"E il Verbo si fece carne". Ciò è divenuto verità nella stalla di Betlemme. Ma si è adempiuto anche in altra forma. "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna".
Il Salvatore, ben sapendo che siamo uomini quotidianamente alle prese
con le nostre debolezze, viene in aiuto della nostra umanità in maniera
veramente divina. Come il corpo terreno ha bisogno del pane quotidiano,
così anche la vita divina aspira in noi ad essere continuamente
alimentata. "Questo è il pane vivo, che è disceso dal cielo". Per
chi ne fa veramente il suo pane quotidiano, in lui si compie
quotidianamente il mistero del Natale, l’incarnazione del Verbo. E
questa è indubbiamente la via più sicura per conservare
ininterrottamente l’unione con Dio e radicarsi ogni giorno sempre più
saldamente e profondamente nel corpo mistico di Cristo.
So bene che ciò apparirà a molti un’esigenza troppo
radicale. In pratica essa comporta, per la maggior parte di coloro che
cominciano a soddisfarla, un rivoluzionamento di tutta la loro vita, interiore ed esteriore. Ma appunto così dobbiamo fare! Nella nostra vita dobbiamo far spazio al Salvatore eucaristico, affinché possa trasformare la nostra vita nella sua.
E' questa una richiesta esagerata? Abbiamo tempo per
tante cose inutili: per leggere ogni genere di libri, riviste e
quotidiani futili, per bighellonare da un caffé all’altro e passare
quarti d’ora e mezzore a chiacchierare per strada, tutte ‘distrazioni’
in cui sprechiamo e disperdiamo tempo e energie. Non ci è proprio
possibile riservare ogni mattina un’ora, in cui non ci distraiamo, ma ci raccogliamo, in cui non ci logoriamo, ma accumuliamo energia per poi affrontare col Suo aiuto i nostri compiti quotidiani?
Ma naturalmente ci vuole più di una semplice ora del genere. Essa deve animare tutte le altre,
sì da rendersi impossibile "lasciarci andare", fosse anche solo
momentaneamente. Così succede nei rapporti quotidiani col Salvatore.
Diventiamo sempre più sensibili nel discernere ciò che gli
piace e gli dispiace. Se prima eravamo tutto sommato molto contenti di
noi, ora le cose cambiano. Troveremo che molte cose sono cattive e nei
limiti del possibile le cambieremo.
E scopriremo alcune cose che non possiamo ritenere
belle e buone, e che pur risulta tanto difficile cambiare. Allora
diventiamo a poco a poco molto piccoli e umili, pazienti e
indulgenti verso le pagliuzze presenti negli occhi altrui, perché
abbiamo da fare con la trave presente nei nostri; e infine, impariamo
anche a sopportarci nella luce della presenza di Dio e ad affidarci alla
sua misericordia, che può venire a capo di tutto ciò che si fa beffe
delle nostre forze.
Edith Stein, nata a Breslavia il 12 ottobre 1891 e morta ad Auschwitz il 9 agosto 1942.
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Lungo è il cammino per passare dall’autocompiacimento
del "buon cattolico", che "compie i suoi doveri", ma per il resto fa
come gli piace, ad una vita che si lascia guidare per mano da Dio
ed è caratterizzata dalla semplicità del bambino e dall’umiltà del
pubblicano. Chi però l’ha imboccata una volta, non la rifà più a
ritroso.
La vita filiale in Dio significa perciò divenire piccoli e nel medesimo tempo divenire grandi. Vivere l'Eucaristia
significa uscire spontaneamente dalla meschinità della propria vita e
addentrarsi negli ampi spazi della vita di Cristo. Chi fa visita al
Signore nella sua casa, non si occuperà più solo e sempre di sé e delle
proprie faccende, ma comincerà ad interessarsi delle faccende del
Signore.
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