domenica 17 giugno 2012

ULTIMA MEDITAZIONE ESERCIZI 2012 MOVIMENTO ECCLESIALE CARMELITANO

(Alcuni Brani significativi.).
....E adesso, vorrei dirvi di che cosa abbiamo bisogno........Mi dite cosa faremo nel nostro Movimento?

Beato Angelico (part.del Giudizio Universale)
Noi abbiamo bisogno di bambini che non siano tiranni (ci sono dei bambini che in casa sono dei piccoli tiranni), che non siano idolatrati; abbiamo bisogno di bambini che non sia cinici (già a pochi anni son capaci di ridere di tutti e di tutto), abbiamo bisogno di bambini difesi dallo sporco e dalle impurità degli adulti (ci sono bambini che già nel modo in cui vengono aggiustati dai genitori sono aggiustati in maniera impura, se capite quello che vuol dire), non precocemente smaliziati (in fatto di affettività e simili), bambini coltivati misticamente soprattutto nella preghiera, nella affezione a Gesù, nella tenerezza dei gesti, nella cura dei particolare, bambini capaci, come diceva Dostoievski, di conservare nel cuore bei ricordi mistici  (Dostoievski diceva: “io ho imparato a leggere su un libro di storie sacre, dove la mamma mi insegnava a leggere e quel libro non l’ho più abbandonato”. E’ uno dei pochi libri rimasti sul suo scaffale anche quando stava morendo. Non ha più dimenticato quel libro. E diceva: “beato un bambino che ha dei bei ricordi di infanzia, perché sarà salvato”). Soprattutto, e questa adesso è la cosa essenziale, abbiamo bisogno dibambini che, appena sentono la parola “amore”, persino se la sentono in televisione dove c’è l’attore che la ripete mille volte, persino se la sentono a scuola dove i compagni ridono maliziosi, bambini che appena sentono la parola “amore” pensano a papà e mamma e a quello che c’è tra di loro, perché lo vedono, perché ne sono sicuri, perché sanno; bambini che appena sentono la parola”amore” sanno che la parola amore vuol dire felicità, felicità mantenuta, promessa mantenuta, perché la vedono mantenuta. Diceva la figlia del celebre genetista Jérome Lejeune: “Noi guardavamo papà e mamma e abbiamo avuto una infanzia stupenda perché, vedendo come si volevano bene, capivamo perché siamo al mondo, perché capivamo come eravamo nati, perché vedevamo il posto”. Di recente, durante un battesimo celebrato al bambino di una nostra famiglia, mi hanno detto: P. Antonio, fai una preghiera. E io l’ho fatta; ed era questa: Signore, concedi a questo bambino che per tutta la vita possa essere sicuro del perché è nato e dove è nato, guardando suo padre e sua madre. E’ chiaro? Ripeto, chiunque può, muova la ruota. Può essere anche il bambino che non si sente voluto bene o la nonnina che gli spiega cosa vuol dire l’amore. Tutto può accadere.

Poi, continuando: abbiamo bisogno di ragazzi che non siano maestri di se stessi. Non c’è niente di più penoso e stupido di uno che pensi di farsi da maestro (è come il famoso Barone di Munchhausen che voleva tirarsi fuori dallo stagno tirandosi per i capelli. E’ la stessa cosa.). Ragazzi che considerino sacre le relazioni in cui sono coinvolti e perciò ragazzi che non siano presuntuosi nel loro sentimentalismo o nella loro voracità. Ragazzi che non cerchino di conoscere la vita a partire dal peggio. C’è della gente che si convince che più va a frugare nell’immondizia della vita, più è maturo e più cresce. E’ esattamente il contrario: più vai a frugare nella corruzione della vita, più diventi un’ameba, inarticolato. Ragazzi che sappiano gustare il bello a qualunque livello, che abbiano ripugnanza per il brutto e che sappiano anche chiedersi se una musica è bella o brutta, se dell’arte è bella o brutta, se uno spettacolo è bello o brutto, perché non possiamo più andare avanti così: stiamo arrivando ad un punto in cui l’ esaltazione del brutto e dell’orrido sembra diventato l’ideale della vita.Cosa che non è mai stata nella storia del mondo.
Ragazzi che non vivano la famiglia in maniera parassitaria: tutto mi è dovuto, niente devo dare. Parassitismo familiare. Ragazzi che siano seri nell’amicizia. L’amicizia non va svenduta, costruita e distrutta nel giro di 48 ore. L’amicizia deve essere capace di durata, deve essere capace di perdono, deve essere capace di profondità. Abbiamo bisogno di ragazzi che abbiano ribrezzo della menzogna. Abbiamo bisogno di ragazzi che dicano: io non mento mai. Perché la difesa della menzogna è un triste nascondiglio di vigliacchi. Ragazzi capaci di imparare, che siano magnanimi, cioè che abbiano un’anima grande. Si vedono dei ragazzi a cui, se dici qualcosa di vero, gli si illuminano gli occhi e poi ne vedi altri che è come se si restringessero davanti a qualunque cosa, come se tutto fosse pericoloso. Ragazzi che sappiano diventare grandi restando bambini in queste cose: nell’amore a Gesù, alla Madonna e ai Santi. Lì come bambini. Davanti a Dio non bisogna avere pura di essere bambini.
E, poi, ragazzi che giungano al momento della scelta vocazionale (che cosa devo fare nella vita, che cosa devo essere?), che giungano a quel momento come atto di preghiera non come atto notarile, ma come domanda, come preghiera: Signore, che vuoi da me? Abbiamo bisogno di ragazzi così

.Abbiamo bisogno di adulti che non coltivino una adultezza deforme. Un conto è essere deformi perché la natura non ti ha facilitato nel fisico e un conto è essere deformi perché sei cresciuto con un cervello grande ed un cuore piccolo, sei cresciuto con un braccio lungo che prende e l’altro, piccolo piccolo, quando devi dare. Non abbiamo bisogno di adulti deformi: ognuno come può, ma compiuto. Abbiamo bisogno di adulti certi della loro vocazione. Sei sposato? Sei in quel posto? Ti è stata data quella responsabilità? Tu lì ci stai e ci stai con certezza e ci stai con durata e ci stai con stabilità (adesso parlo dei frati, così nessuno si sente colpito): ci sono dei frati che sembra che nella vita abbiano un solo problema, sono sempre nel convento sbagliato. E a volte ci sono delle persone sposate che hanno sempre un problema solo: hanno sempre il rapporto affettivo sbagliato, quello vero sarà il prossimo.Persone stabili nella loro vocazione. Fidanzati per i quali la vita affettiva o l’esperimento affettivo non sia un gioco, che abbiano come ideale: io devo capire ed esperimentare che cosa vuol dire il “per sempre”. Questa è la parola dell’uomo: “Per sempre”. Dio non gioca con te, ti ama per sempre. Tu non puoi giocare, soprattutto all’interno delle relazioni. Il per sempre è ciò che prende la relazione e la innesta nella Trinità. Il: vediamo se …già …..forse …..chissà….., tutto il gioco nelle relazioni è lontananza dalla Trinità. Si può perdonare soltanto quel paziente lavoro che dice “non capisco tutto subito”; certo si progredisce, si matura, ma ciò che ti innesta nella Trinità è il “per sempre”. Uomini e donne capaci di lavorare nel campo dove Dio li ha messi (intendo anche campo di lavoro, vita sociale, vita politica, vita economica, vita culturale) onorando la Trinità e onorare la Trinità significa onorare le relazioni. Tu devi onorare anche le relazioni che hai nel posto dove lavori. Le devi onorare. Sapete cosa vuol dire “onorare le relazioni”? Vuol dire che tu nelle relazioni non giochi in maniera stupida. In quel famoso romanzo “Il rifugio”, quando Dio vuole spiegare cosa vuol dire onorare le relazioni dice: pensa quando ti metti a giocare con tuo figlio. Tuo figlio ti dice: papà giochiamo a pallone? Tu giochi con tuo figlio ma non usi tutta la forza che hai per tirare calci al pallone in modo che così lo stendi; tu onori le relazioni con tuo figlio. Se tuo figlio ti dice: “papà giochiamo assieme” oppure “mi aiuti a dipingere?” non stai a fargli vedere quanto sei bravo, perché con tuo figlio onori la relazione. Cosa vuol dire? Vuol dire che la relazione ti prende, ti detta quello che devi fare e quello che non devi fare, quello che è giusto e quello che non è giusto, la misura, l’armonia. - Gente che onora le relazioni anche nel posto di lavoro, anche negli impegni assunti, anche nell’economia, anche nell’uso dei soldi.
Gente che onora le relazioni.
Abbiamo bisogno di gente che costruisca una famiglia di famiglie.

E così, cosa posso dirvi ancora? Pregare!.......

(P.Antonio Sicari) N.B.Appunti non rivisti dall'autore)

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