Seno di bosco discende al ritmo di montuose fiumare. Questo ritmo mi rivela Te, il Verbo Primordiale. Com'è stupendo il Tuo silenzio in tutto ciò che da ogni dove propala un mondo reale... che assieme al seno di bosco scende giù da ogni versante... tutto ciò che con sé trascina l'argentata cascata del torrente, che dal monte cade ritmato, trasportato dalla propria corrente... - dove trasportato?
Che hai detto, torrente di monte? In che luogo t'incontri con me? Con me che sono altresì perituro come te, siffatto... Ma cosiffatto come te? (Di fermarmi qui, acconsenti - consentimi di fermarmi al varco, ecco uno di questi semplici portenti. ) Non si stupisce una fiumara scendente e silenziosamente discendono i boschi al ritmo del torrente - però un umano si meraviglia. Il varco che un mondo trapassa attraverso l'uomo è dello stupore la soglia, (una volta, proprio questo portento fu nominato "Adamo". ) Ed era solo, col suo stupore, tra le creature senza meraviglia - per le quali esistere e trascorrere era sufficiente. L'uomo, con loro, scorreva sull'onda dello stupore! Meravigliandosi, sempre emergeva dal maroso che lo trasportava, come per dire a tutto il mondo: "fermati! - in me hai un porto, in me c'è quel luogo d'incontro col Primordiale Verbo" - "fermati, questo trapasso ha un senso, ha un senso... ha un senso... ha un senso!"
S.GIOVANNI XXIII: "Cari figliuoli, sono nato a Sotto il Monte da una famiglia di contadini, eravamo molto poveri ed è soltanto grazie all’aiuto dello zio Zaverio che ho potuto studiare in seminario. Sono diventato Papa nel 1958, avevo 77 anni e mi rendevo conto che dovevo “fare alla svelta”. Ho subito
pensato che la Chiesa doveva “aggiornarsi” per parlare al cuore
dell’uomo contemporaneo. Per questo ho voluto il Concilio Vaticano II:
un incontro a Roma di tutti i vescovi del mondo per dare un nuovo volto
alla Chiesa. La sera dell’11 ottobre 1962 all’apertura del Concilio mi
sono affacciato dalla mia finestra. Quanta gente che c’era in piazza,
era uno spettacolo di folla. Dal cuore allora mi sono sgorgate queste
parole: “Anche la luna si è affacciata questa sera per vedere questo
spettacolo…Quando tornate a casa date una carezza ai vostri bambini e
dite loro che questa è la carezza del Papa…”. Il Concilio è iniziato
così con la mia carezza. Ma il Signore aveva altri progetti e dopo
qualche tempo ho iniziato a non stare bene. Sono volato in Cielo l’anno
dopo, nel 1963. Era Pentecoste quando ho potuto sentire sulla mia
guancia la carezza di Dio. Già la carezza… è segno di bontà, di pace.
Bontà e Pace ho sempre raccomandato a tutti e le raccomando anche a voi.
Siate strumenti di Pace! Anche a voi do la mia carezza. È la carezza
del Papa. È la carezza della bontà e della pace, portatela a chi
incontrate".
S.GIOVANNI PAOLO II: "Carissimi, ho servito la Chiesa per tanti anni, dal 1978 al 2005, ben 27 anni.
Mi hanno chiamato da lontano, dalla Polonia ed ero giovane, avevo 58 anni e mi piaceva molto camminare sui monti, andare a sciare,nuotare e scrivere poesie. Da giovanissimo ho fatto anche l’attore di teatro e lavorato come operaio. Sono rimasto orfano di mamma all’età di 9 anni e fin da piccolo ho sentito la mano di Dio, la sua Misericordia occuparsi di me e dirigere i miei passi. Divenuto Papa ho avuto nel cuore il desiderio di far conoscere quanto è grande l’amore di Dio per l’uomo, quanta sia smisurata la Sua Misericordia. Anche il pomeriggio del 13 maggio 1981 ho fatto una grande esperienza di Misericordia. Era il giorno della Madonna di Fatima, ero in piedi sulla jeep e stavo passando tra la gente prima dell’udienza generale. A un tratto un
giovane uomo, scuro di pelle di nome Alì Agca sì è fatto largo tra la
folla e ha premuto il grilletto della sua pistola ed io mi sono
accasciato tra le braccia del mio segretario mormorando in polacco:
“Madonna mia, Madonna mia”. L’auto si è infilata velocemente per le vie
di Roma e mi ha portato al Policlinico Gemelli, dove sono arrivato più
morto che vivo. Se ho avuta salva la vita quel giorno lo devo a Lei, a
Maria, fu la sua mano materna a guidare la traiettoria della pallottola.
Le mani di Maria mi hanno salvato perché continuassi ad essere
strumento dell’amore e della Misericordia del suo Figlio percorrendo le
strade del mondo. Anche il 2 aprile 2005, ormai agonizzante, Festa della
Misericordia, guardavo ai quadri di Gesù e della Madonna Nera di
Czestocova, di fronte al mio letto, ed è pregando che mi sono
addormentato per risvegliarmi in Cielo e contemplare in eterno il Padre e
la Madre della Misericordia. Da qui prego perché possiate essere
strumenti di Misericordia. Coraggio, non abbiate paura ad esserlo!"
"Ho sentito la voce di Giovanni Paolo II che mi diceva: Alzati, non aver paura!"
Intervista a Floribeth Mora Diaz, la donna del Costa Rica guarita
per intercessione di Wojtyla da un aneurisma cerebrale che l'avrebbe
portata alla morte in meno di un mese
È giunta a Roma Floribeth Mora Diaz, la 51enne donna del
Costa Rica guarita inspiegabilmente da un aneurisma cerebrale per
intercessione di Giovanni Paolo II. È grazie al suo miracolo che
domenica il Papa polacco verrà elevato agli onori degli altari. E
Floribeth è venuta di persona dall’altra parte del mondo per dire ancora
grazie a Wojtyla per averla salvata. Incontrata da ZENIT, la donna ha
raccontato molti particolari della sua vita, da quando i medici le
dissero che a causa della sua malattia non c’era più nulla da fare fino
alla sorpresa degli stessi dottori nel vedere gli esami “dopo il
miracolo”.
Ieri pomeriggio, inoltre, Floribeth ha raccontato ai giornalisti la
sua commossa testimonianza in un briefing nell’atrio dell’Aula Paolo
VI, a cui ha preso parte anche suor Adele Labianca che assistette la
consorella Caterina Capitani, guarita per intercessione di Giovanni
XXIII. Di seguito l’intervista alla “miracolata” di Giovanni Paolo II.
***
Come reagì quando i medici le dissero che aveva un aneurisma
alla base del cervello che la avrebbe portata alla morte in meno di un
mese?
Floribeth Mora: Quando mi dissero la diagnosi rimasi sorpresa perché
non me lo aspettavo per nulla, mi sono sempre considerata una persona
sana. In ospedale sono andato migliaia di volte giusto per partorire i
miei quattro figli. Il peggio però è stato nei giorni dopo, quando mi
dissero che avevo un mese di vita. Quello fu il momento più drammatico…
Addirittura i medici le dissero di tornare a casa perché non c’era più nulla da fare…
Floribeth Mora: Si, fu incredibile, mai mi sarei aspettata una
notizia così forte. Tuttavia sono rimasta aggrappata alla mando di Dio.
Chiedevo al Signore che mi desse la forza, perché avevo tanta tanta
paura, ma Gli dicevo anche che ero disposta a fare la Sua volontà e non
la mia.
E ha poi chiesto l’intercessione di Giovanni Paolo II…
Floribeth Mora: Nonostante non fosse stato ancora beatificato, ho
sempre pensato che Giovanni Paolo II fosse un santo, già da quando era
in vita lo consideravo una persona speciale, non solo adesso che viene
canonizzato.
Perché si rivolse a Giovanni Paolo II e non ad un altro Santo?
Floribeth Mora: Io ho sempre ammirato Padre Pio da Pietrelcina e
creduto nella sua intercessione, però con Wojtyla era diverso… Fu il
primo Papa che venne in Costa Rica e colpì tutti noi. All’epoca avevo 19
anni. Lo vidi passare per strada ed ebbi poi la possibilità di
partecipare alla Messa che celebrò a La Sabana, dove c’erano parecchi
giovani. E anche se l’ho visto solo da lontano l’ho sempre sentito
vicino.
Quando ha capito di aver ricevuto il miracolo?
Floribeth Mora: Quando sentii una voce nella mia stanza che mi disse:
“Alzati!”, e poi ancora: “Alzati, non avere paura!”. Avevo lì vicino
una rivista con in copertina una foto di Giovanni Paolo II con le mani
alzate come se mi sollevassero; allora mi alzai con calma, senza paura,
senza dolore, con una pace incredibile e la consapevolezza che ero
guarita. Da quel giorno sto in piedi per gloria di Dio.
In che lingua le parlò questa "voce"?
Floribeth Mora: In spagnolo, era la sua voce forte, non ebbi il
minimo dubbio, e tuttora non ho mai dubitato di quello che ho ascoltato,
sono sicurissima: era Giovanni Paolo II che mi parlava.
Quanti esami medici affrontò prima? Consultò anche medici di altri paesi?
Floribeth Mora: In altri paesi no, perché non avevamo i mezzi
economici sufficienti. Fui comunque visitata da vari neurologi del Costa
Rica. Per prima cosa mi fecero una TAC, poi una risonanza magnetica e
la artereografía.
L’aneurisma è stato riscontrato nell’artereografia o in altri esami?
Floribeth Mora: In tutti gli esami si vedeva l’aneurisma. Da parte
mia ero sicura di una cura immediata, nonostante non avessimo tanti
soldi che lo garantissero. La cura, però, la vidi soltanto sei mesi dopo
quando mi fecero la risonanza magnetica. Ho chiaramente impressa nella
mia mente l’espressione del medico che correva da una parte all’altra
per controllare se gli esami fossero corretti. Non riusciva a credere a
questi ultimi esami, consultava ogni angolo dell’archivio, perché diceva
che una donna con un problema cerebrale come il mio non poteva stare
così bene. Io gli rispondevo: “Sì, sono sana, sono guarita per
intercessione di Giovanni Paolo II”. E gli esami medici perché provavano
quello che io dicevo.
Poi cosa successe?
Floribeth Mora: Dopo mi visitarono diversi neurologi del Costa Rica
ed esperti del settore. Rimanevano sempre tutti sbalorditi. Risi molto
quando alcuni mi dissero addirittura: “Signora, ma a lei chi ha detto
che aveva un aneurisma?”. In seguito, fui ricoverata qui a Roma, nel
Policlinico Gemelli, nell’ottobre 2012. Anche lì mi visitarono tanti
medici, neurologi, e mi fecero sempre gli stessi esami: risonanza
magnetica, artereografia e via dicendo.
E ora non ha nessuna traccia, nessuna cicatrice?
Floribeth Mora: Questa è la cosa più importante, non c’era traccia in
nessun esame che indicava che in qualche momento avevo avuto un
aneurisma. Tantomeno ho avuto conseguenze sul mio fisico, né subii danni
o una paraplegia al lato sinistro come avevano predetto i dottori.
UN GRAZIE SINCERO AD ALESSANDRO...... E AI TANTI EDUCATORI CHE SONO COME LUI..........CAPACI DI ASCOLTARE E TRASMETTERE UNA PASSIONE PER LA VITA) (vediamo
il video dal minuto 6, dopo le presentazioni.....è molto utile
soprattutto per per i genitori....).......Ancora BUONA PASQUA DI
RESURREZIONE!!)
Oh, vedo l'alba del giorno più buio
Cristo sulla via del Calvario Provato da uomini peccatori, picchiato, Inchiodato su una croce di legno
Questa è la potenza della croce
Cristo si è fatto peccato per noi
Ha preso la colpa, portato l'ira
Ci leviamo in piedi perdonati alla croce
Oh, vedo scritto sul tuo viso il dolore
Tenendo il peso terribile del peccato
Ogni pensiero amaro, ogni cattiva azione
Corona la tua fronte insanguinata
Ora si fugge diurne, ora il terreno crolla sotto
Terremoti, lampi sulla sua testa
Il tempio si squarciò in due, morti risuscitano alla vita
E 'Finito il grido di vittoria.
Oh, vedo il mio nome scritto nelle tue ferite
Per la tua sofferenza sono libero
La morte è schiacciata a morte, la vita è mia da vivere
Ha vinto per mezzo del tuo amore disinteressato
Questa è la potenza della croce
Figlio di Dio, immolato per noi
Questo è l'amore, quello che ha un costo
Ci leviamo in piedi perdonati davanti alla croce
Ricordiamo oggi la Passione di Cristo che si unisce alla Passione dell'uomo per Lui, perchè Lui sia conosciuto e amato...e così l'uomo sia rispettato e amato... Prego oggi in particolare per la nostra comunità del Libano, gli amici in Colombia,Lettonia,Romania..e i tanti testimoni dell'amore com-passionevole di Cristo che conosco...
31-1-2014 Si è concluso ieri sera a Roma, nella Sala della Conciliazione del
Palazzo Lateranense, il ciclo delle tre Letture teologiche promosse
dalla diocesi di Roma. Tema dell’incontro “Il castello interiore di S.
Teresa di Gesù”. Sulla figura di questa grande santa spagnola, dottore
della Chiesa, Marina Tomarro ha intervistato padre Antonio Sicari, teologo presso l’Istituto teologico dei Carmelitani Scalzi di Brescia:
R.
– Stiamo parlando di una Santa, di una grande donna vissuta nel ‘500 –
secolo d’oro spagnolo – che prima di tutto ha capito che la sua vita,
dall’inizio alla fine, era stata un continuo dialogo con Dio, non sempre
compreso, non sempre vissuto fino in fondo e non sempre bello, però
inarrestabile e sempre più profondo. Questa donna, un po’ alla volta, ha
capito come dovrebbe essere fatta anche la convivenza umana e come
dovrebbe esser fatto l’essere umano. Quindi, Santa Teresa non ha proprio
scritto – anche perché il testo era destinato alle sue monache - ma era
più che altro un modo per esprimere la sua concezione dell’uomo.
D. – Nel "Castello interiore" si parla delle sette dimore dove accede l’anima. Possiamo arrivarci anche noi?
R.
– Tutti sono chiamati. È certamente un rapporto d’amore tra Dio e
l’anima: Dio, l’amore può essere fermato soltanto da una cosa, da colui
che dice “Io non voglio amare, io non voglio il tuo amore”. Ma appena
una persona comincia ad aprirsi, allora l’amore ha la capacità di
scavare l’anima e quello che all’inizio era un piccolo amore diventa
sempre di più un amore grande, perché l’amore ricevuto scava l’anima.
San Giovanni della Croce arriva a dire: “Quando Dio ama una persona le
dà il diritto di amarla come è amato, cioè di amare Dio come Dio la ama e
quindi di diventare divino”.
Dentro la storia divino-umana della passione di Gesú ci sono tante piccole storie di uomini e di donne entrati nel raggio della sua luce o della sua ombra. La più tragica di esse è quella di Giuda Iscariota. È uno dei pochi fatti attestati, con uguale rilievo, da tutti e quattro i vangeli e dal resto del Nuovo Testamento. La primitiva comunità cristiana ha molto riflettuto sulla vicenda e noi faremmo male a non fare altrettanto. Essa ha tanto da dirci.
Giuda fu scelto fin dalla prima ora per essere uno dei dodici.
Nell’inserire il suo nome nella lista degli apostoli l’evangelista Luca scrive “Giuda Iscariota che divenne” (egeneto) il traditore” (Lc 6, 16). Dunque Giuda non era nato traditore e non lo era al momento di essere scelto da Gesú; lo divenne! Siamo davanti a uno dei drammi più foschi della libertà umana.
Perché lo divenne? In anni non lontani, quando era di moda la tesi del Gesú “rivoluzionario”, si è cercato di dare al suo gesto delle motivazioni ideali. Qualcuno ha visto nel suo soprannome di “Iscariota” una deformazione di “sicariota”, cioè appartenente al gruppo di zeloti estremisti che agivano da “sicari” contro i romani; altri hanno pensato che Giuda fosse deluso dal modo con cui Gesú portava avanti la sua idea del “regno di Dio” e che volesse forzargli la mano ad agire anche sul piano politico contro i pagani. È il Giuda del celebre musical “Jesus Christ Superstar”e di altri spettacoli e romanzi recenti. Un Giuda che
si avvicina a un altro celebre traditore del proprio benefattore: Bruto che uccise Giulio Cesare per salvare la Repubblica!
Sono ricostruzioni da rispettare quando rivestono qualche dignità
letteraria o artistica, ma non hanno alcun fondamento storico. I vangeli – le uniche fonti attendibili che abbiamo sul personaggio – parlano di un motivo molto più terra-terra: il denaro. A Giuda era stata affidata la borsa comune del gruppo; in occasione dell’unzione di Betania aveva protestato contro lo spreco del profumo prezioso versato da Maria suipiedi di Gesù, non perché gli importasse dei poveri, fa notare Giovanni, ma perché “era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro” (Gv 12,6). La sua proposta ai capi dei sacerdoti è esplicita: “Quanto siete disposti a darmi, se io ve lo consegno? Ed essi gli fissarono trenta sicli d'argento” (Mt 26, 15).
* * *
Ma perché meravigliarsi di questa spiegazione e trovarla troppo
banale? Non è stato forse quasi sempre così nella storia e non è ancora oggi così? Mammona, il denaro, non è uno dei tanti idoli; è l’idolo per antonomasia; letteralmente, “l’idolo di metallo fuso” (cf. Es 34, 17). E si capisce il perché. Chi è, oggettivamente, se non soggettivamente (cioè nei fatti, non nelle intenzioni), il vero nemico, il concorrente di Dio, in questo mondo? Satana? Ma nessun uomo decide di servire, senza motivo, Satana. Se lo fa, è perché crede di ottenere da lui qualche potere o qualche beneficio temporale. Chi è, nei fatti, l’altro padrone, l’anti-Dio, ce lo dice chiaramente Gesù: “Nessuno può servire a due padroni: non potete servire a Dio e a Mammona” (Mt 6, 24). Il denaro è il “dio visibile”[1], a differenza del Dio vero che è invisibile.
Mammona è l’anti-dio perché crea un universo spirituale alternativo, cambia oggetto alle virtù teologali. Fede, speranza e carità non vengono più riposte in Dio, ma nel denaro. Si attua una sinistra inversione di tutti i valori. “Tutto è possibile a chi crede”, dice la Scrittura (Mc 9, 23); ma il mondo dice: “Tutto è possibile a chi ha il denaro”. E, a un certo livello, tutti i fatti sembrano dargli ragione.
“L’attaccamento al denaro -dice la Scrittura- è la radice di tutti i mali” (1 Tm 6,10). Dietro ogni male della nostra società c’è il denaro, o almeno c’è anche il denaro. Esso è il Moloch di biblica memoria, a cui venivano immolati giovani e fanciulle (cf. Ger 32, 35), o il dio Azteco, cui bisognava offrire quotidianamente un certo numero di cuori umani. Cosa c’è dietro il commercio della droga che distrugge tante vite umane, lo sfruttamento della prostituzione, il fenomeno delle varie mafie, la corruzione politica, la fabbricazione e il commercio delle armi, e perfino – cosa orribile a dirsi – alla vendita di organi
umani tolti a dei bambini? E la crisi finanziaria che il mondo ha
attraversato e che questo paese sta ancora attraversando, non è dovuta in buona parte all’”esecranda bramosia di denaro”, l’aurisacra fames,[2]da parte di alcuni pochi? Giuda cominciò con sottrarre qualche denaro dalla cassa comune. Dice niente questo a certi amministratori del denaro pubblico?
Ma senza pensare a questi modi criminali di accumulare denaro, non è già scandaloso che alcuni percepiscano stipendi e pensioni cento volte superiori a quelli di chi lavora alle loro dipendenze e che alzino la voce appena si profila l’eventualità di dover rinunciare a qualcosa, in vista di una maggiore giustizia sociale?
Negli anni ’70 e ‘80, per spiegare, in Italia, gli improvvisi
rovesciamenti politici, i giochi occulti di potere, il terrorismo e i misteri di ogni genere da cui era afflitta la convivenza civile, si andò affermando l’idea, quasi mitica, dell’esistenza di un “grande Vecchio”: un personaggio scaltrissimo e potente che da dietro le quinte avrebbe mosso le fila di tutto, per fini a lui solo noti. Questo “grande Vecchio” esiste davvero, non è un mito; si chiama Denaro!
Come tutti gli idoli, il denaro è “falso e bugiardo”: promette la
sicurezza e invece la toglie; promette libertà e invece la distrugge. San Francesco d’Assisi descrive, con una severità insolita, la fine di una persona vissuta solo per aumentare il suo “capitale”. Si avvicina la morte; si fa venire il sacerdote. Questi chiede al moribondo: “Vuoi il perdono di tutti i tuoi peccati?”, e lui risponde di sì. E il sacerdote: “Sei pronto a soddisfare ai torti commessi, restituendo le cose che hai frodato ad altri?”. Ed egli: “Non posso”. “Perché non puoi?”. “Perché
ho già lasciato tutto nelle mani dei miei parenti e amici”. E così egli muore impenitente e appena morto i parenti e gli amici dicono tra loro: “Maledetta l’anima sua! Poteva guadagnare di più e lasciarcelo, e non l’ha fatto!”[3].
Quante volte, di questi tempi, abbiamo dovuto ripensare a quel grido rivolto da Gesú al ricco della parabola che aveva ammassato beni a non finire e si sentiva al sicuro per il resto della vita: "Stolto, questa notte stessa l'anima tua ti sarà ridomandata; e quello che hai preparato, di chi sarà?" (Lc 12,20)!”. Uomini collocati in posti di responsabilità che non sapevano più in quale banca o paradiso fiscale ammassare i proventi della loro corruzione si sono ritrovati sul banco degli imputati, o nella cella di una prigione, proprio quando stavano per dire a se stessi: “Ora godi, anima mia”. Per chi l’hanno fatto? Ne valeva la pena? Hanno fatto davvero il bene dei figli e della famiglia, o del partito, se è questo che cercavano? O non hanno piuttosto rovinato se stessi e gli altri? Il dio denaro si incarica di punire lui stesso i suoi adoratori.
* * *
Il tradimento di Giuda continua nella storia e il tradito è sempre lui, Gesú. Giuda vendette il capo, i suoi seguaci vendono il suo corpo, perché i poveri sono membra di Cristo. “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). Ma il tradimento di Giuda non continua solo ne casi clamorosi che ho evocato. Sarebbe comodo per noi pensarlo, ma non è così. È rimasta famosa l’omelia che tenne un Giovedì Santo don Primo Mazzolari su “Nostro fratello Giuda”. “Lasciate, diceva ai pochi parrocchiani che aveva davanti, che io pensi per un momento al Giuda che ho dentro di me, al Giuda che forse anche voi avete dentro”.
Si può tradire Gesú anche per altri generi di ricompensa che non
siano i trenta denari. Tradisce Cristo chi tradisce la propria moglie o il proprio marito. Tradisce Gesú il ministro di Dio infedele al suo stato, o che invece di pascere il gregge pasce se stesso. Tradisce Gesú chiunque tradisce la propria coscienza. Posso tradirlo anch’io, in questo momento – e la cosa mi fa tremare – se mentre predico su Giuda mi preoccupo dell’approvazione dell’uditorio più che di partecipare all’immensa pena del Salvatore. Giuda aveva un’attenuante che noi non abbiamo. Egli non sapeva chi era Gesú, lo riteneva solo “un uomo giusto”; non sapeva che era il Figlio di Dio, noi sì.
Come ogni anno, nell’imminenza della Pasqua, ho voluto riascoltare la “Passione secondo S. Matteo” di Bach. C’è un dettaglio che ogni volta mi fa trasalire. All’annuncio del tradimento di Giuda, lì tutti gli apostoli domandano a Gesù: “Sono forse io, Signore?” “Herr, bin ich’s?”. Prima però di farci ascoltare la risposta di Cristo, annullando ogni distanza tra l’evento e la sua commemorazione, il compositore inserisce
un corale che inizia così: “Sono io, sono io il traditore! Io devo fare penitenza!”, “Ich bin’s, ich sollte büßen”[4]. Come tutti i corali di quell’opera, esso esprime i sentimenti del popolo che ascolta; è un invito a fare anche noi la nostra confessione di peccato.
* * *
Il vangelo descrive la fine orrenda di Giuda: “Giuda, che l'aveva
tradito, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì, e riportò i trenta sicli d'argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: Ho peccato, consegnandovi sangue innocente. Ma essi dissero: Che c'importa? Pensaci tu. Ed egli, buttati i sicli nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi” (Mt 27, 3-5). Ma non diamo un giudizio affrettato. Gesú non ha mai abbandonato Giuda e nessuno sa dove egli è caduto nel momento in cui si è lanciato dall’albero con la corda al collo: se nelle mani di Satana o in quelle di Dio. Chi può dire cosa è passato nella sua anima in quegli ultimi istanti? “Amico”, era stata l’ultima parola rivoltagli da Gesú nell’orto ed egli non poteva averla dimenticata, come non poteva aver dimenticato il suo sguardo.
È vero che, parlando al Padre di suoi discepoli, Gesú aveva detto di Giuda: “Nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione” (Gv 17, 12), ma qui, come in tanti altri casi, egli parla nella prospettiva del tempo non dell’eternità. Anche l’altra parola tremenda detta di Giuda: “Meglio sarebbe per quell’uomo se non fosse mai nato” (Mc 14, 21) si spiega con l’enormità del fatto, senza bisogno di pensare a un fallimento eterno. Il destino eterno della creatura è un segreto inviolabile di Dio. La Chiesa ci assicura che un uomo o una donna proclamati santi sono nella beatitudine eterna; ma di nessuno essa stessa sa che è certamente all’inferno.
Dante Alighieri, che, nella Divina Commedia, colloca Giuda nel
profondo dell’inferno, narra della conversione all’ultimo istante di Manfredi, figlio di Federico II e re di Sicilia, che tutti a suo tempo ritenevano dannato perché morto scomunicato. Ferito a morte in battaglia, egli confida al poeta che, nell’ultimo istante di vita, si arrese piangendo a colui “che volentier perdona” e dal Purgatorio manda sulla terra questo messaggio che vale anche per noi:
Ecco a cosa deve spingerci la storia del nostro fratello Giuda: ad arrenderci a colui che volentieri perdona, a gettarci anche noi tra le braccia aperte del crocifisso. La cosa più grande nella vicenda di Giuda non è il suo tradimento, ma la risposta che Gesú da ad esso. Egli sapeva bene cosa stava maturando nel cuore del suo discepolo; ma non lo espone, vuole dargli la possibilità fino all’ultimo di tornare indietro, quasi lo protegge. Sa perché è venuto, ma non rifiuta, nell’orto degli
ulivi, il suo bacio di gelo e anzi lo chiama amico (Mt 26, 50). Come cercò il volto di Pietro dopo il rinnegamento per dargli il suo perdono, chissà come avrà cercato anche quello di Giuda in qualche svolta della sua via crucis! Quando dalla croce prega: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34), non esclude certamente da essi Giuda.
Che faremo dunque noi? Chi seguiremo, Giuda o Pietro? Pietro ebbe
rimorso di quello che aveva fatto, ma anche Giuda ebbe rimorso, tanto che gridò: «Ho tradito sangue innocente!» e restituì i trenta denari. Dov’è allora la differenza? In una cosa sola: Pietro ebbe fiducia nella misericordia di Cristo, Giuda no! Il più grande peccato di Giuda non fu aver tradito Gesú, ma aver dubitato della sua misericordia.
Se lo abbiamo imitato, chi più chi meno, nel tradimento, non lo
imitiamo in questa sua mancanza di fiducia nel perdono. Esiste un
sacramento nel quale è possibile fare una esperienza sicura della
misericordia di Cristo: il sacramento della riconciliazione. Quanto è bello questo sacramento! È dolce sperimentare Gesú come maestro, come Signore, ma ancora più dolce sperimentarlo come Redentore: come colui che ti tira fuori dal baratro, come Pietro dal mare, che ti tocca, come fece con il lebbroso, e ti dice: “Lo voglio, sii guarito!” (Mt 8,3).
La confessione ci permette di sperimentare su di noi quello che la Chiesa dice del peccato di Adamo nell’Exultet pasquale:
“O felice colpa che ci ha meritato un tale Redentore!”. Gesù sa fare di tutte le colpe umane, una volta che ci siamo pentiti, delle “felici colpe”, delle colpe che non si ricordano più se non per l’esperienza di misericordia e di tenerezza divina di cui sono state occasione!
Ho un augurio da fare a me e a tutti voi, Venerabili Padri, fratelli
e sorelle: che il mattino di Pasqua possiamo destarci e sentire
risuonare nel nostro cuore le parole di un grande convertito del nostro tempo, il poeta e drammaturgo Paul Claudel:
“Mio Dio, sono risuscitato e sono ancora con Te!
Dormivo ed ero steso come un morto nella notte.
Hai detto: “Sia la luce! E io mi sono svegliato come si getta un grido! […]
Padre mio che mi hai generato prima dell’Aurora, sono alla tua presenza.
Il mio cuore è libero e la bocca mondata, corpo e spirito sono a digiuno.
Sono assolto di tutti i peccati, che ho confessati uno ad uno.
L’anello nuziale è al mio dito e il mio volto è pulito.
Sono come un essere innocente nella grazia che mi hai concessa”[6].
Bisogna "costruire la Chiesa"perché l’alternativa è fare la guardia ad un edificio vuoto ed abbandonato, dove nessuno vuole entrare.
Dato che: Il Figlio dell’Uomo non fu crocefisso una volta per tutte, il sangue dei Martiri non fu versato una volta per tutte, le vite dei Santi non furono donate una volta per tutte, Ma il Figlio dell’Uomo è sempre crocefisso, e vi saranno sempre Martiri e Santi. E se il sangue dei Martiri deve fluire sui gradini Dobbiamo prima costruire i gradini; E se il Tempio deve essere abbattuto Dobbiamo prima costruire il Tempio.
Sul testo di Ratzinger dell'ultima via crucis di papa Giovanni Paolo II del 2005 abbiamo celebrato la via crucis col gruppetto.
Sono già alcuni anni che il gruppetto assieme ad alcuni amici organizza una via crucis il giorno delle Palme, la seconda volta che si svolge a Montichiari.
Eravamo circa una trentina :Gianni,Anna,Valter,Gianni,Renata,Roberto e sua sorella,Betty con sua madre,Padre Agostino,Chiara e Saverio,Michele,Rosetta,Monica,Adriana,Giulia,Salvatore e sua Moglie,Giovanmaria,Paola,Milena,Rosalba e suo marito,Alessandro e sua moglie,Annamaria...
Tanti hanno letto il testo propostoci da Padre Agostino.
Domeniche vissute solo come Riposo Festività vissute solo come Regali Sabato vissuti solo come Svago Amore vissuto solo come Soddisfazione della carne Sofferenza vissuta solo come Non senso
MA NOI SAPPIAMO CELEBRARE LA FESTA?
"Sine dominico vivere non possomus" Senza Domenica non possiamo vivere!Lo dicevano i primi cristiani che diventavano martiri per questo....
Si parla anche quest'anno di Apertura negozi a Pasqua e Pasquetta....il denaro e il consumo saranno al centro ancora della nostra festa?
Stragi del Sabato sera,Baby alcolismo,giri da un locale all'altro fino alle 4,
famiglie in crisi per questo, la festa è diventata il punto massimo dei nostri sacrifici giovanili?
Il Sabato è l'introduzione alla festa o il sacrificio dei giovani al divertimento?
MA LA FESTA C'E' QUANDO UN PO' DI ETERNITA' ENTRA NEL NOSTRO TEMPO
E a forza di far entrare la grazia di Dio nella festa e sulla terra il mondo può santificarsi.....
Perchè si può stare davanti a tutto pronti a sfruttare tutto e consumare o si può stare come S.Francesco d'Assisi col suo sguardo festoso sulla realtà,si può essere un ragazzo col costume attillato sulla spiaggia o si può andare al mare come S.Teresina a vederlo "col suo solco dorato".
E' UN'ALTRA SENSIBILITA' CHE CI MANCA...
Infatti si può usare la creazione come materiale d'uso,esssre schiavi del lavoro e del tempo,catturati dai meccanismi del mondo o essere COME IL FIGLIOL PRODIGO per ritornare a fare festa..
Perchè la Festa non è avere tutto quello che si vuole ma è nel come vivi l'attesa e il desiderio...
E un desiderio che deve placare il tuo cuore..
Bisogna allora seguire un PERCORSO BUONO
E QUESTA NUOVA SETTIMANA SANTA E' UN PERCORSO VERSO LA FESTA..
Perchè alla fine il nostro Desiderio e la nostra Festa saranno sono soddisfatti solo dalla gloria di Dio.
"NON ABBIATE PAURA !" diceva il santo Giovanni Paolo II Siamo sicuri che Riconquisteremo la speranza e il coraggio guardando alla sofferenza di Cristo e alla sua Resurrezione!
Quello che c'è dentro tutti i beni che desideriamo è Cristo
Quello che c'è dentro il nostro desiderio d'amore è l'amore di Cristo
Quello che c'è dentro il nostro desiderio di infinito è lo sguardo di Cristo su di noi.
Gesù ,bene di tutti i beni e nostra festa, vita in abbondanza, figlio, sposo che va a nozze con il mondo...sulla croce,.noi cammineremo con te in Gerusalemme fino al monte, Ammutoliti per il tuo grande amore e poi rotoleremo la pietra...Stupiti...
BUONA SETTIMANA SANTA ! Valter
DOMENICA ALLE ORE 16.30 IL NOSTRO GRUPPETTO FARA' UNA VIA CRUCIS A MONTICHIARI nella pieve romanica di S. Pancrazio SEGUENDO LE PAROLE DI PAPA FRANCESCO INTERVALLATE DA CANTI E PREGHIERE .....NEL DONO DELLA COMUNIONE......
“Dietro un santo – afferma Giulio Base – non c’è soltanto il «santino»: ci sono sempre vite
fuori dall’ordinario, di grande contatto con Dio. Quindi, è sempre una grande esperienza soprattutto viverlo insieme alle persone in chiesa. Io ne traggo sempre qualcosa e vado sempre a casa molto più «esperto»
delle cose della santità. Non mi sento il protagonista, intanto perché ovviamente il protagonista è il santo, ma anche se sono io la voce, mi sento veramente parte dell’assemblea: siamo tutti insieme a vivere quell’emozione”. Giulio Base ricorda che la chiamata alla santità è per tutti, “questa è una cosa che fa un po’ paura a chi non crede, però lo stesso Papa Francesco ha ricordato che questa è la nostra chiamata: guardare gli esempi di chi santo è davvero, non può che aiutarti a cercare di migliorarti”. Per il noto Regista – che ha interpretato la vita di Papa Giovanni XXIII – non è difficile accostare la figura del “Papa Buono” a quella di Papa Francesco, “perché – spiega – hanno
ambedue un’umanità speciale, sono veramente due uomini che le persone – bambini, vecchi, anziani, colti, ricchi, poveri, chiunque ! – sentono veramente vicini”.
Analogo entusiasmo lo ha espresso l’attrice Claudia Koll che ha raccontato la vita di Suor Lucia di Fatima . “Quando ero piccolina (rivela l’attrice a Radio Vaticana) rimasi colpita da questi bambini – Francesco, Giacinta e Lucia – che ricevevano un compito così importante da parte della Madonna. Per la prima volta capii che Maria non era una statua, un’immaginetta, un santino ma era una donna che amava e che portava un messaggio importante. Da quel momento ho cominciato ad avere un’attenzione diversa
verso Maria. Quindi, ho un debito nei confronti dei pastorelli di Fatima, perciò quando ho cominciato a leggere la storia di Lucia l’ho fatto con il cuore”. Anche Claudia Koll ritiene importante questo
itinerario quaresimale in compagnia dei santi, proposto dal Movimento fondato da P. Antonio Sicari. “I Santi – spiega la Koll – ci accompagnano nel cammino di conversione. La prima lettura che feci fu su
Giovanni Paolo II e la feci con tanto amore perché è stato per me un riferimento, una guida spirituale, proprio come un padre spirituale, attraverso i suoi scritti, attraverso la sua testimonianza di vita. Non
posso che gioire per la sua canonizzazione, il giorno della festa della Divina Misericordia. I santi mi accompagnano nella conversione perché prendo sempre qualche cosa dalla loro esperienza di vita ma anche dalla loro spiritualità per capire cosa mi manca e quindi cosa devo approfondire di più nel rapporto con il Signore” (Radio Vaticana). Quando un’artista si mette al servizio della fede riceve tantissimo, ne è pienamente convinta Claudia Koll che non teme di trattare i temi della fede nell’ambito della sua professione, una scelta che inevitabilmente è pesata nel contesto artistico dell’Attrice; “sicuramente questa scelta l’ho pagata, però è la mia gioia! Quindi, vado avanti per questa strada”.
Per Vincenzo Bocciarelli, l’appuntamento dei ritratti di Santi è giunto all’ottavo anno. “Per me, da attore, –
dichiara Bocciarelli – poter dare voce a queste parole, a queste rievocazioni di ritratti, di figure così importanti che hanno lasciato un segno, è un grande privilegio. Per questo invito anche i giovani a
venire ad ascoltare, a scoprire la vita di un personaggio come Igino Giordani perché è un esempio di costanza, di senso di sacrificio, di generosità” (Radio Vaticana). “L’importanza che ci dà l’esempio della
vita di Gino Giordani – prosegue l’attore – è questo dare, dare senza pensare di ricevere. Il più grande esempio di capacità di donarsi che ci ha dato nostro Signore con il sacrificio della propria vita sulla croce
è un esempio che ci deve ricordare continuamente che piuttosto che adagiarci sui pessimismi, dobbiamo cercare di vivere la donazione con ottimismo”. Alla domanda “che cosa vuol dire la fede per un attore”,
Bocciarelli risponde: “Questo spesso me lo chiedo! Soprattutto la mattina quando mi sveglio e la sera quando si chiude una giornata. Cerco innanzitutto di poter umilmente essere utile al prossimo, attraverso il
mio lavoro e, soprattutto, un altro elemento importante è il senso di aggregazione, perché da soli, come dice Papa Francesco, non si va da nessuna parte”.
Holy (Santo) Solo uno sguardo al tuo viso Basta uno sguardo dei tuoi occhi E tutto il mio mondo cambia E tutto il mio mondo cambia Oh, io cerco solo di vedere la tua faccia Non voglio andare da nessuna parte senza di te Dio Senza la tua presenza Oh fammi vedere la tua faccia La bellezza della tua santità Dio Portami nel luogo santo E solo una parola mi viene in mente C'è solo una parola per descrivere (tutto) ciò Solo una parola mi viene in mente C'è solo una parola per descrivere (tutto) ciò Santo, Santo il Signore Dio onnipotente Santo, Santo il Signore Dio onnipotente