mercoledì 31 dicembre 2014

martedì 30 dicembre 2014

The Hobbit: The Battle Of The Five Armies - Billy Boyd: The Last Goodbye...



Dedicato a Gianni e a tutti quelli che amano Tolkien e i suoi personaggi

Il mistero del Natale -S. Edith Stein [Teresa Benedetta della Croce ocd]



"Ho sempre pensato - e forse è un azzardo - che il mistero dell'Incarnazione sia più grande della Resurrezione.
Perché un Dio che si fa bambino... e poi ragazzo... e poi uomo, quando muore non può che risorgere"
(Edith Stein).
I giorni del Natale
Quando i giorni diventano via via più corti, quando, nel corso di un inverno normale cadono i primi fiocchi di neve, timidi e sommessi si fanno strada i primi pensieri del Natale. Questa semplice parola emana un fascino misterioso, cui ben difficilmente un cuore può sottrarsi.
Ma per il cristiano - e in particolare per il cristiano cattolico - Natale è anche qualcos’altro. La stella lo guida alla mangiatoia col Bambino Gesù, che porta la pace in terra. L’arte cristiana ce lo pone davanti agli occhi in innumerevoli e delicate immagini, mentre antiche melodie, da cui risuona tutto l’incantesimo dell’infanzia, lo cantano.
Nel cuore di colui che vive con la Chiesa, le campane del "Rorate" (1) e i canti dell’Avvento risvegliano una santa e ardente nostalgia, e a chi si disseta alla fonte inesauribile della sacra liturgia il grande profeta dell’incarnazione ripete, giorno dopo giorno, le sue grandiose esortazioni e promesse: "Stillate, cieli, dall’alto, e le nubi piovano il Giusto! Il Signore è vicino! Adoriamolo! Vieni, Signore, e non tardare! Esulta, Gerusalemme, sfavilla di gioia, perché viene a te il tuo Salvatore!".
Dal 17 al 24 dicembre le grandi antifone gridano con un desiderio e ardore crescente il loro "Vieni a salvarci". Sì, quando la sera gli alberi di Natale luccicano e ci si scambiano i doni, una nostalgia inappagata continua a tormentarci e a spingerci verso un’altra luce splendente, fintanto che le campane della Messa di mezzanotte suonano e il miracolo della Notte Santa si rinnova su altari inondati di luci e di fiori :"E il Verbo si fece carne". Allora è il momento in cui la nostra speranza si sente beatamente appagata.
Seguire il Figlio incarnato di Dio
Ognuno di noi ha già sperimentato una simile felicità del Natale. Ma il cielo e la terra non sono ancora divenuti una cosa sola. La stella di Betlemme è una stella che continua a brillare anche oggi in una notte oscura. Già all’indomani del Natale la Chiesa depone i paramenti bianchi della festa e indossa il colore del sangue: Stefano, il protomartire, che seguì per primo il Signore nella morte, e i bambini innocenti, i lattanti di Betlemme e della Giudea, che furono ferocemente massacrati dalle rozze mani dei carnefici.
"Rallegriamoci tutti nel Signore, perché è nato nel mondo il Salvatore! Oggi la vera pace è discesa dal Cielo." [Notre Dame - Paris]
Che significa questo? Dov’è ora il giubilo delle schiere celesti, dov’è la beatitudine silente della notte santa? Dov’è la pace in terra? "Pace in terra agli uomini di buona volontà". Ma non tutti sono di buona volontà. Per questo il Figlio dell’eterno Padre dovette scendere dalla gloria del cielo, perché il mistero dell’iniquità aveva avvolto la terra.
Le tenebre ricoprivano la terra, ed Egli venne come la luce che illumina le tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolto. A quanti lo accolsero Egli portò la luce e la pace; la pace col Padre celeste, la pace con quanti come essi sono figli della luce e figli del Padre celeste, e la pace interiore e profonda del cuore; ma non la pace con i figli delle tenebre.
Ad essi il Principe della pace non porta la pace, ma la spada. Per essi Egli è la pietra d’inciampo, contro cui urtano e si schiantano. Questa è una verità grave e seria, che l’incanto del Bambino nella mangiatoia non deve velare ai nostri occhi. Il mistero dell’incarnazione e il mistero del male sono strettamente uniti. Alla luce, che è discesa dal cielo, si oppone tanto più cupa e inquietante la notte del peccato. Il Bambino protende nella mangiatoia le piccole mani, e il suo sorriso sembra già dire quanto più tardi, divenuto adulto, le sue labbra diranno: "Venite a me voi tutti che siete stanchi e affaticati".
Alcuni seguirono il suo invito. Così i poveri pastori sparsi per la campagna attorno a Betlemme che, visto lo splendore del cielo e udita la voce dell’angelo che annunciava loro la buona novella, risposero pieni di fiducia : "Andiamo a Betlemme" e si misero in cammino; così i re che, partendo dal lontano Oriente, seguirono con la stessa semplice fede la stella meravigliosa. Su di loro le mani del Bambino riversarono la rugiada della grazia, ed essi "provarono una grandissima gioia".
Queste mani danno e esigono nel medesimo tempo; voi sapienti deponete la vostra sapienza e divenite semplici come i bambini; voi re donate le vostre corone e i vostri tesori e inchinatevi umilmente davanti al Re dei re; prendete senza indugio su di voi le fatiche, le sofferenze e le pene che il suo servizio richiede. Voi bambini, che non potete ancora dare alcunché da parte vostra: a voi le mani del Bambino nella mangiatoia prendono la tenera vita prima ancora che sia propriamente cominciata; il modo migliore di impiegarla è quello di essere sacrificata per il Signore della vita.
"Seguitemi", così dicono le mani del Bambino, come più tardi diranno le labbra dell’uomo adulto. Così dissero esse al giovane amato dal Signore e che ora fa anche parte della schiera disposta attorno alla mangiatoia. E san Giovanni, il giovane dal cuore puro e semplice, lo seguì senza domandare: Dove? A che scopo? Abbandonò la barca del padre e andò dietro al Signore su tutte le sue strade, fino al Golgota.
"Seguimi", questo invito percepì anche il giovane Stefano. Egli seguì il Signore nella lotta contro le potenze delle tenebre, contro l’accecamento della testarda mancanza di fede; gli rese testimonianza con le sue parole e col suo sangue; lo seguì anche nel suo spirito, nello spirito dell’amore, che combatte il peccato, ma ama il peccatore e intercede per l’assassino davanti a Dio anche in punto di morte.
Di fronte ad essi sta la notte dell’indurimento e dell’accecamento incomprensibile: gli scribi, che sono in grado di dare informazioni sul tempo e sul luogo in cui il Salvatore del mondo deve nascere, ma che non deducono alcun "Andiamo a Betlemme!"; il re Erode, che vuole uccidere il Signore della vita. Di fronte al Bambino nella mangiatoia gli spiriti si dividono. Egli è il Re dei re e il Signore della Vita e della morte, pronuncia il suo "Seguimi", e chi non è per lui è contro di lui. Egli lo pronuncia anche per noi e ci pone di fronte alla decisione di scegliere fra luce e tenebre.
Il corpo mistico di Cristo
Dove il Bambino divino intenda condurci sulla terra è cosa che non sappiamo e a proposito della quale non dobbiamo fare domande prima del tempo. Una cosa sola sappiamo, e cioè che a quanti amano il Signore tutte le cose ridondano in bene. E inoltre che le vie, per le quali il Salvatore conduce, vanno al di là di questa terra.
Il Presepe aiuta a contemplare il mistero del Figlio di Dio che si fa uomo, in un mondo anche allora pieno di contraddizioni, tensioni sociali e politiche, lotte di potere. Solo i poveri e gli umili di cuore lo accolgono, sono loro i testimoni dell'evento
più importante della storia.
O scambio mirabile! Dio è diventato un figlio degli uomini, affinché gli uomini potessero diventare figli di Dio. Uno di noi aveva lacerato il legame della figliolanza divina, uno di noi doveva di nuovo riannodarlo e pagare per il peccato. Ma nessun discendente di questa progenie antica, malata e imbastardita, era in grado di farlo. Su di essa andava innestato un ramoscello nuovo, sano e nobile. Egli è divenuto uno di noi, anzi di più ancora, una cosa sola con noi.
Questa è infatti la cosa meravigliosa del genere umano, il fatto che siamo tutti una cosa sola. Se le cose stessero diversamente, la caduta dell’uno non si sarebbe tirata dietro la caduta di tutti gli altri. Egli è il nostro capo, noi le sue membra. Se mettiamo le nostre mani nelle mani del Bambino divino e rispondiamo con un "sì" al suo "Seguimi", allora siamo suoi, è libera la via perché la sua vita divina possa riversarsi in noi.
Non è ancora la contemplazione beata di Dio nella luce della gloria; è ancora l’oscurità della fede, però la nostra vita non è più di questo mondo ed è già un’esistenza nel regno di Dio. Tale regno sopravvenne in maniera diversa da come ce lo si era immaginato in base ai salmi e ai profeti. I romani rimasero i padroni del paese, e i sommi sacerdoti e gli scribi continuarono a tenere il popolo povero sotto il loro giogo. Chiunque apparteneva al Signore portava invisibilmente il regno di Dio in sé. Egli non si vide alleggerito dei pesi dell’esistenza terrena, anzi ne vide aggiungere degli altri; ma dentro era sorretto da una forza alata, che rendeva dolce il giogo e leggero il peso. La vita divina, che viene accesa nell’anima, è la luce che è venuta nelle tenebre, il miracolo della Notte Santa.
Essere una cosa sola in Dio
Essere una cosa sola con Dio: questa è la prima cosa. Ma una seconda ne segue immediatamente. Se nel corpo mistico Cristo è il capo e noi le membra, allora noi siamo membra gli uni degli altri, e tutti insieme siamo una cosa sola in Dio, una vita divina. Se Dio è in noi e se egli è amore, allora non possiamo che amare i fratelli. Per questo il nostro amore del prossimo è la misura del nostro amore di Dio.
Ma si tratta di un amore diverso dall’amore naturale per gli uomini. L’amore naturale si dirige verso questo o verso quello, verso chi è a noi legato da vincoli di sangue, da affinità di carattere o da interessi comuni. Gli altri sono "estranei", di essi "non ci importa alcunché". Per il cristiano non esiste alcun "estraneo". Cristo è venuto per i peccatori e non per i giusti. E se il suo amore vive in noi, allora agiamo come lui e andiamo dietro alla pecorella smarrita.
L’amore naturale tende ad avere per sé la persona amata e a possederla nella maniera più indivisa possibile. Cristo è venuto per riportare al Padre l’umanità perduta; e chi ama col suo amore vuole gli uomini per Dio e non per sé. Questa è naturalmente nello stesso tempo la via più sicura per possederli eternamente; quando infatti abbiamo posto in salvo una persona in Dio, siamo con lei in Dio una cosa sola, mentre il desiderio di conquistarla conduce spesso – anzi prima o poi sempre – alla sua perdita. Ciò vale per l’altrui anima come per la propria e per ogni bene esteriore: chi si dedica alle cose esteriori per conquistarle e conservarle, le perde. Chi ne fa dono a Dio, le guadagna.
"Sia fatta la Tua volontà!"
Tocchiamo così un terzo segno della figliolanza divina. Essere una cosa sola con Dio, il primo. Il fatto che tutti sono una cosa sola in Dio, il secondo. Il terzo :"Da questo riconoscerò che mi amate, se osserverete i miei comandamenti". Essere figlio di Dio significa camminare dando la mano a Dio, fare la volontà di Dio e non la propria, riportare nelle sue mani ogni preoccupazione e speranza, non affannarsi più per sé e per il proprio futuro. Questa è la base della libertà e della gioia del figlio di Dio.
La vita divina che Cristo accende nell'anima è la luce che è venuta a rischiarare le nostre tenebre...
[dipinto di Hans Mëmling]
Tutti conoscono la parabola degli uccelli del cielo e dei gigli del campo. Ma quando incontrano una persona che non possiede alcun bene, non ha alcuna pensione e alcuna assicurazione e tuttavia va incontro serena al suo futuro, scuotono il capo come se si trovassero di fronte a un tipo strano. La fiducia in Dio rimane incrollabile solo se essa include la disponibilità ad accogliere qualunque cosa dalla sua mano. Dio solo infatti sa quel che è bene per noi. E se un giorno per noi dovessero esser meglio la miseria, la privazione, anziché un reddito sicuro, oppure l’insuccesso e l’umiliazione al posto dell’onore e del prestigio, dovremmo tenerci pronti anche a questo. Se lo facciamo, allora possiamo vivere il presente senza lasciarci turbare dal futuro.
Il "sia fatta la tua volontà", in tutta la sua estensione, deve essere il criterio della vita cristiana. Esso deve scandire la giornata dal mattino alla sera, il corso dell’anno e tutta la vita. E deve quindi essere anche l’unica preoccupazione del cristiano. Tutte le altre il Signore le prende su di sé.
Chi appartiene a Cristo deve vivere tutta la sua vita. Deve maturare fino all’età adulta di Cristo, imboccare un giorno la via della croce, dirigersi al Getsemani e al Golgota. E tutte le sofferenze che provengono dall’esterno sono un nulla a paragone della notte oscura dell’anima, allorché la luce divina non brilla più e la voce del Signore tace. Perché fa così? Siamo qui di fronte ai suoi misteri, misteri che non possiamo penetrare fino in fondo. Un pò però li possiamo già perscrutare.
Dio è divenuto uomo per farci di nuovo partecipare alla sua vita. Partecipazione che era al principio e che è l’ultimo fine. Ma nell’intervallo c’è ancora qualcos’altro.. Cristo è Dio e uomo, e chi vuol partecipare alla sua vita, deve prender parte alla sua vita divina e umana. La natura umana da lui assunta gi diede la possibilità di soffrire e morire. La natura divina, da lui posseduta dall’eternità, conferì alla sua passione e morte un valore infinito e la capacità di compiere la redenzione.
La passione e la morte di Cristo continuano nel suo corpo mistico e in ognuna delle sue membra. Ogni uomo deve soffrire e morire. Ma se egli è un membro vivo del corpo di Cristo, la sua sofferenza e la sua morte diventano, grazie alla divinità del capo, redentrici.
Questo è il motivo oggettivo, per cui tutti i santi hanno aspirato a soffrire. Non si tratta di un desiderio malsano. Gli occhi della mente naturale lo vedono come una perversione. Ma alla luce del mistero della redenzione esso appare come estremamente ragionevole. E così colui che è unito a Cristo persevera incrollabile anche nella notte oscura della lontananza soggettiva da Dio; forse la provvidenza divina gli impone questo tormento per liberare una persona oggettivamente incatenata. Diciamo pertanto: "Sia fatta la tua volontà!" anche e proprio per questo, nella notte più oscura.
Mezzi di salvezza
Ma possiamo ancora pronunciare questo "sia fatta la tua volontà" , quando non sappiamo più con certezza che cosa la volontà di Dio esige da noi? Esistono mezzi così potenti che uno sbandamento, per quanto in linea di principio possibile, diventa in realtà infinitamente inverosimile. Dio è infatti venuto per redimerci, per unirci a sé, per rendere la nostra volontà conforme alla sua. Conosce la nostra natura. Ne tiene conto e ci ha quindi fatto dono di tutto ciò che può aiutarci a raggiungere il traguardo.
Il Bambino divino è diventato il Maestro e ci ha detto che cosa dobbiamo fare. Per permeare tutta una vita umana di vita divina non basta inginocchiarsi una volta all’anno davanti alla mangiatoia e lasciarsi prendere dall’incanto della notte santa. A questo scopo bisogna stare quotidianamente in contatto con Dio per tutta la vita, ascoltare le parole che egli ha pronunciato e che ci sono state tramandate, e metterle in pratica. Prima di tutto bisogna pregare, così come il Salvatore ci ha insegnato a fare e ha continuamente e pressantemente raccomandato. "Chiedete e vi sarà dato". E’ una sicura promessa di esaudimento. E chi recita quotidianamente di cuore il suo "Signore, sia fatta la tua volontà", può confidare di non tradire la volontà divina anche quando non ne ha più alcuna certezza soggettiva.
Inoltre: Cristo non ci ha lasciati orfani. Ha inviato il suo Spirito, che insegna a tutti noi la verità. Ha fondato la Chiesa, che è guidata dal suo Spirito, e ha istituito in essa i suoi rappresentanti, dalla cui bocca il suo Spirito ci parla in parole umane. In essa egli ha unito i fedeli in una comunità e vuole che ognuno sia responsabile di ogni altro. Pertanto non siamo soli, e dove viene meno la fiducia nel proprio giudizio e anche nella propria preghiera siamo soccorsi dalla forza dell’obbedienza e della forza dell’intercessione.
"E il Verbo si fece carne". Ciò è divenuto verità nella stalla di Betlemme. Ma si è adempiuto anche in altra forma. "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna". Il Salvatore, ben sapendo che siamo uomini quotidianamente alle prese con le nostre debolezze, viene in aiuto della nostra umanità in maniera veramente divina. Come il corpo terreno ha bisogno del pane quotidiano, così anche la vita divina aspira in noi ad essere continuamente alimentata. "Questo è il pane vivo, che è disceso dal cielo". Per chi ne fa veramente il suo pane quotidiano, in lui si compie quotidianamente il mistero del Natale, l’incarnazione del Verbo. E questa è indubbiamente la via più sicura per conservare ininterrottamente l’unione con Dio e radicarsi ogni giorno sempre più saldamente e profondamente nel corpo mistico di Cristo.
So bene che ciò apparirà a molti un’esigenza troppo radicale. In pratica essa comporta, per la maggior parte di coloro che cominciano a soddisfarla, un rivoluzionamento di tutta la loro vita, interiore ed esteriore. Ma appunto così dobbiamo fare! Nella nostra vita dobbiamo far spazio al Salvatore eucaristico, affinché possa trasformare la nostra vita nella sua.
E' questa una richiesta esagerata? Abbiamo tempo per tante cose inutili: per leggere ogni genere di libri, riviste e quotidiani futili, per bighellonare da un caffé all’altro e passare quarti d’ora e mezzore a chiacchierare per strada, tutte ‘distrazioni’ in cui sprechiamo e disperdiamo tempo e energie. Non ci è proprio possibile riservare ogni mattina un’ora, in cui non ci distraiamo, ma ci raccogliamo, in cui non ci logoriamo, ma accumuliamo energia per poi affrontare col Suo aiuto i nostri compiti quotidiani?
Ma naturalmente ci vuole più di una semplice ora del genere. Essa deve animare tutte le altre, sì da rendersi impossibile "lasciarci andare", fosse anche solo momentaneamente. Così succede nei rapporti quotidiani col Salvatore. Diventiamo sempre più sensibili nel discernere ciò che gli piace e gli dispiace. Se prima eravamo tutto sommato molto contenti di noi, ora le cose cambiano. Troveremo che molte cose sono cattive e nei limiti del possibile le cambieremo.
E scopriremo alcune cose che non possiamo ritenere belle e buone, e che pur risulta tanto difficile cambiare. Allora diventiamo a poco a poco molto piccoli e umili, pazienti e indulgenti verso le pagliuzze presenti negli occhi altrui, perché abbiamo da fare con la trave presente nei nostri; e infine, impariamo anche a sopportarci nella luce della presenza di Dio e ad affidarci alla sua misericordia, che può venire a capo di tutto ciò che si fa beffe delle nostre forze.
Edith Stein, nata a Breslavia il 12 ottobre 1891 e morta ad Auschwitz il 9 agosto 1942.
Lungo è il cammino per passare dall’autocompiacimento del "buon cattolico", che "compie i suoi doveri", ma per il resto fa come gli piace, ad una vita che si lascia guidare per mano da Dio ed è caratterizzata dalla semplicità del bambino e dall’umiltà del pubblicano. Chi però l’ha imboccata una volta, non la rifà più a ritroso.
La vita filiale in Dio significa perciò divenire piccoli e nel medesimo tempo divenire grandi. Vivere l'Eucaristia significa uscire spontaneamente dalla meschinità della propria vita e addentrarsi negli ampi spazi della vita di Cristo. Chi fa visita al Signore nella sua casa, non si occuperà più solo e sempre di sé e delle proprie faccende, ma comincerà ad interessarsi delle faccende del Signore.
La partecipazione al sacrificio quotidiano ci immerge, senza che ce ne accorgiamo, nella vita liturgica. Le preghiere e i riti dell’altare ripropongono continuamente davanti alla nostra anima, nel corso dell’anno liturgico, la storia della salvezza e ce ne fanno penetrare sempre più profondamente il senso. E l’azione sacrificale ci impregna instancabilmente del mistero centrale della nostra fede, cardine della storia del mondo: del mistero dell’incarnazione e della redenzione. Chi può assistere con spirito e cuore aperto al sacrificio eucaristico senza entrare a sua volta nel suo dinamismo, senza essere preso dal desiderio di inserire se stesso e la propria piccola vita personale nella grande opera del Redentore?
I misteri del cristianesimo sono un tutto indivisibile. Chi ne approfondisce uno, finisce per toccare tutti gli altri. Così la vita che si diparte da Betlemme procede inarrestabilmente verso il Golgota, va dalla mangiatoia alla Croce. Quando la santissima Vergine presentò il Bambino al tempio, le fu predetto che la sua anima sarebbe stata trafitta da una spada, che quel bambino era posto per la caduta e la risurrezione di molti e come segno di contraddizione.
Nella notte del peccato brilla la stella di Betlemme. Sullo splendore luminoso che irradia dalla mangiatoia cade l’ombra della croce. La luce si spegne nell’oscurità del venerdì santo, ma torna a brillare più luminosa, sole di misericordia, la mattina della risurrezione. Il Figlio incarnato di Dio pervenne attraverso la croce e la passione alla gloria della risurrezione. Ognuno di noi, tutta l’umanità. perverrà col Figlio dell’uomo, attraverso la sofferenza e la morte, alla medesima gloria.
[Nota: questo scritto di Edith Stein, qui riportato quasi integralmente, è stato pubblicato postumo, a Colonia, nel 1950

IN UNA NOTTE COME TANTE (Canto RnS)

 
Canto eseguito durante il concerto di Natale del coro San Luca a Brescia

Confessarsi domani -31 Dicembre- (e spesso)







“Il rinnovamento della Chiesa in America e nel mondo dipende dal rinnovamento della prassi della penitenza”, ha detto papa Benedetto al Nationals Stadium a Washington.

Papa Giovanni Paolo II ha trascorso i suoi ultimi anni sulla terra pregando i cattolici di tornare alla confessione, includendo questa supplica in un urgente motu proprio sulla confessione e in un'enciclica sull'Eucaristia.

Il pontefice ha definito la crisi nella Chiesa la crisi della confessione, e ha scritto ai sacerdoti:

“Sento il desiderio di invitarvi caldamente, come ho già fatto lo scorso anno, a riscoprire personalmente e a far riscoprire la bellezza del sacramento della Riconciliazione”.

Perché tutta questa ansia nei confronti della confessione? Perché quando saltiamo la confessione perdiamo il senso del peccato. La perdita del senso del peccato è alla base di tanti mali nella nostra epoca, dagli abusi di bambini alla disonestà finanziaria, dall'aborto all'ateismo.

Come promuovere allora la confessione? Ecco qualche spunto di riflessione. Sette ragioni per tornare alla confessione, a livello sia naturale che soprannaturale.

1. Il peccato è un peso

Un terapista ha raccontato la storia di una paziente che aveva attraversato un terribile ciclo di depressione e disprezzo di sé fin dalle scuole superiori. Nulla sembrava essere d'aiuto. Un giorno, il terapista ha incontrato la paziente davanti a una chiesa cattolica. Si sono riparati lì dentro mentre iniziava a piovere e hanno visto le persone che andavano a confessarsi.

“Dovrei andare anch'io?”, ha chiesto la paziente, che aveva ricevuto il sacramento da bambina. “No!”, ha detto il terapista. La paziente è andata comunque, ed è uscita dal confessionale con il primo sorriso che faceva da anni, e nelle settimane successive ha iniziato a migliorare. Il terapista ha studiato di più la confessione, alla fine è diventato cattolico e ora consiglia la confessione regolare a tutti i suoi pazienti cattolici.

Il peccato porta alla depressione perché non è solo una violazione arbitraria delle regole: è una violazione dell'obiettivo inscritto nel nostro essere da Dio. La confessione solleva la colpa e l'ansia provocate dal peccato e ti guarisce.

2. Il peccato fa peggiorare

Nel film “3:10 to Yuma”, il cattivo Ben Wade dice “Non perdo tempo a fare niente di buono, Dan. Se fai una cosa buona per qualcuno, immagino che diventi un'abitudine”. Ha ragione. Come diceva Aristotele, “Siamo quello che facciamo ripetutamente”. Come sottolinea il Catechismo, il peccato provoca un'inclinazione al peccato. La gente non mente, diventa bugiarda. Noi non rubiamo, diventiamo ladri. Fare una pausa decisa dal peccato ridefinisce, permette di iniziare nuove abitudini di virtù.

“Dio è determinato a liberare i suoi figli dalla schiavitù per condurli alla libertà”, ha detto papa Benedetto XVI. “E la schiavitù più grave e più profonda è proprio quella del peccato”.

3. Abbiamo bisogno di dirlo

Se rompi un oggetto che appartiene a un amico e che gli piaceva molto, non ti basterà mai limitarti a dispiacerti. Ti sentirai costretto a spiegare quello che hai fatto, a esprimere il tuo dolore e a fare qualsiasi cosa sia necessaria per rimettere a posto le cose.

Accade lo stesso quando rompiamo qualcosa nel nostro rapporto con Dio. Abbiamo bisogno di dire che ci dispiace e di cercare di sistemare le cose.

Papa Benedetto XVI sottolinea che dovremmo provare la necessità di confessarci anche se non abbiamo commesso un peccato grave. “Facciamo pulizia delle nostre abitazioni, delle nostre camere, almeno ogni settimana, anche se la sporcizia è sempre la stessa. Per vivere nel pulito, per ricominciare; altrimenti, forse la sporcizia non si vede, ma si accumula. Una cosa simile vale anche per l'anima”.


4. Confessarsi aiuta a conoscersi

Ci sbagliamo molto su noi stessi. La nostra opinione di noi stessi è come una serie di specchi deformanti. A volte vediamo una versione forte e splendida di noi, che ispira rispetto, altre volte una visione grottesca e odiosa.

La confessione ci costringe a guardare alla nostra vita con obiettività, a separare i peccati reali dai sentimenti negativi e a vederci come siamo realmente.

Come indica Benedetto XVI, la confessione “ci aiuta ad avere una coscienza più svelta, più aperta e così anche di maturare spiritualmente e come persona umana”.

5. La confessione aiuta i bambini

Anche i bambini devono accostarsi alla confessione. Alcuni scrittori hanno sottolineato gli aspetti negativi della confessione infantile - essere messi in fila nelle scuole cattoliche ed essere “costretti” a pensare alle cose delle quali sentirsi colpevoli.

Non dovrebbe essere così.

L'editrice del Catholic Digest Danielle Bean ha spiegato una volta come i suoi fratelli e le sue sorelle strappavano la lista dei peccati dopo la confessione e la gettavano nel canale di scolo della chiesa. “Che liberazione!”, ha scritto. “Rimandare i miei peccati nel mondo oscuro da dove erano venuti sembrava del tutto appropriato. 'Ho picchiato mia sorella sei volte' e 'ho parlato dietro mia madre quattro volte' non erano più pesi che dovevo portare”.

La confessione può dare ai bambini un posto per sfogarsi senza paura, e un luogo in cui ottenere gentilmente il consiglio di un adulto quando temono di parlare con i propri genitori. Un buon esame di coscienza può guidare i bambini alle cose da confessare. Molte famiglie rendono la confessione un “outing”, seguito da un gelato.

6. Confessare i peccati mortali è necessario

Come sottolinea il Catechismo, il peccato mortale inconfessato “provoca l'esclusione dal regno di Cristo e la morte eterna dell'inferno; infatti la nostra libertà ha il potere di fare scelte definitive, irreversibili”.

Nel XXI secolo, la Chiesa ci ha ricordato più volte che i cattolici che hanno commesso un peccato mortale non possono accostarsi alla Comunione senza essersi confessati.

“Perché un peccato sia mortale si richiede che concorrano tre condizioni: È peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso”, afferma il Catechismo.

I vescovi statunitensi hanno ricordato ai cattolici i peccati comuni che costituiscono materia grave nel documento del 2006 “Beati gli invitati alla sua cena”. Questi peccati includono mancare alla Messa la domenica o una festa di precetto, aborto ed eutanasia, qualsiasi attività sessuale extramatrimoniale, furto, pornografia, maldicenza, odio e invidia.

7. La confessione è un incontro personale con Cristo

Nella confessione, è Cristo che guarisce e ci perdona, attraverso il ministero del sacerdote. Abbiamo un incontro personale con Cristo nel confessionale. Come i pastori e i magi alla mangiatoia, proviamo stupore e umiltà. E come i santi alla crocifissione, proviamo gratitudine, pentimento e pace.

Non c'è maggior risultato nella vita che aiutare un'altra persona a tornare alla confessione.

Dovremmo voler parlare della confessione come parliamo di qualsiasi altro evento significativo nella nostra vita. Il commento “Riuscirò a farlo solo dopo, perché devo andare a confessarmi” può essere più convincente di un discorso teologico. E visto che la confessione è un evento significativo nella nostra vita, è una risposta appropriata alla domanda “Cosa fai questo weekend?”. Molti di noi hanno anche storie di confessione interessanti o divertenti, che vanno raccontate.

Fate sì che la confessione torni ad essere un evento normale. Fate sì che più gente possibile scopra la bellezza di questo sacramento liberatorio.


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Tom Hoopes è vicepresidente di College Relations e scrittore presso il Benedictine College di Atchison, Kansas (Stati Uniti). I suoi scritti sono apparsi su First Things’ First Thoughts, National Review Online, Crisis, Our Sunday Visitor, Inside Catholic Columbia. Prima di entrare al Benedictine College, era direttore esecutivo del National Catholic Register. È stato segretario stampa per il presidente dello U.S. House Ways & Means Committee. Insieme alla moglie April è stato codirettore editoriale della rivista Faith & Family per 5 anni. Hanno nove figli. I loro punti di vista espressi in questo blog non riflettono necessariamente quelli del Benedictine College o dell'Istituto Gregoriano.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

venerdì 26 dicembre 2014

BUON NATALE DAL BLOG UMANO E DIVINO

BUON NATALE DA "UMANO E DIVINO"


Mi ero perso
Ero in catene
Il mondo ha avuto una presa di me

Il mio cuore era una pietra
Ero coperto di vergogna
Quando è venuto per me

Non riuscivo a correre, non potevo correre alla sua presenza
Non riuscivo a correre, non potevocorrere tra sue braccia

Gesù, Egli mi ama, mi ama, Egli è per me
Gesù, come può essere, mi ama, Egli è per me

Ed è stato un incendio
Nel profondo della mia anima
Non sarò mai lo stesso
Uscii dal buio
E ora sono nella luce
Quando ha chiamato il mio nome
Non riuscivo a correre, non potevo correre alla sua presenza
Non riuscivo a correre, non potevo correre tra sue braccia
Gesù, Egli mi ama, mi ama, Egli è per me
Gesù, come può essere, mi ama, Egli è per me
Ha conseguito le stelle e ha conseguito il mio cuore
Con guarigione sopportare le cicatrici
La croce robusta in cui Egli è morto per me
La mia unica speranza, il mio tutto
Gesù, Egli mi ama, mi ama
Gesù, come può essere, mi ama, Egli è per me
Egli mi ama, egli è per me
Mio Dio, è incredibile
Gesù mi ama
Mi ero perso

Benedetto questo nuovo giorno che è Natale (M.Delbrel)

Il nuovo giorno di Madeleine Delbrêl

Tratto da Madeleine Delbrêl, Il piccolo monaco, P.Gribaudi editore, Torino, 1990
Se vuoi trovare Dio sappi che è dappertutto, ma sappi anche che non è solo… 
Se vai in capo al mondo, trovi le orme di Dio; se vai nel profondo di te stesso, troverai Dio in persona»  «Mio Dio, se tu sei dappertutto, come mai io sono così spesso altrove?»
 
Inizia un altro giorno.
Gesù vuol viverlo in me. Lui non si è isolato.
Ha camminato in mezzo agli uomini.
Con me cammina tra gli uomini d'oggi.

Incontrerà
ciascuno di quelli che entreranno nella mia casa,
ciascuno di quelli che incrocerò per la strada,
altri ricchi come quelli del suo tempo, altri poveri,
altri eruditi e altri ignoranti,
altri bimbi e altri vegliardi,
altri santi e altri peccatori,
altri sani e altri infermi.
Tutti saranno quelli che egli è venuto a cercare.
Ciascuno, colui che è venuto a salvare.
A coloro che mi parleranno, egli avrà qualche cosa
da dire.
A coloro che verranno meno, egli avrà qualche cosa
da dare.
Ciascuno esisterà per lui come se fosse il solo.
Nel rumore egli avrà il suo silenzio da vivere.
Nel tumulto, la sua pace da portare.
Gesù, in tutto, non ha cessato di essere il Figlio.
Vuole in me rimanere legato al Padre.
Dolcemente legato,
ogni secondo,
sospeso su ciascun secondo,
come un sughero sull'acqua.
Dolce come un agnello
di fronte a ogni volontà del Padre.
Tutto sarà permesso in questo giorno che viene,
tutto sarà permesso ed esigerà che io dica il mio sì.
Il mondo dove Lui mi lascia per esservi con me
non può impedirmi di essere con Dio;
come un bimbo portato sulle braccia della madre
non è meno con lei
per il fatto che lei cammina tra la folla.

Gesù, dappertutto, non ha cessato d'essere inviato.
Noi non possiamo esimerci d'essere,
in ogni istante,
gl'inviati di Dio nel mondo.
Gesù in noi, non cessa di essere inviato,
durante questo giorno che inizia,
a tutta l'umanità, del nostro tempo, di ogni tempo,
della mia città e del mondo.

Attraverso i fratelli più vicini ch'egli ci farà
servire amare salvare,
le onde della sua carità giungeranno
sino in capo al mondo,
andranno sino alla fine dei tempi.

Benedetto questo nuovo giorno che è Natale
per la terra,

poiché in me Gesù vuole viverlo ancora.

Ballata della speranza [DAVID MARIA TUROLDO]

Letta alla meditazione durante il concerto di Natale del Coro S.Luca a Brescia il 21 Dicembre 2014

Ballata della speranza
[DAVID MARIA TUROLDO]
“Oh, se sperassimo tutti insieme, tutti la stessa speranza e intensamente ferocemente sperassimo…”. Un appassionato testo poetico di David Maria Turoldo, 

Tempo del primo avvento
tempo del secondo avvento
sempre tempo d’avvento:

esistenza, condizione
d’esilio e di rimpianto.
Anche il grano attende
anche l'albero attende
attendono anche le pietre
tutta la creazione attende.
Tempo del concepimento
di un Dio che ha sempre da nascere.
Avvento, tempo di solitudine
e tenerezza e speranza.

Oh, se sperassimo tutti insieme
tutti la stessa speranza
e intensamente
ferocemente sperassimo
sperassimo con le pietre
e gli alberi e il grano sotto la neve
e gridassimo con la carne e il sangue
con gli occhi e le mani e il sangue;
sperassimo con tutte le viscere
con tutta la mente e il cuore
Lui solo sperassimo;
oh, se sperassimo tutti insieme
con tutte le cose
sperassimo Lui solamente
desiderio dell’intera creazione;
e sperassimo con tutti i disperati
con tutti i carcerati
come i minatori quando escono
dalle viscere della terra,
sperassimo con la forza cieca
del morente che non vuole morire,
come l’innocente dopo il processo
in attesa della sentenza,
oppure con il condannato
davanti il plotone di esecuzione
sicuro che i fucili non spareranno;
se sperassimo come l’amante
che ha l’amore lontano
e tutti insieme sperassimo,
a un punto solo
tutta la terra uomini
e ogni essere vivente
sperasse con noi
e foreste e fiumi e oceani,
la terra fosse un solo
oceano di speranza

e la speranza avesse una voce sola
un boato come quello del mare,
e tutti i fanciulli e quanti
non hanno favella
per prodigio
a un punto convenuto
tutti insieme
affamati malati disperati,
e quanti non hanno fede
ma ugualmente abbiano speranza
e con noi gridassero
astri e pietre,
purché di nuovo un silenzio altissimo,
il silenzio delle origini,
prima fasci la terra intera
e la notte sia al suo vertice;
quando ormai ogni motore riposi
e sia ucciso ogni rumore
ogni parola uccisa
(finito questo vaniloquio!)
e un silenzio mai prima udito
(anche il vento faccia silenzio,
anche il mare abbia un attimo di silenzio,
un attimo che sarà la sospensione del mondo),
quando si farà questo
disperato silenzio
e stringerà il cuore della terra
e noi finalmente in quell’attimo dicessimo
quest’unica parola
perché delusi di ogni altra attesa
disperati di ogni altra speranza,
quando appunto così disperati
sperassimo e urlassimo
(ma tutti insieme
e a quel punto convenuti)
certi che non vale chiedere più nulla
ma solo quella cosa
allora appunto urlassimo
in nome di tutto il creato,
(ma tutti insieme e a quel punto)

VIENI, VIENI, VIENI, SIGNORE!

Allora tutto si riaccenderà
alla sua luce
e il cielo di prima
e la terra di prima
non sono più
e non ci sarà più né lutto
né grido di dolore
perché le cose di prima passarono
e sarà tersa ogni lacrima dai nostri occhi
perché anche la morte non sarà più.
E una nuova città scenderà dal cielo
bella come una sposa
per la notte d’amore.
Allora il nostro stesso desiderio
avrà bruciato tutte le cose di prima
e la terra arderà dentro un unico incendio
e anche i cieli bruceranno
in quest’unico incendio
e anche noi, gli uomini,
saremo in quest'unico incendio
e invece di incenerire usciremo
nuovi come zaffiri
e avremo occhi di topazio:
quando appunto Egli dirà
“ecco già nuove sono fatte tutte le cose”
allora canteremo
allora ameremo
allora allora…


MARANATHA’, VIENI SIGNORE GESU’!
                                         David Maria Turoldo

For Every Mountain

 
Ho così tanto da ringraziare Dio per
Tante meravigliose benedizioni
e tante porte aperte
Un nuovo marchio di misericordia
insieme a ogni nuovo giorno
È per questo che Ti lodo
e per questo io ti rendo lode

Per me svegliarmi questa mattina
È per questo che Ti lodo
Per avermi inviato la mia strada
È per questo che Ti lodo
Per avermi fatto vedere la luce del sole
di un nuovo giorno
Un nuovo marchio di misericordia
insieme a ogni nuovo giorno
Ecco perché mi lodo e per questo
Io ti rendo lode

Sei Dio
È per questo che Ti lodo
Sei stato il mio Provider
È per questo che Ti lodo
Tante volte hai incontrato il mio bisogno
Tante volte mi hai salvato
È per questo che Ti lodo
Voglio ringraziarvi per la benedizione
Tu dai a me ogni giorno
È per questo che Ti lodo
Per questo Io ti rendo lode

Per ogni montagna che mi fatto scalare
 Per ogni prova che mi hai visto attraversare
Per ogni benedizione
Hallelujah, per questo Io ti rendo lode

Malattie dei cristiani secondo Papa Francesco


sabato 20 dicembre 2014

Canzone di natale dai cassieri del supermercato (e poi chiudiamo le casse...)

Bellissimo messaggio di papa Francesco sul Natale:


"Il Natale di solito è una festa rumorosa: ci farebbe bene un pò di silenzio x ascoltare la voce dell'Amore.
Natale sei tu, quando decidi di nascere di nuovo ogni giorno e lasciare entrare Dio nella tua anima.
L'albero di Natale sei tu quando resisti vigoroso ai venti e alle difficoltà della vita.
Gli addobbi di Natale sei tu quando le tue virtù sono i colori che adornano la tua vita.
La campana di Natale sei tu quando chiami, congreghi e cerchi di unire.
Sei anche luce di Natale quando illumini con la tua vita il cammino degli altri con la bontà la pazienza l'allegria e la generosità.
Gli angeli di Natale sei tu quando canti al mondo un messaggio di pace di giustizia e di amore.
La stella di Natale sei tu quando conduci qualcuno all'incontro con il Signore.
Sei anche i re Magi quando dai il meglio che hai senza tenere conto a chi lo dai.
La musica di Natale sei tu quando conquisti l'armonia dentro di te.
Il regalo di Natale sei tu quando sei un vero amico e fratello di tutti gli esseri umani.
Gli auguri di Natale sei tu quando perdoni e ristabilisci la pace anche quando soffri.
Il cenone di Natale sei tu quando sazi di pane e di speranza il povero che ti sta di fianco.
Tu sei la notte di Natale quando umile e cosciente ricevi nel silenzio della notte il Salvatore del mondo senza rumori ne grandi celebrazioni; tu sei sorriso di confidenza e tenerezza nella pace interiore di un Natale perenne che stabilisce il regno dentro di te.
Un buon Natale a tutti coloro che assomigliano al Natale"

Christmas Story - Bellissimo film da vedere per Natale



In un villaggio in finlandia il piccolo nikolas rimane orfano dei genitori e della piccola sorellina Ada. il villaggio di pescatori decide all'unanimità di adottarlo un anno per famiglia, ma purtroppo giunto al sesto anno una grossa gelata che ha distrutto il raccolto e il lago che sembra non avere più pesci al suo interno, fanno si che nikolas venga adottato per quell'anno dal falegname e commercante isakki. per una volta un film di natale che parla del natale e di come una figura fondamentale del natale nasce, senza essere melenso e straripante buoni sentimenti da talk show pomeridiano lacrimevole. il film parla di un bambino che in una terribile notte di tempesta perde tutta la famiglia. rimasto orfano i saggi del paese insieme alle famiglie decidono di prendersene cura, allevandolo, ma di anno in anno per non far gravare la sua crescita solo sulle finanze e le forze di una famiglia sola, cambia casa e affetto contraccambiando intagliando piccoli oggetti nel legno. la maestria del piccolo nikolas è innata e non fa che migliorare, passando anche molto del proprio tempo in solitudine, immalinconito dal tragico evento. le stagioni si alternano e il villaggio insieme allo splendido paesaggio passano dalla stagione della morte a quella della vita. nikolas e i bambini coi quali per sei anni è cresciuto, diventano grandi e anche amici. purtroppo la vita non è tutta rosa e fiori e le favole spesso ce lo ribadiscono. infatti in un anno particolarmente sfortunato e disgraziato, pare che nikolas non trovi nessuno disposto ad accoglierlo in casa. il cibo basterebbe a stento per loro. così si fa avanti il cinico isakki, che scopriremo più avanti, reso crudele e arido dalla morte della moglie e dall'allontanamento dei figli. isakki se lo tira in casa solo perchè gli fa comodo avere qualcuno che lo aiuti a tenere in ordine e anche perchè si accorge che è bravo ad intagliare il legno. come nessuno(o quasi)è totalmente buono, anche isakki non è il solito villain monodimensionale. con modi bruschi e non sempre gentili insegna a nikolas il mestiere di falegname, e proprio durante la notte della vigiglia lo scopre intento ad intagliare con pezzi di scarto, animaletti e oggettini destinati ai bimbi del villaggio. inizia una collaborazione che sfocia presto nell'affetto sincero, quando scopre che uno di quegli oggetti è destinato al lago gelato in cui sparirono i genitori e la sorellina ada. il film di una brevità quasi imbarazzante(poco più di un'ora) è però della lunghezza giusta per sembrare una di quelle belle storie che un bimbo(e perchè no, anche un adulto come me)desidera farsi raccontare proprio mentre la madre gli rimbocca le coperte in una fredda notte d'inverno e che lievemente lo accompagna tra le ricostituenti braccia del sonno. è semplice e financo ruvido come il legno grezzo, per poi prendere una bella forma stilizzata sotto le dita sapienti del suo artigiano. ci sono delle belle scene come quelle in cui nikolas insieme alle donne del paese attendono speranzosi gli uomini di ritorno dalla pesca in una brumosa serata tardo-estiva. oppure le cartolinesche scene paesaggistiche ricoperte di soffice neve che però ricordano più belle fotografie amatoriali di chi quei luoghi li vive e li ama nonostante la durezza. il regalo che nikolas lascia davanti le porte delle famiglie del villaggio è solo un piccolo ringraziamento per l'affetto e il conforto ricevuti negli anni della crescita e della formazione. una gradevole sorpresa.  (commento sul sito)

C'é più clima natalizio in questo film che in tutte le innumerevoli e melense realizzazioni cinematografiche viste in precedenza.
Non é il Natale festaiolo il soggetto, ma la grande, generosa e fraterna spiritualità che rende il senso di questa festa cristiana e che spesso è sepolta dal consumismo e dalla superficialità.
L'argomento ha matrice religiosa ma il film risponde ad altissime ed universali motivazioni etico-morali,
Consiglierei la visione la sera del 24 dicembre.(altro commento)

domenica 14 dicembre 2014

Vangelo del 14 Dicembre 2014 commentato da Paolo Curtaz


Per sorridere: La webcom OCCHI AL CIELO

                Un parroco in regalo (la prima delle 13 puntate)
Che si possono vedere su Youtube cliccando su questo link....
per sorridere prima del Natale con la Webcom ambientata in un ufficio parrocchiale

https://www.youtube.com/playlist?list=PLLd21BfgBw6mlPwxzPbgwd_LfipM-H0-d

Film per Natale : LA STELLA DI LAURA

 

"PRIMA DEL NATALE..FACCIAMO TORNARE AL SUO POSTO LA NOSTRA STELLA ..."

Laura è una bambina che vive i disagi della sua età e spesso decide di rifugiarsi in una scatola di cartone da lei chiamata astronave, per vivere i suoi sogni di viaggiatrice stellare. La famiglia ha cambiato casa trasferendosi in un’altra città e questo procura alla piccola qualche difficoltà di relazione (per vicino si ritrova un coetaneo geniale inventore che almeno inizialmente, preferisce evitare). Insomma, vive isolata nel mondo interiore dei suoi sette anni, come fa Momo dell’omonimo romanzo di Michael Ende (che, prima di essere animato dalla matita di D’Alò, era stato ridotto per il cinema in una versione con attori in carne e ossa), o come la piccola Chihiro del capolavoro “La città incantata” di Miyazaki.

Quando una stella “ferita” cade nel giardino vicino casa è proprio Laura a trovarla e a prendersene cura, all’insaputa dei genitori. La bambina applica un cerotto per guarire la ferita della stella e da quel momento la porta con sé nello zaino, come una specie di portafortuna. Ad un certo punto, la stella inizia a perdere la sua luminosità a causa del distacco dal firmamento ma Laura è restia a lasciarla andare. Un episodio significativo cambia le cose: la madre di Laura, suonatrice di violoncello, la sera di un importante debutto al Teatro dell’Opera dimentica a casa l’archetto. La bambina cerca di rimediare: correndo si perde lungo il tragitto ed alla fine è soccorsa dalla sua stella a cavallo della quale riuscirà a risolvere il contrattempo. Dentro lo spazio scenico del teatro, a quel punto, l’intera volta del cielo si anima: il Sole e la Luna (eternamente in conflitto come il Bene e il Male) inducono Laura a prendere la giusta decisione: far tornare al suo posto l’amica stella. Tratto da un libro per ragazzi dello scrittore Klaus Baumgart, “La stella di Laura” è stato diretto dai registi Piet De Rycker e Thilo Rothkirch (già autori di “Piuma, il piccolo orsetto polare”) ed è commentato dalla efficace colonna sonora composta dal premio Oscar Hans Zimmer in coppia con Nick Glennie – Smith. Si tratta di una favola senza tempo, di un film d’animazione destinato a diventare un piccolo classico.  
E' una storia per tutti che parla di solidarietà, di amicizia e del coraggio di crescere, impiantata su una tecnica di animazione classica nella quale l’ausilio della grafica al computer non interferisce più di tanto. Un piccolo film fatto con gusto e con grazia, non privo di quella intenzionalità istruttiva che ci spinge a consigliarlo come occasione didattica. Ed è anche una sottile metafora poetica, così rara di questi tempi, tagliente come quella di certe favole che ormai i bambini leggono agli adulti.


AMAZING GRACE ( Incredibile Grazia! )

(Traduzione in italiano del canto)

Incredibile Grazia

Incredibile grazia, quale dolce suono
che ha salvato un miserabile come me...
Una volta ero perso ma ora sono ritrovato,
ero cieco, ma adesso vedo..

.
E' stata la Grazie che ha insegnato
al mio cuore a temere
e la Grazia, che ha sollevato le mie paure


Quanto sembrava preziosa quella Grazia,
in quell'ora ho iniziato a credere

Attraverso molti pericoli, fatiche e trappole
ci siamo passati tutti


E' stata la Grazia che ci ha salvati fin ora
e la Grazia ci condurrà a casa


Dio mi ha promesso bontà
la sua Parola rassicura la mia speranza
Lui sarà il mio scudo e la mia sorte
finché la mia vita continua

Quando siamo stati qui diecimila anni fa
splendendo luminosi come il sole
non avevamo più giorni per cantare le lodi di Dio
come facevamo all'inizio


Incredibile grazia, quale dolce suono
che ha salvato un miserabile come me...
Una volta ero perso ma ora sono ritrovato,
ero cieco, ma adesso vedo...

lunedì 8 dicembre 2014

Esercizi Spirituali del Movimento Ecclesiale Carmelitano ad Adro (BS) ..appunti presi dalla prima meditazione

Appunti della prima meditazione della prima giornata:(Non rivisti dall'autore)

Una chiesa che diventi casa e scuola della Comunione..è quello che vogliamo con il nostro Movimento

Comunione è una parola oggi spesso usata sui giornali per parlare del problema della comunione ai divorziati-risposati..
Ma vorrei domandare..Si vuole poter fare la comunione ....ma cosa si vuole VERAMENTE?
Dalla risposta sincera dipende tutto il resto.

Allora immaginiamo...se prendessimo l'insieme dei libri di tutte le biblioteche del mondo,e prendessimo da questi solo 4 parole
Se prendessimo il più vecchio ed umile prete
Se prendessimo di tutta la realtà solo un frammento
Solo queste 4 parole  :QUESTO E' IL MIO CORPO ..è quello che desideri dalla risposta AMEN (lo voglio)?
E' Dio che vogliamo nella Comunione?Gesù crocifisso,risorto e vivente?

Possiamo poi parlare di tutti i miracoli eucaristici (Bolsena,Siena ecc..)
E di tutte le esperienze spirituali dei Santi (Francesco,Padre Damiano,C.Toucault,Chiara Lubich,S.Giovanni Paolo II).... vedremo che la comunione è PERSONE che si donano tutte intere..è accettare questo  di più..
Sono io che Dio vuole tutto intero nella comunione.....Il Mio mondo ha bisogno del tuo mondo (questo è dire di amare reciprocamente ) e Gesù è dono che donandosi ti insegna a diventare sempre più te stesso
.
Quello che mi dice la comunione ,che mi dice Gesù  è :poi  :"DI CHE COSA HAI PAURA?"
 "Non c'è niente di più bello nella vita come un amore reale che si consuma per te"

Esiste una ricetta più grande di questa per i rapporti umani?Per la guarigione,per fare della terra un Paradiso?

Io sono un cristiano debole come tutti,però ho,se voglio,un FATTO che è DIO che mi dice:"Ti amo e ti permetto di fare di me tutto ciò che vuoi"
La mia guarigione è partire da queste sue parole:.

LA TOTALITA' E' DEGNA TUTTA DELL'AMORE DI DIO.
DIO E' CON TE E PER TE.

SIAMO DUE MONDI CHE DECIDONO DI LEGARSI L'UNO ALL'ALTRO...LA COMUNIONE

martedì 2 dicembre 2014

COME PREGARE-Scuola di Cristianesimo di ieri a Brescia (Castello interiore -.le terze mansioni)

 
L’anima che si dà all’orazione, che vive sotto lo sguardo di Dio, che fa tutto per lui e con lui: 
1) vede la vanità di questo mondo; 
2) s’innalza al di sopra di tutte le creature; 
3) attinge forza e coraggio; 
4) avanza nel cammino della perfezione. 
 
Bisogna meditare al mattino ed ecco un modo di fare orazione. 
 
Cominciare a raccogliersi, se si può, nella propria stanza, altrimenti nella chiesa stessa, durante la Messa.
 Mettersi alla presenza di Dio, vederlo accanto a sè, pregarlo, aprire il libro, leggerlo attentamente, fermarsi ad ogni pensiero che ci colpisce.
 Dopo di che , chiudere il libro e porre la propria anima di fronte alle cose che si sono lette. 
Al termine prendere una risoluzione (o proposito), richiamarla spesso durante la giornata, rientrando in se stessi... 
Restare così raccolti durante il giorno, vivendo sotto lo sguardo di Dio, parlandogli di continuo, sentendolo vicino a sè. 
(D 29 marzo).

Beata Elisabetta della Trinità.


(L’ultima foto di Elisabetta, circa un mese prima della morte)
Foto: L’anima che si dà all’orazione, che vive sotto lo sguardo di Dio, che fa tutto per lui e con lui: 1) vede la vanità di questo mondo; 2) s’innalza al di sopra di tutte le creature; 3) attinge forza e coraggio; 4) avanza nel cammino della perfezione. Bisogna meditare al mattino ed ecco un modo di fare orazione. Cominciare a raccogliersi, se si può, nella propria stanza, altrimenti nella chiesa stessa, durante la Messa. Mettersi alla presenza di Dio, vederlo accanto a sè, pregarlo, aprire il libro, leggerlo attentamente, fermarsi ad ogni pensiero che ci colpisce. Dopo di che , chiudere il libro e porre la propria anima di fronte alle cose che si sono lette. Al termine prendere una risoluzione (o proposito), richiamarla spesso durante la giornata, rientrando in se stessi... Restare così raccolti durante il giorno, vivendo sotto lo sguardo di Dio, parlandogli di continuo, sentendolo vicino a sè. (D 29 marzo).
Beata Elisabetta della Trinità.

(L’ultima foto di Elisabetta, circa un mese prima della morte)

domenica 30 novembre 2014

IL PARADISO PER DAVVERO (FILM IN STREAMING DA VEDERE!!)

http://videopremium.tv/ogw53om1tyuy  clicca qui per vedere il film
clicca su Watch free!


Trailer
Dopo un'operazione d'urgenza in cui ha rischiato di perdere la vita il piccolo Colton Burpo, quattro anni, guarisce e comincia a raccontare di essere stato in Paradiso, e di avere fatto numerosi incontri: gli angeli, Gesù (a cavallo!) e alcuni componenti della sua famiglia scomparsi prima che lui potesse conoscerli. Il padre di Colton, Todd, pastore della comunità del Wisconsin in cui lavora anche come piccolo imprenditore e vigile del fuoco volontario, si trova davanti ad una serie di dilemmi: credere alle parole del figlio o attribuirle alla sua immaginazione infantile? Condividere i ricordi del bambino con la sua congregazione o farli rimanere un segreto di famiglia?
Basato sul resoconto in prima persona dello stesso Todd Burpo, Il paradiso per davvero è un viaggio nell'ignoto con la guida di un'anima candida e di un adulto che, pur professando la fede in Dio ogni domenica, coltiva l'umana prerogativa del dubbio. Ed è, soprattutto, una lezione di umiltà per chi di noi pensa di avere la verità in tasca, nonché un rassicurante viatico per chi si trova ad affrontare il tema spinoso della morte.


Viaggio nell'Aldilà. Il bambino tornato dal Paradiso: "Sono stato tra le braccia di Gesù"


Antonio Socci
È il 2003. Il 4 luglio - festa nazionale negli Stati Uniti - una normale famiglia americana che vive nel Nebraska, a Imperial, paesino agricolo che ha appena «duemila anime e neanche un semaforo», sta stipando di bagagli una Ford Expedition blu. I Burpo partono verso Nord per andare a trovare lo zio Steve, che vive con la famiglia a Sioux Falls, nel South Dakota (hanno appena avuto un bambino e vogliono farlo vedere ai parenti). L’auto blu imbocca la Highway 61. Alla guida c’è il capofamiglia Todd Burpo, accanto a lui la moglie Sonja e sul sedile posteriore il figlio Colton, di quattro anni, con la sorellina Cassie. Fanno rifornimento a una stazione di servizio nel paese dove nacque il celebre Buffalo Bill prima di affrontare immense distese di campi di granoturco. È la prima volta in quattro mesi che i Burpo si concedono qualche giorno di ferie dopo la scioccante vicenda che hanno vissuto il 3 marzo di quell’anno.
Il piccolo Colton quel giorno aveva cominciato ad avere un forte mal di pancia. Poi il vomito. Stava sempre peggio, finché i medici fecero la loro diagnosi: appendice perforata. Fu operato d’urgenza a Greeley, in Colorado. Durante l’operazione la situazione sembrò precipitare: «Lo stiamo perdendo! Lo stiamo perdendo!». Il bambino era messo molto male e passò qualche minuto assai critico. Poi però si era ripreso. Per il babbo e la mamma era stata un’esperienza terribile. Lacrime e preghiere in gran quantità, come sanno tutti coloro che son passati da questi drammi.
Dunque, quattro mesi dopo, il 4 luglio, la macchina giunge a un incrocio. Il padre Todd si ricorda che girando a sinistra, a quel semaforo, si arriva al Great Plains Regional Medical Center, il luogo dove avevano vissuto la scioccante esperienza. Come per esorcizzare un brutto ricordo passato il padre dice scherzosamente al figlio: «Ehi, Colton, se svoltiamo qui possiamo tornare all’ospedale. Che ne dici, ci facciamo un salto?». Il bambino fa capire che ne fa volentieri a meno. La madre sorridendo gli dice: «Te lo ricordi l’ospedale?». Risposta pronta di Colton: «Certo, mamma, che me lo ricordo. È dove ho sentito cantare gli angeli».
Gli angeli? I genitori si guardano interdetti. Dopo un po’ indagano. Il bimbo racconta con naturalezza i particolari: «Papà, Gesù ha detto agli angeli di cantare per me perché avevo tanta paura. Mi hanno fatto stare meglio». «Quindi», domanda il padre all’uscita del fast food, «c’era anche Gesù?». Il bimbo fa di sì con la testa «come se stesse confermando la cosa più banale del mondo, tipo una coccinella in cortile. “Sì, c’era Gesù”».
«E dov’era di preciso?» domanda ancora il signor Burpo. Il figlio lo guarda dritto negli occhi e risponde: «Mi teneva in braccio». I due genitori allibiti pensano che abbia fatto un sogno nel periodo d’incoscienza. Ma poi vacillano quando Colton aggiunge: «Sì. Quando ero con Gesù tu stavi pregando e la mamma era al telefono». Alla richiesta di capire come fa lui, che in quei minuti era in sala operatoria in stato d’incoscienza, a sapere cosa stavano facendo i genitori, il bambino risponde tranquillamente: «Perché vi vedevo. Sono salito su in alto, fuori dal mio corpo, poi ho guardato giù e ho visto il dottore che mi stava aggiustando. E ho visto te e la mamma. Tu stavi in una stanzetta da solo e pregavi; la mamma era da un’altra parte, stava pregando e parlava al telefono». Era tutto vero. Così come era vero che la mamma di Colton aveva perduto una figlia durante una gravidanza precedente. Colton, che era nato dopo, non l’aveva mai saputo, ma quella sorellina lui l’aveva incontrata in cielo e lei gli aveva spiegato tutto. Sconvolgendo i genitori: «Non preoccuparti, mamma. La sorellina sta bene. L’ha adottata Dio». Di lei il ragazzo dice: «Non la finiva più di abbracciarmi».
Comincia così, con la tipica semplicità dei bambini che raccontano cose eccezionali come fossero normali, una storia formidabile che poi il padre ha raccontato in un libro scritto con Lynn Vincent, Heaven is for Real (tradotto dalla Rizzoli col titolo Il Paradiso per davvero). È da questo libro - bestseller negli Stati Uniti - che vengono queste notizie. All’uscita, nel 2010, conquistò la prima posizione nella top ten del New York Times, e subito dopo dalla storia di Colton è stato tratto un film che è appena arrivato in Italia (dal 10 luglio), sempre col titolo Il Paradiso per davvero. Il film, col marchio Tristar, è diretto da Randall Wallace (lo sceneggiatore di Braveheart) e negli Usa ha avuto un grande successo. Può anche essere che da noi sia un flop, perché gli americani hanno una sensibilità religiosa molto più profonda di quella europea (il caso americano smentisce il paradigma della sociologia moderna, secondo cui la religiosità declinerebbe quanto più aumenta la modernizzazione).
La storia (vera) del piccolo Colton, peraltro, è una tipica esperienza di pre-morte, cioè un fenomeno che l’editoria e la cinematografia statunitense in questi anni hanno scoperto e raccontato molto. Anche perché i maggiori istituti di sondaggio Usa hanno scoperto che si tratta di un’esperienza estremamente diffusa.
Ne ho parlato nel mio ultimo libro, Tornati dall’Aldilà (Rizzoli), perché negli ultimi quindici anni la stessa medicina ha studiato approfonditamente questi fenomeni, scoprendo che non sono affatto da considerarsi allucinazioni, ma sono esperienze reali, vissute da persone in stato di morte clinica. Gli studiosi (io ho citato specialmente i risultati di un’équipe olandese) si sono trovati a dover constatare che la coscienza (anzi una coscienza allargata, più capace di capire) continua a vivere fuori dal corpo anche dopo che le funzioni vitali del corpo e del cervello sono cessate. È quella che - con linguaggio giornalistico - ho chiamato «la prova scientifica dell’esistenza dell’anima». Questi stessi studiosi, con le loro analisi scientifiche, concludono che non si possono spiegare queste esperienze se non ricorrendo alla trascendenza.
Mi sono imbattuto personalmente in questo mistero con la vicenda di mia figlia e mi sono reso conto, dopo aver pubblicato il mio libro, che tanto grande è l’interesse popolare, della gente comune, quanto impossibile è in Italia una discussione sui giornali (o in altre sedi) fra intellettuali e studiosi, su questi fenomeni. C’è letteralmente paura di guardare la realtà. La nostra è la cultura dello struzzo, quello che mette la testa dentro la sabbia per non vedere qualcosa che non vuole vedere. C’è come una censura sull’Aldilà e - in fondo - sul nostro destino eterno: «Tutto cospira a tacere di noi/ un po’ come si tace un’onta/ forse un po’ come si tace/ una speranza ineffabile» (Rilke).
Ma paradossalmente la censura sull’Aldilà (e specialmente sull’Inferno) c’è anche in un certo mondo cattolico che ha adottato «la sociologia come criterio principale e determinante del pensiero teologico e dell’azione pastorale» (Paolo VI). Così accade che, paradossalmente, la scienza è arrivata a constatare il soprannaturale, in questi fenomeni, prima del mondo ecclesiastico e teologico.
Eppure la Vita oltre la vita sarebbe l’unica cosa davvero importante. La sola degna di meditazione. È il grande conforto nel dolore della vita. È stata la grande meta dei santi.Forse bisogna aver assaporato proprio il dolore della vita e della morte per capire. Per avere questo sguardo e questa saggezza. Per lasciarsi consolare dalla Realtà di quell’abbraccio di felicità.
Eric Clapton, alla tragica morte del suo bimbo, scrisse una canzone struggente, Tears in Heaven, dove fra l’altro diceva: «Oltre la porta c’è pace, ne sono sicuro/ E lo so: non ci saranno più lacrime in Paradiso».
di Antonio Socci