sabato 25 ottobre 2014

Ella Henderson - Yours (RAK Studio Sessions) .....PER VOI UN MOMENTO DI BELLEZZA....


Scuola di Cristianesimo del Movimento Ecclesiale Carmelitano del 17 Settembre 2014 (Padre Antonio Sicari)



Domande sulla Scuola di Cristianesimo del 17 Ottobre

Ho provato a formulare/mi  delle domande per il gruppetto dopo aver riascoltato le parole di P.Antonio.
Volevo proporvele per prepararci meglio al prossimo incontro così da "centrare"meglio le esperienze che ci vorremo comunicare e fare del nostro stare insieme una festa....perchè "il dono senza compito non. diventi sterile e il compito senza il dono non diventi triste"...A Presto e grazie della vostra amicizia..
In comunione Valter

1)Hai una profondità dove senti che stai parlando co Dio? (la vita è preghiera)
2)L'amore è sostanza:come vivo le difficoltà,le fatiche e le sofferenze alla luce della croce di Cristo e dell'Eucarestia?
3)Che cosa stai facendo per combattere i tuoi "appetiti" e le voglie che ti distaccano dal Dono e dai doni di Cristo?
4)La mia umanità "gode" dell'umanità di Cristo:sono un suo prolungamento,dove?

Quei-tre-minuti-perfetti-della-littizzetto-sugli-ovuli-congelati-delle-dipendenti-apple-e-facebook

quei-tre-minuti-perfetti-della-littizzetto-sugli-ovuli-congelati-delle-dipendenti-apple-e-facebook://www.tempi.it/#.VEwF-2fMHFw

Aprite il link sopra cliccandoci sopra....Bell'articolo....segnalato da Gianni Tosi...grazie

venerdì 24 ottobre 2014

Etsuro Sotoo, il costruttore di cattedrali..e la vita di Gaudì..(Da Tempi)

Sotoo è capitato per un accidente a Barcellona, ai piedi della Sagrada Familia «che non capivo se stessero demolendo o costruendo». Ma soprattutto, mentre tutti i turisti facevano incendiare i flash verso l’alto delle guglie, lui ammirava ai piedi della cattedrale i grossi cubi di marmo ancora non lavorati. Vuoi mettere lo splendore del grezzo? Eccoci, pensò. Fece domanda e lo assoldarono. Oggi è lo scultore principe della Sagrada. Lui, di natali orientali, si trova nella posizione che fu del geniale catalano Antoni Gaudí, l’arquitecto de Dios. A margine della sua conferenza milanese ha confidato che «la prima volta che entrai nella Sagrada Familia intuii che era opera di un altro. Oggi, mi sembra di entrare in casa mia».
L’ampiezza della ferita rivela l’arco che ha scoccato il dardo. Lo squarcio nella carne dell’artista Etsuro Sotoo non ha mai smesso di sanguinare. Ripercorrendo al contrario il tragitto della freccia è arrivato in Spagna, a quella chiesa in cui – disse una volta Gaudí – un giorno «gli angoli spariranno e la materia svelerà le sue rotondità astrali. Il sole penetrerà in tutte le direzioni. Sarà la rappresentazione del Paradiso».
Un dandy dall’animo antico
Secondo George Weigel l’Europa contemporanea ha scelto come suo monumento i cartesiani spigoli de La Défense obliando la rigogliosa magnificenza della cattedrale di Notre Dame. La Sagrada Familia è l’eccezione architettonica che conferma la regola moderna. La volle il libraio José María Bocabella, presidente dell’Associació de Devots de Sant Josep, che acquistò un pezzo di terreno in una zona allora periferica della città. Si dice che le 170 mila pesetas con cui acquistò il terreno fossero state custodite per anni nel pavimento del suo negozio. Poiché la chiesa era stata progettata per essere un tempio espiatorio, fu posta come condizione non negoziabile che i lavori procedessero solo grazie alle offerte dei fedeli. Questo spiega perché, qualche anno fa, un gruppo di facoltosi giapponesi si offrì di finanziarne il completamento, ma la proposta fu rifiutata. La Sagrada Familia è l’unica chiesa al mondo costruita con i tempi lenti e anonimi del Medioevo. «Questo tempio sarà finito da san Giuseppe» ripeteva spesso Gaudí, che aveva in sé la coscienza medioevale che la chiesa è un’opera collettiva di un popolo, non il pregevole manufatto di un singolo. «Non vorrei terminare io i lavori, perché non sarebbe conveniente. Bisogna sempre conservare lo spirito del monumento, ma la sua vita deve dipendere dalle generazioni che se la tramandano e con le quali la Chiesa vive e si incarna», spiegava ancora. «La finirà san Giuseppe. Il mio cliente, colui che me l’ha ordinata non ha fretta. In questa chiesa tutto è frutto della Provvidenza, inclusa la mia partecipazione come architetto».
La vita stessa di Gaudí è l’emblema di tale assunto. Nato nel 1852 a Reus, figlio di un ramaio, mostrò sin da giovane tutta la propria sregolata genialità. Snobbato dai committenti pubblici che non ne apprezzavano le stravaganti fughe futuristiche (tutto ciò che gli ha commissionato il Comune di Barcellona è la costruzione di un lampione), Gaudí ebbe la fortuna di trovare mecenati che ne favorirono il genio. Anticlericale socialisteggiante, conduceva serafico la vita del dandy. Capelli biondi e folti, occhi azzurri, portamento signorile, si faceva preparare i cappelli a cilindro da Arnau, il miglior negozio di copricapi di Barcellona, e si lasciava radere la barba solo dal sofisticato coiffeur Audonard. Quando il 3 novembre 1883 gli fu affidata la Sagrada Familia aveva 31 anni. Diverrà l’opera della sua vita, come la Divina Commedia per Dante e il Faust per Goethe. Vi lavorò maniacalmente per 43 anni, di cui 12 passati esclusivamente sul posto. Morirà il 10 giugno 1926 all’incrocio tra la Gran Via e la calle Bailén, investito da un tram. La leggenda vuole che nessuno riconobbe in quel cencioso moribondo il grande architetto e che alcuni tassisti si rifiutarono di trasportare quel maleodorante accattone all’ospedale più vicino. Ma due giorni dopo il corteo funebre che accompagnò la sua salma era lungo un chilometro, dall’ospedale Santa Cruz alla Sagrada Familia. Oggi è sepolto nella cripta, nella cappella della Vergine del carmine cui era devoto. L’epigrafe recita: Antonius Gaudi Cornet, reusensis.
Ha detto Gaudí: «Nella Sagrada Familia tutto è provvidenziale. Già all’inizio una signora fece una donazione di 700 mila pesetas che permise di dare al progetto una dimensione superiore a quella prevista in origine». Già nel 1914, quando Gaudí si trovava nel mezzo dei lavori, erano stati spesi più di 3 milioni di pesetas. Anche non finita, comunque, la Sagrada Familia è il monumento spagnolo più visitato: ogni anno accoglie 2 milioni e mezzo di visitatori. Per il completamento definitivo della chiesa servono invece almeno 20 o 30 anni, se si rispettano i piani stabiliti. La cattedrale, a 130 anni dalla posa della prima pietra, è ancora un grande cantiere.
È la natura la vera opera d’arte
Se è vero che l’architetto Gaudí era trasportato dalla sua esuberanza creativa a progettare realizzando, è anche vero che la struttura di base dell’opera e i suoi rimandi interni, come una Divina Commedia di pietra, sono numerosissimi. Li spiega Sotoo: «Si pensava che un passo umano fosse di settantacinque centimetri. Dieci passi sono 7,5 metri: questo è il modulo. La distanza tra le colonne è 7,5 metri. Il doppio sono quindici metri come l’altezza minima delle colonne. La distanza fra i colonnati è 22,5 metri, cioè tre volte il modulo e il tetto è sette volte il modulo: 52,5 metri. Ci sono 90 metri dall’ingresso fino in fondo, cioè dodici volte 7,5 metri. Gaudí ha usato questa misura come linguaggio architettonico, ma non ha mai dimenticato il cuore, ha sempre usato sia la tecnica sia il cuore. Non bisogna essere dominati dagli strumenti: ciò significherebbe giungere al momento in cui l’io si frantuma». L’anima è nell’idea gaudiana che è la natura la vera opera d’arte, e Dio il suo pittore. All’artista spetta il compito di riproporla in tutto il suo rigoglìo floreale e faunistico.
Nel tormento vitale delle pietre di Gaudí si trova rappresentato tutto ciò che sta sotto il cielo. Rane, dragoni, salamandre, lucertole, serpenti stanno abbarbicati sulle pareti esterne «senza poter entrare all’interno perché esseri demoniaci». Tacchini e galline, foglie di palma e segni zodiacali ornano ogni dove muri e soffitti, guglie e doccioni. Un’inusitata illustrazione di episodi biblici si trova sulle pareti perché Gaudí non voleva solo costruire un luogo di preghiera, ma una vera e propria bibbia che, ogni giorno, «aperta al bacio del sole, grande pittore delle nostre terre, si dorerà e colorerà da sola».
La bellezza è lo splendore della verità» ripeteva Gaudí che era maniacale nella cura dei più minimi dettagli. Nell’architrave della porta nel portico della Fede si vede il cuore di Cristo rappresentato con crudo realismo, mentre le spine lo trafiggono e i fiori e le api lambiscono il sangue divino. «Siccome l’arte è bellezza, senza verità non c’è arte. Per conoscere la verità, si devono conoscere bene gli esseri del mondo creato», sentenziava. è per questo che sceglieva come modelli per le sue sculture le persone che lavoravano alla costruzione del tempio. Andava persino a recuperare i cadaveri dell’hospital de la Santa Creu, traendo calchi e maschere per i propri personaggi.
Oggi ardite guglie simili a stalagmiti attratte dal cielo, come per una sorta di forma di gravità al contrario, sono collegate da ponti che, nella testa del maestro, erano simboli papali: la chiesa è sempre in costruzione e i direttori dei lavori sono i Pontefici (da ponti-fex, colui che cura la costruzione del ponte). Nelle parole di Gaudí: «La Chiesa edifica continuamente dei tempi che rappresentano il ponte per raggiungere la Gloria».
Il pellicano invisibile
C’è chi ritiene, davanti a tale complessità di particolari e a tale mastodontica visione complessiva, impossibile poter proseguire nell’opera di Gaudí. L’arquitecto de Dios non ha lasciato nulla di scritto, affidando le sue idee solo alla memoria dei suoi discepoli e a pochi disegni, la gran parte perduti. A chi gli domanda come sia possibile proseguire, Sotoo spiega che «di fronte alla pietra bisogna essere umili. La pietra è una grande maestra. Di fronte a Gaudí è la stessa cosa. Ogni giorno, guardando la pietra, chiedo a Gaudí cosa fare». Per meglio farsi intendere Sotoo illustra una scultura che sta appena sotto l’Albero della vita: un pellicano, l’animale che secondo un’antica tradizione, sacrificandosi per sfamare i propri piccoli, aveva grattato fino alla morte la propria pancia piena di pesci. «È variamente interpretato – spiega Sotoo – ma si concorda sul fatto che sia il simbolo dell’amore materno, esempio di Cristo nell’eucarestia o Cristo resuscitato». Accadde che il pellicano si ruppe, rischiava di cadere e, chiosa Sotoo, «è un tipo di amore materno molto pericoloso se ti cade sulla testa». Gli chiesero di restaurarlo e lo fece in modo così mirabile che gli architetti proposero di spostarlo in altra parte della chiesa in modo che fosse più visibile. «Mi chiedevo: perché Gaudí l’ha invece pensato per essere così lontano dall’osservatore? Ero un giapponese in Spagna, lontano da casa, distante dagli affetti. L’amore per antonomasia è l’affetto per la madre, un tipo di amore che affiora nella nostra coscienza soprattutto quando è assente. Siamo così stupidi noi uomini, ci accorgiamo del bene quando non c’è, di rado quando è presente. Gaudí voleva comunicarci esattamente questo: farci sentire lo struggimento per questo amore distante. Voleva ammonirci, per contrasto, richiamandoci ad amare quel che ci è vicino».
Sotoo fece ricollocare il pellicano là dov’era. Oggi, per un suggestivo incrocio di destini, a proseguire la costruzione della cattedrale cattolica è uno scultore giappone. Ed è significativo che, sempre oggi, mentre tanti architetti europei brancolano dubbiosi non sapendo più dove porre le proprie pietre angolari, sia diventato Sotoo il loro punto di riferimento. Lui sa cosa fare. Sa dire dove e come le pietre vadano collocate. Il segreto è semplice: «Se l’architetto è Dio, e non Gaudí, per sapere come proseguire occorre guardare nella stessa direzione in cui guardava Gaudí. Non devi guardare Gaudí, devi guardare dove indica». Dice lo scultore che questo gli ha permesso di essere libero: «Tutti i contemporanei sono stanchi, anche quando non fanno niente. Perché? Perché sentiamo il nostro agire come frutto di un’imposizione, di un ordine. Per liberarsi da questa costrizione occorre un maestro che indichi l’approdo del viaggio, ma ci lasci liberi di giungervi secondo la nostra creatività».
Un’arpa senza corde
La fantasia creativa di Sotoo assume le forme più strane. A volte, addirittura, si manifesta attraverso una mancanza. Tra le prime sculture che gli furono affidate c’era quella di un angelo che suonava l’arpa. Quando Sotoo terminò, mostrò l’esecuzione ai discepoli di Gaudí che gli fecero notare la mancanza delle corde dello strumento. «Non le ho messe di proposito, risposi. Le sculture non sono completate dallo scultore, ma da chi le osserva. L’arte è un continuo rinnovarsi, un continuo dialogo tra chi opera e chi osserva, senza mai recare noia. Io volevo che le corde dell’arpa fossero messe da chi vedeva la scultura. Volevo che lo spettatore immaginasse ciò che non c’era».
Intanto prosegue un altro tipo di “costruzione”: il cardinale Ricardo María Carles Gordó, arcivescovo emerito di Barcellona, il 12 aprile del 2000 ha aperto solennemente il processo di beatificazione di Gaudí. Sotoo, con altri teologi, architetti, storici, biografi, artisti, è fra i testimoni. Dopo essere passato attraverso il buddismo, lo scintoismo, la new age, nel 1991 ha chiesto il battesimo. «Gaudí è stato una scintilla, non è stato tutto» ha raccontato. «Da tempo cercavo, quando ho trovato Gaudí e la Sagrada Familia ho aderito». Secondo molti studiosi, quando la Sagrada Familia sarà terminata supererà in grandiosità ed esuberanza tutte le chiese realizzate da duemila anni di cristianità. Quando sarà pronta risuoneranno nelle sue navate le note di cinque organi e le voci di oltre duemila cantori.

Un'altra umanità - Gen Rosso



NOI CONOSCIAMO UN'ALTRA UMANITA'!!!!

LOPPIANO- Esempio di fraternità da parte del Movimento dei Focolari

La nostra carta d'identità

Perché sono tutti contro Asia Bibi? (dal sito di Aleteia)

Come è possibile condannare a morte per blasfemia una donna se non esiste neanche una prova?


Il racconto del marito di Asia Bibi, Ashiq Masih, è emblematico.

Ashiq, come racconta Tempi.it (20 ottobre), era presente in aula quando il giudice di appello ha confermato la condanna a morte per la cristiana accusata ingiustamente di blasfemia. A colloquio con la ong British Pakistani Christians, l’uomo rivela i dettagli della drammatica vicenda: «c’era anche un gran numero di imam e leader islamici che gridavano in continuazione: “Blasfemi!” e “Uccidetela!”».

Giudici sotto pressione
Una testimonianza che mostra quanto i giudici fossero sotto pressione degli estremisti islamici, che più volte hanno minacciato di morte e perfino ucciso fuori dal tribunale avvocati, imputati e giudici. «Questo processo di appello era un raggio di speranza ma il rigetto dell’appello ha distrutto la mia fiducia nel sistema legale pakistano». Ashiq ha poi aggiunto: «Non ho detto ai miei figli della sentenza della corte. Come potevo? Sono troppo spaventato della loro possibile reazione. Già adesso sono tutti molto depressi: ci aspettavamo infatti che a breve sarebbe tornata a casa».

Ora c'è ancora una possibilità per Asia Bibi ed è la Corte suprema: «I miei legali sono estremamente fiduciosi che la Corte suprema annullerà questa sentenza» conclude il marito.


E si spera che la Corte possa farlo "prendendo in considerazione tutti gli aspetti del caso". Lo scrive in un appello la Commissione per i diritti dell'uomo del Pakistan (Hrcp), autorevole ong che ha avuto i suoi martiri nella battaglia ingaggiata contro la legge anti-blasfemia, utilizzata spesso contro i cristini, come nel caso di Asia Bibi. In un comunicato la Commissione sostiene che "il risultato dell'appello di Asia Bibi all'Alta Corte ha deluso molti ed ora tutti gli occhi sono puntati sulla Corte Suprema". "Il Pakistan - si dice ancora - è in una situazione difficile perché la legge sulla blasfemia, ed il modo in cui viene applicata, non sono stati sottoposti ancora ad una necessaria revisione. (Avvenire, 21 ottobre)

Ma come è possibile condannare a morte per blasfemia una donna, se non c’è neanche una prova?

Su questo punto è intervenuto Haroon Barkat Masih, direttore della “Masihi Foundation”, impegnata in Pakistan per il miglioramento della vita dei cristiani e anche nella difesa di cristiani ingiustamente accusati di blasfemia: "Ci sono troppi interessi in gioco dietro al caso di Asia Bibi. Troppi poteri forti e troppe pressioni che, alla fine, coprono e finiscono per calpestare la verità dei fatti”, ha detto in un colloquio con l’Agenzia Fides. “La corruzione e il desiderio di sfruttare il caso per fini economici è un altro aspetto presente” aggiunge Haroon Barkat. Il direttore ricorda infine che alla Corte Suprema la sentenza di condanna può essere ribaltata e che, anche in caso di condanna, il Presidente del Pakistan avrebbe sempre potere di concedere la grazia.

sabato 11 ottobre 2014

DON ZENO E NOMADELFIA (Dove la fraternità è legge) - La Storia e il film su youtube

          
IL FILM


Padre e fondatore di Nomadelfia è don Zeno Saltini.

30 AGOSTO 1900. Zeno Saltini nasce a Fossoli di Carpi (MO), in una famiglia patriarcale.
1914 - IL RIFIUTO DELLA SCUOLA. A 14 anni e mezzo Zeno rifiuta di continuare gli studi, affermando che a scuola insegnano cose che non incidono nella vita, e va a lavorare nei poderi della famiglia. Vive in mezzo ai braccianti, conosce le loro miserie e ne condivide le giuste aspirazioni.
1920 - "CAMBIO CIVILTA' ". Soldato di leva nella caserma del III Telegrafisti a Firenze, ha uno scontro violento, lui cattolico, con un amico anarchico alla presenza degli altri soldati. L'anarchico sostiene che Cristo e la Chiesa sono di ostacolo al progresso umano.
Zeno sostiene il contrario, pur riconoscendo che i cristiani sono in gran parte incoerenti. Ma l'anarchico è istruito e lui no. Tra i fischi degli altri soldati, Zeno si ritira da solo e decide: "Gli risponderò con la mia vita. Cambio civiltà cominciando da me stesso. Per tutta la vita non voglio più essere né servo né padrone".
Decide di studiare legge e teologia, mentre continua a dedicarsi ad attività di apostolato ed al recupero di ragazzi sbandati. Si laurea in legge presso l'Università Cattolica di Milano. Aveva intenzione di difendere come avvocato coloro che non potevano pagarsi un difensore; ora però si rende conto che la sua missione è di prevenire che cadano in disgrazia: decide di farsi sacerdote.
storia1931 - SACERDOTE - IL PRIMO FIGLIO. Celebra la sua prima Messa nel duomo di Carpi e all'altare prende come figlio un ragazzo di 17 anni appena uscito dal carcere: Danilo.
mamma-1941 1941 - LA PRIMA MAMMA.
A S. Giacomo Roncole, vicino a Mirandola (MO), don Zeno accoglie come figli altri fanciulli abbandonati e fonda l'Opera Piccoli Apostoli. Ha giurato sull'altare che mai avrebbe fatto un collegio.
Scoppia la seconda guerra mondiale.
Nel 1941 una giovane studentessa, Irene, scappa da casa e si presenta a don Zeno dichiarandosi disposta a far da mamma ai Piccoli Apostoli.
Don Zeno, con l'approvazione del vescovo, le affida i più piccoli e nasce con lei una maternità nuova, virginea. Altre giovani donne la seguono, sono le "mamme di vocazione".
Alcuni sacerdoti si uniscono a don Zeno e danno inizio ad un clero comunitario.
1943-1945. LA RESISTENZA. Con l'armistizio dell'8 settembre 1943 i tedeschi occupano l'Italia.
Don Zeno, che aveva preso più volte posizione contro il fascismo, la guerra e le leggi razziali, parte per il Sud. Alcuni figli lo seguono per sfuggire alle deportazioni in Germania.
A S. Giacomo l'Opera è duramente perseguitata e si tenta di disperderla.
Diversi giovani Piccoli Apostoli entrano nelle formazioni partigiane, mentre alcuni sacerdoti P.A. contribuiscono all'organizzazione della resistenza e aiutano centinaia di ebrei e di perseguitati politici a raggiungere la Svizzera con documenti falsi. Sette Piccoli Apostoli perdono la vita per la riconquista della libertà.

1947. I Piccoli Apostoli occupano il campo di concentramento di Fossoli.
1948 - NASCE NOMADELFIA. Dopo la fine della guerra, nel 1947, i Piccoli Apostoli occupano l'ex campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi, per costruire la loro nuova città. Abbattono muraglie e reticolati, mentre accanto alle famiglie di mamme di vocazione si formano le prime famiglie di sposi, che chiedono a don Zeno di poter accogliere i figli abbandonati, decisi ad amarli alla pari di quelli che nasceranno dal loro matrimonio.
Il 14 febbraio 1948 approvano il testo di una Costituzione che verrà firmata sull'altare. L'Opera Piccoli Apostoli diventa così Nomadelfia, che significa dal greco: "Dove la fraternità è legge".
don zeno 1950
1950. Don Zeno propone al popolo il "Movimento della Fraternità Umana".
1950 - IL MOVIMENTO DELLA FRATERNITA' UMANA. Nel 1950 Nomadelfia propone al popolo un movimento politico chiamato "Movimento della Fraternità Umana", per abolire ogni forma di sfruttamento e per promuovere una democrazia diretta. Ma l'ostilità delle forze politiche al governo e di alcuni ambienti ecclesiastici blocca l'iniziativa.
I nomadelfi sono 1150, dei quali 800 figli accolti (molti dei quali bisognosi di cure particolari) e 150 ospiti senza casa e senza lavoro. La situazione economica diventa sempre più pesante. Sfruttando questo pretesto si tenta di sciogliere Nomadelfia.
maremma I nomadelfi arrivano in Maremma. Per due anni vivono sotto le tende.
1952 - LO SCIOGLIMENTO. Il 5 febbraio 1952 il Sant'Ufficio ordina a don Zeno di lasciare Nomadelfia. Don Zeno ubbidisce. Costretti ad abbandonare Fossoli, i nomadelfi si rifugiano a Grosseto, su una tenuta di diverse centinaia di ettari da bonificare, donata da Maria Giovanna Albertoni Pirelli, dove vivono in gran parte sotto le tende.
Pur lontano dai figli, don Zeno cerca di provvedere alle loro necessità, e sempre più spesso deve difenderne in tribunale alcuni che, strappati alle famiglie di Nomadelfia, sono ricaduti nella malavita.

1953 - LA LAICIZZAZIONE PRO GRATIA. Chiede perciò al Papa di poter rinunciare temporaneamente all'esercizio del sacerdozio per tornare alla guida dei suoi figli. Nel 1953 Pio XII gli concede la laicizzazione "pro gratia". Depone la veste, torna fra i suoi figli. I nomadelfi dopo la dispersione sono circa 400.

1962 - LA "SECONDA" PRIMA MESSA. Nel 1954 don Zeno crea i "gruppi familiari". Nel 1961 i nomadelfi si danno una nuova Costituzione come associazione civile, e don Zeno chiede alla Santa Sede di riprendere l'esercizio del sacerdozio. Nomadelfia viene eretta in parrocchia e don Zeno nominato parroco.
Il 22 gennaio 1962 celebra la sua "seconda prima messa".
Nel 1965 don Zeno propone ai nomadelfi una nuova forma di apostolato: le "Serate di Nomadelfia", uno spettacolo di danze.
Nel 1968 inizia la pubblicazione del mensile "Nomadelfia è una proposta".
Nello stesso anno i nomadelfi ottengono dal Ministero della Pubblica Istruzione di educare i figli sotto la loro responsabilità, nella propria scuola interna.
papa 1980
I nomadelfi offrono una "Serata" al Papa.
12 AGOSTO 1980. I nomadelfi presentano a Giovanni Paolo II, nella villa di Castelgandolfo, una "Serata". E' presente tutta la popolazione di Nomadelfia. Il Papa dice tra l'altro: "Se siamo vocati ad essere figli di Dio e tra noi fratelli, allora la regola che si chiama Nomadelfia è un preavviso e un preannuncio di questo mondo futuro dove siamo chiamati tutti".
15 GENNAIO 1981 - LA MORTE DI DON ZENO. Pochi mesi dopo don Zeno, colpito da infarto, rivolge ai nomadelfi le ultime parole prima dell'agonia: si può considerare il suo testamento.
Muore in Nomadelfia il 15 gennaio 1981, mentre il Papa riceve una delegazione di nomadelfi insieme ai quali prega per lui e invia la sua benedizione.

sabato 4 ottobre 2014

FAMIGLIA : FORZA DI UNA COMUNIONE D'AMORE NEGLI IMPREVISTI DELLA VITA - Testimonianza di Leo




Ripropongo il mio video della partecipazione delle nostre famiglie del MEC alla Festa della Famiglia nel 2012


LA SANTITA' TRA LE NOSTRE MURA :I coniugi Guerin (Genitori di S.Teresa di Gesù Bambino) meditazione di PADRE ANTONIO SICARI

                                    



Bellissima meditazione da riproporre in occasione del Sinodo Speciale sulla Famiglia che inizia oggi in Vaticano

IL CALORE DI UNA FAMIGLIA :VILLAGGIO DEI RAGAZZI A CIOCANARI IN ROMANIA

VILLAGGIO DEI RAGAZZI Fabio . Sergio . Guido
Promosso da:
Caritas di Bucarest
Ass. Fratello Mio Onlus (MI)
Ass. Gruppo 29 maggio '93
Fabio-Sergio_guido di Ghedi (BS)
Asociatia Mladita di Bucarest





ACCOGLIENZA - EDUCAZIONE ALLA VITA - FORMAZIONE AL LAVORO

Il progetto "Villaggio dei Ragazzi Fabio-Sergio-Guido" è nato dalla condivisione del desiderio di alcune persone, raccolte in associazioni varie, di accogliere, educare alla vita e formare al lavoro quei giovani che si trovano in situazioni di abbandono o di solitudine o di precarietà e marginalità economica e sociale.


Perchè in Romania?

Tutti hanno il diritto di non essere espropriati della fanciullezza.
Ma in Romania tantissimi bambini non riconosciuti ed abbandonati, tantissimi giovani, orfani di risorse affettive, formative ed economiche, non conoscono il calore della famiglia, hanno poche ragioni per gioire del presente, e meno ancora di un futuro il cui destino è l'accentuazione del disagio sociale in cui si trovano.


Le associazioni autrici di questo progetto intendono dare una risposta concreta a questo bisogno di accoglienza promuovendo la costruzione del Villaggio dei Ragazzi intitolato a Fabio, Sergio e Guido, i tre giovani volontari italiani uccisi il 29 maggio 1993 nel corso di una missione di aiuto in Bosnia.
L'iniziativa sarà gestita dall'Associazione Mladita (espressione del Movimento Ecclesiale Carmelitano) attiva da tempo a Bucarest.





Il villaggio intende offrire a bambini e ragazzi:

- Una vera famiglia
in cui verranno accolti e custoditi come figli


- Un ambiente comunitario
costituito dalle famiglie e dai ragazzi che, una volta adulti e inseriti nelle attività lavorative, lasceranno le famiglie per vivere in piccoli gruppi in altre case


- Una formazione professionale
volta all'acquisizione di competenze tecniche nell'agricoltura, nell'allevamento, nell'artigianato, che si realizzerà nell'inserimento delle attività lavorative del villaggio.





Il progetto completo del villaggio prevede attualmente:

- Case alloggio delle famiglie e dei giovani che usciranno dalle famiglie
- Case per i servizi comuni
- Scuola
- Centro polivalente
- Chiesa
- Piccolo centro sportivo
- Strutture per attività agricole, di trasformazione dei prodotti, di allevamento ed artigianali
- Arredi e corredi per i vari edifici
- Macchinari ed impianti

La prima fase del progetto prevede la realizzazione delle seguenti opere:

- Strada di accesso al villaggio
- Prime 4 case alloggio e relative infrastrutture tra cui un pozzo
- Un locale per il ricovero di macchinari e attrezzi



Puoi aiutarci versando un contributo all'Associazione Punto Missione Onlus

Via Castello 10 . 25121 Brescia . Tel: 030/42517
E-Mail: puntomissione@mec-carmel.org
Sito: www.puntomissioneonlus.org
Sul Conto Corrente Postale n. 16896656
Causale "Villaggio dei Ragazzi" Romania
Oppure con Bonifico Bancario su
Banca Popolare Etica -Filiale di Brescia.
Conto Corrente Bancario n. 107161
ABI: 05018 CAB: 11200 CIN: Q
IT BBAN: Q0501811200000000107161
EU IBAN: IT89QO501811200000000107161
SWIFT: CCRTIT2184C
O direttamente all'Associazione Mladita, che sta costruendo e gestendo il villaggio
Sat Ciocanari n° 224/A
137331 Niculesti - Jud Dambovita - Romania
Tel. 0040 749079557 - 0040 722443234
E-Mail:mladita@mec-carmel.org

Con Bonifico Bancario su
Banca Italo Romena -Filiale di Bucarest.
IBAN: RO11BITRBU1EUR015535CCO1
SWIFT: BITRROBU

TESTIMONIANZA DI FAMIGLIE IN COMUNIONE DEL MOVIMENTO ECCLESIALE CARMELITANO A BAIDA (PALERMO)

ANCORA IN COMUNIONE

Il desiderio con il quale ci siamo salutati a conclusione del percorso “Coppie in comunione”, a Marzo, si è concretizzato con una serata in pizzeria che ci ha visti ancora una volta partecipi di un’esperienza semplice di fraternità. Durante gli incontri che si sono svolti nella parrocchia di San Giovanni Battista a Baida, ci siamo nutriti della Parola di Dio che il Parroco che ci ha seguiti, Fra Domenico Giorlando, ci ha dispensato ad ogni incontro, delle esperienze che tutti generosamente abbiamo messo a disposizione, di momenti di convivialità, attraverso la condivisione del pranzo. Gesù ci ha insegnato, attraverso i suoi innumerevoli incontri con le persone, attraverso le Parabole, i miracoli, come vuole che la famiglia umana si relazioni. ”Condividere”, “fare comunione”, è ciò che veramente ci permette di familiarizzare, scambiarci pensieri, vissuti, esperienze che, in un modo o in un altro ci lasciano un segno.

Gesù incontrava le persone, oltre che per strada (Pensiamo all’emorroissa, a Zaccheo, al cieco nato), attorno ad un tavolo (Pensiamo a tutti i brani evangelici che ci parlano di Gesù invitato, “Le nozze di Cana” o che invita se stesso a casa di qualcuno, “Zaccheo”), l’ultima cena, durante la quale ci lascia tutto se stesso affinché potessimo continuare a nutrirci di Lui insieme ai fratelli.

Una comunione di famiglie che possano sperimentare la bellezza e la vivacità della propria vocazione al Matrimonio, è il desiderio che ci ha animati e continua ad animarci nel portare avanti il nostro apostolato. Papa Francesco, all’udienza generale del 25 Giugno 2014, che ha visto il Movimento Ecclesiale Carmelitano di cui facciamo parte, protagonista, insieme a tantissime altre esperienze ecclesiali, ci ha esortati a testimoniare dappertutto che la fede cristiana risponde pienamente alle speranze e alle attese profonde dell’uomo, mi sembra che, la breve ma intensa esperienza di Chiesa insieme alle famiglie che il Signore ci ha dato la grazia di incontrare, nella Parrocchia di San Giovanni Battista, a Baida, ma non solo, dimostri che siamo in questa direzione e che, con il suo aiuto, possiamo continuare a testimoniare che vivere il sacramento del Matrimonio, in questo nostro tempo che lo mette continuamente in discussione,  è, non solo possibile, ma anche estremamente bello.

Giusy Ampola


Movimento Ecclesiale Carmelitano :Famiglia di Famiglie (contributo per il Sinodo) testo per riflettere...

Durante gli Esercizi Spirituali svolti in Sicilia nel 2011 è stato presentato il libro "Famiglie in Comunione" di Giovanni Pillitteri e Michelangelo Nasca, Riflessioni elaborate su testi di P. Antonio Maria Sicari. Uno strumento nato all'interno di un gruppo di Scuola di Cristianesimo del MEC di Palermo, in seguito allo studio di alcuni testi di P. Antonio Sicari sulla coniugalità, la famiglia, il rapporto tra fidanzati, i figli e il mistero della fede in essi contenuto. Di seguito riportiamo la presentazione del testo curata da Antonio Bellingreri.

Presentazione
di Antonio BELLINGRERI

Non occorre consultare le statistiche per comprendere quanto oggi la famiglia sia ferita. Un numero crescente di coppie mette in questione l'amore coniugale, sia perché lo si reputa un vincolo rescindibile, pertanto un'esperienza ripetibile nel tempo, sia perché si preferisce di non accedervi affatto, accettando che le relazioni che si vivono conservino un carattere di precarietà permanente. La crisi tocca anche la vita familiare, perché vacilla o crolla la convinzione che essa possa essere luogo generativo, di accoglienza di nuove esistenze e di cura educativa, affinché nuove persone siano generate proprio come persone.
Un fatto sintomatico di questa situazione è costituito forse dall'affermarsi, in particolare negli Stati Uniti, di gruppi e di movimenti che diffondono una visione anarcoide e radicaleggiante del matrimonio e della famiglia: presentate come scelte di vita e forme di relazioni che se sono andate bene in alcune epoche della storia umana, non è detto che debbano sopravvivere per l'avvenire; potrebbero (dovrebbero, secondo questa opinione) essere sostituite da nuove scelte e nuove modalità relazionali.
Sollevando però lo sguardo, per considerare, anche solo a grandi linee, lo svolgimento delle società umane, ci si persuade che la loro storia non è attraversata unicamente da esperienze di critica o di crisi, da vicende che in modo inequivocabile ci appaiono, per la qualità della vita umana, di segno negativo. In realtà, in ogni momento delle vicende umane, è possibile scoprire e descrivere fenomeni che, in ragione della loro intrinseca bontà etica e assiologica, con evidenza ci appaiono positive, vere e proprie conquiste nel senso di una maggiore autenticità personale e sociale. Le emergenze, potremmo pertanto affermare, presentano sia momenti critici, quelli nei quali occorre subito un soccorso, ma possono essere irruzione di fenomeni nuovi: l'emergere di modalità nuove d'intendere e di condurre l'esistenza, che vanne in direzione di una crescita, di un autentico progresso umano. La distinzione dei due significati che il termine stesso "emergenza" in sé serba, è della massima importanza per una riflessione sulla sorte del matrimonio e della famiglia: ci orienta e ci mobilita nella ricerca dei «segni dei tempi», di quelli che portano anche, accanto alle cose vecchie, cose inedite; forse sarebbe meglio scrivere così: che ci fanno vedere in una luce nuova, l'antico, secondo virtualità inespresse che non si erano pienamente manifestate in altri periodi della cultura e dalla civiltà umana.
Per parte mia, reputo che uno di questi «segni» sia l'affermarsi di una visione e di una esperienza di vita che vanno verso una sempre maggiore personalizzazione dell'essere e dell'esistenza: la scelta di vivere in prima persona la propria vita, da attori protagonisti, senza accettare di svolgere ruoli secondari o parti insignificanti. È una disposizione di fondo che impegna al massimo grado la libertà e la consapevolezza, esaltando la nostra dimensione propriamente personale; ed è una novità di grande rilievo, soprattutto se la si interpreta come alternativa adeguata rispetto al diffondersi e al divenire prevalente di una dimensione anonima, impersonale o apersonale, dell'esistenza; a questa paiono consegnati la maggior parte dei nostri contemporanei, gli abitatori delle società della tarda modernità, soggetti di esistenze «liquide», come è stato scritto, di vite frammentate e per lo più spente.
C'è però un altro «segno», prossimo a questo appena descritto e che tocca proprio il matrimonio e la famiglia. Queste realtà umane per eccellenza, oggi, da un numero di persone ancora minoritario ma ognor crescente, sono intese e vissute come vere e proprie scelte esistenziali: in particolare, per quanti vogliono essere e permanere nell'amore di Cristo e nella fedeltà alla sua Chiesa, esse sono diventate e vengono percepite come vocazioni speciali.
Da un lato, ciò dipende da una situazione più generale, che riguarda in qualche modo tutti, che forse bene la si designerebbe, denotandola con l'espressione coniata da qualcuno, che parla della «tramonto del mito di Romeo e Giulietta». Si tratta del mito che ha dominato la modernità; esso è stato sicuramente significativo perché ha indotto a mettere il sentimento al centro delle scelte della propria vita affettiva. oggi però oggi viene percepito come una forma d'amore che crea dipendenza - al pari, per intenderci, dell'alcool o delle droghe; è in ultima istanza im-morale – non a caso, infatti, il mito porta entrambi i protagonisti al suicidio. Questo mito è percepito oggi nel suo limite sostanziale, soprattutto perché è cresciuta la consapevolezza dell'alterità dell'altro: l'altro, il mio partner, è un'altra esistenza e un destino originale, irriducibile al mio; unendomi a lui e scegliendo di sposarlo, io scelgo di esserne il compagno nella sua esistenza e il custode del suo destino: colui che mette prima d'ogni cosa la piena fioritura della vita di chi gli sta accanto, perché pervenga ad una buona destinazione; certo che non si debba cercare in altro un senso e una gioia piena.
Dall'altro lato, per quanti scelgono di essere i discepoli amorosi di Gesù, il matrimonio e la famiglia sono intesi e vissuti come una vocazione particolare (nello stesso senso in cui, sino a non molto tempo, così si diceva dei figli e delle figlie che in una famiglia sceglievano di andare in convento), perché è cresciuta la consapevolezza teologale o sacramentale dell'amore dell'uomo e della donna e della loro generatività. Oggi va maturando viepiù la coscienza che questo amore sponsale, in quanto amore è l'evento che, più d'ogni altro nel cosmo, rende realmente presente e operante il Mistero stesso di Dio; e in quanto sponsale, lega i coniugi realmente ed efficacemente alla Persona stessa di Cristo: tanto che ognuno, nel volto della sua sposa/del suo sposo, vede e riconosce un riflesso del Volto santo – il volto dell'altro resta l'unico volto umano col quale ciascuno può figurarsi, in qualche modo, il Volto di Dio.
Ma il matrimonio è una vocazione speciale anche perché fonda una famiglia, un luogo di accoglienza e di cura benevolente di persone che noi contribuiamo a chiamare all'essere dal loro non essere. La famiglia porta per ogni soggetto una qualche risposta al fondamentale bisogno di riconoscimento che costituisce l'essere personale: la persona infatti, per essere, ha bisogno di essere riconosciuta nell'essere: voluta amata stimata abbracciata baciata…, da chi sceglie di farla fiorire in pienezza. Si tratta di un mistero molto grande perché proprio la famiglia può essere il luogo in cui si generano nuovi discepoli di Gesù, nuovi figli e figlie della Chiesa; anzi, come costantemente ci è stato ricordato da molti documenti ufficiali a partire dal Concilio, la famiglia diventa essa stessa Chiesa, una piccola e insieme grande «Chiesa domestica».
Siamo di fronte ad una speciale chiamata, ma bisogna subito aggiungere che si tratta di una vocazione impegnativa; soprattutto oggi, nel tempo in cui il matrimonio e la famiglia sono così duramente e radicalmente osteggiate, è difficile anche per i discepoli di Gesù compiere questa scelta di vita e restare interi, assumerla come compito per tutto il tempo della propria esistenza in questo mondo. Possiamo tutti correre il rischio di disorientarsi e di smarrirsi, se nessuno ci può portare aiuto e sostegno.
Nel testo, breve ma denso, che sto presentando si ragiona proprio di questo sostegno da offrire a chi è chiamato a questa vocazione; l'essenziale è portato a sintesi facendo ricorso alle belle espressioni «famiglia di famiglie» e «famiglie in comunione». È necessario, ecco la convinzione di fondo dei curatori, pensare e costruire dei luoghi, che sia educativi per eccellenza, in cui si possa rispondere al bisogno di orientamento e di cura, di soccorso infine, perché gli sposi e le famiglie cristiane, soprattutto quelle più giovani, possano scoprire e vivere in pienezza la loro vocazione speciale.
I curatori sono due giovani insegnanti, e soprattutto giovani sposi e padri, che hanno attinto alle riflessioni che P. Antonio Sicari, in quelli che restano forse i suoi libri più belli, ha offerto sul matrimonio sulla famiglia e sulla essenziale verginità di cuore che occorre chiedere e conquistare per viverli bene. Nel testo è diffuso per tutto il clima carmelitano, se ne può sentire il tepore in ogni pagina; per tale ragione, questo piccolo libro è uno strumento prezioso: esso apre alla certezza che nell'intera esistenza umana, in tutta la realtà cosmica, è in opera un grande mistero d'amore: è la «divina passione», Dono ineffabile d'amore ed insieme attesa, (molto) spesso sofferta, che questo amore offerto possa essere accolto e ricambiato.

Veglia di preghiera in preparazione al Sinodo Straordinario sulla Famiglia - 4 Ottobre 201-Video e Preghiera4

PREGHIERA ALLA SANTA FAMIGLIA
di Papa Francesco


Gesù, Maria e Giuseppe
in voi contempliamo
lo splendore dell’amore vero,
a voi con fiducia ci rivolgiamo.

Santa Famiglia di Nazareth,
rendi anche le nostre famiglie
luoghi di comunione e cenacoli di preghiera,
autentiche scuole di Vangelo
e piccole Chiese domestiche.

Santa Famiglia di Nazareth,
mai più nelle famiglie si faccia esperienza
di violenza, chiusura e divisione:
chiunque è stato ferito o scandalizzato
conosca presto consolazione e guarigione.

Santa Famiglia di Nazareth,
il prossimo Sinodo dei Vescovi
possa ridestare in tutti la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
la sua bellezza nel progetto di Dio.

Gesù, Maria e Giuseppe
Ascoltate, esaudite la nostra supplica.



Preghiera da dire in famiglia per il Sinodo

INVOCAZIONE ALLO SPIRITO SANTO
(Papà e mamma si alternano)
Spirito Santo, Amore del Padre e del Figlio R. Scendi su di noi
Spirito Santo, dono di Cristo risorto R. “
Spirito Santo, guida dei pastori R. “
Spirito Santo, maestro interiore R. “
Spirito Santo, luce di verità R. “
Spirito Santo, acqua che dà vita R. “
Spirito Santo, fuoco che riscalda R. Rimani in noi
Spirito Santo, vento che spinge al largo R. “
Spirito Santo, fonte di comunione R. “
Spirito Santo, sorgente di fedeltà R. “