“Il rinnovamento della Chiesa in America e nel mondo dipende dal rinnovamento
della prassi della penitenza”, ha detto papa Benedetto al Nationals Stadium a
Washington.
Papa Giovanni Paolo II ha trascorso i suoi ultimi anni sulla terra pregando i
cattolici di tornare alla confessione, includendo questa supplica in un
urgente
motu proprio sulla confessione e in un'enciclica
sull'Eucaristia.
Il pontefice ha definito la crisi nella Chiesa la crisi della confessione, e ha
scritto ai sacerdoti:
“Sento il desiderio di invitarvi caldamente, come ho già fatto lo scorso
anno, a riscoprire personalmente e a far riscoprire la bellezza del sacramento
della Riconciliazione”.
Perché tutta questa ansia nei confronti della confessione? Perché quando
saltiamo la confessione perdiamo il senso del peccato. La perdita del senso del
peccato è alla base di tanti mali nella nostra epoca, dagli abusi di bambini
alla disonestà finanziaria, dall'aborto all'ateismo.
Come promuovere allora la confessione? Ecco qualche spunto di riflessione.
Sette ragioni per tornare alla confessione, a livello sia naturale che
soprannaturale.
1. Il peccato è un peso
Un terapista ha raccontato la storia di una paziente che aveva attraversato un
terribile ciclo di depressione e disprezzo di sé fin dalle scuole superiori.
Nulla sembrava essere d'aiuto. Un giorno, il terapista ha incontrato la
paziente davanti a una chiesa cattolica. Si sono riparati lì dentro mentre
iniziava a piovere e hanno visto le persone che andavano a confessarsi.
“Dovrei andare anch'io?”, ha chiesto la paziente, che aveva ricevuto il
sacramento da bambina. “No!”, ha detto il terapista. La paziente è andata
comunque, ed è uscita dal confessionale con il primo sorriso che faceva da
anni, e nelle settimane successive ha iniziato a migliorare. Il terapista ha
studiato di più la confessione, alla fine è diventato cattolico e ora consiglia
la confessione regolare a tutti i suoi pazienti cattolici.
Il peccato porta alla depressione perché non è solo una violazione arbitraria
delle regole: è una violazione dell'obiettivo inscritto nel nostro essere da
Dio. La confessione solleva la colpa e l'ansia provocate dal peccato e ti
guarisce.
2. Il peccato fa peggiorare
Nel film “3:10 to Yuma”, il cattivo Ben Wade dice “Non perdo tempo a fare
niente di buono, Dan. Se fai una cosa buona per qualcuno, immagino che diventi
un'abitudine”. Ha ragione. Come diceva Aristotele, “Siamo quello che facciamo
ripetutamente”. Come sottolinea il Catechismo, il peccato provoca
un'inclinazione al peccato. La gente non mente, diventa bugiarda. Noi non
rubiamo, diventiamo ladri. Fare una pausa decisa dal peccato ridefinisce,
permette di iniziare nuove abitudini di virtù.
“Dio è determinato a liberare i suoi figli dalla schiavitù per condurli alla
libertà”, ha detto papa Benedetto XVI. “E la schiavitù più grave e più profonda
è proprio quella del peccato”.
3. Abbiamo bisogno di dirlo
Se rompi un oggetto che
appartiene a un amico e che gli piaceva molto, non ti basterà mai limitarti a
dispiacerti. Ti sentirai costretto a spiegare quello che hai fatto, a esprimere
il tuo dolore e a fare qualsiasi cosa sia necessaria per rimettere a posto le
cose.
Accade lo stesso quando rompiamo qualcosa nel nostro rapporto con Dio. Abbiamo
bisogno di dire che ci dispiace e di cercare di sistemare le cose.
Papa Benedetto XVI sottolinea che dovremmo provare la necessità di confessarci
anche se non abbiamo commesso un peccato grave. “Facciamo pulizia delle nostre
abitazioni, delle nostre camere, almeno ogni settimana, anche se la sporcizia è
sempre la stessa. Per vivere nel pulito, per ricominciare; altrimenti, forse la
sporcizia non si vede, ma si accumula. Una cosa simile vale anche per l'anima”.
4. Confessarsi aiuta a conoscersi
Ci sbagliamo molto su noi stessi. La nostra opinione di noi stessi è come una
serie di specchi deformanti. A volte vediamo una versione forte e splendida di
noi, che ispira rispetto, altre volte una visione grottesca e odiosa.
La confessione ci costringe a guardare alla nostra vita con obiettività, a
separare i peccati reali dai sentimenti negativi e a vederci come siamo
realmente.
Come indica Benedetto XVI, la confessione “ci aiuta ad avere una coscienza più
svelta, più aperta e così anche di maturare spiritualmente e come persona
umana”.
5. La confessione aiuta i bambini
Anche i bambini devono accostarsi alla confessione. Alcuni scrittori hanno
sottolineato gli aspetti negativi della confessione infantile - essere messi in
fila nelle scuole cattoliche ed essere “costretti” a pensare alle cose delle
quali sentirsi colpevoli.
Non dovrebbe essere così.
L'editrice del
Catholic Digest Danielle Bean ha spiegato una
volta come i suoi fratelli e le sue sorelle strappavano la lista dei peccati
dopo la confessione e la gettavano nel canale di scolo della chiesa. “Che
liberazione!”, ha scritto. “Rimandare i miei peccati nel mondo oscuro da dove
erano venuti sembrava del tutto appropriato. 'Ho picchiato mia sorella sei
volte' e 'ho parlato dietro mia madre quattro volte' non erano più pesi che
dovevo portare”.
La confessione può dare ai bambini un posto per sfogarsi senza paura, e un
luogo in cui ottenere gentilmente il consiglio di un adulto quando temono di
parlare con i propri genitori. Un buon esame di coscienza può guidare i bambini
alle cose da confessare. Molte famiglie rendono la confessione un “outing”,
seguito da un gelato.
6. Confessare i peccati mortali è necessario
Come sottolinea il Catechismo, il peccato mortale inconfessato “provoca
l'esclusione dal regno di Cristo e la morte eterna dell'inferno; infatti la
nostra libertà ha il potere di fare scelte definitive, irreversibili”.
Nel XXI secolo, la Chiesa ci ha ricordato più volte che i cattolici che hanno
commesso un peccato mortale non possono accostarsi alla Comunione senza essersi
confessati.
“Perché un
peccato sia
mortale si
richiede che concorrano tre condizioni: È peccato mortale quello che ha per
oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza
e deliberato consenso”, afferma il Catechismo.
I vescovi statunitensi hanno ricordato ai cattolici i peccati comuni che
costituiscono materia grave nel documento del 2006 “Beati gli invitati alla sua
cena”. Questi peccati includono mancare alla Messa la domenica o una festa di
precetto, aborto ed eutanasia, qualsiasi attività sessuale extramatrimoniale,
furto, pornografia, maldicenza, odio e invidia.
7. La confessione è un incontro personale con Cristo
Nella confessione, è Cristo che guarisce e ci perdona, attraverso il ministero
del sacerdote. Abbiamo un incontro personale con Cristo nel confessionale. Come
i pastori e i magi alla mangiatoia, proviamo stupore e umiltà. E come i santi
alla crocifissione, proviamo gratitudine, pentimento e pace.
Non c'è maggior risultato nella vita che aiutare un'altra persona a tornare
alla confessione.
Dovremmo voler parlare della confessione come parliamo di qualsiasi altro
evento significativo nella nostra vita. Il commento “Riuscirò a farlo solo
dopo, perché devo andare a confessarmi” può essere più convincente di un
discorso teologico. E visto che la confessione è un evento significativo nella
nostra vita, è una risposta appropriata alla domanda “Cosa fai questo
weekend?”. Molti di noi hanno anche storie di confessione interessanti o
divertenti, che vanno raccontate.
Fate sì che la confessione torni ad essere un evento normale. Fate sì che più
gente possibile scopra la bellezza di questo sacramento liberatorio.
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Tom Hoopes è vicepresidente di College Relations e
scrittore presso il Benedictine College di Atchison, Kansas (Stati Uniti). I suoi scritti sono apparsi su First Things’ First Thoughts,
National Review Online, Crisis, Our Sunday Visitor, Inside Catholic e Columbia. Prima
di entrare al Benedictine College, era direttore esecutivo del National
Catholic Register.
È stato segretario stampa per il presidente
dello U.S. House Ways & Means Committee. Insieme alla moglie April è
stato codirettore editoriale della rivista Faith & Family
per
5 anni. Hanno nove figli. I loro punti di vista espressi in questo blog non
riflettono necessariamente quelli del Benedictine College o dell'Istituto
Gregoriano.
[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]