A cavallo fra l’epoca del muto e quella del sonoro aveva già realizzato una trilogia cristiana: I dieci comandamenti (1923), Il re dei re (1927) ed ora questo film sonoro, del 1932.
L’opera ha altre caratteristiche peculiari: è un film Pre-code,
realizzato cioè in quel ridotto intervallo di anni che vanno dalla
nascita del sonoro nel 1927 all’adozione del codice Hays che divenne
operativo nel 1934 e che imponeva strette regole di censura. La versione
che è attualmente disponibile in DVD è in gran parte quella originale,
perché il film venne rieditato nel 1938, per tagliare alcune scene; in
particolare quelle cruente nell’arena dove elefanti, coccodrilli,
gorilla, facevano scempio dei cristiani e quelle più sensuali durante i
festini fra patrizi romani. Si è conservato invece l’ormai famoso bagno
di Poppea nel latte di pecora: si racconta che il latte utilizzato,
sotto l’effetto del calore dei riflettori diventasse rancido e Claudette
Colbert abbia dovuto recitare sopportando un odore nauseabondo. Un
altro elemento che caratterizzò la produzione di quel tempo fu la
contingenza di dover lavorare nel pieno della Great Depression: si usarono in gran parte i fondali già utilizzati nel precedente I dieci comandamenti e
per ridurre i costi delle comparse nelle scene di massa si impiegarono
gli stessi tecnici della troupe che a turno indossavano tuniche romane.
Il cast manifesta subito le doti di talent scout
di Cecille de Mille: oltre al già affermato Fredric March, Cecille fece
esordire Charles Laughton , un attore inglese che aveva conosciuto a
Londra e qui alla sua prima apparizione importante in un film: una
scelta che si rivelerà profetica. Claudette Colbert, anche lei nella
sua prima parte importante, mette a punto il suo ruolo di donna
maliziosa e seduttrice, qui in una parte che le diede grande notorietà,
alla quale non è estraneo il famoso bagno nel latte. Con la figura di
Poppea, interpretata da Claudette viene messo a punto un tipo femminile
che si ripresenterà in altri film di De Mille: se Poppea cerca di
distogliere Marco dalla casta cristiana Marsia, se Dalila (Hedy Lamarr)
vuole vendicarsi di Sansone in Sansone e Dalila (1949), anche ne I dieci comandamenti
del 1956 Nefertiti (Anne Baxter) cerca di distrarre con le sue armi
femminili Mosè (Charlton Heston ) dalla sua missione divina.
Per uno spettatore moderno, è sicuramente un
elemento di distrazione notare come gli attori, in questo film del 1932,
non si sono ancora affrancati da una recitazione enfatica secondo la
consolidata tradizione del muto (quando una donna ride, deve portare
tutta la testa all’indietro; quando un uomo è arrabbiato, deve mettere i
pugni sui fianchi) ma a poco a poco il racconto prende quota.
Il tema portante è l’amore di Marcus, ricambiato,
per Marsia. Marcus desidera quella ragazza: come prefetto di Roma è
abituato ad avere tutto ciò che desidera ma è anche una persona retta
(Marsia lo ha capito) e sa che ciò che si vuole amare non può esser
conquistato con la forza. Anche la giovane Marsia sente dentro di se’ la
voglia di vivere e di innamorarsi ma è convinta ormai che solo il
cristianesimo può dare la vera vita e la vera felicità; non
da soli ma assieme al resto della comunità anche se questo comporta
andare verso un infausto destino. Nel momento culminante della storia,
l’amore verso Dio (maturo in Marsia, appena percepito in Marcus) e
l’amore fra i due innamorati si intrecciano inestricabilmente e l’unico
modo per portare a compimento la loro unione sarà quella di andare
risoluti verso quella vita dopo la morte che è stata promessa dalla
nuova fede.
Le sequenze che rappresentano i primi cristiani
sono particolarmente toccanti: il regista contrappone visivamente un
ambiente pagano lussurioso e crudele ai pacifici e virtuosi cristiani
che si riuniscono nei pressi delle catacombe per ascoltare la lettura
delle lettere di S. Paolo e che poi, rinchiusi nelle celle del Colosseo
in attesa che si compia il loro destino pregano e cantano insieme. In
quei sotterranei il regista riesce a farci rendere partecipi di quegli
ultimi momenti: ai cristiani giungono attutiti i rumori dall’arena ma
quando sentono che gli applausi aumentano di intensità capiscono che una
parte dello spettacolo è finita e la loro angoscia si rinnova perché
sanno che adesso potrebbe toccare a loro.
Scenograficamente il percorso verso il loro
destino si compie con la salita su di una ripida scala e con l’apertura
di un enorme portone: una luce irrompe nei sotterranei, trasfigurando
quello che è l’ingresso nell’arena , in un passaggio verso cieli nuovi e
terre nuove.
Gli autori hanno sapientemente evitato anonime
scene collettive: la personalizzazione dell’angoscia di quei momenti
viene realizzata nella figura di Stefano, che si sente troppo giovane
per morire e si affida a Marsia, la sua sorellastra. Ancora una volta
fede e affetto umano si sostengono a vicenda: Stefano andrà sereno al
martirio perché sa che verrà sostenuto nelle prova dalla fede di Marsia.
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