La Famiglia - 21. Famiglie ferite (II)
 
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
 
Con questa catechesi riprendiamo la nostra riflessione sulla famiglia. Dopo aver parlato, l’ultima volta,
 delle famiglie ferite a causa della incomprensione dei coniugi, oggi 
vorrei fermare la nostra attenzione su un’altra realtà: come prenderci 
cura di coloro che, in seguito all’irreversibile fallimento del loro 
legame matrimoniale, hanno intrapreso una nuova unione.
 
La Chiesa sa bene che una tale situazione contraddice il Sacramento 
cristiano. Tuttavia il suo sguardo di maestra attinge sempre da un cuore
 di madre; un cuore che, animato dallo Spirito Santo, cerca sempre il 
bene e la salvezza delle persone. Ecco perché sente il dovere, «per 
amore della verità», di «ben discernere le situazioni». Così si 
esprimeva san Giovanni Paolo II, nell’Esortazione apostolica  Familiaris consortio
 (n. 84), portando ad esempio la differenza tra chi ha subito la 
separazione rispetto a chi l’ha provocata. Si deve fare questo 
discernimento.
 
Se poi guardiamo anche questi nuovi legami con gli occhi dei figli 
piccoli – e i piccoli guardano –, con gli occhi dei bambini, vediamo 
ancora di più l’urgenza di sviluppare nelle nostre comunità 
un’accoglienza reale verso le persone che vivono tali situazioni. Per 
questo è importante che lo stile della comunità, il suo linguaggio, i 
suoi atteggiamenti, siano sempre attenti alle persone, a partire dai 
piccoli. Loro sono quelli che soffrono di più, in queste situazioni. Del
 resto, come potremmo raccomandare a questi genitori di fare di tutto 
per educare i figli alla vita cristiana, dando loro l’esempio di una 
fede convinta e praticata, se li tenessimo a distanza dalla vita della 
comunità, come se fossero scomunicati? Si deve fare in modo di non 
aggiungere altri pesi oltre a quelli che i figli, in queste situazioni, 
già si trovano a dover portare! Purtroppo, il numero di questi bambini e
 ragazzi è davvero grande. E’ importante che essi sentano la Chiesa come
 madre attenta a tutti, sempre disposta all’ascolto e all’incontro.
 
In questi decenni, in verità, la Chiesa non è stata né insensibile né
 pigra. Grazie all’approfondimento compiuto dai Pastori, guidato e 
confermato dai miei Predecessori, è molto cresciuta la consapevolezza 
che è necessaria una fraterna e attenta accoglienza, nell’amore e nella 
verità, verso i battezzati che hanno stabilito una nuova convivenza dopo
 il fallimento del matrimonio sacramentale; in effetti, queste persone 
non sono affatto scomunicate: non sono scomunicate!, e non vanno 
assolutamente trattate come tali: esse fanno sempre parte della Chiesa.
 
Papa Benedetto XVI
 è intervenuto su tale questione, sollecitando un attento discernimento e
 un sapiente accompagnamento pastorale, sapendo che non esistono 
«semplici ricette» (Discorso al VII Incontro Mondiale delle Famiglie, Milano, 2 giugno 2012, risposta n. 5).
 
Di qui il ripetuto invito dei Pastori a manifestare apertamente e 
coerentemente la disponibilità della comunità ad accoglierli e a 
incoraggiarli, perché vivano e sviluppino sempre più la loro 
appartenenza a Cristo e alla Chiesa con la preghiera, con l’ascolto 
della Parola di Dio, con la frequenza alla liturgia, con l’educazione 
cristiana dei figli, con la carità e il servizio ai poveri, con 
l’impegno per la giustizia e la pace.
 
L’icona biblica del Buon Pastore (Gv 10,11-18) riassume la 
missione che Gesù ha ricevuto dal Padre: quella di dare la vita per le 
pecore. Tale atteggiamento è un modello anche per la Chiesa, che 
accoglie i suoi figli come una madre che dona la sua vita per loro. «La 
Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre […]» - 
Niente porte chiuse! Niente porte chiuse! - «Tutti possono partecipare 
in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della 
comunità. La Chiesa […] è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno 
con la sua vita faticosa» (Esort. ap.  Evangelii gaudium, n. 47).
 
Allo stesso modo tutti i cristiani sono chiamati a imitare il Buon 
Pastore. Soprattutto le famiglie cristiane possono collaborare con Lui 
prendendosi cura delle famiglie ferite, accompagnandole nella vita di 
fede della comunità. Ciascuno faccia la sua parte nell’assumere 
l’atteggiamento del Buon Pastore, il quale conosce ognuna delle sue 
pecore e nessuna esclude dal suo infinito amore!
Nessun commento:
Posta un commento