venerdì 8 marzo 2013

"Ritratti di santi" 2013 al Convento di San Pietro in Castello Brescia

PADRE ANTONIO MARIA SICARI  IL 5 MARZO HA TRATTEGGIATO LA FIGURA DI SHAHBAZ BHATTI...MARTIRE PER LA FEDE... DI SEGUITO,UN ARTICOLO DI RADIO VATICANA
2012-03-03 Radio Vaticana
Ricorre oggi il primo anniversario dell’assassinio di Shahbaz Bhatti, ministro cattolico pakistano per le Minoranze religiose. Fortemente impegnato per la difesa delle minoranze e per la revisione della Legge sulla blasfemia, dopo aver chiesto la liberazione di Asia Bibi, la donna cristiana madre di cinque figli condannata a morte in nome di questa norma, il 2 marzo 2011 veniva ucciso con 30 colpi di arma da fuoco. "Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia – scrive Shahbaz Bhatti – ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita”. La mia risposta “è sempre stata la stessa: ‘No, io voglio servire Gesù da uomo comune’. Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù”. Voglio, scrive ancora il ministro cattolico, “che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora – in questo mio sforzo e in questa mia battaglia per aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita”. E ribadisce: “Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo Paese. Molte volte gli estremisti hanno cercato di uccidermi e di imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia”. Gli estremisti, racconta poi Bhatti, “qualche anno fa, hanno persino chiesto ai miei genitori, a mia madre e mio padre, di dissuadermi dal continuare la mia missione in aiuto dei cristiani e dei bisognosi, altrimenti mi avrebbero perso. Ma mio padre mi ha sempre incoraggiato”. Io, conclude, “ dico che, finché avrò vita, fino all’ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri".
Numerose iniziative in tutto il mondo ricordano  la figura del ministro Bhatti: in Pakistan, dove si celebrano Messe di commemorazione in tutte le chiese del Paese, gli verranno intitolati un’università e un museo. Tante le voci della società civile pakistana, non solo tra i cristiani, che ricordano Bhatti come un grande leader politico impegnato fino al sacrificio estremo per la difesa della dignità dell’uomo. Sulla figura e l’eredità spirituale del ministro pakistano, Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza del fratello Paul Bhatti, consigliere speciale del primo ministro pakistano.
R. – L’eredità più forte è che portava avanti la causa dei più poveri Era la voce per la gente che non poteva parlare: difendeva i cristiani che venivano discriminati sulle diverse cose. Questa è la causa che ha portato avanti e questa causa l’ha ora lasciata a me. Pur essendo molto pesante, è – allo stesso tempo – molto gratificante per le cose che ha fatto, le cose che ha ottenuto. L’amore che ha dato a questa comunità è grande.
D. – Le cronache, anche di questi ultimi giorni, parlano di cristiani accusati di blasfemia e di problemi: c’è tanto da fare…
R. – Esatto, esatto. C’è tanto da fare e noi lavoriamo per la pace in Pakistan, perché è necessaria. E’ uno degli obiettivi, oltre a difendere una determinata comunità, contribuire alla pace e alla stabilità del Pakistan.
D. – Quali sono le speranze, soprattutto per i giovani del Pakistan, in ricordo di suo fratello?
R. – Le speranze sono buone, anzitutto riguardo alla dimensione cristiana, perché lui ha seguito Gesù Cristo con una fede così forte, che non ha avuto mai paura. In secondo luogo, è necessario insegnare oggi ai nostri giovani a proteggere ed essere più vicini a chi ha bisogno. Chi lo avrebbe immaginato: c’è un desiderio nei giovani di seguire l'esempio di mio fratello, sono ispirati dalla sua immagine. (mg)

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