ciò che ha fatto all’altro coniuge oppure no? Se lo confessa, potrebbe essere ciò che salva il matrimonio e comunque evita una bugia che alla fine distruggerebbe la fiducia reciproca.
comunione ai malatiD’altra parte, una confessione potrebbe rappresentare per il matrimonio una minaccia ancora più grande che il peccato stesso, ed è per questo che spesso i sacerdoti consigliano ai penitenti di non rivelare l’infedeltà ai loro coniugi. Si noti, a questo proposito, che san Tommaso insegna che non inciampiamo mai nella perplexitas senza un qualche grado di colpa personale e che Dio permette ciò come punizione per il peccato che all’inizio ci ha portati sulla strada sbagliata.
Giochi di prestigio sotto l’altare
Restare vicini ai nostri fratelli cristiani nel mezzo della perplexitas del secondo matrimonio, mostrare verso di loro empatia e assicurarli della solidarietà della comunità, è un’opera di misericordia. Ma ammetterli alla comunione senza contrizione e regolarizzare la loro situazione sarebbe un’offesa nei confronti del Santo Sacramento – una in più fra le tante che vengono compiute oggi.
Le istruzioni di Paolo riguardo all’Eucarestia nella prima Lettera ai Corinti culminano in una messa in guardia dal ricevere il corpo di Cristo senza esserne degni: «Chiunque mangia il pane e beve il calice del Signore indegnamente, sarà reo del corpo e del sangue del Signore». Perché fra tutte le feste i riformatori liturgici hanno tolto questi versetti decisivi proprio dalla seconda lettura della Messa del Giovedì Santo e del Corpus Domini? Quando in chiesa vediamo tutti i presenti alzarsi e andare a ricevere la comunione domenica dopo domenica, viene da chiedersi: le parrocchie cattoliche sono formate esclusivamente da santi?

C’è ancora un ultimo punto, che di diritto dovrebbe essere il primo. La Chiesa ammette di avere gestito lo scandalo degli abusi sessuali contro i minori senza sufficiente considerazione per le vittime. Nel caso del matrimonio si sta ripetendo lo stesso schema. Qualcuno ha mai parlato delle vittime? Qualcuno parla della donna lasciata dal marito insieme ai suoi quattro figli? Lei potrebbe volere che lui torni, se non altro per garantire il necessario ai figli, ma adesso lui ha una nuova famiglia e nessuna intenzione di tornare.
Intanto il tempo passa. E l’adultero vorrebbe di nuovo ricevere la comunione. È pronto a confessare la sua colpa, ma non vuole pagarne il prezzo – ovvero, una vita di continenza.
 La donna abbandonata è costretta a guardare mentre la Chiesa accetta e benedice la nuova unione. La beffa oltre al danno: il suo essere stata abbandonata riceve l’approvazione ecclesiastica. Sarebbe più onesto sostituire la formula “finché morte non vi separi” con una che dica “finché non finisce l’amore di uno dei due”: una formula che qualcuno già raccomanda seriamente. Parlare in questo caso di “liturgia di benedizione” piuttosto che di un secondo matrimonio davanti all’altare è un gioco di prestigio ingannevole che getta semplicemente polvere negli occhi della gente.

Trova il tempo ( Madre Teresa di Calcutta)


LA VACANZE CI SONO PER COMINCIARE A TROVARE IL TEMPO PER QUESTO E NON PER RINCORRERLO!

giovedì 24 luglio 2014

5 minuti- Film cristiano - ("Vivi la tua vita..la tua fede ti ha salvato!")

Meriam liberata è in Italia e ha incontrato il Papa

http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/meriam-interessi-dietro-la-sentenza.aspx

 leggi la sua storia cliccando sull'indirizzo sopra

Il grazie di Papa Francesco a Meriam

Questa mattina Meriam ha incontrato il Papa a Santa Marta, che l'ha ringraziata per la sua "testimonianza di fede" e la sua "costanza". Era atterrata alle 9.30 a Ciampino con un volo della presidenza del Consiglio. Con lei il marito e i figli. Ad attenderla il premier con la moglie e il ministro degli Esteri Mogherini. Il viceministro Pistelli: «Avranno qualche incontro importante e poi ripartiranno per gli Stati Uniti»

Coro San Luca ( Brescia ) sito internet






La Nostra Storia



Foto storica del Coro San Luca
“Là dove senti cantare fermati, gli uomini malvagi non hanno canzoni”
(Lèopold Sèdar Senghor, poeta senegalese)
Coro San Luca a BresciaCoristi del Coro San LucaIl coro San Luca è nato 30 anni or sono, sotto la direzione dell’attuale maestra Lella Tomasini, come gruppo di amici  legati dal comune piacere di cantare e suonare. Amicizia e desiderio di entrare da attori nell’avventura umana della bellezza, attraverso la musica.  La molla di tutto: una passione dichiarata per Cristo e per l’uomo. Inizialmente, negli anni 70/80, si configura come formazione vocale e strumentale. Si dedica allo studio della realtà musicale e sociale dell’America Latina. Esegue i ritmi e i canti del folklore latino-americano, dove non c’è poesia che non sia musica e non c’è musica che non sia poesia. La poesia e il canto di Violeta Parra, Victor Jara, Atahualpa Yupanqui…Il coro ha portato i ritmi della samba, della baguala e del carnavalito nelle feste popolari e nei piccoli teatri delle nostre province lombarde, crescendo musicalmente e umanamente nel vivo contatto con la gente e nel confronto con tradizioni culturali diverse. Contemporaneamente ha cominciato a sviluppare una particolare sensibilità verso le polifonie rinascimentali italiana e spagnola, che ha impegnato il coro in una revisione radicale della tecnica vocale ed esecutiva. La polifonia calzava a pennello, come una splendida architettura che permette lo sviluppo libero ma perfettamente ordinato di tutte le componenti vocali e dei più svariati registri: uomini e donne, alti e bassi, voci forti e voci flebili… ma il fascino della polifonia sacra sta soprattutto nel saper dar voce all’unità dell’umano e del divino, che in essa trovano un equilibrio e una grazia incomparabili. Così, un giorno la scelta si è imposta. Gli strumenti musicali hanno lasciato posto alle esecuzioni a cappella e il gruppo vocale-strumentale si è definitivamente trasformato in coro, dedito ala polifonia sacra proveniente da diverse tradizioni culturali. Infatti dal Rinascimento italo-spagnolo alle altre forme della polifonia europea, compresa quella bizantina, il passo è stato breve. L’intuizione era sempre la stessa: la voce deve sgorgare dall’anima, altrimenti anche il più prezioso virtuosismo annoia e tradisce chi canta e chi ascolta. E la domanda inesauribile: “Da dove attingi la voce, perché l’animo vi si accordi?”.
Concerti nella vasta provincia bresciana e in diverse città dell’alta Italia. Incisione di tre CD (Jesu dulcis memoria, Oboediens usque ad mortem, O Magnum Mysterium), l’appuntamento annuale dei Ritratti di Santi nel periodo quaresimale e del concerto di Natale ma soprattutto l’animazione della liturgia domenicale in S. Pietro in Oliveto.
Da 25 anni cantiamo lì ogni domenica, plasmati dalla spiritualità e dal carisma carmelitano.
Jacques Maritain ha lasciato scritta quella che è diventata la regola-madre del coro San Luca:
“Il cristianesimo non facilita l’arte. Le toglie molti mezzi facili, ma per elevarne il livello. E nel mentre le crea queste difficoltà salutari, la sopreleva dal di dentro, le fa conoscere una bellezza nascosta che è più deliziosa della luce, le dà quello di cui l’artista ha bisogno: la semplicità, la pace del timore e della dilezione, l’innocenza che rende la materia docile agli uomini e fraterna.” (J. Maritain, Arte e Scolastica, Morcelliana).
Coro San Luca Brescia

lunedì 21 luglio 2014

Parliamo di Comunione...cominciamo da qui... ( ne abbiamo! )


Fotografie della biciclettata in Val Pusteria

Pronto per il Tour...dotur?
Anche qui ti cercano......!!!!!
La cascata...degli innamorati
All'arrivo della tappa il gruppo è ancora compatto,unito e solidale...



Abbiamo scoperto infine che l'enciclica ...non è la bicicletta di Papa Francesco e che il paese più pulito d'Italia è quello da cui siamo partiti : San Candido

Che l'unico Austriaco Felice che abbiamo visto è il bigliettaio della Stazione di Lienz..perchè ha aumentato i prezzi che c'erano su internet..........ma Gianni non gli lo ha mandato a dire 2 volte.....

Comunque ....bella ciclabile.....da "riciclare" ancora un'altra volta assieme ad altri amici.......hollalahihoooo!!!!

Vedrai miracoli se crederai

venerdì 18 luglio 2014

Articolo dei Padri Carmelitani sulla Processione del 16 Luglio a Brescia (clicca sull'indirizzo sotto ( https.....

http://www.bresciacity.it/wp-content/uploads/2013/09/brine02b.jpg
https://docs.google.com/document/d/15_S7cz7-IDW67-uDyCqiF8RRPe4B16oi_UyxfcM50AY/edit

  Sopra :  Icona Madonna della Brina portata in processione

Intervista alle Suore Carmelitane Scalze di Brescia

«Noi, in clausura ma dentro il mondo»

L'INTERVISTA. Viaggio nella comunità delle suore dell'ordine delle Carmelitane Scalze, il cui convento si trova a Brescia in fondo a via Amba d'Oro
Suor Emanuela della Santa Chiesa, superiora, spiega: «Nel convento ci sono tredici suore, ma un cuore solo»

Il cancello del monastero delle carmelitane scalze in via Amba d'Oro FOTOLIVE
Il cancello del monastero delle carmelitane scalze in via Amba d'Oro FOTOLIVE
Per leggere tutto l'articolo clicca sull'indirizzo link sotto..

NUOVO SITO IMPORTANTE :ALETEIA

http://www.aleteia.org/it

A questo link (che ho aggiunto nel blog su SITI IMPORTANTI) tante notizie importanti viste sotto un'ottica cristiana...molto bello da leggere tutti i giorni...


Nuovo film in preparazione :Tolkien e Lewis


La casa di produzione “Chernin Entertainment” potrebbe avere in preparazione un film sull'amicizia e la vita degli scrittori J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis. Il titolo sarebbe “Tolkien & Lewis”, ha spiegato Hollywood Reporter. Il regista sarebbe Simon West, lo sceneggiatore David Gleeson. Il film dovrebbe uscire a Pasqua, per essere così rivolto a un pubblico con una particolare sensibilità religiosa. L'amicizia tra Tolkien e Lewis iniziò all'Università di Oxford. Entrambi appartenevano a “Gli Inkilings”, un gruppo che si riuniva in un pub della zona per leggere, fumare la pipa e condividere opere letterarie. Lì C.S. Lewis iniziò a leggere “Il leone, la strega e l'armadio”, la prima delle sue storie de “Le cronache di Narnia”.
Tolkien, autore de “Lo Hobbit” e “Il Signore degli Anelli”, era un profondo cattolico che avrebbe avuto un'importanza particolare nella conversione di Lewis al cristianesimo. Con il tempo, quest'ultimo divenne un difensore della religione con opere come “L'abolizione dell'uomo”, “Il problema della sofferenza” o “Lettere del diavolo a suo nipote”. Nel film si vuole mostrare lo speciale rapporto tra i due autori, un'amicizia che malgrado le differenze creative e religiose segnò la vita di entrambi.



Articolo tratto dal sito Aleteia  (CHE OGGI HO MESSO NEI SITI IMPORTANTI)

LETTERA DI PADRE ANTONIO SICARI agli aderenti del Movimento Ecclesiale Carmelitano

Brescia, 16 luglio 2014 
A tutti coloro che sono felici di essere “figli del
la Chiesa”nel nostro Movimento Ecclesiale Carmelitano 
Carissimi,mentre oggi festeggiamo la Solennità della Madonnadel Carmine, ricordiamo con gratitudine il giornodella prima “approvazione ecclesiale” del nostro Movimento: sono passati, da allora, undici anni,
mentre gli anni di vita del MEC sono diventati già
ventuno. E tuttavia, come accade nella vita personale o di famiglia, nessuna ricorrenza è uguale alla 
precedente: quanti cambiamenti, quante gioie e quante
sofferenze possono segnare anche un solo anno della
nostra vita!
Per questo vogliamo presentare davanti al Signore tutto ciò che in quest’anno abbiamo vissuto, sia 
come Movimento che singolarmente. E vogliamo farlo alla luce del momento particolare di Grazia che, di recente, ha confermato il nostro cammino. Il 25 giugno scorso, infatti, il MEC ha partecipato all’Udienza generale in S. Pietro con più di 1200 amici provenienti da vari Paesi del mondo e ha ricevuto personalmente da Papa Francesco l’invito “a testimoniare dappertutto che la fede cristiana risponde pienamente alle speranze e alle attese 
profonde dell’uomo”.
In questa occasione, quanto è stato bello ed importante per noi riconoscere un’evidente vicinanza tra
le parole del Papa e i contenuti della nostra “Scuola di Cristianesimo”! «Siamo cristiani– ci ha detto Papa Francesco -se apparteniamo alla Chiesa. È come un cognome: se il nome è “sono cristiano”, il cognome è “appartengo alla Chiesa”.
[...]In questo senso, il pensiero va in primo luogo, 
 e con gratitudine, a coloro che ci hanno preceduto e che
ci hanno accolto nella Chiesa. Nessuno diventa
cristiano da sé! E non si fanno cristiani in laboratorio.
 Il cristiano è parte di un popolo che viene da lontano». Parole, queste, che al nostro cuore hanno detto
ancora il mistero della Chiesa, da noi contemplato quest’anno proprio come un’ininterrotta “catena”, di volti e di doni, distesa nel tempo e
nello spazio: la sola che, ad ogni istante, può rimetterci “in presa diretta” con l’inizio sempre nuovo della Risurrezione.
Ripartiamo dunque da qui, per vivere al meglio la sfida di fare anche del nostro Movimento “la Casa e la Scuola della Comunione”. 
La prossima “Scuola di Cristianesimo”, infatti,
proverà ad illustrare il modo in cui la Comunione – da Dono ricevuto - diventa anche principio educativo: per plasmare il cuore di ogni persona, di ogni famiglia e di ogni comunità; per dare vita a veri legami di amicizia cristiana; per generare nel mondo frutti duraturi di carità, di cultura e di missione.
In questo compito saremo aiutati dalla gioia di una
ricorrenza speciale, quella del V Centenario della
nascita di Santa Teresa d’Avila (28 marzo 1515 – 28 marzo 2015), motivo di festa per il Carmelo di
tutto il mondo. Il nostro cuore – segnato dal suo carisma – sia allora incoraggiato sempre più a
raggiungere le sue reali profondità, per essere poi
davvero disposto “ad uscire” verso tutte le periferie
del mondo. Quelle del cuore e quelle delle città, quelle di ogni uomo, secondo l’estensione richiesta
dall’amore.
E in tutto e sempre la Madre del Carmelo voglia prenderci per mano, per condurci là dove suo Figlio già ci attende: per il dono della nostra vita, per la nostra santità.
P. Antonio Maria Sicari

martedì 15 luglio 2014

FESTA DEL CARMELO...TESTIMONIANZA DALL'INDIA....Il mondo di oggi, con la sua spiritualità newage, con il grande bisogno del cuore umano di essere colmato con quello di cui l'uomo moderno non ha nemmeno idea, i carmelitani hanno qualcosa di prezioso da offrire

INDIA
Claustrale di Mumbai: La festa del Carmelo, tra papa Francesco e santa Teresa d'Avila
di Nirmala Carvalho

Intervista a suor Marie Gemma ocd, madre priora del monastero delle Carmelitane scalze della città indiana. Il senso, al giorno d'oggi, dell'essere religiose contemplative. "Il silenzio parla più forte delle parole, ma solo quando è vissuto in intima unione con questo amorevole Dio, Gesù".


Mumbai (AsiaNews) - I continui riferimenti di papa Francesco al mondo dei religiosi e delle religiose contemplative è "un invito ad avere grande umanità", testimoniando con la preghiera che "nella nostra profetica vocazione offriamo una risposta, nella Chiesa e nel mondo, ai bisogni delle persone". Così suor Marie Gemma ocd, madre priora del monastero delle Carmelitane scalze di Mumbai, parla in un'intervista ad AsiaNews, alla vigilia della festa di Nostra Signora del Carmelo. Un momento che anticipa il 2015, quando le claustrali saranno impegnate in una doppia celebrazione: l'Anno della vita consacrata e il 500mo anniversario della nascita di santa Teresa d'Avila, riformatrice dell'ordine carmelitano. (Traduzione a cura di AsiaNews)
Papa Francesco ha fatto ripetuti riferimenti alle religiose contemplative, affermando tra l'altro che "le suore di clausura sono chiamate ad avere grande umanità". Cosa pensa di queste parole?
Una contemplativa è, in pratica, una persona il cui cuore arde per l'amore verso Dio. Il frutto di questo amore è un continuo desiderio di compiere la volontà del Signore. Dall'Antico al Nuovo Testamento, questa volontà di Dio è racchiusa in due comandamenti: "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza" e "Ama il tuo prossimo come te stesso" [Mc 12,30-31].
Per questo Papa Francesco giustamente dice: "Le monache di clausura - o contemplative come siamo anche chiamate - sono chiamate ad avere grande umanità". La sola umanità a cui siamo invitate è quella dell'Unico dopo cui l'intera razza umana è modellata: Gesù. E così noi vediamo il nostro Dio nell'Antico Testamento - vediamo Gesù, nostro solo e unico modello nel Nuovo Testamento, chiamarci a essere come Lui - come san Giovanni dopo averlo toccato diciamo "Dio è amore". Quanto più contempliamo il Signore nell'Antico o nel Nuovo Testamento, tanto più realizziamo che è un Dio prodigo. Negli Efesini 3:20 leggiamo: "A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi". Questa è la grande umanità che siamo chiamate ad avere.
Questa "grande umanità" si è realizzata nella vita di Madre Santa Teresa d'Avila, che era così profondamente e appassionatamente umana, prodiga e generosa nelle sue risposte a Dio, e nei suoi stessi desideri di fare tutto il possibile per raggiungere quelli che lei considerava dannati. E questo è ciò che desiderano essere e fare tutte le sue suore.
Alla solennità dell'Ascensione papa Francesco ha detto che la Chiesa "è una comunità 'in uscita', 'in partenza'". Anche le comunità di clausura, "perché sono sempre 'in uscita' con la preghiera, con il cuore aperto al mondo, agli orizzonti di Dio". Ci parli, nel concreto, di questa realtà.
La Chiesa è stata fondata sul mandato di Gesù, "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" [Mc 16,15]. Se la Chiesa dovesse mai dimenticare questo mandato, perderebbe la sua caratteristica essenziale, la ragione d'essere del suo fondamento. Ogni organizzazione nella Chiesa è segnata da questo in modo esplicito o implicito.
Anche le contemplative di clausura sono implicitamente segnate nel proclamare la Buona Novella di Gesù a tutto il mondo. È l'unica ragione che spiega come mai santa Teresina - pur rimanendo all'interno del monastero senza mai mettere un piede fuori dai 15 ai 24 anni - è oggi chiamata "Patrona delle missioni".
Conosciuta come "il piccolo fiore", i suoi desideri abbracciavano il mondo intero. Ella voleva essere apostolo, medico, predicatore, martire di Dio e del suo popolo, per portare la Buona Novella di Gesù a tutti. Con grande gioia ha detto: "Io ho trovato la mia vocazione. Nel cuore della mia Madre Chiesa sarò amata". Santa Teresa d'Avila ha detto: "Avrei dato mille volte la vita pur di salvare anche una sola di queste anime". San Francesco di Sales ha detto: "Chi ama Dio desidera scrivere il Suo nome su ogni cuore". Questi sono modi per ritrarre come i contemplativi e le contemplative hanno i loro cuori aperti al mondo, con l'orizzonte di Dio.
Papa Francesco ha detto: "I santi carmelitani sono stati grandi predicatori e maestri di preghiera. Questo è ciò che ancora una volta si richiede al Carmelo del ventunesimo secolo. Lungo tutta la vostra storia, i grandi Carmelitani sono stati un forte richiamo alle radici della contemplazione, radici sempre feconde di preghiera". Una sua riflessione.
I grandi Carmelitani erano tutti amanti straordinari, trasformati dall'amore di Dio, testimoniando che le loro preghiere non erano nient'altro che un'intima relazione con l'Unico dai cui sapevano di essere amati. Il mondo di oggi, con la sua spiritualità newage, con il grande bisogno del cuore umano di essere colmato con quello di cui l'uomo moderno non ha nemmeno idea, i carmelitani hanno qualcosa di prezioso da offrire. Ciò che abbiamo non è solo una litania di preghiere, ma una relazione con l'Unico che soddisfa ogni nostra sete, creando in noi i pozzi della vita eterna con la Sua propria presenza. Nella nostra profetica vocazione offriamo una risposta, nella Chiesa e nel mondo, ai bisogni delle persone. Abbiamo posto il nostro dito nella ferita della Chiesa e messo Dio al centro della vita, in una relazione intima con Lui, cuore contro cuore nella solitudine e nel silenzio dei nostri monasteri. Il silenzio parla più forte delle parole, ma solo quando è vissuto in intima unione con questo amorevole Dio, Gesù.
Il 2015, l'Anno della vita consacrata, sarà un momento di doppie celebrazioni per le carmelitane contemplative, poiché celebrate il 500mo anniversario della nascita di santa Teresa d'Avila. Come accoglierete questi festeggiamenti, che cosa state preparando e come celebrerà la vostra comunità questo anno?
È davvero un tempo emozionante per noi, due celebrazioni ed entrambe di grande proporzione! La nostra prima preparazione è stata studiare la nostra Santa Madre nel profondo, rileggendo i suoi libri che sono diamanti senza prezzo, capaci di rivelare sempre un nuovo volto della luce e dello splendore per la nostra riflessione, la nostra comprensione e le nostre vite pratiche. Questo studio è stata un'impresa affascinante perché fatto in modo individuale e comunitario. Essendo l'Anno della vita consacrata, abbiamo anche ricevuto lettere dalla Santa Sede per aiutarci a guardare nella nostra vita di religiose in modo nuovo. Questo è un dono del nuovo anno. È davvero una grande grazia vedere come queste celebrazioni hanno coinciso. Che sia la nostra Santa Madre, che dopo 500 anni ha riformato il Carmelo, a chiamarci 500 anni dopo a una nuova trasformazione? Non lo sappiamo, ma siamo aperte a tutto quello che lo Spirito vorrà portare nelle nostre vite, per la gloria di Dio.
Riguardo al 500mo anniversario, tutte noi celebreremo una giornata speciale dedicata a santa Teresa d'Avila, tutte le attività saranno incentrate su di lei. Possa il desiderio di Gesù, "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!" [Lc 12,49], essere una realtà in ciascuno di noi carmelitani.