Il Papa celebra nella cattedrale di Rio con vescovi, preti e seminaristi: «Non possiamo restare chiusi in parrocchia»
Andrea Tornielli Rio de Janeiro«Andiamo in periferia a cercare i lontani». Lo chiede Papa Francesco ai vescovi, sacerdoti, seminaristi, religiosi e religiose, durante la messa che celebra nella cattedrale di Rio de Janeiro nella penultima giornata del suo viaggio in Brasile. Francesco ha spiegato che cosa significa essere «chiamati da Dio», una consapevolezza «che spesso diamo per scontata in mezzo a tanti impegni quotidiani». «Non è la creatività pastorale, non sono gli incontri o le pianificazioni - ha detto Bergoglio - che assicurano i frutti, ma l'essere fedeli a Gesù, che ci chiede con insistenza. "Rimanete in me e io in voi"». «E noi sappiamo bene - ha aggiunto - che cosa significa: contemplarlo, adorarlo e abbracciarlo, in particolare attraverso la nostra fedeltà alla vita di preghiera, nel nostro incontro quotidiano con Lui presente nell'eucaristia e nelle persone più bisognose». Rimanere con Cristo, ha spiegato Francesco, non è «isolarsi, ma è un rimanere per andare all'incontro con gli altri».
Il Papa ha citato Madre Teresa di Calcutta: «È nelle favelas, nelle villas miserias, che si deve andare a cercare e servire Cristo. Dobbiamo andare a loro come il sacerdote che si reca all'altare con gioia». Francesco ha poi parlato dell'annuncio del Vangelo. Una chiamata che può spaventare, «pensando che essere missionari significhi lasciare necessariamente il Paese, la famiglia, gli amici». «Ricordo il mio sogno da giovane - ha detto il Papa - andare missionario in Giappone. Dio, però, mi ha mostrato che la mia terra di missione era molto più vicina: la mia patria. Aiutiamo i giovani a rendersi conto che essere discepoli missionari è una conseguenza dell'essere b Attezzati, è parte essenziale dell'essere cristiani, e che il primo luogo da evangelizzare è la propria casa, l'ambiente di studio o di lavoro, la famiglia e gli amici». Bisogna perciò ascoltare i giovani, «abbiamo la pazienza di ascoltare, perdiamo tempo con loro». Educhiamoli «alla missione, ad uscire, ad andare. Gesù ha fatto così con i suoi discepoli: non li ha tenuti attaccati a sé come una chioccia con i suoi pulcini; li ha inviati! Non possiamo restare chiusi nella parrocchia, nelle nostre comunità, quando tante persone sono in attesa del Vangelo! Non è semplicemente aprire la porta per accogliere, ma è uscire dalla porta per cercare e incontrare! Con coraggio pensiamo alla pastorale partendo dalla periferie, partendo da coloro che sono più lontani, da coloro che di solito non frequentano la parrocchia. Anche loro sono invitati alla mensa del Signore».
Infine Francesco è tornato a parlare della cultura «dello scarto», che non fa più posto per l'anziano «né per il figlio non voluto» o per fermarsi «con quel povero al bordo della strada». «A volte sembra che per alcuni, i rapporti umani siano regolati per due dogmi: efficienza e pragmatismo». Ai vescovi, preti e seminaristi il Papa chiede di avere «il coraggio di andare controcorrente» e di essere «servitori della comunione e della cultura dell'incontro. Lasciatemi dire che dovremmo essere quasi ossessivi in questo senso».
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